venerdì 20 marzo 2009

Luca e l'inventore dei sogni


René Magritte - Le bouquet tout fait, 1956


Luca e l'inventore dei sogni

di Giulia


Ero alla stazione e aspettavo che una mia amica scendesse dal treno proveniente da Roma. Ho sentito qualcuno chiamarmi. Professoressa… Era Luca, un ragazzone alto e bello che era stato mio allievo anni fa. E' corso da me e mi ha abbracciato forte.
“E’ sempre la stessa- mi ha detto – la vedo solo un po’ più piccola”
“Forse sei tu – gli rispondo – che sei diventato molto più alto!”
Ci siamo fermati a raccontarci quel pezzo di vita che non avevamo “frequentato” insieme.

Lo ricordo Luca, sempre a guardare il cielo. Lo chiamavo e lui sembrava risvegliarsi da un sogno. Io avevo l’ingrato compito di riportarlo alla realtà quando sarei volata anch’io con la mia mente in quel pezzo di cielo su cui si perdeva il suo sguardo e che si intravedeva in mezzo a tutte le case.
Fuggiva con la mente Luca… ma i luoghi in cui andava e che spesso mi raccontava erano sempre magici. Io mi incantavo ad ascoltarlo forse più di quanto io incantassi lui con la mia analisi logica.
I compagni lo chiamavamo tutti Peter come il protagonista del romanzo di Ian McEwan scritto nel 1994, L’inventore di sogni che avevamo letto insieme in classe.

Anche Peter è un bambino un po’ spaesato che si astrae dalla realtà e vive nella sua mente strane avventure. I suoi sogni non sono una vera e propria evasione ma un modo per affrontare in maniera più consapevole, la vita. E nei suoi sogni spesso si animavano le cose che lo circondavano. Gli oggetti possono rivelarsi agli occhi di un bambino carichi di un simbolismo e di un potere che l'età adulta non sa più riconoscere. I sogni di Peter sono popolati anche di paure: la paura del male, dei mostri, del dolore e della morte. Tutto però è espresso in maniera lieve, senza drammaticità. Crescere significa anche conoscere le proprie paure e imparare a convivere con esse.

Proprio attraverso l’immaginazione, il gioco, l’immedesimazione i bambini imparano ad affrontare la propria esistenza con le sue difficoltà. E così faceva Luca che coll’immaginazione e la fantasia imparava ad affrontare una realtà che spesso gli era ostile, perchè non sapeva capirlo.
Spesso Luca mi raccontava i suoi pensieri che diventavano storie bellissime piene di fascino.

René Magritte - L'art de la conversation, 1950

Di Peter Fortune, il protagonista del libro, i grandi dicevano che era “un bambino difficile. Lui però non capiva in che senso. Non si sentiva per niente difficile. Non scaraventava le bottiglie del latte contro il muro del giardino, non si rovesciava in testa il ketchup facendo finta che fosse sangue, e neppure se la prendeva con le caviglie di sua nonna quando giocava con la spada, anche se ogni tanto aveva pensato di farlo. (…) Fu solo quando era ormai già grande da un pezzo che Peter finalmente capí. La gente lo considerava difficile perché se ne stava sempre zitto. E a quanto pare questo dava fastidio. L'altro problema era che gli piaceva starsene da solo. Non sempre naturalmente. Nemmeno tutti i giorni. Ma per lo piú gli piaceva prendersi un'ora per stare tranquillo in qualche posto, che so, nella sua stanza, oppure al parco. Gli piaceva stare da solo, e pensare i suoi pensieri”.
Anche di Luca dicevano che non era "molto giusto", che non sapeva stare attento, che non avrebbe mai concluso nulla nella vita …Vi lascio immaginare cosa si diceva di lui nel consiglio di classe. Io lo guardavo e sapevo che prima o dopo avrebbe saputo dimostrare quanto valeva.
Ha ragione Peter quando dice “Il guaio è che i grandi si illudono di sapere che cosa succede dentro la testa di un bambino di dieci anni”. Nel caso di Luca gli anni erano undici.

Ora Luca era davanti a me… Il suo sorriso caldo e ancora ingenuo. I capelli lunghi e biondi. I suoi occhi dolci mi guardavano con affetto.
“E allora ce l’hai fatta ad uscire dalla scuola?”,
“Sì, ce l’ho fatta” mi risponde, “ma non ho mai rinunciato a sognare…” mi dice con allegria.
“E non farlo mai, non lasciare che nessuno te lo impedisca…”
Mi dà un bacio e se ne va con quella sua aria un po' svagata e la sua camminata dinoccolata, poi si volta e mi grida “Ci vediamo prof…”.
Poi al cellulare compare un messaggino: "mi faccia uno squillo, così so come chiamarla". Obbedisco...
Mi ha richiamato ed un giorno è venuto a trovarmi con altri suoi compagni e con le chitarre.

Il mio Luca oggi compone canzoni e ogni canzone è davvero una poesia…

René Magritte - Le Beau Monde, 1962

Da Pensare in un'altra luce

4 commenti:

NATAKARLA ha detto...

Che bel post...
Che musica compone oggi Luca e che poesie scrive?
Mi hai messo addosso una curiosità...
Una abbraccio, Carla

Habanera ha detto...

Giulia, innanzi tutto benvenuta sul Nonblog.
Di casa qui lo sei sempre stata ed ora, come collaboratrice diretta, lo sei ancora di più.
Penso che i tuoi ragazzi siano stati molto fortunati ad avere una Prof. come te che ha insegnato loro ad amare non solo i libri ma anche e soprattutto la vita.

Un abbraccio a te e quando lo risenti anche a Luca
H.

Anonimo ha detto...

Ti ho detto già che sono molto contenta di essere qui. E' anche questa una gran bella casa.
IO, lo dico sinceramente, non ho mai capito come tanti troppi insegnanti trovino questo lavoro così "terribile". Ti assicuro che i ragazzi, quando dialoghi con loro senza nè prevaricare nè farti prevaricare sono un grandissimo stimolo e ti sorprendono sempre. Non è tutto sempre rosa e fiori, ma anche il "conflitto" fa parte del gioco.
Un abbraccio,
Giulia

Solimano ha detto...

Il nesso fra solitudine e fantasia, fantasia e solitudine è fortisimo nell'infanzia. Stare da soli ingenerava fantasie, ci si appassionava alle proprie fantasie e si cercava di stare da soli.
Uno stato che a Parma era chiamato spregiativamente andare in oca.
Nell'immediato è un circolo vizioso perché si diventa timidi, poi si scopre la virtuosità, perché la fantasia è una facoltà che non ha spazio a comando, ma solo se la si è esperita naturalmente. Oggi, non so, temo che l'eccesso di stimoli non faciliti lo sviluppo della fantasia. Questa situazione l'ho vissuta anche oltre l'infanzia, dopo la terza media successero due cose che cambiarono tutto: l'ingresso di libri non scolastici in casa mia (la mitica BUR)... e il fatto che in quarta ginnasio c'erno le classi miste, alle medie no.

benvenuta Giulia e saludos
Solimano
P.S. Avere una fantasia ben sviluppata e ben esercitata serve moltissimo nella vita, non come consolazione ma come azione: sul lavoro e in amore.