giovedì 18 settembre 2008

Alla fermata del tram


Milano nell'ottocento
Giuseppe Canella: La Corsia dei Servi nel 1836


Alla fermata del tram

di Rossella Vita


Per chi non lo sapesse vivo a Milano.
Vado coi mezzi pubblici.

Al ritorno dalle vacanze ho trovato un cambiamento alle banchine delle fermate. Hanno sostituito la mappa dell’intera città, sotto la quale era stampato un dettagliato stradario, assai facile da consultare, con due piccole mappe con la sola indicazione del percorso della linea che passa di lì. Schemi simili a quelli che sono sulle carrozze del metro, per intenderci, che mostrano le fermate e i collegamenti con le altre linee. Ma questa funzione, in superficie, era già svolta dalla segnalazione verticale, e sulla mappa c'erano comunque indicate anche tutte le linee tranviarie, filobus, autobus… non era difficile trovarle e seguirle, col dito.

Ora che non c'è più mi hanno tolto il passatempo che ero solita prendermi in attesa dell’autobus: vedere dove abita quel mio amico, mia zia, mia sorella; controllare i nomi delle strade che devo raggiungere, verificare se l'idea che ho dell'itinerario è giusta; oppure misurare la distanza che c’è dalla Bovisa a Rogoredo, da San Donato a Lambrate, dal Castello alla Abbazia di Morimondo e dal Naviglio grande a via Manzoni…

Quella mappa aiutava a trovare da sé le proprie destinazioni e il percorso, e dava bene l’idea di una città che benché si atteggi a metropoli, è ancora un posto che si può attraversare in bicicletta, da un capo all’altro, in meno di un'ora e mezza!
Mi piaceva poi ipotizzare sulla carta piccole deviazioni, fantasticare un piccolo allungamento del percorso per andare a vedere, che so, una cosa bella come San Satiro o Sant'Ambrogio o casa Campanini.

Milano nell'ottocento
I campanili di Sant'Ambrogio
visti dal vicolo Sant'Agostino verso il 1830

La basilica di Sant'Ambrogio
con il portico del nartece

Sgretolare la città in tanti piccoli micropercorsi non mi sembra una grande idea. Anzi mi sembra una di quelle piccole iniziative che danno l'idea della novità un poco inutile e invece sono anche dannose; quella specie di novità che quando sono di cattivo umore tendo a considerare gesti sinistri di un disegno coerente e diabolico nella sua apparente irrilevanza. L’ho già scritto qui; non dico il diavolo, ma sento in azione un’aria che tira diffusa e coerente, che si potrebbe, dovrebbe piuttosto, volgere con qualche vela appropriata a favore di miglior vento.
Lo so, sembra un discorso dei matti.

Milano nell'ottocento
Angelo Inganni: Il Naviglio presso la chiesa di San Marco, 1830

Milano nell'ottocento
Angelo Inganni: Naviglio sotto la neve, 1845

Fatte salve le porzioni di giardini pubblici colonizzate la domenica o il sabato dalle comunità di stranieri siamo sempre, tutti, più estranei alla città nel suo complesso.
Lei ci soffre, e si vede, e noi di conseguenza.
Il genius loci è veramente rintanato in certi angolini e solo tante amorevoli cure potrebbero convincerlo a mostrarsi. Inutile inventare per questo benedetto posto delle identità a tavolino, che suonano facili da ripetere, ma inconsistenti. Dietro la maschera di uno slogan nuovo continuano a vivere le stesse esistenze dolenti, che faticano a respirare, a riconoscersi, a sentire anche solo che si va da qualche parte insieme alle altre persone e non nonostante o contro di loro… Questa è una città, per intederci, dove ha vinto solo qualche anno fa l’idea che una panchina in piazza Duomo poteva dar adito a sinistre forme di bivacco - e sarei io la matta?!

Insieme alla mappa di Milano ho perso qualcosa, e così chi aspetta con me. Non abbiamo più quel disegno al quale appoggiare l'idea della città comune, la sua realistica praticabilità materiale e mentale – perchè Milano non è un labirinto.
E abbiamo un'occasione in meno di scambiare, che so, una parola, e di incoraggiare una domanda gentile «Scusi, sa mica dov'è la via Morigi?».
La mappa avrebbe reso possibile quel percorso in una competenza reale e non astratta, e sarebbe stato facile ricostruire lo spazio comune che appartiene a noi due che parliamo, soprattutto se non parliamo la stessa lingua– cosa che capita spesso, alle fermate.
E per la soddisfazione di quel piccolo ma utile scambio, ci sarebbe scappato perfino un «Grazie»/«Prego» o, addirittura, un sorriso.

