sabato 1 settembre 2007

Dello scrivere sotto pseudonimo



Dello scrivere sotto pseudonimo

di Giuliano


"Bisogna avere il coraggio delle proprie opinioni": così si commenta spesso, sui giornali, con questa frase vuota e altisonante, una cosa umile come lo pseudonimo o la richiesta di non mettere il proprio nome sotto una lettera. Direi di lasciare il coraggio a momenti più importanti della vita, a quando serve davvero. Non a tutti piace vedere il proprio nome sui giornali: sembrerà strano, in quest'epoca di presenzialisti, ma è così. E, spesso, scrivendo ai giornali da lettore semplice si viene bistrattati, si è soggetti a ironie o anche peggio. Insomma, bisognerebbe distinguere: ci sono lettori e lettori, e anche redattori e redattori. Alcuni sono attenti e dicono (o scelgono) cose serie; altri sono insopportabili e fanno grandi sproloqui. Bisognerebbe fare anche un bel discorso sui giornalisti (professione molto scaduta di livello, visto che si fan passare i Feltri per grandi giornalisti, mettendoli sul posto che una volta era di Montanelli...), ma lascio correre e torno al mio tema di oggi. Su questo blog scriviamo quasi tutti con uno pseudonimo, ed è spesso divertente. L'importante è essere raggiungibili e riconoscibili, in caso di bisogno. Io ho usato due pseudonimi nella mia breve vita di "scrittore pubblicato": quello di Emilio Gauna su Golem e quello di Antenore qui su Stile Libero. Mi sono serviti molto e gliene sono grato: lo pseudonimo serve e aiuta, eccome se serve. Serve a mettere sotto il tavolo la propria vanità personale, per esempio, e serve anche ad indirizzare meglio i propri pensieri. Sono contento dei miei eteronimi (forse è meglio chiamarli così, come faceva Pessoa che di eteronimi ne aveva tanti ), e poi così facendo sono stato anche in ottima compagnia. In compagnia di Ettore Schmitz, per esempio; ma anche di John Wayne, di Cary Grant e di Marilyn Monroe. E di Amschel ber Henoch, tanto per dire: mica uno qualsiasi, che gli è toccato firmarsi col nome di una cornacchia (non per sua volontà, ma per via dell'Impero Austro Ungarico).
Ma è risaputo che lo pseudonimo, l'eteronimo, insomma la maschera dietro la quale ci nascondiamo, avanza sempre delle pretese e mostra una sua decisa personalità. Come spiega bene Dario Fo, e come insegnavano i vecchi Arlecchini (Ferruccio Soleri in testa), la maschera ti costringe a cambiare. Con la maschera addosso, un attore non può più contare sul suo volto e sulle sue espressioni, deve usare al meglio il suo corpo e le sue mani, farsi capire meglio o nascondersi meglio. La maschera è molto esigente.
Emilio Gauna è un personaggio di Adolfo Bioy Casares e un mio anagramma. Bioy Casares è uno scrittore argentino, amico e collaboratore di Borges; e Gauna si trova nel romanzo "Il sogno degli eroi", storia di come il destino si può cambiare (ma bisogna meritarselo). Antenore viene da un mio sogno, ma è anche uno dei fratelli Cervi, uno scultore greco attivo a Delfi, e il nome di un baritono degli anni 20. Ma l'Antenore più famoso è un eroe troiano, l'equivalente di Nestore per i greci. Una persona saggia e affidabile, ma nel contempo un tipo rampognoso e rompiscatole, quasi come Cassandra. E' uno che dialoga con tutti, perfino con i Greci; cerca di evitare la guerra e perciò si becca del traditore e diventa inaffidabile, e forse lo è davvero. Come si fa a fidarsi di uno che in caso di necessità, andrà dietro al proprio ragionamento e non al padrone, o alla maggioranza... Emidio De Felice, forse il massimo studioso di nomi di persona (e di cognomi), lo definisce così: "Antenore: diffuso nel Nord, con più alta frequenza in Lombardia e in Emilia Romagna, è una ripresa classica, rinascimentale e moderna, del nome dell'eroe troiano dell'Iliade che, secondo una leggenda, avrebbe fondato la città di Padova. Il nome greco Ante'nor, latinizzato in Antenor, è formato dal sostantivo ante'nor, "che sta al posto di un altro uomo, che vale un altro uomo" (...) significato poco chiaro in un nome personale, che però potrebbe anche essere la grecizzazione di un originario nome pregreco, asiatico".
"Colui che sta al posto di un altro": beh, non mi sembra affatto male, come eteronimo-pseudonimo.

1 commento:

Giuliano ha detto...

Amschel ber Henoch (sempre che io l’abbia scritto giusto) è Franz Kafka. Però non so mai se “kafka” è la gazza o la cornacchia, il che mi fa disperare. (C’è qualche praghese in ascolto?)
salutones
Giuliano Bovo, perito chimico (40/60, 1978)