lunedì 13 luglio 2009

L'ora di Barga


Barga - Disegno di Swietlan Kraczyna



L'ora di Barga

Giovanni Pascoli


Al mio cantuccio, donde non sento
se non le reste brusir del grano,
il suon dell'ore viene col vento
dal non veduto borgo montano:
suono che uguale, che blando cade,
come una voce che persuade.
Tu dici, E' l'ora; tu dici, E' tardi,
voce che cadi blanda dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi
l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo,
cose ch'han molti secoli o un anno
o un'ora, e quelle nubi che vanno.
Lasciami immoto qui rimanere
fra tanto moto d'ale e di fronde;
e udire il gallo che da un podere
chiama, e da un altro l'altro risponde,
e, quando altrove l'anima è fissa,
gli strilli d'una cincia che rissa.
E suona ancora l'ora, e mi manda
prima un suo grido di meraviglia
tinnulo, e quindi con la sua blanda
voce di prima parla e consiglia,
e grave grave grave m'incuora:
mi dice, E' tardi; mi dice, E' l'ora.
Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,
voce che cadi blanda dal cielo!
Ma bello è questo poco di giorno
che mi traluce come da un velo!
Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.
Lascia che guardi dentro il mio cuore,
lascia ch'io viva del mio passato;
se c'è sul bronco sempre quel fiore,
s'io trovi un bacio che non ho dato!
Nel mio cantuccio d'ombra romita
lascia ch'io pianga su la mia vita!
E suona ancora l'ora, e mi squilla
due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla,
mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! è l'ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch'amano ed amo.
(Canti di Castelvecchio)


La casa di Giovanni Pascoli

Barga vista dalla Terrazza Pascoli


L’ora di Barga è dedicata ad Emma Corcos. La «Gentile Ignota», amica del poeta e moglie del pittore Vittorio Matteo Corcos, alla quale scriveva:
Le scrivo, come ella vede, da Barga,... dove non sento altro suono che di fringuelli e di balestrucci. Oh! divino soggiorno!
Ahimè, gentile ignota, non ci vedremo nemmen questa volta, temo!
Quando vengo o vado, io vengo e vado a precipizio, senza fermarmi. Sia come voglia nemmen questa volta posso allungare la gita, venendo a Firenze, a cui pure sospiro, e molto meno sostare, come pure vorrei... A un'altra volta.
Che cosa vedo dalle finestre? Cose mirabili: per es. la Pania e il cocuzzolo a cupola della Tambura e alcune nuvolette rosee che sono peschi in fiore. Oh! Potessi star sempre qui: sarei quasi felice...
Mando un saluto pieno di profumi di menta e di serpillo e pepolino, e sonoro di gorgheggi.


Emma Corcos nel 1900

Vittorio Matteo Corcos: In attesa accanto alla fontana

8 commenti:

annarita ha detto...

Forse non è una delle poesie più citate in questi canti, ma i versi hanno una musicalità che rincuora. E poi è bello trovare un omaggio a una presenza femminile al di fuori della cerchia familiare. Grazie per questo momento di dolcezza.
Un caro saluto, Annarita

Solimano ha detto...

Giovanni Pascoli, come uomo, come persona, lo trovo a volte irritante, con quel suo modo da mammoletta di rivolgersi agli altri, specie se si trattava di donne, di cui per me aveva una paura cronica. E il rapporto con le sorelle, le scenate ad Ida perché aveva deciso di sposarsi e allora il nido di farlotti non c'era più.
Come poeta no, è alterno, a volte anche grandissimo, gli succede anche qui, difatti lui e il D'Annunzio, così lontani, si rispettavano.
Ma forse sono critico perché alle elementari ed alle medie inferiori volevano farci piacere Pascoli a tutti i costi, e noi eravamo in fase di distacco dalla campagna, in cui eravamo cresciuti e conoscevamo tuti i disagi, mentre i cittadini potevano idoleggiare, noi no.
Però Barga è un gran bel posto. Non so dove sia, forse dalle parti delle Alpi Apuane?

grazie Habanera e saludos
Solimano

zena ha detto...

