giovedì 21 giugno 2007

Camera con vista



Camera con vista

di Roby


Mentre Ivory girava a Firenze questo film, io ero impegnata nella faticosa stesura della mia chilometrica tesi di laurea, giusto a due passi dai luoghi principali delle riprese. Ricordo di aver visto Piazza SS. Annunziata "travestita" da piazza d'inizio Novecento, piena di figuranti in costume, con la macchina da presa che inquadra da sotto in su la protagonista, per evitare le vetrine moderne di via dei Servi: e poi, in S. Croce, il cast impegnato nell'ennesimo ciak della scena dell'accoltellamento fra i due giovinastri, che tanto turba con il rosso violento del sangue l'anglosassone miss Lucy Honeychurch, giunta in riva all'Arno insieme alla cugina-chaperon Charlotte e all'immancabile guida Baedeker. Strano tipo, quest'inglesina "perbene", in apparenza freddina e sotto sotto, invece, tutta fuoco: la Bonham-Carter e il bel Julian Sands -George, suo aitante ma problematico "seduttore"- s'impegnano molto ma non riescono ad entusiasmarmi più di tanto, penalizzati dal confronto con tre "mostri" come Judy Dench, Maggie Smith e Daniel Day-Lewis. L'emancipata scrittrice della Dench è irresistibile quando coinvolge l'impettita Smith-Charlotte in una passeggiata nei vicoletti del centro storico, tra gli sguardi equivoci e le grossolane avances dei bellimbusti locali: e la Smith è perfetta nella caratterizzazione del personaggio di parente povera e zitella, costantemente bisognosa di attirare l'attenzione sui suoi innumerevoli problemi di salute: mentre Daniel Day-Lewis -molto attraente in altre pellicole- qui riesce a trasformarsi in un Cecilio ridicolo, al limite della macchietta. Memorabile la scena del bacio (???) fra lui, tutto rigido e sussiegoso, e Lucy, la quale, avendo sperimentato in precedenza le infuocate labbra di George, rimane lì perplessa, dubbiosa e insoddisfatta. E' in quel momento, probabilmente, che decide: non sarà certo con questo dandy impomatato che trascorrerà il suo prossimo soggiorno in una "camera con vista"... perchè del panorama esterno, in certi casi, si può benissimo fare a meno: di quello interno (oh my God!) assolutamente no.
PS: oltre alle musiche originali di Robbins, da segnalare nella colonna sonora la presenza di veri gioiellini, tra i quali spicca l'aria "O mio babbino caro" tratta dal Gianni Schicchi.

Da Abbracci e pop corn

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