domenica 23 settembre 2007

Cercare tesori nascosti


Robert Louis Stevenson by John Singer Sargent


Cercare tesori nascosti

di Giuliano




Quando uscì "L'isola del tesoro", Henry James ne scrisse una recensione un po' delusa.
" Anch'io sono stato bambino, - scrisse - ma non sono mai andato a cercare tesori nascosti."
" Se Henry James non ha mai cercato tesori nascosti, - rispose Stevenson sullo stesso giornale - allora si può ben dire che non è mai stato bambino."

Colpito da questa risposta, Henry James volle incontrare il giovane scrittore scozzese. Ne nacquero un'amicizia e una stima reciproca, testimoniata dalle molte lettere che i due si scambiarono. Si frequentarono pochissimo, di persona, perché Stevenson partì quasi subito per terre lontane (Australia, Honolulu, Samoa) e non tornò più in Inghilterra.

Non posso non ripensare a questo episodio quando trovo, su Repubblica del 21 maggio scorso, questa presentazione proprio a "L'isola del tesoro", che è stato scelto per la collana di libri abbinata al quotidiano. L'intervistato si chiama Richard Ambrosiani, ed è lui che ha curato il volume e scritto una nuova prefazione:
- Un romanzo che si distacca dalla narrativa d'avventura inglese tipica di quel periodo?
- Nei romanzi di Stevenson è quasi sempre il male che trionfa, in questo caso sono i pirati.
- Lo stesso Stevenson nella sua vita contestò fieramente l'autorità costituita.
- Lo fece per i diritti degli indigeni delle isole Samoa, dove si ritirò dopo il 1887. La sua fama tra gli indigeni era tale che fu accolto a tutti gli effetti nella comunità. E le prime opere tradotte in samoano sono proprio quelle di Stevenson.

Il compilatore del breve articolo insiste: "è un romanzo sulla fascinazione del male. L'introduzione al volume di Richard Ambrosiani si concentra soprattutto su questo aspetto".

Come si fa a parlare di "fascinazione del male" per Stevenson? Forse stanno cercando di vendere la storia del bambino e del tesoro nascosto ai patiti di Stephen King e di Dario Argento? In questo caso si tratterebbe di tecniche di marketing più che di critica letteraria, ma insomma...
Mi chiedo quante scemenze ancora dovrò leggere e ascoltare, tra tv e quotidiani: provo a voltar pagina ma proprio non ce la faccio a mandare giù anche questo rospo. Mi chiedo come può un "traduttore e curatore" di Stevenson fraintendere in questo modo il suo libro più famoso e più letto; e mi chiederei anche tante altre cose, ma di certo non posso dare lezioni partendo dal mio alto scranno di lettore semplice (diploma di perito chimico, 40/60, nel 1978). Infatti smetto di far domande, tiro un sospiro e vado a far giù un po' di polvere dal carteggio fra Henry James e Robert Louis Stevenson.

Honolulu, marzo 1889
Mio caro James,
sì, lo confesso, sono infedele all'amicizia e (meno grave, ma comunque importante) alla civiltà. Non tornerò a casa prima di un altro anno. Ecco la verità, nuda e cruda, e adesso non potrete più credere affatto in me, e mi darete il benservito (lo dite voi) e che il diavolo mi porti. Ma state a sentire, e giudicatemi affettuosamente. Nei mesi scorsi ho goduto e mi sono divertito più che in ogni altro periodo della mia vita, né la mia salute è mai stata altrettanto buona nei dieci lunghi anni precedenti. E dire che anche qui a Honolulu ho sofferto il freddo. Queste profondità preziose sono disseminate di isole, che aspettano ancora di essere visitate. Quand'anche il mare celi la morte, mi piace essere qua, mi piacciono le burrasche (soprattutto quando sono finite) e non posso dirvi quanto mi piaccia avvicinarmi a un'isola nuova. In breve, mi regalo un altro anno di una vita del genere, ho intenzione di continuare a farmi largo tra frecce avvelenate per poi (se sarà possibile) tornare indietro a esperienza conclusa e riprendere a conversare con Henry James come un tempo, continuando nel frattempo a esortare Henry James. perché mi scriva ancora. Che mi indirizzi le sue lettere qui a Honolulu, perché ho le idee ancora confuse: se verranno spedite qui riusciranno a seguirmi e raggiungermi, se dovrà darsi che mi si trovi. E se non sarà così, l'uomo James avrà fatto la sua parte, mentre noi riposeremo in fondo al mare, dove non si potrà più sperare che alcun impiegato di alcun ufficio postale potrà scovarci, o languiremo su un'isola corallina, stoicamente sottomessi a qualche capotribù o magari a un qualche missionario americano. (...)


(Robert Louis Stevenson a Henry James, dal volume "Amici rivali", editore Rosellina Archinto, Milano 1987)
(23 giugno 2004)


Henry James by John Singer Sargent


2 commenti:

Giuliano ha detto...

Il carteggio fra Henry James e Stevenson, uno a Londra e l'altro alle Samoa, è uno dei libri che ricordo più volentieri, in assoluto.
Sottolineo, per chi se lo fosse perso: "Quand'anche il mare celi la morte..." (eccetera)
Grazie del ripescaggio!
(ma come è drastico questo Giuliano...)

Rendl ha detto...

E' il problema di certi critici letterari o presunti tali; lo stesso che colpisce gran parte dei "curatori" delle pagine o inserti culturali dei nostri quotidiani attuali:etichettare, ovvero presentare il libro e l'autore e impacchettarli in modo tale da distogliere l'attenzione su quello che conta veramente (del libro e dell'autore in questione)... Fare cattiva pubblicità a perle nascoste o semplicemente dimenticate (come il carteggio H. James-R.L. Stevenson che rispolveri).