martedì 16 febbraio 2010

La mia bella Padova

Habanera

Padova e i miei giovanissimi anni

Alcune curiosità su una città che non finirà mai di sedurmi.

Sono arrivata a Padova per la prima volta nel Gennaio del 1968.
Non ricordo esattamente il giorno ma non dimenticherò mai la nebbia fittissima lungo il tragitto ed il freddo glaciale. Si era a meno 15 gradi e fu un autentico shock per me che venivo dal sole e dal dolce clima di Napoli.
Eppure, appena arrivati, è stato subito amore perchè Padova, città elegante e dal fascino discreto, sa essere molto calda e accogliente, come è la sua gente.

Ho vissuto anni indimenticabili in quella città; ne ho accennato nei commenti a questo post di Giuliano in cui si parla della famosissima Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto.
Ma Padova per me è molto altro. Ha il fascino sottile dei ricordi, rinnovati e arricchiti, nel tempo, da sempre nuove scoperte.
Ci sono tornata di recente, nei giorni precedenti il Natale, e ancora una volta mi sono lasciata conquistare dal suo calore, la sua allegria, lo splendore dei suoi palazzi e delle sue tradizioni.

Il Caffè Pedrocchi, uno dei simboli della città di Padova

Quella che vedete qui sopra è una suggestiva immagine notturna del mitico Caffè voluto da Antonio Pedrocchi e progettato dall'architetto veneziano Giuseppe Jappelli.
Fu inaugurato il 9 giugno del 1831, con uno sfarzo incredibile per quei tempi, e nel 1836 fu affiancato dal Pedrocchino, un'elegante costruzione neogotica riservata alla offelleria che accolse subito una clientela esigente e sofisticata.
A distanza di 179 anni il Caffè Pedrocchi è considerato ancora, da molti, il più bel Caffè del mondo.
Oltre a Stendhal, a cui è dedicato un inimitabile zabaione, è stato frequentato da molti ospiti illustri come Gabriele D’Annunzio, Marinetti, George Sand, Eleonora Duse, Téophile Gautier, per citarne solo alcuni.

La sala rossa con il bancone disegnato da Giuseppe Jappelli

Fin dai primi anni divenne noto come "il caffè senza porte" sia perché fino al 1916 era aperto giorno e notte, sia perchè il porticato, all'epoca privo di vetrate, era come un passaggio pedonale integrato nella città.
Il proprietario, Antonio Pedrocchi, ebbe un modo assai singolare di trattare la clientela: chiunque infatti poteva sedere ai tavoli, anche senza ordinare, e trattenersi a leggere i libri e i giornali messi a disposizione dal locale. Alle donne erano offerti in dono fiori e, in caso di pioggia improvvisa, ai clienti veniva prestato un ombrello.

« C'est à Padoue que j'ai commencé à voir la vie à la vénitienne, les femmes dans les cafés. L'excellent restaurateur Pedrocchi, le meilleur d'Italie. »

« È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L'eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d'Italia. »
(Stendhal)

Il Caffè Pedrocchi in un'incisione di Marco Moro, metà del XIX secolo

L'importanza storica del locale è dovuta anche ad un episodio particolare.
Nel 1848 gli studenti di Padova si ribellarono ai soldati austro-ungarici e questi, l'8 febbraio, risposero con il fuoco ferendo uno studente all'interno del Caffè. Su una parete della Sala Bianca si può vedere ancora il foro di un proiettile sparato dai soldati.
C'e' una superstizione fra gli studenti di Padova, dovuta probabilmente agli avvenimenti del 1848: "chiunque entri nel Pedrocchi, non prenderà mai la Laurea."
Non so però quanti di loro resistano alla tentazione perchè Palazzo del Bo, sede dell'Università, è proprio lì, di fronte al Caffè Pedrocchi.
E' difficile non lasciarsi sedurre dal profumo inebriante di caffè e di raffinata pasticceria, rinunciare alle mille golosità che vengono offerte insieme all'aperitivo...

Palazzo del Bo in una bella stampa del settecento

L'Università di Padova viene popolarmente chiamata il Bo' perchè fu realizzata inglobando un antico albergo che aveva appunto il bue come insegna.
L'antica locanda fu in un primo momento soltanto riadattata alla nuova funzione, ma nel 1552 fu demolita e furono avviati i lavori di costruzione del nuovo edificio, progettato da Andrea Moroni.
Attorno a un elegante chiostro di pianta quadrata, denominato oggi "cortile antico", si sviluppa una doppia loggia a due ordini di colonne sulla quale si affacciano le aule.

Il cortile antico ed i vecchi stemmi


Le pareti del loggiato sono attualmente decorate da quasi tremila stemmi dipinti o scolpiti: dal 1592 al 1688 era rimasta in vigore la consuetudine che ciascun docente o studente, alla fine del suo mandato, lasciasse il proprio emblema in ricordo all'Università. L'usanza fu poi vietata per l'eccessivo numero e le dimensioni che gli stemmi stavano assumendo.
Questo prestigioso ateneo, la cui fondazione risale al 1222, ospitò personaggi illustri come Galileo, Copernico, Ippolito Nievo e quel Giovanbattista Morgagni che fu il fondatore dell'Anatomia Patologica e che era conosciuto in Europa come "Sua Maestà anatomica".

Universa Universis Patavina Libertas
La libertà di Padova è totale per tutti

È il motto dell'Università degli studi di Padova e si riferisce alla libertà d'insegnamento che oggi riteniamo un valore acquisito, sia come principio di democrazia liberale, sia come diritto costituzionalmente garantito.
Ma non è sempre stato così e la patavina libertas era dovuta soprattutto alla politica della Repubblica Serenissima di cui Padova fece parte dal 1405 al 1797.


