Cara Habanera,
inserisco nel tuo Nonblog la prima delle tre puntate del mio "Turista a casa propria" che scrissi in occasione di un breve viaggio a Bologna nell'ottobre del 2004. Ho scelto quel titolo perché a Bologna ho vissuto per diversi anni e la sento ancora come una delle mie città.
Rivedo un po' il testo e spero di non disturbare.
Solimano
Donne sterminatamente piangenti
La buona notizia, del tutto inaspettata, l'ho avuta appena sceso dal treno: alla stazione di Bologna c'è un deposito bagagli. Non ci credevo, di questi tempi. Ti chiedono un documento e ne fanno una fotocopia con il numero che attribuiscono al tuo bagaglio, poi devi pagare 3 euro e 50, non poco per una borsa da viaggio come la mia. Però uscire sciolti dalla stazione è impagabile.
Niente guida del Touring, stiamo scherzando? Ci ho vissuto più di dieci anni, a Bologna.
La scelta era fra via Galliera e via Indipendenza, due strade parallele, una l'antica via dei palazzi storici e delle chiese, l'altra la stradona moderna sempre affollata, dalle sei di mattina alle due di notte. Ho scelto la stradona: avevo voglia di facce da guardare.
Clima quasi subsahariano, sembrava di essere ai primi di luglio. Beata scelta quella delle scarpe da jogging che abbinate al vestire tradizionale, tardi anni '60, mi trasformavano in un allenatore di basket, di quelli che non urlano, ma camminano a bordo parquet. O un sindacalista della Uil, un po' culo e camicia col padrone.
Una occhiata verso la Piazzola, c'era il mercato naturalmente, con un ronzìo da calabroni.
Un paninazzo prosciutto e mozzarella, previo estrapolazione della rucola che non gradisco, una birretta fra la gente sempre più folta. Tante ragazze e ragazzi, a gruppi stranamente unisex: le ragazze per conto loro ed i ragazzi pure, qualche sporadico tentativo di aggancio, ma così, puro training delle due del pomeriggio, risatine autoironiche e gentili.
Un trionfo di ombelichi, niente percing, ma non a mo' di l'ombelico è mio e lo gestisco io, no, una normalità limpidamente fascinosa. All'Arena del Sole un pigia pigia di partecipanti alla Settimana Sociale dei Cattolici, quella a cui Camillino Ruini non ha invitato Romano Prodi: badge e camicie a righe, come alle convention dei pentolai. O tempora, o mores! All'Arena del Sole, dove le compagnie di avanspettacolo passarono tutte, con le ventiquattro ballerine ungheresi ventiquattro, che Bacchelli immortalò nel Diavolo al Pontelungo. Adesso, i sottanoni dei monsignori. Mah!
Ed ecco la fontana del Nettuno, piazza Maggiore, una occhiata ai minuscoli - ma giganteschi - profeti di Jacopo della Quercia, una più attenta, ho il motivo, alla Madonna in terracotta di Niccolò del 1478 sul Palazzo del Comune, poi lascio il Pavaglione verso Santa Maria della Vita, a meno di cento metri. E le ho viste, le ho viste a lungo, le donne sterminatamente piangenti, così le chiamò per sempre il Canonico Malvasia, la Madonna, la Maddalena, la Maria di Cleofa, la Maria di Salome, nel Compianto di Niccolò dell'Arca. Il D'Annunzio, commosso persino lui, scrisse di dolore furiale, e le vide quando, trascurate, avevano le ragnatele attorno alle mani. C'era un va e vieni lieve di turisti a due o tre, che accendevano la lampada, leggevano la spiega e non parlavano, come si fa a parlare di fronte alle Marie di Niccolò, la Maddalena soprattutto. Eppure per secoli il popolaccio di Bologna così diceva di una donna brutta: “E' quasi peggio delle Marie!” A suo modo, anche questa era ammirazione.
1 commento:
Ma che bello! Uno dei miei Autori che fa tutto da solo ed anche molto bene.
Altro che disturbare,
Solimano, i tuoi interventi sono graditissimi. Oltretutto per qualche mese sarò senza ADSL e non è facile per me occuparmi attivamente del blog in queste condizioni.
Aspetto il seguito del tuo "Turista a casa propria" e intanto ti ringrazio.
Buon pomeriggio!
habanera
habanera
Posta un commento