tag:blogger.com,1999:blog-89754125621642218562024-02-21T15:30:01.846+01:00Nonblog di HabaneraHabanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.comBlogger437125tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-29605491833429075092019-03-07T02:21:00.001+01:002019-03-07T02:21:21.168+01:00In treno (ritorno)<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2f03QYNdkdft4yiQ9oI_a-5UXBlQaS7jbC-Gyx8CTLvobaVy8uPSNY_qf62tooWDtGFzb_pKNtzR6U9TT7HFE2J_NRqOa7WeQjhYMr19BOpZUKKirXO3-F0G2cfV77OMP4ZQaFA_xc9Dl/s1600-h/grissini-torinesi.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 355px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2f03QYNdkdft4yiQ9oI_a-5UXBlQaS7jbC-Gyx8CTLvobaVy8uPSNY_qf62tooWDtGFzb_pKNtzR6U9TT7HFE2J_NRqOa7WeQjhYMr19BOpZUKKirXO3-F0G2cfV77OMP4ZQaFA_xc9Dl/s400/grissini-torinesi.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5391468780480066962"></a>
<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTqR4hBrjCTI9ciYfmVKqwYgxzcSkWxpt8jrsBaWZ9oAxdY6DXX8hPei8JcJ6pKBNqOw9ZCplas3rtGou66sU2PqJGRjdAbGzsKcgB9a6E6QPFpWKbRHE5CrvlCOqVaaOlmweYG7-c-vpp/s1600-h/ristorante_la_piola_torino.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTqR4hBrjCTI9ciYfmVKqwYgxzcSkWxpt8jrsBaWZ9oAxdY6DXX8hPei8JcJ6pKBNqOw9ZCplas3rtGou66sU2PqJGRjdAbGzsKcgB9a6E6QPFpWKbRHE5CrvlCOqVaaOlmweYG7-c-vpp/s400/ristorante_la_piola_torino.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5391468774292253682"></a>
<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD7IE5Cwo0pL1-qc2oiNdBEMCB7dD5h0iiXx0dzQ820jRzBduXXAmJ_4_ggeciRNic4YhOkhcpimoUGgucvXbn68Ti6TJL1J7vuO4jLR8XpoxIz-NSGcZAFMav0STNJdsojCVEEmSfVnE1/s1600-h/Il-bicerin.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 300px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD7IE5Cwo0pL1-qc2oiNdBEMCB7dD5h0iiXx0dzQ820jRzBduXXAmJ_4_ggeciRNic4YhOkhcpimoUGgucvXbn68Ti6TJL1J7vuO4jLR8XpoxIz-NSGcZAFMav0STNJdsojCVEEmSfVnE1/s400/Il-bicerin.jpg" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5391468767686090130"></a>
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<br />
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<br /><span style="font-size:130%;">Letizia Ricci
<br /></span>
<br />Ho una valigia e due borse in più. L'Italia me la porto via piano piano, a pezzi.
<br />In una borsa ci sono i grissini, gli specialissimi grissini piemontesi, nell'altra ricchi premi e <em>cotillons</em> che si portano dietro il profumo di piazze appena affollate, commesse tanto solerti quanto giovani, edicolanti dissestati dalla pantagruelica mole di riviste e fumetti. I fumetti li riporto sempre, hanno un linguaggio speciale che ai figli non deve sfuggire. La valigia è per i libri, frutto della puntuale <em>full immersion </em>da Feltrinelli. Sono diventata un convoglio eccezionale, senza accorgermene. Sarà il caso di dire che la cultura pesa. E i grissini sono fragili, stanno appesi in posizione esterna sulla spalla sinistra, dal che si evince che dovendo spintonare è opportuno che avvenga a destra.
<br />
<br />Avrei voluto portare anche il <em>bicerin</em> e il menu della <em>piola</em>, che da solo è valso il frugale pasto della sera prima. All'ingresso della piola c'è il bar, qualche avventore e l'intera famiglia che si indaffara tra le salette ricavate da un ex garage, una ex terrazza, una ex cantina. Confortante scenario di vetrate con profilato di alluminio anodizzato, contro ogni moderna eleganza, con vista sul cortile del caseggiato. Sul tavolo c'è un foglio, una lista con i piatti della casa e accanto ad ogni voce un quadratino per segnare la quantità di "pezzi" da ordinare. Ci sono troppe cose che non entrano in una valigia.
<br />
<br />Le stazioni di transito hanno una peculiarità: ci si infila il vento esattamente nella direzione del treno, misto all'odore di freni e di ferro. Mi viene un attimo di panico immaginando uno spaventevole futuro in cui sul bordo del binario ci sia un Mac Donald che distribuisce panini ai viaggiatori appesi ai finestrini. Immagino con terrore l'odore di patatine rifritte al posto delle polveri metalliche: si preghi perché non accada mai.
<br />Le staffilate di vento arrivano nette nel collo ad acuire i solchi del bagaglio sulle spalle.
<br />Devo riuscire a lanciare il bagaglio oltre la portiera, si sentono già i fischi, lancio tutto fuorché i grissini.
<br />
<br /><em>Open space</em>, stavolta. Ci sono poche persone, vado in avanscoperta per individuare il posto e ancora una volta ne scelgo un altro, quello al centro, il salottino in cui c'è un ampio tavolo che divide i sedili che si fronteggiano.
<br />Prendo accordi con un signore che è già lì e fortunatamente si è già collocato controvento. Richiude il computer, ripiega i lembi del tavolo, per farmi posto. Si rende conto che tocca fare un paio di viaggi verso l'ingresso per recuperare il bagaglio.
<br />Un uomo alto, gioviale, occhiali e barba rossicci, compìto anche dopo essersi caricato la valigia con i libri, sulla quale ha appena detto "acc...". "La lasci giù, quella, per favore", "Diamine, ma che c'è dentro?", "Libri ..."; questa risposta lo rassicura, e poi gli pare subito un buon argomento, mi chiede quali libri, gliene mostro alcuni. Mentre li rigira tra le mani, leggendo velocemente la sinossi in ultima di copertina, avanzando facce incuriosite o dubbiose, gli propongo un grissino. Sgranocchiando mi dice: "Non leggiamo le stesse cose", "Cosa legge lei?", e mi spiega che predilige i gialli, qualche romanzo di buona fattura, qualche libro di storia.
<br />
<br />Intanto ha riaperto il tavolo e ognuno di noi lo ha apparecchiato. Riapre il computer, riposiziona i fogli, le cartelline e tenta di riordinare il tutto. Si ferma: "Ma lei è francese?". Realizzo che abbiamo parlato in francese fino ad ora. E ci scappa una risata, di quelle in cui ti senti totalmente imbecille.
<br />Io spargo i libri, la sveglia, i giornali e le briciole di grissini.
<br />Qualche sedile più in là c'è una donna. Ci siamo sfiorate varie volte con lo sguardo, è bruna e giovane. Guarda fuori, anche se è buio. Ha il viso fermo. Gira la testa e le incontro gli occhi di vetro, che brillano per quella tendina d'acqua che fanno le lacrime trattenute e svelano la reticella di venuzze che affiorano nell'occhio, come le dita di un'edera, quando piangi. Ma non cade niente giù, e la fatica a trattenere le lacrime si trasforma nel fremito del mento, nella danza delle pieghe del collo; si volta subito verso il vetro, a testa alta, e mi viene un groppo al petto.
<br />
<br /><em>"L'uomo stava poggiato al finestrino
<br />Senza faccia né movimento.
<br />La sua anima era buttata sotto al sedile a fianco,
<br />Se ne stava spappolata,
<br />avvolta dentro una maglietta.
<br />Ne uscivano lembi che non potevano sfuggire
<br />all'osservatore attento.
<br />È passato un ragazzo e l'ha raccolta.
<br />L'ha presa delicatamente, come un cristallo di Baccarat,
<br />Avendo cura di richiudere i lembi
<br />della maglietta
<br />Perché non si perdessero i pezzi.
<br />..."</em>
<br />
<br />Il mio compagno di viaggio è professore di scienze politiche. Trotterella sui tasti, alza lo sguardo, "Vuole un altro grissino?", "No grazie", sorride. Si distrae, guarda lo schermo mentre le mani passeggiano sul tavolo per sincerarsi che ci sia tutto. "Tra poco avrò finito, dice. La batteria è scarica".
<br />Mi guardo intorno e mi accorgo che nei vagoni moderni hanno dimenticato le prese di corrente. Ce n'è una nella toilette, dico .... e ride, figurandosi al lavoro, in treno, seduto sul WC col PC.
<br />
<br /><em>In piazza c'erano molte bandiere, un palco che si perdeva come un tavolino vestito in mezzo alla Piazza Rossa, i lampioni stavano lì lì per accendersi ma non lo facevano, confabulavano tra loro in attesa del momento migliore, che è quello in cui il cielo si fa un po' violetto. Sentivo il loro bzzzz bzzzz rassicurante, non sono neon, hanno anche loro qualche pruderie, magari hanno freddo, anche se non fa freddo, la piazza s'è tenuta un'aria da primo autunno per non far scappare nessuno sotto ai portici.
<br />Al banco delle magliette c'è un tizio un po' curvo, barbuto ed esile, vicino a lui un bambino tondetto, con le gote turgide e gli occhioni tondi. Ci sono le magliette EZLN, c'è Ernesto, una con la pistoletta No War, hanno dei bei colori e non sono le solite. Ce n'è una con una poesia del subcomandante che mi ha guardato appena sono arrivata, è sbucata fuori dal mucchio sbattendo le ciglia, stringendo il colletto come la bocca e lanciando un bacio. Non potevo dirle di no. E poi altre due. Hanno avuto un successone, ormai i figli portano solo quelle. Ed abbiamo cercato altre poesie ed anche la faccia del subcomandante e la storia del Che: dalla maglietta all'enciclopedia, ci si può stare.