Lo splendido Palazzo della Ragione, che divide Piazza delle Erbe da Piazza della Frutta, è conosciuto anche come Il Salone per l'immensa sala che, tra il 1306 e il 1308, fra Giovanni degli Eremitani ricavò dai tre grandi ambienti in cui era suddiviso in origine il piano superiore.
L’architetto progettò anche una nuova copertura in modo da costituire, con l’aiuto della decorazione pittorica, un vero e proprio cielo, con le stelle e i pianeti.
Il progetto fu realizzato tra il 1315 e il 1317 da Giotto e dai suoi collaboratori; in seguito vi avrebbe lavorato anche Giusto de’ Menabuoi.
Purtroppo, il 2 febbraio 1420, un incendio devastò il Palazzo della Ragione, distruggendo completamente la volta ed il famoso cielo punteggiato da oltre settemila stelle.


Tra le curiosità che si possono ammirare oggi nel Salone c'è il grande cavallo ligneo, realizzato nel 1466 e in origine attribuito erroneamente a Donatello, che fu donato alla città dalla famiglia Capodilista nel 1837, e la pietra del vituperio posta nel 1231, si dice, su richiesta di S. Antonio e utilizzata quale berlina per i debitori insolventi.
Secondo gli statuti del 1261, il debitore insolvente in camicia e mutande (di qui l’espressione in braghe di tela per indicare chi aveva perduto i propri beni) vi si doveva sedere tre volte, pronunciando la frase cedo bonis. Espulso dalla città, se si ripresentava e vi era colto, veniva sottoposto nuovamente a questa procedura, con l’aggiunta del rovesciamento di tre secchi d’acqua sul capo.


Chiudo con il sonetto che Gabriele D'Annunzio ha dedicato alla città di Padova. E' inciso su una tavola di marmo sotto il portico della Loggia Amulea nella bella piazza di Prato della Valle.

Non alla solitudine scrovegna,
o Padova, in quel bianco april felice
venni cercando l'arte beatrice
di Giotto che gli spiriti disegna;

né la maschia virtù d'Andrea Mantegna,
che la Lupa di bronzo ebbe a nutrice,
mi scosse; né la forza imperatrice
del Condottier che il santo luogo regna.

Ma nel tuo prato molle, ombrato d'olmi
e di marmi, che cinge la riviera
e le rondini rigano di strida,

tutti i pensieri miei furono colmi
d'amore e i sensi miei di primavera,
come in un lembo del giardin d'Armida


Gabriele D'Annunzio, Le Città del silenzio


La Loggia Amulea con le statue di Dante e di Giotto (opera del Vela)



venerdì 5 febbraio 2010

Avec le temps

Léo Ferré


Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
On oublie le visage
Et l'on oublie la voix
Le coeur quand ça bat plus
C'est pas la peine d'aller chercher plus loin
Faut laisser faire et c'est très bien

*** *** ***
Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
L'autre qu'on adorait
Qu'on cherchait sous la pluie
L'autre qu'on devinait
Au détour d'un regard
Entre les mots, entre les lignes
Et sous le fard
D'un serment maquillé
Qui s'en va faire sa nuit
Avec le temps tout s'évanouit

*** *** ***
Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
Même les plus chouettes souv'nirs
Ça t'a une de ces gueules
A la galerie j'farfouille
Dans les rayons d'la mort
Le sam'di soir
Quand la tendresse s'en va toute seule

*** *** ***
Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
L'autre à qui l'on croyait
Pour un rhume pour un rien
L'autre à qui l'on donnait
Du vent et des bijoux
Pour qui l'on eût vendu son âme
Pour quelques sous
Devant quoi l'on s'traînait
Comme traînent les chiens
Avec le temps va, tout va bien

*** *** ***
Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
On oublie les passions
Et l'on oublie les voix
Qui nous disaient tout bas
Les mots des pauvres gens
Ne rentre pas trop tard surtout ne prends pas froid

*** *** ***
Avec le temps
Avec le temps va, tout s'en va
Et l'on se sent blanchi
Comme un cheval fourbu
Et l'on se sent glacé
Dans un lit de hasard
Et l'on se sent tout seul
Peut-être mais peinard
Et l'on se sent floué
Par les années perdues

Alors vraiment
Avec le temps... on n'aime plus



Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
Ti dimentichi il viso
E ti dimentichi la voce
Quando il cuore non batte più
Non vale la pena di andare a cercare lontano
Bisogna lasciar perdere e va bene così

*** *** ***
Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
L'altro che adoravi
Che cercavi sotto la pioggia
L'altro che indovinavi
Dal contorno di uno sguardo
Tra le righe e le parole
E sotto il belletto
Di una promessa truccata
Che va a fare la sua notte
Con il tempo tutto svanirà

*** *** ***
Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
Anche i ricordi più belli
Che ti ha lasciato qualcuno
Nella galleria ho mandato tutto all'aria
Fra i raggi della morte
Al sabato sera
Quando la tenerezza se ne va tutta sola

*** *** ***
Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
L'altro in cui hai creduto
Per un raffreddore per un niente
L'altro a cui hai regalato vento e gioielli
Per il quale avresti venduto l'anima per due soldi
Davanti al quale ti saresti trascinato come si trascinano i cani
Col tempo tutto va bene

*** *** ***
Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
Ti scordi la passione e le voci
Che ti dicevano sotto voce
Parole di povera gente
Non tornare tardi e soprattutto non prendere freddo

*** *** ***
Col tempo...
Col tempo tutto se ne va
E imbianchi come un cavallo brizzolato
E ti senti gelare dentro a un letto di fortuna
E forse ti senti solo ma in fondo spensierato
E ti senti invecchiato per gli anni perduti

Allora davvero
Col tempo... tu non ami più