venerdì 21 settembre 2007

L'Allegoria dell'Amore e del Tempo

Solimano


Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è "L'Allegoria dell'Amore e del Tempo", attualmente esposto alla National Gallery di Londra. Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze, a Francesco, re di Francia. E' certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
Così ne narra il Vasari: "Fece un quadro di singolare bellezza, che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava, ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall'altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d'amore". C'è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria, il quadro era già in Francia da diverso tempo.
Se si dovesse scegliere l'emblema del manierismo maturo non c'è alcun dubbio, sarebbe questo quadro, considerato da molti un'opera di sensualità affascinante, ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo, come ben sapeva quella volpe di Cosimo de' Medici.
Ma è proprio così? O, per meglio dire, è solo così? Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose: è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d'accordo, fin dal Vasari, ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa - il cui volto si vede a fianco del putto?
Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest'opera. Racconto quale è la sua interpretazione, oggi universalmente condivisa.


La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana, se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto, e non è un caso. Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata, ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile. Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda. In una mano tiene un favo di miele, nell'altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico. Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate: la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.
Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa, ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l'identità: la mano cattiva che offre il dono, la mano buona che nasconde il veleno: una duplicità vertiginosa.
E' la Frode (anche l'Inganno o l'Ipocrisia, secondo gli iconologi del '500), la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità: per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile, per questo le mani sono scambiate, per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto, che è il simbolo del Piacere e del Gioco.
Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti: grafici, scolpiti, realizzati nei giardini, quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca: la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.


Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino, si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi. Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere, un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido (si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c'è pure il coté incestuoso); tiene il pomo in modo che Cupido lo veda - però con l'altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere, ma di ciò poi. Si intravedono anche parte delle gambe della dea, che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica, ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.

Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli, un motivo dell'antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco. Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla, la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi, a quella di un enorme serpente a sonagli, che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l'aria trista (triste+cattiva). Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l'insincerità e la falsità”. Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto).
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice.


Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci. Ambiguamente, il voyerismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.
Proprio nell'angolo in basso si vede una colomba, ma se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di una altra colomba. “Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia. Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora. Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d'oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza. “I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l'autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”. Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull'erotismo, un po' quello che fa il Bronzino qui. Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell'amore. Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile? Ci tornerò alla fine.


In alto c'è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c'è. I baffi spioventi gli coprono le labbra. Ancora più in alto si vede un'ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra. Corrisponde con la colomba nell'angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa - il Bronzino era assai lucido nell'organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale. Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo? Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c'è più, perché “Veritas filia Temporis”.
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza. Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c'era questa attenzione all'età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l'Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l'equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera. Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l'Occidente. Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un'altra cosa. Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos... ed è un bel guaio.


Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra. La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell'amore, forse quello che più fa soffrire.
Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: "La lussuria smascherata". Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c'è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. Oggi l'interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.
Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino. Qui c'è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello. L'aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. Non possono essere gesti vacui, e l'interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l'altro se ne accorga. Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema. Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti. Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.


Rivediamolo tutto intero, il quadro, dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.
Un altro titolo, forse vicino alle intenzioni dell'artista, è “L'Allegoria del Trionfo di Venere”. Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi : il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana. Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”. E' “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”. Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli. La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori. Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

6-26 settembre 2004, ma rivisto per l'occasione



2 commenti:

Roby ha detto...

Solimano, sono semplicemente senza parole.... il che -almeno per iscritto- non mi accade molto spesso!

Tibi gratias ago

Roby

Habanera ha detto...

Prima della felice riunificazione dei tre post de "L'Allegoria dell' Amore e del Tempo" (è molto più godibile così!)
Mazapegul aveva lasciato un commento che riporto fedelmente dal mio Outlook.
Complimenti a Solimano, anche da parte mia, per questo splendido lavoro.
H.


mazapegul ha lasciato un nuovo commento sul tuo post
"L'Allegoria dell'Amore e del Tempo (2)":

Bellissima lettura. Stimolante come sempre, anche in seconda battuta.

Postato da mazapegul in Nonblog di Habanera alle 21 settembre 2007 13.29