<br />Il tizio mi racconta della scuola del bambino; il bambino è felice di stare in piazza, all'aria aperta e mi consiglia come distribuire le magliette, per età e personalità. Eugenio si chiama. Un altro dono della natura.
<br />Sul palco c'è qualcuno che conosco. Da Baratti c'è il Secco, che è davvero secco. Per via della telecamera puntata contro non riesce a prendersi il caffè, non parla, non fa, sta lì come un baccalà, mi fa pena. Magari pochi minuti fa era sul palco, di fatto sta sempre inchiodato da qualche parte, a non vivere. Cambiamo bar.</em>
<br />
<br />La batteria del professore è finita e lui si stende finalmente sul sedile e mi racconta di suo figlio.
<br />Sto sfogliando le poesie di Kavafis, in realtà guardo appena dietro; le gambe della donna stanno strette strette, le mani in mezzo alle cosce, a pregarle di star ferme, poi si gira richiamata dal mio sguardo. Ho bisogno di guardarle quegli occhi, il mento ora non sussulta più; muove appena le labbra per un quasi sorriso, dovrei offrirle un grissino. Invece guardo tra i sedili, magari c'è l'anima appallottolata.
<br />
<br />"Si è laureato con 106, in fisica", e lo dice come la cosa a lui più estranea, domando cosa desideri fare e con la medesima estraneità mi predispone l'elenco dei viaggi all'estero, dei master, dei dubbi. Nella lista non ci sono sogni. Poi mi rassicura: "quando deve scendere l'accompagno, non si preoccupi ...". Ma io non mi preoccupo affatto, quasi quasi mi piace caricarmi tutta questa roba e avanzare stentando tra scale che scendono e che salgono. Gli ricordo che il treno ferma per tre minuti, e che se scende salta la sua cena a Parigi.
<br />Vado a fumare una sigaretta, il professore richiude il tavolino, "stia tranquillo, non serve ...", ma lui si agita, fa posto anche se il posto c'è.
<br />Apro la porta pneumatica. Una ragazza sta seduta sulla valigia e appena accendo la sigaretta spennella con gli occhi tutte le pareti: ovunque è scritto che non si può fumare. Apro la porta della toilette, una sensazione fantastica fumare di nascosto nel bagno del treno. Per onestà di cronaca, anche nella toilette c'è un cartello no smoking. Sono ancora più felice, e la sigaretta è ancora più buona.
<br />
<br />La donna ha una sciarpa che le scende leggera sul pullover, di quelle che con poco vento si alzano e volano via. Poi inaspettatamente, mentre sto per sedermi reinnescando il tramestio del professore, si sporge verso di me, fa un cenno del mento verso le poesie e mi dice: "Posso?". Mi viene un brivido nell'incontrare il suo sguardo, sotto agli occhi la pelle ha una piccola piega, di quelle che fa il dolore, che rimpiccioliscono un po' lo sguardo, eppure lo fanno più bello. Sono contenta di porgerle il libro e vedo che comincia a scorrerlo alle pagine che ho segnato.
<br />
<br />"E dire che con questi aggeggi, lo sa lei, posso anche collegarmi a internet da qui, vede, ho il cellulare e non so come accada ma accade che mi colleghi in rete. Ma non lo faccio mai, la batteria si scarica subito, e poi da quando ho tutto questo apparato tecnologico, la fretta m'è passata". Dice il professore. Lo ascolto molto distrattamente, in realtà aspetto il commento della donna sulle poesie. Ne sfoglio altre.
<br />"L'accompagno, credo che sia arrivata", dice il professore.
<br />Sì, già, sono arrivata. Raccolgo tutto, attenzione ai grissini, su il cappotto e le tre tracolle, la voce del macchinista annuncia che tra due minuti siamo in stazione, la donna si alza, mi porge il libro guardandomi dritto negli occhi, il professore si barcamena con le mie valigie, avanzo nel corridoio, c'è una maglietta spappolata sotto a un sedile, non posso fermarmi, scendo, il professore dice "non ci siamo neanche presentati", "non serviva ... grazie", mi incollo tutto, il libro di Kavafis cade dalla tasca, devo ricominciare, il treno riparte, la donna mi sta guardando dal finestrino con gli occhi di vetro, ha lasciato nel libro uno scontrino a questa pagina:
<br />
<br /><em><strong>"I muri</strong>
<br />
<br />Senza riguardo senza pietà senza pudore
<br />mi drizzarono contro grossi muri.
<br />
<br />Adesso sono qua che mi dispero.
<br />Non penso a altro: una sorte tormentosa;
<br />
<br />con tante cose da sbrigare fuori!
<br />Mi alzavano muri, e non vi feci caso.
<br />
<br />Mai un rumore una voce, però, di muratori.
<br />Murato fuori dal mondo e non vi feci caso."</em>
<br />Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-48595216088752190822015-07-07T23:13:00.000+02:002015-07-07T23:13:21.166+02:00Il viale dei tigli<b>Solimano</b>
<a href="http://img130.imageshack.us/img130/3654/tiglio.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 533px;" src="http://img130.imageshack.us/img130/3654/tiglio.jpg" border="0" alt="" /></a>
<br />La scuola non era proprio vicina a casa, ci voleva più di mezz’ora per andarci a piedi. Al mattino non ci si guarda attorno, anche perché si ha il risveglio lento, da ragazzi, e si parte all’ultimo momento . Quindi camminavo con passo svelto, reggendo con la mano destra la cartellona -non si usavano zaini- spesso appesantita da dizionari, ed ero solo.
<br />Diverso il ritorno. Avevo compagnia per metà strada, poi, salutati gli amici, potevo scegliere se continuare per la strada o passare attraverso il giardino pubblico, che a Parma si chiama Parco Ducale.
<br />Di primavera sceglievo il giardino, merito del viale dei tigli e di quello degli ippocastani, percorrere l’uno o l’altro voleva dire scegliere fra il naso e gli occhi. La festa dei fiori degli ippocastani -aesculus hippocastanum- era clamorosa, altroché i meli di Proust: infiorescenze a cono alte fino a venti centimetri ricoprivano fitte fitte l’intera pianta da dove il tronco si diramava su fino in cima, molto alta di suo. Una grandiosa e abbondantissima nevicata fuori stagione, che si poteva affrontare senza paltò, smesso da poco.
<br />La festa non durava molto, e quando finiva -una, due settimane al massimo- veniva il turno dei tigli -tilia europaea. Le “dimesse frondi” del Foscolo esistono, lo confermo: la chioma dei tigli tende ad aprirsi più che a salire, difatti sotto i tigli d’estate non è penombra, è proprio ombra fresca quasi senza fessure di sole. Quindi i piccoli fiori dei tigli non erano lontani da terra, il loro profumo si sentiva per tutto il viale, senza alti e bassi. Un profumo diffuso, tranquillizzante, soprattutto. Forse lo sentivo tanto perché era abbinato alla quiete -pochi passavano per il viale ed io ero solo. Avevo bisogno di silenzio e di starmene per conto mio, dopo la mattina in cui non avevo smesso di sentire voci, professori, bidelli o studenti che fossero.
<br />I tigli erano compagni discreti, il profumo mi accompagnava per quei cinque minuti -non mi ci abituavo, continuavo a sentirlo- e mi piaceva anche vedere i polloni che spuntavano in basso, vicini alle radici, e che sarebbero cresciuti rapidamente, come fanno tutti i tigli di questo mondo.
<br />Dopo aver mangiato, a casa, mi tornava la voglia che i compagni venissero a trovarmi, a giocare o a studiare poco importa, avvertivo il peso della solitudine pomeridiana. Ma sotto i tigli non era stato così.
