Come al solito, tutta la gente blocca l'ingresso.
E dunque corro avanti, ben sapendo che poi sulle prime opere in mostra potrò tornare in seguito, quando potrò guardarle meglio.
Intanto do un'occhiata veloce in giro, poi vado al piano di sotto e vedo il primo capolavoro vero, il "campo di papaveri" di Alfred Sisley. E poi due bronzi molto belli: la modella è, con ogni evidenza, la madre di Jean, il grande regista francese figlio del pittore. Si vede subito, i lineamenti sono i suoi, cher Octave... (il padre non gli somiglia affatto).
Sono moltissimi i ritratti della madre di Jean Renoir, ben riconoscibile dal viso paffuto, dolce ma non bellissimo.
E' inevitabile pensare ai grandi film di Renoir, a "La grande illusione", per esempio; e soprattutto a "La regola del gioco".
Poi mi cade l'occhio sui Courbet, che lì per lì avevo un po' snobbato. Sono bellissimi e sarà quello che più mi porterò dietro. Sono paesaggi marini, onde, e boschi al tramonto...
La prima volta che li guardo resto un po' deluso.
Courbet è un pittore che amo molto, e mi aspettavo qualcosa in più. Ma è solo dopo dieci minuti, e dopo aver fatto due volte il giro della mostra, che comincio a vederli veramente, ed è stato magnifico.
Li ho guardati di sbieco, con la coda dell'occhio, uscendo dalla "saletta" dei bronzi: e così ho colto la loro vera natura. E' così che bisogna fare, con questi quadri. Devi far finta di non vederli, di ignorarli. Poi ti volti lentamente, senza dar nell'occhio, mentre si sono dimenticati della tua importuna presenza, e loro sono lì veri e vivi, stavano facendo qualcos'altro e li hai colti di sorpresa. Le onde si muovono lentamente, e sembra di ascoltare il rumore della risacca; e, nel bosco non più banale ma incantato, di lato, da sinistra, un bagliore lontano del sole al tramonto mostra tutti i dettagli...
Lì vicino, la "fucilazione" di Manet, un piccolo quadro che ricorda il famoso Goya e che anticipa Picasso. E, di Monet, una "Veduta di Londra sotto la nebbia" che si direbbe un Folon. Tra i disegni (acqueforti) di Manet è bello il frate domenicano che dice: Silentium! Ma sull'altra parete ci sono i disegni di Auguste Renoir, ce ne sono tanti e molti sono capolavori. Poi risalgo, torno indietro e mi metto davanti ai quadri più famosi, finalmente liberi e abbastanza osservabili. E' sempre così nelle grandi mostre, e nei musei: i quadri più famosi sono quelli che si vedono peggio, perché c'è sempre molta gente intorno, magari intenta a fare inutili fotografie e filmati più o meno clandestini. Molto spesso ci sono sorprese, il quadro famoso che hai visto tante volte riprodotto sui giornali è più grande o più piccolo di quello che pensavi, e i colori sono sempre diversi (i colori giusti non vengono mai, sulle foto). Molto spesso c'è anche la delusione ad attenderci, di solito per via dell'illuminazione: troppa luce o troppo poca, o mal disposta ( terribili i riflessi di luce sui dipinti ad olio! ma illuminare bene i quadri è un'arte difficile). Ma qui non ci si può lamentare, le mostre sono sempre ben studiate e l'ambiente è giusto, né troppo grande né troppo piccolo, e ben illuminato. In questa mostra, il mio secondo quadro preferito è "La lezione di scrittura" di Renoir: dove Renoir figlio sembra una bambina, con i lunghi capelli biondi. E il viso del bambino rimanda alla simpatica faccia, quasi da uomo di neve, di Jean Renoir adulto come appare nel personaggio di Octave, in "La regola del gioco": ma questo è un altro discorso, e prima o poi bisognerà tornarci sopra, prima che troppa televisione e troppi videogames cancellino del tutto l'opera dei Renoir, padre e figlio.
(Questo brano si riferisce alla mostra di Renoir del 2002 alla Fondazione Mazzotta.)
4 commenti:
Cara Habanera, l'unica cosa che mi sento di dire è che il tempo passa...
Una volta andavo volentieri per mostre, anche se non ne capisco molto mi piaceva andarci. Poi mi hanno fatto passare la voglia, ma anche questa è acqua passata.
Il Tempo, appunto...
Grazie!
Giuliano
My dear Giuliano, L'Arte è patrimonio di tutti, guai se fosse riservata solo agli esperti! Io me ne intendo certamente meno di te ma questo non mi impedisce di provare delle emozioni di fronte ad alcune opere che per misteriose ragioni mi emozionano più di altre, magari più famose.
Sento quel che l'Artista vuol dirmi ed è l'unica cosa che conta, almeno per me. E questo vale anche per la Musica, la Poesia, la Letteratura.
Dovrei forse privarmi del piacere di leggere, ascoltare, guardare, solo perchè non sono particolarmente esperta in nessuna di queste Arti?
Così qui, nel Nonblog, se scelgo un brano da pubblicare è perchè ci ho trovato dentro qualcosa di autentico che mi ha permesso di avvicinarmi all' autore. Lo sfoggio di cultura, fine a se stessa, mi lascia del tutto indifferente perchè è la vostra anima che mi affascina, la vostra vera essenza che cerco nei vostri scritti.
Infine un'ultima nota: la mostra alla Fondazione Mazzotta è del 2002 ma Renoir e Courbet non hanno tempo né data di scadenza così come non ne ha questo post.
Un abbraccio
H.
Che bello parlare d'arte. Complimenti.
Ciao, D’Autre Temp. Visitando il tuo blog ho notato che abbiamo lo stesso smisurato amore per Parigi di cui tu dici, tra le altre cose, ... noi nostalgici ci struggiamo di una dolcissima malinconia e ci sentiamo a casa.
E' bello parlare delle cose che si amano. Anche di arte, certamente, ma non solo.
H.
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