lunedì 6 luglio 2009

Il ballo della vita humana (2)




Il ballo della vita humana (2)

di Solimano


Guadiamoli più da vicino, i quattro personaggi che danzano: Povertà, Lavoro, Ricchezza e Piacere. Non abbiamo ancora scoperto tutto quello che ci vuol dire Poussin e come ce lo dice. Anzitutto, la Povertà e il Lavoro sono in secondo piano: la Povertà (che è di sesso maschile) non mostra il volto, il Lavoro è una donna che nei muscoli esprime fatica quotidiana. Il volto del Lavoro è di profilo, come quello della Ricchezza; l'unico volto che ci guarda è quello del Piacere, uno sguardo complice ed accattivante, mentre la Ricchezza, in profilo pieno, esprime dignità superba.


Perché la Povertà è di sesso maschile? Si è fatta l'ipotesi che ciò sia collegato alle fronde che porta intorno al capo. Per l'iconologo Ripa, la Povertà era una donna distesa su un giaciglio di fronde secche, perché i pastori poveri dormivano proprio così. Poussin riprende il tema pastorale e inserisce le fronde secche attorno al capo del personaggio.
La Povertà e il Lavoro danzano scalzi, mentre la Ricchezza e il Piacere hanno sandali ai piedi: dorati quelli della Ricchezza, bianchi quelli del Piacere.
Il Lavoro cerca di stringere la mano della Ricchezza, che cerca di sottrarsi. La Ricchezza ha vesti bianche e dorate, perle fra i capelli e un bracciale d'oro e di perle. Le vesti del Piacere sono blu e rosse (colori primari). Le vesti della Povertà e del Lavoro sono di colori di terra.

C'è una domanda a cui dobbiamo rispondere, se vogliamo capire ancor meglio il dipinto: "Perché è un quadro lieto, non un quadro triste?" In fondo esprime la transitorietà della vita umana, i simboli della clessidra e delle bolle di sapone sono lì per questo, e la musica la fa il Tempo. Né possiamo rifugiarci nell'argomentazione del classicismo di Poussin, che sapeva essere tragico, come nella Peste di Asdod e nei Funerali di Germanico. La possibile risposta è in un libro che fu pubblicato proprio nel 1636: "L'Harmonie universelle" del francese Marin Marsenne, che era teologo, filosofo e matematico. Il libro di Marsenne riguarda la musica e gli strumenti musicali. Una speculazione sulla musica degli antichi (il Tempo suona la lira) e sulla sua relazione con la danza, unite dalla comune appartenenza alla stessa universale legge dell'armonia. L'unione delle arti, quindi, e il quadro di Poussin fu definito come un poema morale. Pochi anni dopo, nel 1642, il cardinale Giulio Rospigliosi (committente del quadro) faceva rappresentare un'opera intitolata "Il Palazzo Incantato", per quattro voci da soprano: Pittura, Musica, Poesia, Magia. E così quasi tutto tornerebbe, perché il sentimento lieto che proviamo nasce dalla motivazione del quadro: esprimere l'armonia dell'universo.

A questo punto, se si tratta di armonia universale, diventa più plausibile l'interpretazione che alla guida del carro del sole ci sia Apollo e non il figlio Fetonte. Può darsi che Poussin abbia cambiato idea. Nel suo disegno preliminare (148 x 199 mm, National Gallery of Scotland, Edinburgo) la rappresentazione è diversa: il carro del sole incombe quasi in primo piano. Altra differenza: nel disegno i due putti sono dalla stessa parte. Ma nel quadro finito la rappresentazione non ha nulla di drammatico: l'Aurora che sparge i petali, i cavalli, il disco del sole, le Ore a seguito. Tutto esprime armonia.


Della clessidra come simbolo di transitorietà esistono diverse rappresentazioni. Preferisco soffermarmi sulle bolle di sapone, molto meno presenti. In fondo c'è un altro simbolo, appartenente al mondo vegetale, che è assai vicino alle bolle di sapone: il tarassaco (o soffione) utilizzato nella sua Vanitas da Guido Cagnacci, che ho già inserito nel Nonblog in questo post.
I semi del soffione dispersi nell'aria dal nostro fiato somigliano alle bolle di sapone, salvo nel fatto importante che i semi sono fecondi, le bolle sterili. Inserisco cinque esempi.