<br />Oggi c’è un tiglio, uno solo, di fronte a casa mia; mi piace, nella stagione giusta, chiamare fuori il mio vicino, così ci mettiamo a parlare sotto il tiglio, che è suo -ammesso che un tiglio possa essere di qualcuno. E’ una conversazione profumata, qualche ape si aggira, ci fa del buon miele con quei fiori.Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-25002081854768362812011-03-16T00:15:00.000+01:002011-03-16T00:16:20.697+01:00Ciao Primo<div></div><br /><a href="http://img853.imageshack.us/img853/746/eduardmanetpeoniebianch.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 563px; height: 386px;" src="http://img853.imageshack.us/img853/746/eduardmanetpeoniebianch.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><br />Non credere che io abbia dimenticato,<br />che oggi sia lontana da te.<br /><br />Ricordo ogni parola, ogni istante,<br />e ognuno dei miei ricordi <br />rende più dolorosa la tua assenza.<br /><br />Dove sei, amico mio?<br /><br />Di quante cose vorrei parlarti... <br />sentire il tuo parere,<br />confrontare le idee.<br /><br />Mi manca la tua lucida ironia, l'intelligenza, <br />l'inesauribile tesoro del tuo mondo interiore.<br /><br />Mi mancano tante cose di te.<br /> <br />Un anno dopo, ancora...<br /><br /><b>Mi manchi tu.</b><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com21tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-85367047952221210292010-11-12T15:38:00.000+01:002010-11-12T15:39:50.293+01:00Dove eravamo rimasti?<div></div><br /><a href="http://img221.imageshack.us/img221/3333/cucciolabab.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 520px; height: 390px;" src="http://img221.imageshack.us/img221/3333/cucciolabab.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Cucciola Babù</center></em></span><br /><br />Mi fa tenerezza questo blog che, per quanto fermo da mesi, continua ad avere lo stesso (notevole) numero di visite, se non addirittura di più.<br />Sono in parte lettori antichi e affezionati che ritornano sperando di trovare novità; ma anche lettori nuovi, capitati per caso con Google, che si sono fidelizzati e mi contattano con lo <em>Scrivi al Nonblog</em> sugli argomenti più vari.<br />Segno che abbiamo fatto un buon lavoro, serio ed appassionato, destinato a durare nel tempo. <br /><br />I commenti e le mail non possono sfuggirmi, li trovo ogni volta che apro la posta. Eppure continuo a non entrare nel blog e (vergogna!) a non rispondere a nessuno.<br />Non che mi lascino indifferente, tutt'altro, ma è come se avessi paura di qualcosa, forse di lasciarmi coinvolgere di nuovo nel turbine vorticoso della vita da <em>blogger</em>.<br /><br />Così non va, me ne rendo conto. Forse dovrei dichiarare ufficialmente chiuso il blog e non pensarci più. <br />Ma non è facile... non c'è mai niente di facile.<br />Ho dedicato tanto tempo, tanta cura ed amore a questo blog, che non riesco a lasciarlo andare come se non fosse mai esistito.<br /><br />Intanto nella mia vita è entrata una cosa nuova, morbida e tenerissima, che si chiama Babù. <br />E' la cagnolina di Chiara, la nipotina <em>grande</em> (ha già undici anni e sembra ieri che le cambiavo ancora i pannolini) che trascorre da noi tutto il tempo che Chiara è impegnata a scuola. <br />Inutile dire che mi ha rubato il cuore ed anche gran parte del mio tempo. <br />Famiglia impegnativa la mia: un marito, una figlia, un genero, due nipotine ed ora anche Babù. <br />Un turbinio di affetti ed esigenze, persino più vorticoso di un blog, che mi rende felice ed appagata. <br /><br />Volevo dirvi questo, che sto bene, sono serena, e soprattutto che non vi ho dimenticati. Non potrei...<br /><br />Grazie sempre di tutto, a tutti.Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-18696502129148926872010-10-15T18:30:00.000+02:002010-10-15T18:36:46.912+02:00Per Solimano<div></div><br /><a href="http://img100.imageshack.us/img100/779/butterflybalthasarvande.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 409px; height: 550px;" src="http://img100.imageshack.us/img100/779/butterflybalthasarvande.jpg" border="0" alt="" /></a><br />L'ho scoperto per caso, leggendo il report del mio contatore.<br />Da mesi non aprivo questo blog, non riesco ad abituarmi alla tua assenza. <br />Quando finalmente mi sono decisa ad entrare ho visto che c'era un numero elevato di visite provenienti dal sito <strong>Golem L'Indispensabile.</strong> <br />Incuriosita sono andata a vedere ed ho trovato questo bel ricordo di <strong>Rossana Di Fazio</strong> che voglio riportare anche qui, in questa che è sempre stata la tua casa.<br /><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Fatto strano per lui, non rispondere. Dovevo immaginarlo che c’era qualcosa di grave. Pensavo che attraversasse un periodo buio. Ma quando mi son decisa a guardare un po’ in rete, nei tanti siti da lui aperti, animati, inventati, ecco, ho capito.<br />È morto Primo Casalini, Solimano, e non mi sembra vero sia successo a marzo - sono in ritardo, fuori tempo massimo, ma a me questi tempismi interessan poco.<br />Voglio ricordarlo e raccontare a tutti quanto questa persona, che per generazione avrebbe potuto avere qualche ritrosia a tuffarsi nelle nuove tecnologie, ma non per temperamento, cultura, intelligenza, abbia compreso, amato, creato, la rete e l’opportunità che essa fornisce a scambiare, comunicare, corrispondere - nel senso più alto del termine: scriversi, leggersi, comprendersi nelle parole dell’altro, obbligare - con grazia, con una scrittura fresca, elegante, brillante - l’altro ad ascoltarci.<br />Era venuto anche qui da noi a dire: ma cosa aspetta Golem a fare un blog? E a spiegarmi, ad ascoltarmi.<br />Mi dispiace moltissimo. Era un grande lettore, e sapeva guardare, come dimostrano i siti da lui promossi. E di Solimano gli piaceva il gusto, la magnificenza, e come lui amava la vita pur conoscendo bene le ombre che può riservare.<br />Mi sento di rendergli onore così, e credo di non sbagliare, mettendo insieme i link dei blog da lui voluti e costruiti, ciascuno un vivace luogo di scambio, in cui si sente il calore dell’amicizia, la vivacità dei pensieri, il gusto di star con gli altri. Spero gli farà piacere.<br /><br /><a href="http://www.arengario.net/momenti/indmomenti.html"target=_blank>I bei momenti</a><br /><a href="http://habanera-nonblog.blogspot.com/2010/03/solimano.html"target=_blank>Nonblog di habanera</a><br /><a href="http://www.stanzeallaria.blogspot.com/"target=_blank>Stanze all'aria</a><br /><a href="http://abbracciepopcorn.blogspot.com/"target=_blank>Abbacci e pop corn</a><br /><a href="http://www.arengario.net/"target=_blank>Arengario</a><br /><br />(24 settembre 2010)</span><br /><br />Grazie Rossana, anche da parte sua. <br />Sono certa che il tuo ricordo gli farà particolarmente piacere.<br />Io so che ti stimava moltissimo e credo che lo sappia anche tu.<br /><em>(Habanera)</em><br /><br />L'articolo di Rossana di Fazio su <strong>Golem L'Indispensabile</strong> è <a href="http://www.golemindispensabile.it/index.php"target=_blank>qui</a>.Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-72224195558156533992010-06-07T18:55:00.002+02:002010-06-07T19:33:39.651+02:00Il poeta ed il pittore<strong><span style="font-size:130%;">Solimano </span></strong><br /><br /><a href="http://img6.imageshack.us/img6/4349/parmafotodifrancofolini.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 410px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img6.imageshack.us/img6/4349/parmafotodifrancofolini.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Parma (foto di </span></em><a href="http://www.flickr.com/photos/livenature/177053787/in/set-72157594180443349/" target="_blank"><em><span style="font-size:85%;">Franco Folini</span></em></a>)</center><br /><br />Ho vissuto a Parma per 26 anni, con dieci anni di intervallo fra la prima e la seconda metà: due <em>tranches</em> di tredici anni, quindi. Quando lo dico, spesso la reazione è: “Ah, Parma!” E' una reazione gradevole, ma sospetta, perché l'ammirazione nasce da motivi un po' ambigui: la gastronomia, ma il formaggio è più reggiano che parmigiano, però nessuno dice: “Ah, Reggio Emilia!”, Stendhal, ma la Parma della <em>Chartreuse</em> è in gran parte inventata, Correggio, che non fosse di Parma lo dice la parola stessa, la duchessa Maria Luigia, piccola donna che non amava Verdi, il quale, a sua volta non amava Parma, Antelami, che era della Val d'Intelvi, Alberto Bevilacqua, che dopo due bei libri come <em>Una città in amore</em> e <em>La califfa</em> (in parte) è diventato un autore di largo consumo adatto ai talk show.<br />C'è Bernardo Bertolucci, che merita ammirazione ed insofferenza; c'è suo fratello Giuseppe, piccolo maestro con almeno due film notevoli: <em>Berlinguer ti voglio bene</em> ed <em>Amori in corso</em>.<br />Insomma, i parmigiani ci sanno fare come <em>marketing</em>, aiutati, ed è una bella cosa, da grandi imprenditori che hanno il gusto del mecenatismo intelligente.<br />Si parla meno di due grandi artisti del '900, legatissimi a Parma: il poeta Attilio Bertolucci (il padre dei due registi) ed il pittore Carlo Mattioli.<br />Il poeta ha scritto libri che fra l'altro hanno dei titoli bellissimi, che già esprimono la sua poetica: <em>Fuochi in novembre, La capanna indiana, Viaggio d'inverno, La camera da letto, Al fuoco calmo dei giorni</em>. Il pittore riesce ad essere modernissimo continuando ad amare Correggio, Parmigianino e pure Stendhal.<br />Tutti e due, il poeta ed il pittore, hanno degli aspetti in comune: lo sperimentalismo non esibito ma autentico fino alla tarda età, l'ammirazione da parte dei grandi critici in Italia e fuori, l'assenza di una fama diffusa che altri artisti molto inferiori hanno, e credo che ciò sia dovuto all'atteggiamento schivo, non gridato, che entrambi hanno mantenuto per tutta la vita.