giovedì 10 luglio 2008

Tristram Shandy (1)




Tristram Shandy (1)

postato da Giuliano



- Mi intendo tanto di calcoli, - disse lo zio Tobia, - quanto questa balaustra.
E, nel tentativo di indicarla con la sua stampella, fallì il bersaglio e prese in pieno lo stinco di mio padre.
- L'avrei presa cento contro uno, - si scusò lo zio Tobia.
- Credevo che tu non avessi nessuna nozione di calcolo, fratello Tobia. - disse mio padre fregandosi lo stinco.
- E' un puro caso, - rispose lo zio Tobia.
- Un altro da aggiungere al capitolo, allora. - replicò mio padre.
(Laurence Sterne, Tristram Shandy: volume quarto, capitolo nono )



Ne parlavo con un'amica, che mi rispondeva: " A me piacciono le storie che hanno un andamento diretto, che non si perdano troppo per la strada. Storie classiche, insomma, dove sia facile seguire il filo della trama, anche se magari è complessa. " Ovviamente sono d'accordo, è sempre bello trovare autori che sanno raccontare bene una storia: Stevenson, magari, oppure Calvino. Ma ci sono grandi scrittori che fanno esattamente l'opposto, e riescono lo stesso ad essere piacevoli.
Il loro campione è probabilmente Laurence Sterne con il suo "Tristram Shandy", pubblicato con grande successo tra il 1760 e il 1767. Sterne era un reverendo inglese, ed iniziò a scrivere le storie di Tristram Shandy quando aveva 46 anni ed era un perfetto sconosciuto. Ma il racconto, pubblicato a puntate, ebbe subito il successo che si meritava: per le sue qualità letterarie, ma soprattutto perché era molto divertente. Infatti è difficile farne un'antologia, di bei momenti ce ne sono anche troppi; però ci vuole anche molta pazienza, e spirito di adattamento. Sterne va dietro al suo naso, all'ispirazione del momento; e in più, pretende dai suoi lettori la massima attenzione.


Sterne dialoga con i suoi lettori, ogni tanto "guarda in macchina" (quasi come Oliver Hardy), chiede la nostra collaborazione e controlla se siamo stati attenti. Insomma, si potrebbe dire che Sterne è interattivo, ed anche per questo è modernissimo.

- Allora, signore, devo avere saltato una pagina.
- No, signora, non avete saltato nulla.
- Ero addormentata, allora.
- Offenderei il mio orgoglio di scrittore se vi concedessi un simile rifugio.
- Allora devo dichiarare di non saperne assolutamente nulla.
- Appunto questa è la colpa che vi faccio. E per punizione insisto che, appena giunta al punto fermo, riprendiate il capitolo da capo e lo rileggiate tutto.
(Laurence Sterne, Tristram Shandy: volume primo, capitolo ventesimo )



Pogo di Walt Kelly è stato pubblicato dal mensile “Linus” negli anni ’60.
Il ritratto di Laurence Sterne è opera di Joshua Reynolds; le immagini della prima edizione del “Tristram Shandy” vengono dal sito della Glasgow University Library.




6 commenti:

Solimano ha detto...

Confesso che Tristram Shandy non l'ho letto tutto, a volte mi piaceva molto, ma a volte mi stancavo e mi sentivo un po' preso in giro.
Mentre del Pogo pubblicato su Linus ho letto tutto o quasi, e non mi stanca mai. Lo trovo freschissimo, anche se molti non sanno nemmeno chi sia (soprattutto in Italia). Ma tornerà, prima o poi.

saludos
Solimano
P.S. Quelli che non mi stancano mai sono il Wilde de L'importance to beeing Earnest e il Queneau di Zazie dans le metrò.

Giuliano ha detto...

Il Tristram soffre dei difetti dei libri pubblicate a puntate, un tanto a riga. Quando uno è costretto a inventarsi qualcosa tutti i giorni, non sempre escono cose davvero valide.
E' il difetto anche di Cervantes, di Dickens, di Dostoevskij, di Dumas: detto questo, quando Sterne è in forma è imbattibile. A questi livelli è arrivato solo Swift.

E poi qualcuno mi dovrà pur spiegare com'è che Pogo non lo ricorda nessuno...

Anonimo ha detto...

A me piacciono (pure) le storie a tweed, con i nodi, i rincalzi e poi le trame così larghe che sembrano lise: lì è facile perdersi e poi chiedere aiuto al Narratore, che qualche dritta dà, se vuole.

E mi piace l'ironia ingegnosa di Sterne. Magari dico una sciocchezza, ma il sapore di certi dialoghi composti e insieme stralunati l'ho ritrovato talvolta in Achille Campanile.

(saluti)
zena

Giuliano ha detto...

Cara Zena, la divagazione è bella, però è un'arte difficile! A me piace molto Stevenson, per esempio che è l'esatto contrario; ma nella maggior parte dei libri veramente grandi, e anche dei film, c'è sempre una scena, un capitolo, una sequenza, che con la storia narrata non c'entrano niente ma che sono proprio le cose che danno il vero senso alla storia.
Il massimo è forse Gadda, quando non si lascia andare ai suoi abissi di tristezza e si diverte anche lui.
Però l'elenco sarebbe lungo, per esempio Rabelais...

Comunque ho messo insieme tre puntate, sempre con Pogo e i due compari a farci compagnia.

Anonimo ha detto...

Bene :)

Sai, io penso - in un contesto del tutto diverso -al modo dialogante (e sognante) di Bufalino in Argo, ovvero i sogni della memoria, dove questo sbandare, rimagliare, divagare è programmaticamente modulato.
E' un modo che amo moltissimo.
(ri-saluti)
zena

(attendendo Tristram&Pogo, dunque)

Solimano ha detto...

Tutto giusto, compreso Bufalino, che è uno scrittore veramente grande, di quelli che ti fanno venire voglia di smettere di scrivere e leggere soltanto (una voglia che ogni tanto bisogna provare, se si vuole migliorare nello scrivere). Ma per gli scrittori di divagazione e non di trama esiste il problema della prima lettura. Perché la trama, il come andrà a finire ti cattura, che tu lo voglia o no. Abbiamo un bel dire che la storia non è importante etc etc, ma un libro di Graham Greene se lo cominci lo finisci di sicuro (e Greene è tutt'altro che un mediocre), mentre Musil non l'ho finito e col Don Chisciotte ho dovuto provarci più di tre volte, e pure con Rabelais.
Tutto ciò per dire che? Che è alla seconda lettura che le idee sui valori e disvalori ti si fanno chiare, quindi il leggere è da catecumeni, mentre il rileggere è un Introibo ad altare Dei... qui laetificat juventutem meam (si fa per dire).

saludos
Solimano