Ci hanno rovinato La cavallina storna, fatta imparare a memoria in seconda elementare, con il caffelatte del mattino e pure Valentino vestito di nuovo, a piedi nudi, che ci teneva in casa mentre nel viale impazzava maggio e tutti giocavano a tana.

Quando ho reincontrato Pascoli, quasi non l'ho riconosciuto.
E' iniziato un viaggio parallelo di scoperta (sulle orme di una seduzione sottile e tenace).
Poesia planetaria.
Certo, con cadute, eccessi ed iterazioni assedianti, ma così totalmente 'diversa' nel paesaggio italiano del tempo, simbolica e allusiva.

Un saluto a tutta la pagina:)

Habanera ha detto...

Le poesie del Pascoli non le amavo particolarmente ma neppure mi dispiacevano. Era abbastanza facile impararle a memoria e questo era un punto a suo favore perchè proprio impararle a memoria ci toccava.
La poesia che ho inserito qui però ha un fascino tutto particolare per me perchè io Barga la conosco. E conosco la Garfagnana, terra aspra e bellissima.
Solimano, Barga è in lucchesia ma per arrivarci, partendo da Lucca, c'è un bel po' di strada da fare.
Ti assicuro però che ne vale la pena, almeno era così quando ci andavo io. Non so quanto sia cambiata oggi, spero non troppo perchè è un borgo medievale di rara bellezza circondato da una natura che rapisce il cuore.

Un saluto affettuoso a tutti
H.

Silvia ha detto...

Grazie sai Haba! Grazie perchè io adoro Pascoli. Con lui sto bene. E questo post che ho letto troppo frettolosamente per i miei gusti, lo riprenderò per gustarmelo lentamente.
Questo blog trasmette la stessa pace e immensità della splendida terrazza.

Silvia ha detto...

Mi sono concessa questo post, proprio oggi, in relax, in silenzio. Anche le cicale hanno smesso di frinire, per cinque minuti. Potrebbe essere estate, senza cicale?
Comprendo Solimano e condivido in parte l'irritazione che Pascoli uomo suscita, ma il poeta, il poeta per favore non toccatemelo.
Che io da cittadina purosangue, adoro.


"Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.
Lascia che guardi dentro il mio cuore,
lascia ch'io viva del mio passato;
se c'è sul bronco sempre quel fiore,
s'io trovi un bacio che non ho dato!
Nel mio cantuccio d'ombra romita
lascia ch'io pianga su la mia vita!
E suona ancora l'ora, e mi squilla
due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla,
mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! è l'ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch'amano ed amo."

Bè, come non si possa amare un passaggio così, francamente non lo so:)

Solimano ha detto...

Lo so che non sarete d'accordo, ma se devo scegliere il mio primo poeta per l'estate, scelgo Gabriele D'Annunzio, con almeno quattro poesie dell'Alcyone: "Meriggio", "Versilia", "Undulna" e "Stabat Nuda Aestas". Il filo conduttore in tutte le quattro poesie è il mito.
A seguire, molto da vicino, il meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale. Poi la distesa estate di Vincenzo Cardarelli.
Credo di avere inserito diverso tempo fa nel Nonblog un post titolato "Quattro modi di sentire l'estate". Il quarto poeta era Caproni.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Ho scoperto solo oggi questo blog, su suggerimento di un'amica, e devo dire che mi ha riportata al passato in un modo più ricco (per le immagini e la musica, ed anche per la condivisione con altri) e insieme lucidamente distaccato. Mia madre adorava Pascoli, di cui aveva fatto imparare a memoria diverse poesie a me e a mia sorella bambine. E di questo sentimentale e nostalgico poetare aveva anche i difetti: il vivere fuori della realtà, con lo sguardo rivolto al passato, senza mai guardare al futuro come a una possibilità positiva di vita...
Ho imparato presto a "difendermi" dal suo sentimentalismo ricattatorio, prendendomi anche accuse di "cinismo", ma di quella vita mi è rimasta l'attitudine contemplativa, e questa poesia mi ha riportata indietro nel tempo, al mondo concluso di mia madre e ad una dolcezza che oggi non può più tarparmi le ali...