<br /><br />Ecco una poesia di <strong>Attilio Bertolucci</strong> (da <em>Viaggio d'inverno</em>) e l'immagine di una opera di <strong>Carlo Mattioli</strong>:<br /><br /><br /><center><em><span style="color:#ff6600;">Portami con te nel mattino vivace<br />le reni rotte l'occhio sveglio appoggiato<br />al tuo fianco di donna che cammina<br />come fa l'amore,<br />sono gli ultimi giorni dell'inverno<br />a bagnarci le mani e i camini<br />fumano più del necessario in una<br />stagione così tiepida,<br />ma lascia che vadano in malora<br />economia e sobrietà,<br />si consumino le scorte<br />della città e della nazione<br />se il cielo offuscandosi, e poi<br />schiarendo per un sole più forte,<br />ci saremo trovati<br />là dove vita e morte hanno una sosta,<br />sfavilla il mezzogiorno, lamiera<br />che è azzurra ormai<br />senza residui e sopra<br />calmi uccelli camminano non volano.<br /></span></em></center><br /><br /><a href="http://img580.imageshack.us/img580/5116/carlomattiolipaesaggio.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 417px; DISPLAY: block; HEIGHT: 525px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img580.imageshack.us/img580/5116/carlomattiolipaesaggio.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Carlo Mattioli: Paesaggio d'Estate </span></em></center><br /><br /><em><strong>P.S.</strong> Scritto da Solimano per <strong>Stile libero</strong> il 15 ottobre 2003</em><br /><em>(Habanera)</em><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-44343201977116270872010-05-23T16:10:00.001+02:002010-05-29T14:47:45.474+02:00Il gioco degli scacchi<strong><span style="font-size:130%;">Derek Walcott</span></strong><br /><br /><a href="http://img200.imageshack.us/img200/5684/chessgamesofonisbaangui.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 435px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img200.imageshack.us/img200/5684/chessgamesofonisbaangui.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Sofonisba Anguissola: Il Gioco degli Scacchi, 1555</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Museum Navrodwe Poznan, Poland</span></em></center><br /><br /><center>I pezzi sono immobili sulla scacchiera<br />come i guerrieri<br />in terracotta a grandezza naturale, il cui<br />giuramento<br />di fedeltà all’imperatore, con spada scudo<br />e briglia, fatto<br />da una voce a questo punto spenta,<br />aleggiava come fosse<br />una eco in quello scavo strabiliante.<br />Ogni soldato<br />un voto e ciascuno pronto a morire per<br />la causa,<br />per la nazione e per l’imperatore, e<br />tuttavia tuttora<br />immobile e diritto, senza respiro, come<br />un simulacro<br />di se stesso che dovrà essere il silenzio<br />a vagliare<br />collocandolo al suo posto. Se i nostri<br />giuramenti<br />fossero visibili, li vedremmo al pari di<br />questi pezzi<br />sulla scacchiera, immutabili e fermi<br />sotto la luce,<br />sudditi votati per sempre a una causa<br />che ti vede<br />regina, vigile la notte e vittima silenziosa<br />dell’amore<br />e di un incantesimo a cui non può porre<br />rimedio<br />il fragore di nessuna battaglia ma solo<br />la tranquillità degli scacchi, con gli alberi<br />che fuori,<br />sul prato, si muovono al ritmo del tempo,<br />i giuramenti<br />che vengono meno e che, morti, sono<br />ancora più forti<br />mentre un merlo, nero, fischia sui limoni.</center><br /><center><strong>Derek Walcott</strong></center><br /><br /><a href="http://img339.imageshack.us/img339/4889/daumiergiocatori.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 410px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img339.imageshack.us/img339/4889/daumiergiocatori.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Honoré Daumier: Les Joueurs d'échecs, 1863</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Parigi, Museo du petit Palais</span></em></center><br /><br /><em><span style="color:#ff6600;">Poesia n. 247 Marzo 2010<br />Derek Walcott<br />Aironi bianchi<br />a cura di Luigi Sampietro<br />Crocetti Editore 2010</span></em><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-66122136143978642322010-05-15T00:15:00.003+02:002010-05-15T00:18:35.567+02:00Me ne sono accorto<strong><span style="font-size:130%;">Solimano</span></strong><br /><br /><a href="http://img694.imageshack.us/img694/8181/campogiallo.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 413px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img694.imageshack.us/img694/8181/campogiallo.jpg" /></a><br />Decido di andare al supermercato. E' giorno di <em>spesuccia</em>, quindi vado a piedi. In tasca, la listarella dei nove acquisti, che poi diverranno undici, seguendo lo sfizio. C'è chi abbandona le liste nei carrelli, una volta ultimata la spesa, prima o poi ne farò una collezione: il tipo di foglio, le calligrafie, le sottolineature, l'ordine degli acquisti, le sgrammaticature, i Rovagnati ed i Salti in Padella, il gusto degli yogurt, Lines e Pampers, cibi per cani, gatti e criceti, balsamo e shampoo, zampironi ed air fresh, Amadori e Rana (i due furbacchioni), etc.<br /><br />Appena uscito dal cancelletto sommerso dal glicine, prendo a destra, cinquanta metri di strada, quella di una macchina ogni cinque minuti, poi ancora a destra, altra strada, trafficatissima, una macchina ogni trenta secondi. A metà strada, c'è un campo.<br />Lo so da vent'anni, forse è il motivo inconscio che mi ha fatto comprar casa qui. Proprio un campo di più di un ettaro, non cintato - è importante, che non lo sia. Fanno la rotazione delle culture, un anno grano, un anno granturco, un anno altra roba (che sia avena? e chi lo sa...), un anno a maggese.<br />Questo è l'anno dell'altra roba, ed oggi me ne sono accorto, che tutto l'ettaro aveva un colore incredibilmente bello, roba da <em>satori</em> immediato.<br />Non lo si può definire, quel colore: giallo dorato è da snobberìa, giallo paglierino è da analisi clinica, giallo solare, ecco, forse giallo solare, ma un sole non arrogante, un sole potente, però ti carezza e non se la tira, un sole morbidone.<br /><br /><strong><span style="font-size:130%;">Me ne sono accorto</span></strong>, questo è il punto, il campo sono dieci giorni almeno che è così, e zàc, me ne sono accorto oggi.<br />Due mesi fa, mi sono accorto del fico enorme che ho di fronte agli occhi quando mi siedo in terrazza: è più alto della casa a due piani che gli sta a lato, senza avvertirmi ha continuato a crescere per vent'anni, e c'era sicuramente quando sono arrivato a Monza.<br />Della mimosa, mi sono accorto tre anni fa, dell'ailanto, un cespuglione alto venti metri, due anni fa. Non è che uno con questi <em>accorgimenti</em> ci gode perchè poi potrà scriverci un post.<br />Anche, ma cambiano la vita.<br /><br />Avete mai visto un ailanto? Eppure l'avete davanti agli occhi, solo che non ve ne siete mai accorti. Un giorno lo vedrete: <strong>Ah!</strong><br /><br /><em>(7 luglio 2004)</em><br /><br /><a href="http://img64.imageshack.us/img64/4316/ailanto.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 413px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img64.imageshack.us/img64/4316/ailanto.jpg" /></a><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-22891118640624166862010-05-03T15:30:00.005+02:002010-05-23T18:20:50.087+02:00Et maintenant<strong><span style="font-size:130%;">Gilbert Bécaud</span></strong><br /><br /><a href="http://img217.imageshack.us/img217/7008/bazillelabitorosa.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; DISPLAY: block; HEIGHT: 517px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img217.imageshack.us/img217/7008/bazillelabitorosa.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Frederic Bazille: L'abito rosa, 1864</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Musee d'Orsay (Paris, France)</span></em></center><br /><br /><center>Et maintenant que vais-je faire<br />De tout ce temps que sera ma vie<br />De tous ces gens qui m'indiffèrent<br />Maintenant que tu es partie<br /><br />Toutes ces nuits, pourquoi pour qui<br />Et ce matin qui revient pour rien<br />Ce cœur qui bat, pour qui, pourquoi<br />Qui bat trop fort, trop fort<br /><br />Et maintenant que vais-je faire<br />Vers quel néant glissera ma vie<br />Tu m'as laissé la terre entière<br />Mais la terre sans toi c'est petit<br /><br />Vous, mes amis, soyez gentils<br />Vous savez bien que l'on n'y peut rien<br />Même Paris crève d'ennui<br />Toutes ses rues me tuent<br /><br />Et maintenant que vais-je faire<br />Je vais en rire pour ne plus pleurer<br />Je vais brûler des nuits entières<br />Au matin je te haïrai<br /><br />Et puis un soir dans mon miroir<br />Je verrai bien la fin du chemin<br />Pas une fleur et pas de pleurs<br />Au moment de l'adieu<br /><br />Je n'ai vraiment plus rien à faire<br />Je n'ai vraiment plus rien...</center><br /><br /><center><object width="445" height="364"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/SI795QJ3OVs&hl=it_IT&fs=1&rel=0&color1=0x5d1719&color2=0xcd311b&border=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/SI795QJ3OVs&hl=it_IT&fs=1&rel=0&color1=0x5d1719&color2=0xcd311b&border=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="445" height="364"></embed></object></center><br /><center><span style="color:#ff6600;">°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°</span></center><br /><center>E adesso cosa farò<br />Di tutto questo tempo cosa sarà la mia vita<br />Di tutte queste persone che mi sono indiffirenti<br />Adesso che tu sei andata via<br /><br />Tutte queste notti, per cosa, per chi<br />E questo mattino che ritorna per niente<br />Questo cuore che batte, per chi, per cosa<br />Che batte troppo forte, troppo forte<br /><br />E adesso cosa farò<br />Verso quale vuoto scivolerà la mia vita<br />Tu mi hai lasciato la terra intera<br />Ma la terra senza di te è troppo piccola<br /><br />Voi, amici miei, siate gentili<br />Sapete bene che non possiamo farci niente<br />Anche Parigi muore di noia<br />Tutte le sue strade mi uccidono<br /><br />E adesso cosa farò<br />Riderò per non piangere più<br />Brucerò notti intere<br />E al mattino ti odierò<br /><br />E poi una sera nel mio specchio<br />Vedrò la fine del mio cammino<br />Non un fiore e nessuna lacrima<br />Al momento dell'addio<br /><br />Non ho veramente più niente da fare<br />Non ho veramente più niente ...