venerdì 18 maggio 2007

Torrechiara




Torrechiara, vicino a Parma

a cura di Primo Casalini


Nei pomeriggi estivi, a Parma, erano tanti i ragazzi che andavano a farsi un giro lungo in bicicletta, specie i ragazzi di Parma Vecchia, la parte della città a sinistra del corso del torrente, la zona più popolare, detta anche l'Oltretorrente. C'erano i più sportivi, gli aspiranti cicloturisti, che alla domenica partecipavano alle gare in cui esordivano allora due ragazzi diventati poi famosi: Vittorio Adorni e Romano Prodi (che però era reggiano). Questi arrivavano fino al passo della Cisa o a quello del Cerreto. Poi, c'erano gli altri, i meno sportivi, quelli che si contentavano di arrivare a Langhirano, a Fornovo, a Traversetolo, per poi tornare a casa: 50 chilometri in totale, non di più.
Fu così che scopersi il castello di Torrechiara, che è a 18 chilometri da Parma e 4 chilometri prima di Langhirano, proprio dove finisce la pianura, sulla prima collina appenninica. Non mi ha mai dato, sin dal primo momento, una impressione aspra e militaresca, semmai avventurosa e fiabesca. Il perché l'ho capito diversi anni dopo. Mi sforzavo, appena giunto sotto il castello, di salire in bici il più possibile senza mettere il piede a terra lungo la strada di accesso sterrata, breve ma ripida, e la mia prima bicicletta non aveva il cambio: ogni volta, tre o quattro metri in più.

C'era una volta Pier Maria Rossi, uomo d'arme, capitano del duca di Milano, che aveva vasti possedimenti fra la Val Taro e la Val Parma. Durante un periodo di esilio a Milano conobbe Bianca Pellegrini da Arluno, che divenne la sua amante (entrambi erano già sposati). Tornato con Bianca nei suoi feudi, dal 1448 al 1460 fece costruire il castello più come corte signorile che per ragioni militari: le artiglierie rendevano inevitabile il declino del castello tradizionale. Ci sono le torri angolari ed il mastio, che era un castello nel castello, ma furono edificate anche delle logge con la funzione di belvedere. Ci sono delle singolarità, anche rispetto ai castelli costruiti nello stesso periodo: ad esempio, le torri sono quadrate, come nel medioevo, mentre nel '400 le torri erano rotonde.
E tutta la pianta difensiva di Torrechiara non è aggiornata sugli ultimi accorgimenti difensivi, non certo per rozzezza o per mancanza di denaro: basta rendersi conto dell'imponenza della costruzione, delle finezze del Cortile d'Onore e delle logge, soprattutto della decorazione di varie stanze. Infatti, nella Camera d'Oro Benedetto Bembo affrescò Bianca, l'amante di Pier Maria che in pianura, in collina, in montagna, viaggia fra un castello e l'altro alla ricerca dell'amato. Vestita da pellegrina, naturalmente. Nei suoi tempi migliori, Pier Maria aveva quasi trenta castelli, ed in quello di San Secondo abitava la moglie che aveva sposato quindicenne, Antonia Torelli di Montechiarugolo; Bianca, prima di Torrechiara, stava in un paese vicino a San Secondo, appunto Rocca Bianca. Nel Castello Sforzesco di Milano è conservata la tribuna lignea da cui Bianca e Pier Maria a Torrechiara seguivano le funzioni religiose nell'oratorio di San Nicomede, non solo, sempre a Milano ci sono anche le storie di Griselda, monocromi che provengono da Rocca Bianca. Cosa curiosa: sono storie di amor coniugale. Le cose cambiarono in peggio dopo il 1476, quando Pier Maria si mise in urto con gli Sforza: ad uno ad uno gli presero tutti i castelli, tranne Torrechiara, in cui morì nel 1482. Nella storia di Torrechiara, prevale l'aspetto amoroso e cortese su quello guerresco, e così fu anche nel '500, dopo Pier Maria: ci sono affreschi con paesaggi, giocolieri, angeli, putti: permane l'imprinting iniziale, quello di Bianca e di Pier Maria.

La forza scenografica di Torrechiara, che è una fiaba reale, è tale da essere stata utilizzata dall'editore Einaudi per la sua "Storia d'Italia" e, last but not least, da Donner nel film Ladyhawke. Ma il nome Torrechiara, come si vede in una immagine antica, in origine era "Torciara" o "Torciaria", dal torchio per il vino o per l'olio. Sempre in gastronomia si finisce. In questi anni, d'estate, nel cortile d'onore di Torrechiara si tiene un piccolo ma apprezzato festival. Madrina è stata Renata Tebaldi. Partecipante assiduo è il grande basso rossiniano Michele Pertusi, un altro enfant du pays, dopo Bergonzi che è di Busseto e la Tebaldi che è di Langhirano.

Pochi anni fa, sono tornato a Torrechiara con amici milanesi; al mattino eravamo stati alla Fondazione Magnani-Rocca, con la sua piccola e straordinaria pinacoteca (non mi aspettavo di trovare Durer e Goya nella campagna parmense); poi, abbiamo deciso di trascorrere il pomeriggio a Torrechiara. Ed un amico si è accorto di una cosa che non avevo mai notato: la grande ombra che nel pomeriggio il castello disegna sul prato vicino al torrente Parma. Un'ombra bordata con i merli ghibellini. Ancora una volta, Torrechiara aveva trasformato la forza in cortesia: chissà quante volte Bianca e Pier Maria dalle logge avranno contemplato quell'ombra, la stessa che oggi possiamo ammirare noi.

Da I bei momenti

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