Il primo è un'incisione di Hendrick Goltzius del 1594 (212 x 153 mm). Il titolo è "Quis evadet?" e sotto l'incisione c'è questa scritta (in un latino un po' particolare...):

Flos novus, et verna fragrans argenteus aura
Marcescit subitò, perit, ali, perit illa venustas.
Sic et vita hominum iam nunc nascentibus, cheu,
Instar abit bullæ vanitas elapsa vaporis. -- F.Eisius

La drammaticità della rappresentazione è attestata, oltre che dalla scritta, dalla presenza del grande teschio.


Il secondo è un singolare quadro di Jan van Kessel, databile attorno al 1660 ed attualmente al Louvre (67 x 51 cm).
Attorno ai due ragazzi alle prese con le bolle di sapone sono rappresentati i quattro elementi: l'Acqua (i pesci), l'Aria (gli uccelli), la Terra (i frutti ed i fiori), il Fuoco (i trofei militari).


Il terzo è l'Allegoria di Karel Dujardin, eseguito nel 1663 ed attualmente allo Statens Museum di Copenhagen (116 x 97 cm).
E' una rappresentazione allegra della transitorietà, visto anche che il giovane poggia i piedi su una conchiglia marina che galleggia sul mare ondoso.

Il quarto è il quadro più noto: La bolla di sapone di Chardin (1739). E' al Metropolitan Museum of Art di New York (61 x 63 cm). Più che ad esprimere la transitorietà o qualsiasi altro sentimento, il giovane di Chardin sembra impegnato a stabilire un nuovo record di grandezza delle bolle di sapone, chissà se c'è riuscito. Non si cura di noi, guarda solo la bolla di cui è fierissimo.

Il quinto è un quadro di Pierre Mignard, eseguito nel 1674. E' a Versailles (132 x 96 cm). La ragazza è Marie Anne de Bourbon. Sta guardandoci per mostrare come si sta divertendo a fare le bolle di sapone, che sembra interessino anche il cagnetto ed un bel pappagallo verde che sta per terra, a differenza dei pappagalli che siamo abituati a vedere. Per questo non lo notiamo subito, il pappagallo di Marie Anne.



8 commenti:

Silvia ha detto...

Solimano, lo leggerò domani sera con calma perchè me lo voglio gustare in pace. Lo sai che a quest'ora passo, sbircio, e poi devo rituffarmi nel lavoro.
Ma poi per fortuna arriva la sera.
Buona giornata

Silvia ha detto...

A volte mi prendo delle pause piacevoli.
Questi post sono di una piacevolezza senza pari. Sono adorabili, deliziosi, amorosi, non so come definirli, oltre che illuminanti e ricchi di cose interessanti.
Sono piccole perle per allietare una giornata triste.
Grazie Solimano, grazie davvero.

annarita ha detto...

Lieve ppure profondo, come il primo. E poi questa insolita rappresentazione della transitorietà per mezzo delle bolle di sapone. Un'immagine aerea e non inquietante, in contrapposizione a tante danze macabre dell'arte. Delizioso e riconciliante con il mondo e i suoi limiti.
Salutissimi, Annarita.

zena ha detto...

Ho letto gioiosamente e golosamente, caro Solimano.
Bellissimo percorso che, come ha detto Annarita, attraversa in profondità un tema abissale, ma lo fa attraverso le immagini gentilmente simboliche delle bolle di sapone.
Io resto sempre stupita di fronte alla tua capacità di leggere i segni, con una padronanza che fa sembrare semplice ogni cosa.
Grazie

Silvia ha detto...

Ecco, che bene avete descritto il mio pensiero riguardo a questo bel post.
Anche se la danse macabre a me affascina molto.
Buona giornata a tutti.

Solimano ha detto...