</center><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-48343325333868471002010-04-23T16:40:00.005+02:002010-05-25T23:41:11.675+02:00Messaggi d'amore<strong><span style="font-size:130%;">Primo Casalini</span></strong><br /><br /><a href="http://img185.imageshack.us/img185/8649/jhfragonardaltalena.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 514px; height: 500px;" src="http://img185.imageshack.us/img185/8649/jhfragonardaltalena.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: L'altalena (part) 1767 - Wallace Collection, Londra</span></em></center><br />Una mia amica asseriva che le lettere d'amore si scrivono alla sera e si imbucano subito, perché se si aspetta la mattina e le si rilegge, ci si vergogna di quello che si è scritto e non le si spedisce più. Facendo male, fra l'altro, perché l'amata lontana non è interessata ad una analisi psico-linguistica, ma proprio a quelle frasette zoppicanti e scoppiettanti, come un legno verde in un camino di buon tiraggio.<br />Ma oggi, la disponibilità della rete permette delle indagini approfondite. Una delle fonti più importanti è la collazione dei messaggi dei Baci Perugina. Esistono diversi siti che contengono abstracts o addirittura l'opera omnia, con varianti, lectio facilior, nuove proposte ed il doveroso armamentario critico.<br />Per i miei scopi, è bastato estrarre alcune decine di questi messaggi, perché la ripetitività e la ridondanza sono notevoli, ma anche perché ho grigliato del tutto (o quasi) gli anonimi. <br />Mi viene infatti il sospetto che molti dei messaggi cosiddetti anonimi siano stati lì per lì inventati dal grafico o dall'imballatore in funzione della particolare situazione di quel loro giorno d'amore.<br />Io, almeno, avrei fatto così: una specie di messaggio nella bottiglia che da qualche parte comunque arriva, ed arriva a segno: è più probabile che venga letto il messaggio che mangiato il cioccolatino. Difatti, tutti li leggiamo.<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/2895/jhfragonardlaletteradam.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 500px; height: 500px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/2895/jhfragonardlaletteradam.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: La lettera d'amore (part)</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">1770 - Metropolitan, New York</span></em></center><br /><br />Una prima categoria è quella del <strong><em>sublime generico</em></strong>:<br /><br /><span style="color:#ff6600;">Nulla è difficile per chi ama. (Cicerone)<br />Il tuo amore è per me come le stelle del mattino e della sera, tramonta dopo il sole e prima del sole risorge. (Goethe)<br />Un mondo senz'amore, che sarebbe per il nostro cuore? La stessa cosa che una lanterna magica senza luce. (Goethe)<br />Amore! Ecco un volume in una parola, un oceano in una lacrima, un turbine in un sospiro, un millennio in un secondo. (Tupper)<br />Ma vederla fu amarla, amare solo lei, e amare per sempre. (R.Burns)<br />Non esiste rimedio all'amore se non amare di più. (Henry D.Thoreau)<br />Coloro che vivono d'amore vivono d'eterno. (Emile Verhaeren)</span><br /><br />Chi sia Tupper, non lo so, forse un finanziere della Nuova Scozia; certamente, dal tono, era uno che coi soldi aveva a che fare. <br />Il sublime generico trova però la sua migliore espressione in Victor Hugo, che, esule a Guernesey, scriveva tre lettere al giorno all'amata Juliette, che abitava al piano di sopra o, più probabilmente, al piano di sotto. Forse Juliette lo chiamava ogni tanto nella tromba delle scale, e Victor rispondeva: “Non posso! Ti sto scrivendo”. Ma le frasi di Hugo hanno un'ampiezza che si presta meglio alla scatola intera che al singolo cioccolatino. <br />Nei “Demoni” di Dostoevskij, c'è lo strano rapporto fra Varvara Petrovna e Stepàn Trofimovic in cui succede qualcosa di analogo, raccontato per molte pagine da Dostoevskij con la finezza umoristica (sì, proprio umoristica) di cui ci si è finalmente accorti, e che non manca neppure in “Delitto e Castigo” e nei “Fratelli Karamazow”. Solo che Stepàn scrive per timore: non osa affrontare Varvara, che “era una donna classica, una donna-mecenate, che agiva unicamente in vista di considerazioni superiori”. Succede anche negli affari, questo nascondersi dietro lo scritto per evitare l'orale. Il sublime generico è la scorciatoia verso l'assoluto, che sta dalle parti dell'eterno, del più e dell'alto, senza pagare dazio alla persona concreta ed alla quotidianità dei fatterelli. Non esistono giorni comuni: sono tutti anniversari. Questa categoria è largamente presente nella collazione dei baci: piace genericamente a tutti e non crea grattacapi.<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/4560/jhfragonardlamanteincor.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 580px; height: 415px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/4560/jhfragonardlamanteincor.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: L'amante incoronato (part)</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">1771 - Frick Collection, New York</span></em></center><br /><br />Poi c'è la categoria che si potrebbe chiamare <strong><em>l'amour, mode d'emploi:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Amore è credula creatura. (Ovidio)<br />Amore e tosse non si possono nascondere. (Ovidio)<br />Che diano o che rifiutino, godono tuttavia d'esser richieste. (Ovidio)<br />Giove, dall'alto, ride dei falsi giuramenti degli amanti. (Ovidio)<br />Sii amabile, se vuoi essere amato. (Ovidio)<br />Amare è scegliere, baciare è la sigla della scelta. (Anonimo)<br />L'amore è un potere troppo forte perché lo si possa vincere altrimenti che con la fuga. (Cervantes)<br />Il colpo di fulmine è la cosa che fa guadagnare più tempo. (Arnoul)<br />La felicità in amore è come una palla che noi rincorriamo quando rotola, e che spingiamo via col piede quando si ferma. (Madame de Puissieux)<br />Bisogna scegliere tra amare le donne e conoscerle: non c'è via di mezzo. (Chamfort)<br />La luna e l'amore, quando non crescono calano. (Proverbio cinese)<br />Un bacio è come bere acqua salata: bevi e la tua sete aumenterà. (Proverbio cinese)<br />Noi mettiamo l'infinito nell'amore: le donne non fanno questo sbaglio. (Anatole France)<br />Un bacio legittimo non vale mai un bacio rubato. (Maupassant)</span><br /><br />Ovidio, il suo mode d'emploi, l'ha pagato caro, ed anche Cervantes e Maupassant. Di Madame de Puissieux so che compare abbastanza in Google, sempre al seguito della sua geniale metafora calcistica. I cinesi confermano la praticità confuciana: sembra che parlino dell'andamento dei titoli in borsa. Anatole France dà voce aforistica ad un millenario luogo comune.<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/2811/jhfragonardilcatenaccio.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 482px; height: 500px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/2811/jhfragonardilcatenaccio.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: Il chiavistello (part) 1776-79, Louvre Parigi</span></em></center><br /><br />Seguono<strong><em> i permissivi:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Ama e fai quel che vuoi. (Sant' Agostino)<br />Amate, amate, tutto il resto è nulla. (La Fontaine)<br />I ragazzi che si amano si baciano in piedi...nell'abbagliante chiarezza del loro primo amore. (Prevert)<br />Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l'ho scordato. (Walt Whitman)<br /></span><br />Sono pochissimi, i permissivi, nei messaggi dei baci. E sia su Agostino che su Whitman si può osservare che è un permissivisimo che tende al sublime generico. Ma se riusciamo a stare coi piedi per terra senza involarci verso il di più, l'alto e l'eterno, il fai quello che vuoi ci soddisfa. Però devi amare, se no nisba. Perché così poca permissività, nei baci? Forse è l'occasione in cui vengono regalati che li rende così poco propensi ad una sia pur vaga istigazione a delinquere. Sono baci generalmente non adulterini, dati davanti a Dio ed alle donne.<br /><br />Gli <strong><em>statistici:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Tutti gli amori dell'uomo, ancorchè diversi, hanno lo stesso motore. (Vittorio Alfieri)<br />Vorrei sapere quanti baci fur dati dal dì che i baci furono inventati. (Iginio Ugo Tarchetti)<br />"Che cosa sarebbe l'umanità, signore, senza la donna?" "Sarebbe scarsa, signore, terribilmente scarsa". (Mark Twain)<br />Non c'è amore sprecato. (Cervantes)<br /></span><br />Vittorio Alfieri era piemontese, per chi l'avesse scordato. Mentre Tarchetti soffre di curiosità impropria. Me lo vedo, proprio sul più bello, uscirsene con una frase del genere. Cervantes, nella frase precedente tentava la fuga, ma evidentemente si faceva riacchiappare. Il catalogo di Don Giovanni che Leporello mostra alla affranta Donna Elvira è il risvolto contabile di questo approccio: 640 in Italia, 231 in Lamagna, 100 in Francia, 91 in Turchia, 1003 in Ispagna. Ma perché così poche in Francia? Rispetto anche alla Lamagna, ma persino rispetto alle 91 in Turchia, considerato il viaggio ed il rischio. Che si tratti del vasto harem di un pascià compiacente?<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/993/jhfragonardilbaciorubat.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 550px; height: 459px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/993/jhfragonardilbaciorubat.