(31 agosto 2008)


Da Golem l'Indispensabile

Milano nell'ottocento
Angelo Inganni: Piazza del Duomo
con angolo del Coperto del Figini, 1838

P.S. Le immagini sono tratte dal libro Milano Sparita
Luciano Zeppegno - Edizioni Newton Compton -
Terza edizione: novembre 2001

Si consiglia di cliccarle per vederle ingrandite
(Habanera)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo post molto piacevole nella lettura in raltà inquieta per le strane sensazioni di disagio che trasmette. Il non sapere dove si va, quale sarà il cammino che si andrà a percorrere, quale avrebbe potuto essere una strada in alternativa. Non poter condividere un viaggio perchè indistinta la meta. Terribile. Molto bello il post che ci dice che ora come non mai abbiamo bisogno di certezze, fosse anche una cartina per indicarci la prossima fermata, magari da condividere. A Milano come in molte città del nostro bel paese che non si possono più permettere la Stella Polare.

Giuliano ha detto...

Penso da tempo che negli ultimi 10-15 anni nelle aziende di treni e bus abbiano preso il comando persone che non prendono mai i mezzi pubblici, e se li prendono hanno abbonamenti e tessere che facilitano molto la vita.
Rossella centra molto bene alcuni dei problemi pratici, spiccioli, che saltano all'occhio: come è possibile non accorgersi di queste cose? Solo non viaggiando sui mezzi pubblici è possibile non accorgersene.
I cartelli grandi alle fermate erano molto comodi, si vedevano anche sbirciando giù dal tram; li hanno tolti tutti per metterci quelli grandi come un foglio da lettera. E anche in metropolitana, mi capita quasi sempre di scendere una scala e non trovare l'elenco delle stazioni, cioè di non sapere dove sono esattamente: come se tutti sapessero tutto, e chi non conosce a memoria tutte le stazioni del metro sia un bamba.
L'elenco è lungo e potrebbe continuare, per intanto dico a Rossella che è sempre un piacere leggerla.

Roby ha detto...

Rossella carissima, non sai quanto questo tuo post abbia contribuito a far sentire vicinissime -non solo nello spirito ma anche nella vita di tutti i giorni- una milanese come te ed una fiorentina come me!

I motivi e gli spunti sono molteplici, una volta divorato tutto d'un fiato il tuo pezzo. Prima di tutto, se può consolarti, noi qui a Firenze le cartine grandi alla fermata di'busse un le si son mai avute... da noi, i cartelli tipo metropolitana esistono -se e quando esistono!!!- da decenni: e sì che le attese del mezzo pubblico raggiungono lunghezze da circumnavigazione del globo (da cui l'acronimo ATAF=Aspettare Tanto Alle Fermate, anzichè Azienda Trasporti Area Fiorentina)!

Seconda di poi, sono rimasta a bocca aperta vedendo quanto sia bella la Milano nascosta, sparita o poco conosciuta che presenti nelle immagini allegate. Certi scorci sono sorprendentemente vicini a quelli della Firenze di prima della distruzione del vecchio centro, a fine '800: se vai a vedere in internet i quadri di Fabio Borbottoni o di Telemaco Signorini -ne ho pubblicato uno nel post Bischerate 3- capirai...

Un abbraccio e un saluto molto ma moooolto partecipi da
Roby

Habanera ha detto...

Lo dico da milanese acquisita (ormai da più di trent'anni) e da innamorata di questa città da quando avevo solo dieci anni. Allora, vedendola per la prima volta (di passaggio durante un viaggio), dissi a me stessa: prima o poi verrò a vivere in questa città.
Un po' di anni dopo ho realizzato questo sogno e non me ne sono mai pentita.
E' vero, Milano sta cambiando, lo spirito meneghino è sempre più annacquato, la famosa efficienza milanese a volte si fa desiderare ma io, che ho vissuto in tante altre città (Napoli, Roma, Firenze, Padova...), continuo a preferirla a tutte le altre.
C'è qualcosa in questa città che mi è congeniale, qualcosa che me ne fa (re)innamorare ogni volta che torno da un viaggio o da un lungo soggiorno nella pur amatissima Liguria.
Solo qui mi sento veramente a casa e questo significa essere diventati irrimediabilmente milanesi.
Capisco che chi conosce Milano solo superficialmente non condivida questo mio entusiasmo ma se provassero a viverci per qualche mese forse cambierebbero idea...
Il post di Rossella è molto bello ed è tipicamente milanese: lamenta una perdita di efficienza e di attenzione verso il cittadino. Efficienza ed attenzione a cui i milanesi sono abituati da sempre e a cui non sono disposti rinunciare.
Che la Moratti (o chi per lei) l'ascolti!
H.