Silvia e Annarita, avete ragione, a parlare di danza macabra. E' un tema presente nel cinema: Bergman ne "Il settimo sigillo" e Bunuel ne "L'angelo sterminatore". Ma probabilmente anche altri registi, mi vengono in mente Lang (Metropolis), Polanski (La danza dei vampiri), Kusturica (Underground) e Fellini (E la nave va).
Quello che è singolare è che non è un quadro triste né grottesco. C'è un sentimento lucido di accettazione: "Le cose stanno così e non possono che stare così" tipico di una mentalità cartesiana. Difatti, anche in un altro suo quadro giustamente famoso, "Et in Arcadia ego", la scoperta che fanno i felici pastori di una tomba proprio in Arcadia (il migliore dei mondi possibili), non è né triste né sconvolgente. Per cui il grande Panofsky dice: "E se il titolo Poussin l'avesse rovesciato?"
Non una minaccia che fa la morte, ma la constatazione del fatto che anche la morte fa parte dell'Arcadia, e che non sarebbe nè possibile né desiderabile che fosse diversamente. Il confronto fra i due grandi quadri su questo tema (quello di Poussin e quello del Guercino) è illuminante, perché lo stesso tema è trattato in modo diverso.
Sono convinto che noi contemporanei siamo molto presuntuosi: la ciclicità della natura e dell'esistenza umana è lontana dal nostro sentire. E se non si ha una giusta visione della Signora Morte è difficile fare i conti ammodo con la Signora Vita (che sta lì, davanti al nostro naso).
Trovo meraviglioso che per trattare un tema così tosto, Poussin si sia affidato anche alle bolle di sapone. E che il Rospigliosi (che poi divenne Papa) volesse che il quadro significasse quello che aveva in mente: l'armonia universale nella natura, raggiunta attraverso l'incontro delle arti: Musica, Danza, Pittura, Letteratura. Ci aggiungerei anche il Cinema, ma allora non c'era...
Riguardo l'osservazione di Zena sulla capacità di leggere i segni, vorrei che fosse una capacità negativa, cioè l'essere indifesi di fronte ai segni. Quando li lasci entrare puoi farci i conti: ragionare, discernere, persino giudicare. Ma se si impedisce che entrino c'è solo Pregiudizio, non Giudizio. Uno sport a cui siamo portati tutti e dietro di cui c'è l'ansia di controllo che nasce dall'imprinting della paura. Il che vale per tutti i segni, non esiste classifica, è un segno anche riuscire ad inserire il filo nella cruna dell'ago, una volta ci riuscivo, adesso chissà.

grazie e saludos
Solimano

Amfortas ha detto...

Di tutto questo magnifico post mi ha colpito in particolare questo passo:

il cardinale Giulio Rospigliosi (committente del quadro) faceva rappresentare un'opera intitolata "Il Palazzo Incantato", per quattro voci da soprano: Pittura, Musica, Poesia, Magia.

Il motivo, l'avrai capito subito, è la stranezza che un porporato favorisca, a quei tempi, una musica scritta per soprano.
La Chiesa non gradiva che le donne si esibissero in pubblico, tanto che si sa che la "fortuna" dei castrati è dipesa proprio da questa posizione, una volta di più, reazionaria, del clero in generale.
Evidentemente Rospigliosi era l'eccezione, in quel mondo.
Ciao.

Solimano ha detto...

Paolo, il cardinale (poi papa) Giulio Rospigliosi era un grande uomo di cultura.
Da Wikipedia:

Giulio Rospigliosi viene ricordato anche per la sua opera di librettista e per il suo contributo nella determinazione dei gusti e degli orientamenti del melodramma romano del seicento.

E questi sono i titoli e le date dei melodrammi:

Sant'Alessio 1631;
Erminia sul Giordano 1633;
I Santi Didimo e Teodora 1635;
Egisto 1637;
San Bonifazio 1638;
Genoinda 1641;
Il palazzo incantato 1642;
Sant'Eustachio 1643
.

Come si vede, titoli mischiati, religiosi e profani. Non rappresentati in chiesa, quindi certe disposizioni probabilmente o non c'erano ancora o non venivano seguite.
La cosa strana è che la Chiesa è più normalizzata oggi che allora. C'era una grande lotta culturale ed umana. Fra i cardinali c'era chi sosteneva Caravaggio e chi no. Idem per Galileo Galilei.
Il Seicento non è stato solo il secolo sudicio e sfarzoso, come credeva il Manzoni. Questi cardinaloni e banchieri (come il Giustiniani di Genova che protesse il Caravaggio) erano dei mecenati tostissimi. Il fatto stesso che il Rospigliosi si accordasse con un pittore francese e cartesiano come Poussin mi fa pensare che fosse molto più laico di certi odierni. Bella però la musica! Sempre, anche allora, peccato che la si conosca poco.

grazie Paolo e saludos
Solimano