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: Il bacio rubato (part)</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">1787-89 Ermitage, San Pietroburgo</span></em></center><br /><br />I narcisisti, anzi, <strong><em>il narcisista:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Amare se stessi è l'inizio di un idillio che dura una vita. (Oscar Wilde)<br />Oh... Tutti abbiamo bisogno di amici, alle volte. (Oscar Wilde)<br /></span><br />Ma le frasi più stuzzicose di Wilde non ci sono, per il solito motivo. Occorrerebbe mutare brand: profumi al posto di cioccolatini, ad esempio.<br /><br />Quelli delle <strong><em>gloriose cicatrici:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Amare è gioire, mentre crediamo di gioire solo se siamo amati. (Aristotele)<br />Il cuore non ha rughe. (Madame de Sevignè)<br />L'amore è lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore. (M.Proust)<br />Lasciarsi, è tutto quanto sappiamo del paradiso, e quanto ci basta dell'inferno. (Emily Dickinson)<br />Amore, amore, che schiavitù l'amore. (La Fontaine)<br />Amore non è guardarsi a vicenda; è guardare insieme nella stessa direzione. (Antoine de Saint-Exupery)</span><br /><br />A differenza di quelli del sublime generico, in questi si avverte che non dimenticano la persona, che la ritengono più importante dei loro pensamenti, che hanno accettato il rischio di essere feriti perché ne valeva la pena, comunque andasse. La Fontaine si tiene bene strette le catene della sua schiavitù, perché tutto il resto è nulla. Posso dirlo? Questi mi piacciono, e tanto. Anche Aristotele che si porta a spasso sulla schiena la trionfante e nuda Phyllis con briglia e pungolo, come in una xilografia di Hans Baldung Grien del 1513.<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/6267/jhfragonardlalezionedim.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 527px; height: 470px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/6267/jhfragonardlalezionedim.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: La lezione di musica (part) 1769 - Louvre, Parigi</span></em></center><br /><br />I <strong><em>golosi:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Che faccenda maledettamente pazza è l'amore. (Schikaneder)<br />Vogliamo godere l'amore: senza di lui non possiamo vivere. (Schikaneder)<br />Con te conversando, dimentico ogni tempo e le stagioni e i loro mutamenti: tutte mi piacciono allo stesso modo. (Milton)<br /></span><br />Schikaneder è l'impresario teatrale, autore del libretto del Flauto magico. Parla attraverso Papageno, che ha di fronte Papagena. Milton, anglosassone, è di una golosità più in punta di forchetta, ma che dura nel tempo. Pochini anche i golosi, come si vede. Qualche Cerbero li ha tenuti lontano. E continuerà a mancare, malgrado il diffondersi della conoscenza dell'inglese, la bandiera della golosità in amore , quella alzata all'inizio del '600 dal Reverendo John Donne:<br /><br /><span style="color:#ff6600;">Licence my roavings hands, and let them go,<br />Behind, before, above, between, below.</span><br /><br /><a href="http://img256.imageshack.us/img256/1598/jhfragonardbagnanti.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 500px; height: 500px;" src="http://img256.imageshack.us/img256/1598/jhfragonardbagnanti.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: Ragazze al bagno (part) 1677 - Louvre, Parigi</span></em></center><br /><br />Quelli della <strong><em>tranquilla passione:</em></strong><br /><br /><span style="color:#ff6600;">Perché l'amavo? Perché era lei; perché ero io (Montaigne)<br />Molti uomini vivono felici senza saperlo. (Luc de Clapiers de Vauvenargues)<br />Il vero amore è come l'apparizione degli spiriti: tutti ne parlano, quasi nessuno li ha visti. (Rochefoucauld)<br />Si perdona finchè si ama. (Rochefoucauld)<br />Un uomo onesto può essere innamorato come un pazzo, ma non come uno sciocco. (Rochefoucauld)<br />Nulla rende così amabili come il credersi amati. (Pierre Marivaux)<br />L'amore è la saggezza dello sciocco e la follia del saggio. (Samuel Johnson)<br />Le persone felici in amore hanno l'aria profondamente intenta. (Stendhal)</span><br /><br />Sono disattaccati, non distaccati. Hanno preso le loro contromisure. Sanno sorridere, perché conoscono la follia e la sciocchezza. Ci sono passati attraverso, e forse rimpiangono l'inconsapevolezza originaria, ma non al punto da ricadere negli stessi errori. Poi c'è uno, uno solo, che ammette di non capirci niente, con uno strano tono trionfante:<br /><br /><span style="color:#ff6600;">Amore, impossibile a definirsi!<br /></span><br />E' Giacomo Casanova, veneziano.<br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/6473/jhfragonardlamoscacieca.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 490px; height: 490px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/6473/jhfragonardlamoscacieca.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: La mosca cieca (part) 1760 - Toledo, Ohio</span></em></center><br /><br /><strong>Conclusione</strong> <br />Una persona che conosco aveva un innamorato facondo che abitava in un'altra città. Quasi ogni giorno, quindi, perveniva una letterona. La persona aveva il suo daffare sul lavoro, e leggere quelle quattro facciate al giorno non aveva più il gusto della sorpresa e della novità. Però, l'amore era ricambiato, anche se con minore facondia. Ed allora, si metteva la lettera appena giunta e non ancora aperta in una tasca (esistono ancora, le tasche?). <br />Ogni tanto, muovendosi durante il suo lavoro, avvertiva fisicamente il lieve ingombro della letterona, e le veniva da sorridere dalla contentezza. Poi, la sera, adempiva al giusto dovere di un'attenta lettura. Ma per lei il mezzo era divenuto il vero messaggio, ed in quella <em>petite perception </em>trovava ogni giorno la conferma di essere amata. Come il Monsieur Jourdain di Molière scriveva in prosa senza saperlo, così quella persona condivideva i "Frammenti di un discorso amoroso" di Roland Barthes prima che fossero scritti. L'episodio che racconto è del 1966.<br /><br /><em>(30 maggio 2003)</em><br /><br /><a href="http://img88.imageshack.us/img88/7083/jhfragonardyoungwomanpl.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 550px; height: 495px;" src="http://img88.imageshack.us/img88/7083/jhfragonardyoungwomanpl.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Fragonard: Ragazza che gioca col cagnolino (part)</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">1765-72, Fondazione Cailleux, Parigi</span></em></center><br /><br /><em><strong>P.S.</strong> <em>Questo post è già stato pubblicato sul Nonblog, da <strong>Solimano</strong>, il 5 novembre 2007, con il titolo <a href="http://habanera-nonblog.blogspot.com/2007/11/lamore-nei-baci-perugina.html"target=_blank>L'amore nei Baci Perugina</a>.<br />Lo ripropongo nella versione che aveva voluto dargli ultimamente, appassionandosi a scegliere le immagini con una cura tutta particolare.</em><br />E' uno scritto a cui era molto affezionato; penso che gli farebbe piacere rivederlo, nella nuova veste, in questo blog che lui considerava un <strong>"piccolo tesoro della rete"</strong> e che tante soddisfazioni gli aveva dato e continuerà a dargli.<br />(Habanera) </em>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-66716845638049895242010-04-05T18:45:00.003+02:002010-04-06T15:34:35.166+02:00Una giornata di Primavera<strong><span style="font-size:130%;">Habanera </span></strong><br /><br /><a href="http://img245.imageshack.us/img245/2703/forsizia.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 374px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img245.imageshack.us/img245/2703/forsizia.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Dedicata a Solimano</span></em></center><br />C'è il sole oggi, dopo tanta pioggia, ed un cielo azzurrissimo mi ferisce gli occhi. Spazzate via le nuvole, da questo vento caldo e carezzevole, tutto sembra tornare a nuova vita.<br />Mi sono fermata a lungo in terrazza ad osservare i mutamenti delle piante, le tenere foglioline di una tonalità di verde più chiaro, i primi accenni di boccioli, l'esplodere solare della forsizia...<br />ed ho pensato a te.<br />Sicuramente avresti dedicato una parte di questa splendida giornata ad un passeggiata nel parco di Monza, in compagnia di quegli amici con cui solevi passeggiare, in ogni stagione dell'anno, per il piacere di camminare a contatto con la natura, chiacchierare, discutere di come si potrebbe dare <em>un'aggiustata</em> a questo nostro mondaccio.<br /><br />Volevo allontanarmi dalla vita virtuale, illudendomi così di sentire meno la tua assenza, ma più passa il tempo e più capisco che invece è proprio qui che ti ritrovo: nei tuoi scritti, nei tuoi commenti, nell'affetto e nell'ammirazione di quanti ti hanno conosciuto in rete e che, come me, non ti dimenticheranno.<br />Credevo di aver bisogno di silenzio ed invece ho bisogno di voci.<br />Della tua, ma anche delle persone che ho imparato a conoscere in questi anni di vita <em>blogghiera</em> e che sono diventate una parte così vera (e importante) della mia vita.<br /><br />Molto tempo prima del <strong>16 marzo</strong> avevo programmato di trascorrere un breve periodo a Londra, nei giorni immediatamente successivi alla Pasqua, ed ora il momento di partire si avvicina.<br />Sarò lontana dal pc per qualche giorno ma non sarò lontana da te, nè da tutti voi che mi leggete.<br />Al ritorno vi racconterò, ci ritroveremo, continueremo a stare insieme qui e altrove...<br /><br />A prestoHabanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-74699405467569207542010-03-29T02:55:00.009+02:002010-05-15T00:32:59.848+02:00Mandala ed Outlook<strong><span style="font-size:130%;">Solimano</span></strong><br /><br /><a href="http://img100.imageshack.us/img100/3241/mandaladeimonacitibetan.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 510px; height: 428px;" src="http://img100.imageshack.us/img100/3241/mandaladeimonacitibetan.jpg" border="0" alt="" /></a><br />Oggi ho dato una parziale organizzazione a tutte le e-mail del mio Outlook. Molto parziale, perché sono circa 5000 le e-mail presenti, e ci vorrà qualche ora per vedere terra, anche se otto su dieci finiranno nella posta eliminata, e questo semplifica il lavoro.