lunedì 6 agosto 2007

Commenti

Habanera



Capita, alcune volte, che i commenti siano interessanti almeno quanto il post che li ha generati. Come questi, ad esempio

Splendori e miserie dei blog


Rendl ha detto...
Leggendo questo post, caro Solimano, mi è venuto in mente un romanzo di un autore spagnolo folle e geniale (anche se non sempre la follia è sinonimo di genialità - et vice-versa) che si chiama Enrique Vila-Matas, il quale ha costruito un intero "romanzo" (definirlo romanzo in realtà è fargli un complimento striminzito: è molto di più di ciò) sui cosiddetti "scrittori del No": quelli che hanno smesso di scrivere, per i più disparati motivi...o perchè, semplicemente, non aveva più niente da dire. Il "romanzo" s'intitola "Bartleby y compañía" (in Italia tradotto per Feltrinelli qualche annetto fa) e tocca entrambi i punti di cui parli (narcisismo di chi inizia a scrivere; senso di sconfitta di chi non viene più letto; effetto cottura di critiche ed elogi - ma dopo un po' tutto passa, o scoppia in una bolla di vapore acqueo). Bisognerebbe scrivere (il proprio blog, un racconto, una poesia, una canzone) come se quello fosse il nostro ultimo giorno...Ecco: credo che questa possa essere una possibile soluzione agli affanni (legati non solo al fenomeno "ho il mio blog, fatti un giro, leggimi, metti un commento"). E poi, magari, rileggersi, autocriticarsi, riconoscere i propri limiti e cercare di andare avanti - da soli - per migliorarsi e capire, se possibile, di più e meglio. Il tutto, ovvio, con tanta sana ironia e autoironia. Anch'io certe volte m'imbatto in bloggers che fanno venire il latte alle ginocchia o che inducono al sonno o allo sbadiglio (tanto sono "falsamente letterari" o "falsamente diaristici").
3 luglio 2007 11.32


remo ha detto...
il mio non è né un blog letterario né un diario. sto in rete per caso.
perché, forse, è diventata un'ossessione e forse una vetrina, piccola piccola.
se scrivi non ti fa certo vendere più libri un blog, magari sì, dieci, venti copie?
diciamo che lo tengo, il blog, per due ragioni.
ho due scritture, quella giornalistica, ed è il mio lavoro (dove approfittando del mio ruolo di direttore di giornale potrei anche scrivere un fondo a numero, mentre ne scrivo uno ogni tre mesi), e quella dei miei libri, di notte, che percepisco come un secondo lavoro.
il blog - primo motivo - è il mio canale di sfogo.
la terza scrittura.
scrivo anche senza pensare, sempre di getto e spesso in fretta, e a volte sono pure soddisfatto di quel che scrivo.
chiaro che certi giorni passa la voglia: qualche commento anonimo, qualche mail velenosa. litigi, invidie eccetera.
ma passo al secondo motivo. giorno dopo dopo col blog s'instaura un rapporto diciamo affettivo con gente che poi si fa viva e gente che invece sta nascosta.
la mail più bella ricevuta e che tanti blogger possono ricevere è: mi fa piacere leggerti, ti mando un saluto.
ecco, poi subentra questo aspetto. che a volta blocca la voglia di oscurare tutto.
mi son dilungato, lo so, però leggendo il post mi sono chiesto: dal momento che condividi perché hai un blog?
ho cercato di rispondere.

buone cose
remo bassini
14 luglio 2007 17.36


Solimano ha detto...
Chiedo scusa del ritardo con cui rispondo, ma in questi giorni sono stato preso dal blog sul cinema e non mi arriva la segnalazione diretta in e-mail della presenza di commenti, fra l'altro interessanti come i vostri, perché pongono dei problemi reali che tutti viviamo.
Prima cosa: il brano che avete letto l'ho scritto diverso tempo fa, ed ora la vedo in modo leggermente diverso.
Ne ho scritto uno nuovo che esito a pubblicare perchè non vorrei suscitare vespai inutili che non avrei tempo di affrontare preso come sono da "Abbracci e pop corn" che è una cosa apparentemente semplice ma dietro a cui c'è un progetto, non l'estemporaneità della emozione di un certo film, ma una piccola battaglia culturale che comunque perseguo e che condivido in particolare con Giuliano, ma anche con altri.
Direi che bisogna arrivare ad una reductio ad unum. Che cosa è un blog? E' molto semplicemente un software predisposto facilmente personalizzabile. Punto e basta, nel senso che esiste una stratificazione culturale o sottoculturale come se i blog fossero diversi dai siti, come modo, come argomenti, come persone. Un mezzo eccellente per farci i fatti nostri ognuno a suo modo. Così sgombro il campo da tutta una serie impropria di strumenti, di link, di siti consigliati o no, di sono amico di questo e di quest'altro: tutte cose che vanno bene per coloro a cui sono utili, ma non sono per niente obbligatorie.
Secondo punto. Ma l'ha ordinato il dottore che il blog deve essere di un solo individuo? Se c'è un progetto comune, non è meglio lavorare insieme a persone che si stimano, si conoscono, si apprezzano? Da cui la mia propensione al multiblog (più facile dirlo che farlo) e con Habanera (che è una mia cara amica nella vita reale) ne ho parlato in
questo senso, perché sarebbe interessante se qui ci fosse una stanza di compensazione di qualità: il Nonblog inteso come concavità in cui entra la convessità di persone che la blogghiera Habanera apprezza come scrittura. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è assolutamente.
Terza ed ultima cosa: perché si scrive? Rettifichiamo le nostre intenzioni e diciamocelo chiaro, al di là dal ventisette che per qualcuno può esserci e per qualcun altro no: noi scriviamo perché ci pace scrivere, scriviamo per scrivere. Il resto segue comme l'entendance. E' bene che ci sia ma stiamo agganciati al teorema, non ai corollari se non vogliamo cadere nella nevroticità tipica di tanti blog.
E chiudo dicendo che vedo molta dispersività: si potrebbe divertirsi di più facendo meglio.
Perdiamo troppo tempo in back office invece di occuparci del front end.
Mi scuso ancora e spero che ci risentiremo presto.