P.S. Roby, le immagini che corredano il post le ho scelte io e provengono da uno dei miei tanti libri su Milano. Mi fa molto piacere che tu, abituata al bello della splendida città in cui vivi, le abbia apprezzate.

Solimano ha detto...

Ho riflettuto oggi, oltre che sui miei post su Bologna, su questo di Rossella su Milano. E mi è venuto in mente come sarebbe possibile vivere meglio sia a Bologna che a Milano se avessero fatto come in una città in cui ho soggiornato per lavoro: Hannover. E' grande come Bologna, ma ha un metrò più esteso di quello di Milano. Ci sono ottime linee tranviarie in superficie e l'aeroporto, tenuto benissimo, è meglio di Linate da tutti i punti di vista
La logica conseguenza, a cui si arriva facilmente, che quasi ogni strada ha una pista ciclabile, e non stretta. Non me ne ero reso conto e mi fecero due urlate di quelle alla tedesca perché ci camminavo sopra. E' inutile girarci intorno, il problema sta lì. E Milano, che non è poi molto estesa, sarebbe percorribile facilmente.
Ma a dirle, queste cose, come dice Rossella ti prendono per matto. La sostanza è che Milano è quasi invivibile nei giorni feriali mentre è bellissima la domenica. Non si può camminare per le tante strade storiche avendo da tutte le parti macchine parcheggiate, macchine viaggianti e rumori di ogni sorta. Oppure. Milano va bene per andarci alla sera, a concerti o altri spettacoli, perché anche oggi a Milano l'offerta c'è, e ognuno ha le sue priorità.
Ma alla domenica mattina, quando tanti sono partiti per il week end, a Milano si sta benissimo. Basta sapere un po' di posti che molti non conoscono.
Manca un'altra cosa: un tessuto sociale che agisca e reagisca avendo la giusta massa critica. Basterebbero un centinaio di persone motivate per lo stesso progetto, ma è più facile che succeda nelle città tipo Brescia, Modena, Cremona.
A Monza (terza città della Lombardia come numero di abitanti) no, è un discorso tutto da ridere e tutto da piangere che prima o poi farò.
Ma il Parco di Monza resiste, per quanto provino a dequalificarlo in tanti modi. Resiste perché è troppo grande come estensione perché i monzesi ce la facciano, malgrado l'Autodromo e il Golf, che starebbero benissimo in tante altre zone della Lombardia, non all'interno del Parco cittadino più grande d'Europa.

grazie Rossella e saludos
Solimano
P.S. La prima volta che andai ad Hannover, dal mezzo di superficie vidi quasi in centro quello che mi sembrò un enorme giardino con alberi secolari: era il cimitero.

Roby ha detto...

Cara Haba, mi pare -vedendo le immagini e leggendo quanto sia Rossella che tu ed i nostri golden boys raccontate di Milano- che lo splendore non sia una prerogativa esclusiva di Firenze: pur ammettendo la bellezza della città ove vivo, a volte la ritengo un po' sopravvalutata... ed è proprio fidando in questo -forse- che i suoi amministratori pensano di poterla lasciare così com'è, nel crepuscolare abbandono in cui oggi si trova!

A parte questo: bellissimi quadri, davvero, quelli che hai inserito sulla Milano "sparita"! Il Borbottoni cui accennavo non è -al confronto- un granchè come pittore, ma ha avuto il merito di fissare sulla tela la Firenze che andava sparendo sotto i picconi della parentesi capitale. In rete non so quanto si trovi di lui: ma l'anno scorso qui a Firenze si è tenuta una mostra delle 120 opere che ha dipinto, vero album "fotografico" di fine '800.

E poi, sul disagio serpeggiante nelle più o meno grandi città: Rossella lo ha "fotografato" molto bene (tanto per rimanere in tema). Leggendola, ho avuto un brivido. Dopodichè, mi sono chiesta: CHE FARE?...

R.

Habanera ha detto...

Roby, curiosa come sono, figurati se non mi precipitavo subito a cercare in rete i dipinti di Fabio Borbottoni. Ne ho trovati alcuni qui e li ho guardati con interesse. Come pittore non è certamente il massimo (preferisco di gran lunga questo Telemaco Signorini, ad esempio) ma Borbottoni ha il merito di avere fissato sulla tela quella Firenze che stava scomparendo, come hanno fatto per Milano i pittori lombardi.
In quanto alle nostre due città è impossibile fare dei paragoni. La bellezza di Firenze è evidente, innegabile, alla portata di tutti, mentre Milano è più segreta. Scorci di incredibile bellezza, cortili maestosi, giardini lussureggianti, sono gelosamente nascosti dietro cancellate e portoni quasi sempre chiusi. Bisogna proprio sapere che esistono per trovarli.
H.