<br />Si tratta infatti delle e-mail utilitarie: una volta che hanno adempiuto il compito, è inutile conservarle.<br />Ma ci sono le e-mail che sono al tempo stesso di contenuto e di relazione, e queste invece intendo conservarle, organizzandole in cartelle personali.<br />Provo una sensazione strana: in rete è molto agevole stabilire dei rapporti, ed al tempo stesso è facile che questi rapporti finiscano.<br />Senza che nessuno abbia deciso che quel rapporto finisca, no, solo perché le priorità cambiano continuamente e la rete distrae più della vita reale.<br />Ma c'è un'altra sensazione, meno gradevole: lo spreco.<br />Per la mancanza di un atteggiamento attentamente selettivo, si presume di parlare a tanti, finendo non solo a parlare a pochi, ma a fermarsi troppo in superficie anche con le persone con cui c'è uno scambio di e-mail frequente.<br />Credo che sia importante autolimitarsi, non pretendere di arrivare dovunque, magari per compensare le frustrazioni della vita reale.<br /><br />Ma non sempre è così: ci sono anche situazioni, per fortuna, in cui ci si dedica a vicenda del tempo e dell'attenzione. Allora, si stabilisce una sinergia fra vita reale e vita virtuale, soprattutto se si raccontano le proprie esperienze.<br />I concetti, le idee, hanno tanti libri a disposizione per mostrarsi, le esperienze no: la freschezza del vissuto irrompe allora in mezzo alle tante e-mail di comodo, e si può metterla in relazione con la propria quotidianità che ha bisogno anche di essere smentita, messa in crisi da chi non ne fa parte nella vita reale. Perché tutti tendiamo a strutturarci senza sorprese, mentre di essere sorpresi abbiamo necessità. L'adattamento ad una situazione inaspettata ci consente di essere in parte nuovi a noi stessi.<br /><br />Questa situazione di impermanenza mi ricorda i mandala di sabbia, composti da migliaia e migliaia di granelli di vari colori in forme di simmetria complicata e perfetta, ma senza ricamarci sopra col bigottume da cui persino certi buddisti vengono attratti.<br />Due modalità in particolare sono notevoli.<br />La prima, quando il mandala appena finito, nel momento in cui è perfetto, viene distrutto in pochi minuti, ed i granelli, a quel punto mischiati fra loro, vengono distribuiti ai presenti.<br />La seconda, quella dei mandala pian piano costruiti in riva al mare. <br />C'è quel certo giorno in cui ad una ora precisa il mandala è finito, e dopo pochi minuti arriva l'alta marea, che fa scomparire il mandala con la sua prima piccola onda. E che si fa, dopo?<br />Sorridendo, si fa un altro mandala.<br /><br /><em>(2 ottobre 2003)</em><br /><br /><a href="http://img100.imageshack.us/img100/3125/inrivaalmare.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 550px; height: 369px;" src="http://img100.imageshack.us/img100/3125/inrivaalmare.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><strong>P.S.</strong> <em>E' un vecchio post di Solimano pubblicato anni fa su Stile libero. <br />A me piace questo modo di essere, paziente e volitivo: non arrendersi mai. <br />Saper ricominciare, sorridendo, a costruire cose nuove con lo stesso entusiasmo e la stessa gioia di vivere.</em><br /><em>(Habanera)</em><br /><br /><div></div><em></em>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-67287585346707409602010-03-18T00:35:00.005+01:002010-05-15T00:31:20.137+02:00Solimano<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT272I505S97SnmT4sJKp3SgFwxxv7E4qWQktuPE29MjztVDd7lyUMoHBwnMVRWPq749DQEllp5IzOD1ZOa0hGRJ7Ayad-N-vivPS9rLV8bwuJoWRDtH7ptmszDUwh2Hp-FjC63V9Q7XHF/s1600-h/Frans-Hals-Il-Cavaliere-Sorridente.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 327px; DISPLAY: block; HEIGHT: 400px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5450018765844104306" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT272I505S97SnmT4sJKp3SgFwxxv7E4qWQktuPE29MjztVDd7lyUMoHBwnMVRWPq749DQEllp5IzOD1ZOa0hGRJ7Ayad-N-vivPS9rLV8bwuJoWRDtH7ptmszDUwh2Hp-FjC63V9Q7XHF/s400/Frans-Hals-Il-Cavaliere-Sorridente.jpg" /></a> <center><span style="font-size:85%;">Primo Casalini - Solimano (3 aprile 1939 - 16 marzo 2010)</span></center><center><em><span style="font-size:85%;">Il cavaliere sorridente di Frans Hals</span></em></center><br /><br />Lo faccio adesso, poche ore dopo aver saputo che non ci sei più.<br /><br />Lo faccio adesso perchè quando si squarcerà il velo di testarda incredulità con cui sto cercando di proteggermi non potrei più farlo, non riuscirei a salutarti, a digitare neppure una parola.<br /><br />Non potrò più fare niente in questo blog sapendo che non ci sarai tu a leggere. In questo <em>Nonblog di Habanera</em> che ha il mio nome ma soprattutto la tua anima.<br /><br />Non è una scusa da <em>pelandrona</em>, come scherzosamente mi accusavi di essere, è che proprio non ce la faccio... mi capisci vero?<br /><br />Ciao, Primo!<br /><br />Antonella<br /><br /><strong>P.S.</strong> Vedi come sto attenta ai tuoi consigli, anche adesso? <br />Ho sostituito l'immagine con una uguale, ma di qualità migliore, ed ho aggiunto la didascalia. Va bene così, brontolone?<br />Avevo detto che non avrei più scritto una parola su questo blog ma si vede che ho voglia di continuare a <em>chiacchierare</em> con te.<br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com28tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-5153613235700698702010-03-10T00:10:00.001+01:002010-03-10T00:13:09.645+01:00Sorelle<span style="font-size:130%;"><strong>Sandra Mastore</strong></span><br /><br /><a href="http://img442.imageshack.us/img442/7405/vernontresorelle1912.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 463px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img442.imageshack.us/img442/7405/vernontresorelle1912.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Emile Vernon: Tre Sorelle (1912)</span></em></center><br />Milano svela marciapiedi larghissimi a fine agosto, gli stessi dei viali dai nomi geografici solitamente foderati di auto.<br />Romagna, Marche, Umbria, Abruzzi… un gioco da bambine, quando si veniva a Milano, trovare capoluogo e province della regione che dava il nome al viale.<br />Ci si può camminare in tre accordando il passo, senza bisogno di cederlo, di interrompere il discorso. Baristi sfaccendati sulla porta.<br />Strano avanzare, sotto un sole che non accetta di non esser più leone, guardando le foglie già secche ai piedi degli alberi, fenomeno di questa perfida estate 2009.<br />Milano regala anche parcheggi facili e liberi per ferie, interni freschi, ventilati solo dalle finestre aperte. Ancora sferraglia e stride poco Milano.<br />E’ sommessa, anche a quest’ora. Sta con le mani in mano, pensa una delle sorelle sedute nella stanza.<br />La via Gluck non è lontana.<br /><br />Le due sul divano rigido ascoltano l’altra sulla poltroncina di fronte. Profili tesi e labbra da mordere.<br />Si versano acqua da una brocca di cristallo rosato sul tavolino in mezzo. Se la offrono a turno, contendendosi il riempire quei bicchieri eleganti e delicati.<br />Tre signorine Felicite in pantaloni e sandali.<br />Un’occasione le ha riunite, sole, in tre come una volta. Tanto cambiate da una volta, dopo ere glaciali e mai definitivi disgeli.<br />- Non dello stesso padre!- osservò qualcuno, anni prima, sbalordito da tanta diversità.<br />Diversissime, infatti.<br />Quante belle figlie madama Dorè: dal biondo cenere, al castano chiaro, al nero. Il mondo si era gloriato di poter essere visto in azzurro, blu, nocciola e profumato da pelle scura o dorata o chiarissima. Le belle figlie non gli avevano badato, rinfacciandogli il nido sdrucciolevole che era toccato loro: sconosciuti calore e armonia, negato il riconoscimento.<br />Angustiata e senza armi Madama Dorè.<br />Ognuna aveva cercato il suo modo di spiccare il volo, rughe e lacrime avevano disegnato poi solchi diversi. Su misura e di alta sartoria.<br />Ora erano insieme nella stanza.<br />- C’è troppa corrente?<br />- No. Prendi ancora un po’ d’acqua.<br />Un assortimento che non capitava da parecchio di rivedere al completo. Più facile a due a due, con accoppiata a sorpresa.<br />Diversissime davvero, al primo sguardo.<br />Di cosa parlano, mentre bevono acqua e ravviano capelli biondo cenere, scostano ricci ramati, sistemano fermagli tra ciocche brune? L’argomento porta a toccare i capelli, nessuna di loro ha bisogno di tintura e i gesti per domarli sono ancora adolescenti, le dita si muovono in modo simile, spontaneo, con riguardo e lentezza.<br />Il gesticolare delle altre ricorda a ciascuna che è si è formato sotto lo stesso tetto.<br />Così come è comune il modo di impugnare la penna, da dove ancora oggi esce un tratto rotondo, generoso, che non bada a spazio e lascia il segno sulla pagina sotto. Una concessione di barocco a pochissime maiuscole, forse le preferite, per poi irrigidire geometricamente le altre. I genitori stessi faticavano a distinguere le scritture.<br />A guardar meglio anche i capelli, colore e acconciatura a parte, sono dello stesso tipo. Folti, grossi. Appariscenti, volendo.<br />Sono figlie dello stesso padre, invece. Eccome.<br /><br /><a href="http://img442.imageshack.us/img442/9393/edwardhornelcatturandof.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 436px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img442.imageshack.us/img442/9393/edwardhornelcatturandof.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Edward Atkinson Hornel: Catturando farfalle</span></em></center><br />Una guarda oltre i fili del tram, verso la Stazione Centrale che da bambine significava l’inizio delle vacanze, con le sue altissime volte e l’emozione del primo movimento del treno.<br />Si guardavano, in quell’attimo di fremito e la complicità di quel nocciola-azzurro-blu faceva battere i loro cuori dietro il finestrino. A due passi dalla via Gluck e dal tempo delle sedie di plastica intrecciata dei bar dove i padri regalavano, con le loro incontenibili risate di giovanotti, gioiosi sussulti alle bambine quasi addormentate che tenevano in braccio.