grazie
Solimano
15 luglio 2007 1.58

2 commenti:

Anonimo ha detto...

¡Viva Bartleby e Compagnia!

A.D.

Solimano ha detto...

Habanera, per me hai fatto benissimo a riproporre questi tre commenti che hanno un merito (mi ci metto anch'io): odorano di verità - magari di quel momento - e non di birignao complimentoso.
E' già tanto, visto il gioco a nascondarella che domina in rete più ancora del gioco a mostrarsi troppo dei narcisisti ingenui (narsicista per me è laudativo, ingenuo no).
Un mio conoscente retaiolo ha detto che siamo tutti sedicenti scrittori. A parte che essere sedicente di qualcosa mi ingolosisce di per sé, gli ho risposto che io non sono un sedicente scrittore, sono uno che scrive. Che poi quello che scrivo venga letto, abbia valore etc etc è un eventualissimo corollario, il teorema è che io sono uno che scrive. E così ho detto ad una conoscente che mi diceva: noi due siamo due grafomani. No, io sono un tabagista, nel senso che vorrei smettere di fumare ma non smetto, quindi non sono un grafomane, perché con desidero smettere di scrivere. Mi piace, punto. E mi piace tanto che modifico continuamente quello che ho già scritto, perché vorrei che mi piacesse ancora di più.
Perché tutto questo sproloquio? Per un motivo: se le cose stanno così - e non credo di essere il solo, occorre organizzarsi: sullo zoccolo duro del piacere personale che credo provino anche gli altri due commentatori, visto che il piacere c'è, vediamo si lubrificarlo, 'sto piacere: scrivendo nei posti giusti, colloquiando con le persone giuste, dandosi un progetto (parola grossa? Parola giusta).
Evitare quindi accuratamente, finché si può, il back office e dedicarsi ad un front end fatto della mia testa, delle mie dita, della tastiera e del video.
Questo come prima cosa.
Come seconda, organizzare quello che già si è scritto, eliminando, sgrossando asciugando, e il tumrl o come cavolo si chiama può essere di aiuto, nel senso che ci vedo del bello nell'avere un repository senza commenti e senza contatore in cui mettere delle robe in cui credo e che mi piace rileggere.
Senza però cadere in una trappola: menarsela troppo da scrittore, e non da uno che scrive.
Intendo che mi trovo a mio agio col salto della rana di McArthur, che quel giorno la so l'isola dove andare, ma non mi pongo il problema di quella del giorno dopo ancora. Una miopia controllata che aiuta perchè si scrive di getto, dopo si ripulisce si organizza etc, ma la scittura di getto (facilitata eccome dal mezzo) fa solo bene.
Come terza cosa: leggere, leggere, leggere quello che scrivono gli altri che apprezzi, quelli che scrivono giorno per giorno come te. Interviene un senso (non esagero) di germinazione ideativa di benefico contagio che aiuta: occorre essere dei borsaioli con gli altri ed occorre che lo siano con te.
Però, e qui mi fermo, c'è putroppo dispersività: non ci si incontra, perché ognuno accudisce alla sua bottega reale e virtuale. Però questo posto di Habanera può aiutare, perchè si hanno le mani libere, non c'è la pusione del dovere o non dovere scrivere un post o non il post e ci si trova roba già passata al setaccio. Non è poco, la casualità del modo in cui si arriva a questo aiuta, se no comincerebbero le discussioni, i mal di testa etc che già ne abbiamo troppo tutti i giorni senza che li cerchiamo: danzando con leggerezza si balla meglio.

saludos
Solimano
P.S. Anche Primo Casalini mi ha detto di salutarvi...