giovedì 13 marzo 2008

La corsa all'alba a Villa Borghese


Villa Borghese



La corsa all'alba a Villa Borghese

di Massimo Marnetto





Sono le 5 e un quarto di mattina (di notte?).Torno dall'aeroporto, dopo aver accompagnato mia figlia, per strade irriconoscibili per quanto sono vuote di auto e calve di pedoni. Entro in casa cercando di non svegliare nessuno, doso la rotazione della chiave per accompagnare il rilascio della serratura. Mi muovo felpato, faccio la pipì come le donne, ma non mi va di tornare a letto. Ho deciso: vado a correre a Villa Borghese. Arrivo in punta di piedi nello stanzino per prendere la roba per correre e nel corridoio incrocio lo sguardo perplesso della cana (sì cana, cagna mi sembra brutto), che mi segue con le sole pupille (troppo assonnata per alzare la testa).
Scendo in strada. E' ancora notte, l'aria è fresca, non fredda. Corro sempre partendo da casa e attraverso subito Piazza dei Quiriti, con la sua fontana dove da bambino ho scoperto che i sassi della ghiaia affondano e le barchette galleggiano, ma poi si allontanano, si fanno attirare dal getto e muoiono come delle stupide.
I lampioni sono ancora accesi e danno un rinforzo di giallo ai piccoli alberi di Via Pompeo Magno, già biondi d'autunno. Sento i miei passi, regolari, mentre attraverso i villini del primo novecento, che i “benestanti” si costruivano al di là del Tevere, oltre il Vaticano, nella nuova zona dove c'erano i prati (e ancora oggi il quartiere si chiama Prati).

Panorama dal Pincio


Il battito è regolare, ho “rotto il fiato” e adesso il passo è “rotondo”. Lascio andare le gambe e sono già alla fine del ponte, un breve rettilineo, scendo dalla rampa e arrivo a Piazza del Popolo.
In questa quiete antelucana la sua bellezza arriva calma, ma solida e armonica. Un vuoto voluto non fuori, ma dentro la Porta del Popolo, per stupire i visitatori con il suo spazio, per colpirli con la potente verticalità dell'obelisco centrale, l'acqua abbondante delle fontane e la fuga prospettica delle tre vie – il “tridente” – che s'infilano nel centro come spiedi.
Attacco la rampa che porta al Pincio: è lo strappo più duro, rallento il passo e saltello sulle scale, mentre a sinistra mi lascio il Collegio Agostiniano dove dimorò Martin Lutero fino a scappare scandalizzato dalla corruzione della corte papale.
Poco più in là, c'è Santa Maria del Popolo, famosa per i suoi Caravaggio, dove i miei ci portavano spesso a messa la domenica, ma io non riuscivo a stare calmo perché ero terrorizzato dal teschio di marmo che si affaccia da una nicchia della parete, da dietro una grata nera. Me lo sono sognato un sacco di notti, accidenti a lui e al nobile che si è fatto fare una tomba così tetra!
Arrivato alla terrazza del Pincio, faccio una pausa per smaltire la micidiale fatica della salita e riprendo fiato bevendo con gli occhi un panorama di Roma in bilico tra notte e giorno. Calmato il battito, riprendo la corsa verso il Viale delle Magnolie e passo in rassegna tutti i “ragazzi” del Risorgimento, tutti allineati in un filare di candidi busti, con l'espressione impetuosa a stento trattenuta nel marmo, i loro nasi, i loro nomi.

Piazza di Siena


Allungo un po' e taglio per Piazza di Siena, dove ogni anno fanno il Concorso ippico più esclusivo di Roma, proprio in quello che fino al '700 era il Campo Malo, il luogo dove venivano sepolte le prostitute. Ci sono angoli ovunque che mi ricordano le ragazze che ci ho portato. La panchina dove lei mi ha detto che… non voleva rovinare la nostra bella amicizia e chi si era fatto tardi… quella dove l'ho baciata, ma non è durata…il viale dove con i miei amici abbiamo attaccato bottone con un gruppo di francesine in gita scolastica, quando non siamo andati a scuola…
Sono ormai zuppo di sudore, ma senza sofferenza. Passo davanti al monumento dell'alpino e del mulo e non posso fare a meno, neanche stavolta, di provare tenerezza e gratitudine per quell'animale tenace e utile, non come la mia cana, che divora scatolette e mi giudica sempre con sufficienza. Il cielo si è po' schiarito, ma le nuvole lo tengono ancora chiuso. Oltrepasso la copia perfetta del teatro shakespeariano realizzato tutto in legno e senza sedili, dove si assiste in piedi allo spettacolo.
Suonano le prime campane, Roma si sveglia e si stira come una gatta. Adesso fare il ritorno in discesa è quasi un piacere. Si spengono i lampioni. E' giorno.
(8 gennaio 2005)

Sul Pincio


Su Arengario: I bei momenti

5 commenti:

Solimano ha detto...

Da diverso tempo non mi sento più con Massimo anche per scazzi intervenuti fra di noi (nella vita ci sono anche queste cose), ma continuo ad ammirare molto questo Bel Momento, esattamente come la prima volta che lo pubblicai in Arengario. Forse ancora di più, per una qualità di asciuttezza che gli invidio: riesce a dire tante cose in poche righe. Grande l'idea di vivere un Bel Momento durante una corsa all'alba (e mi fa ancora ridere quel fare la pipì come le donne pieno di delicatezza verso i familiari, tutte donne, fra l'altro). Poi il mischiare la Storia con la storia sua nei vari posti che vede. Anche con la fatica, perché a correre si fatica, l'ho fatto per anni. Si sente che Massimo ci ha messo poco tempo a scriverlo, era felice quando correva e felice quando l'ha scritto.
Habanera, stamattina, qui da te, mi sono ascoltato la Callas in Bellini, Bizet, Rossini nel juke box del blog. Non era certo il primo ascolto, ma ascoltarlo nel posto bello che hai fatto mi ha dato un di più di piacere. Te ne ringrazio, come credo che facciano tutti quelli che ne fruiscono o che sono pubblicati qui.

saludos y besos
Solimano

Giuliano ha detto...

... ma poi Massimo lo sa che gira ancora questo suo bel post? Lo riascolterei volentieri, è sempre molto brillante e molto conciso, quasi un miracolo nei blog.

Habanera ha detto...

I Bei momenti, felice invenzione del ben noto ingegnere di Monza, sono tutti belli. Non perchè si chiamano così ma perchè sono belli davvero. Poi naturalmente ognuno ha i suoi gusti ed alcuni brani possono piacere anche più di altri. Questo di Massimo è una vera chicca, il perchè lo ha già spiegato Solimano, ma ne ho in mente anche altri...
H.

gabrilu ha detto...

Possibile non sapessi che a Villa Borghese c'è la copia perfetta del teatro shakespeariano realizzato tutto in legno e senza sedili, dove si assiste in piedi allo spettacolo.?!?!
Ahimè no, non lo sapevo.
La prossima volta che andrò a Villa Borghese sarà una delle mie mete.

mazapegul ha detto...

Si sta, come a trent'anni,
sul capo mio i capelli.

("Calve di pedoni": ricercato, ma efficacissimo. Massimo, se sei in ascolto, ti giungano i miei complimenti).