<br />Il padre giovanotto che le accompagnava, portando le loro valige come fossero piume a quadri scozzesi, ora rimpiccioliva: ancora il braccio muscoloso mosso nel saluto, ma ormai lontano lo sguardo imperioso.<br /><br />Parlano proprio di lui oggi, in questa stanza, bevendo acqua mentre l’azzurro-blu-nocciola si ridesta.<br />Non si assenterà come per venire qui a Milano ogni giovedì, quand’era gigante e la sua assenza a tavola significava risate e allegria e desiderio che il prossimo giovedì arrivasse presto.<br />Non lo perderanno. Non si spegnerà. Non le lascerà. Tantomeno mancherà.<br />Morirà. E forse di lui nessuno l’avrebbe mai pensato.<br />Morirà come tutti, per sempre. A breve.<br />La malattia sarà più forte di lui che a loro pareva invincibile.<br />La sta combattendo da poco, è entrata subdolamente, togliendosi i tacchi a spillo per non farsi sentire, come facevano loro quando rincasavano tardi. Al buio, silenziose, rapide. Vigliacche.<br />Forse non c’era ancora al primo allungarsi delle giornate, quest’anno. Lo si vedeva sfrecciare sulla bicicletta come a voler impolverare invisibili inseguitori, lampo velocissimo in giacca a vento che seminava il tempo e le auto ai semafori. Dimostrazione che un uomo solo può avere la meglio e concepire sogni di granito mentre pedala tenacemente.<br />Avrebbe per sempre fatto così. E se qualcuno rimaneva schiacciato o diventava invidioso, pazienza.<br />La bici, un grande amore.<br />La preferisce “di gran lunga” alla sua auto tedesca.<br />Tedeschi erano i detenuti che doveva sorvegliare durante il servizio militare nel carcere di Gaeta; criminali nazisti, in realtà, che la cella umida con l’inferriata sul mare nobilitava a prigionieri di guerra.<br /><br /><a href="http://img214.imageshack.us/img214/5434/fortezzadigaeta.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 600px; DISPLAY: block; HEIGHT: 407px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img214.imageshack.us/img214/5434/fortezzadigaeta.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">La Fortezza di Gaeta</span></em></center><br />Lunghi mesi a osservare dita delicate muovere le pedine nelle interminabili partite a dama. La tattica, il rispetto dell’avversario. Che si ritrovava ad esser lui, la guardia carceraria, il ragazzo che non aveva mai visto mondo se non al cinema di fronte a casa, dove fin da bambino - permesso o meno – entrava ad ogni costo, anche di straforo fra i cappotti pieni di pioggia degli adulti. Al cinema sarebbe rimasto fedele sempre. Pure adesso, ai titoli di coda. Innamorato della regia di quel suo coetaneo già ispettore, evaso, anticamente cavaliere pallido.<br />Pur con la pellicola che s’inceppava, quel cinema scalcinato, da niente, faceva diventare piccole le punizioni terribili di casa.<br />Cinghiate. Digiuno. Sottoscala.<br />Cominciò a notare la benevolenza del prigioniero di guerra, ad apprezzarne la conversazione filosofica. Sbarre e isolamento fecero il resto. Aveva vent’anni e le Fosse Ardeatine potevano essere state davvero un ordine indiscutibile dei superiori. I mostri veri parlavano in un altro modo: cinghiate, sottoscala buio, digiuno, interruzione degli studi, dodici ore nei campi come se non fosse il figlio del padrone.<br />E lui per professione avrebbe voluto volare. Assolutamente no? Solo terra rossa per lui? Se non in cielo, nella cabina di pilotaggio, nemmeno con i piedi in quella terra. Addio, avrebbero sentito parlare di lui.<br />Mai lagnarsi del proprio passato, parlare di cose vecchie. Mai allentare la disciplina del lavoro, guardare avanti, non porre limiti. Specie se il passato non passa mai.<br /><br />Dove metteranno la bicicletta, chi di loro toccherà il manubrio, i freni, la sella?<br />Escono ora, liberando la stanza dai ricordi taciuti e dall’imbrunire.<br />I gesti, il passo, le pause: si vede a un miglio che sono sorelle, mentre sfilano per raggiungere una pizzeria da marciapiede, estranea. Ciò che ora tutte e tre sanno fonde il nocciola con l’azzurro e il blu, in un colore indefinibile, uguale.<br />Anche il cameriere vedrà che sono sorelle.<br />In un soffio questo millennio raggiungerà la prima decina - il pensiero di una, il pensiero di tutte - chissà se avranno finito il loro angoscioso conto alla rovescia. Sperano di no. Di essere al completo per mangiare il panettone, come dicono a Milano. Temono di no.<br />Una delle cartacce sul marciapiede svolazza con l’impronta di una scarpa da tennis, come un timbro. E’ quasi buio, neanche una bici.<br />Milano mostra la sciatteria di chi si annoia in casa tutto il giorno.<br />Lontanissima da lì la via Gluck.<br /><br /><a href="http://img214.imageshack.us/img214/9997/milanoagosto.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 600px; DISPLAY: block; HEIGHT: 400px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img214.imageshack.us/img214/9997/milanoagosto.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Agosto a Milano</span></em></center><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-42862824272733033582010-02-16T19:00:00.007+01:002010-02-22T15:17:54.722+01:00La mia bella Padova<strong><span style="font-size:130%;">Habanera</span></strong><br /><br /><a href="http://img134.imageshack.us/img134/6466/neigiardinidegliscroveg.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 365px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img134.imageshack.us/img134/6466/neigiardinidegliscroveg.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Padova e i miei giovanissimi anni</span></em></center><br />Alcune curiosità su una città che non finirà mai di sedurmi.<br /><br />Sono arrivata a Padova per la prima volta nel Gennaio del 1968.<br />Non ricordo esattamente il giorno ma non dimenticherò mai la nebbia fittissima lungo il tragitto ed il freddo glaciale. Si era a <strong>meno</strong> 15 gradi e fu un autentico shock per me che venivo dal sole e dal dolce clima di Napoli.<br />Eppure, appena arrivati, è stato subito amore perchè Padova, città elegante e dal fascino discreto, sa essere molto calda e accogliente, come è la sua gente.<br /><br />Ho vissuto anni indimenticabili in quella città; ne ho accennato nei commenti a <a href="http://habanera-nonblog.blogspot.com/2007/10/il-cielo-stellato-padova.html">questo </a>post di Giuliano in cui si parla della famosissima <strong>Cappella degli Scrovegni </strong>affrescata da Giotto.<br />Ma Padova per me è molto altro. Ha il fascino sottile dei ricordi, rinnovati e arricchiti, nel tempo, da sempre nuove scoperte.<br />Ci sono tornata di recente, nei giorni precedenti il Natale, e ancora una volta mi sono lasciata conquistare dal suo calore, la sua allegria, lo splendore dei suoi palazzi e delle sue tradizioni.<br /><br /><a href="http://img15.imageshack.us/img15/7418/padovapedrocchinotte.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 478px; DISPLAY: block; HEIGHT: 379px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img15.imageshack.us/img15/7418/padovapedrocchinotte.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Il Caffè Pedrocchi, uno dei simboli della città di Padova</span></em></center><br />Quella che vedete qui sopra è una suggestiva immagine notturna del mitico Caffè voluto da Antonio Pedrocchi e progettato dall'architetto veneziano Giuseppe Jappelli.<br />Fu inaugurato il 9 giugno del 1831, con uno sfarzo incredibile per quei tempi, e nel 1836 fu affiancato dal Pedrocchino, un'elegante costruzione neogotica riservata alla <em>offelleria</em> che accolse subito una clientela esigente e sofisticata.<br />A distanza di 179 anni il Caffè Pedrocchi è considerato ancora, da molti, il più bel Caffè del mondo.<br />Oltre a Stendhal, a cui è dedicato un inimitabile zabaione, è stato frequentato da molti ospiti illustri come Gabriele D’Annunzio, Marinetti, George Sand, Eleonora Duse, Téophile Gautier, per citarne solo alcuni.<br /><br /><a href="http://img12.imageshack.us/img12/9196/pedrocchiilbanconediseg.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 349px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img12.imageshack.us/img12/9196/pedrocchiilbanconediseg.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">La sala rossa con il bancone disegnato da Giuseppe Jappelli</span></em></center><br />Fin dai primi anni divenne noto come <em>"il caffè senza porte"</em> sia perché fino al 1916 era aperto giorno e notte, sia perchè il porticato, all'epoca privo di vetrate, era come un passaggio pedonale integrato nella città.<br />Il proprietario, Antonio Pedrocchi, ebbe un modo assai singolare di trattare la clientela: chiunque infatti poteva sedere ai tavoli, anche senza ordinare, e trattenersi a leggere i libri e i giornali messi a disposizione dal locale. Alle donne erano offerti in dono fiori e, in caso di pioggia improvvisa, ai clienti veniva prestato un ombrello.<br /><br /><em><span style="color:#ff6600;">« C'est à Padoue que j'ai commencé à voir la vie à la vénitienne, les femmes dans les cafés. L'excellent restaurateur Pedrocchi, le meilleur d'Italie. »</span></em><br /><br />« È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei caffè. L'eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d'Italia. »<br /><em>(Stendhal)</em><br /><br /><a href="http://img12.imageshack.us/img12/2772/caffepedrocchiincisione.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 560px; DISPLAY: block; HEIGHT: 385px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img12.imageshack.us/img12/2772/caffepedrocchiincisione.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Il Caffè Pedrocchi in un'incisione di Marco Moro, metà del XIX secolo</span></em></center><br />L'importanza storica del locale è dovuta anche ad un episodio particolare.<br />Nel 1848 gli studenti di Padova si ribellarono ai soldati austro-ungarici e questi, l'8 febbraio, risposero con il fuoco ferendo uno studente all'interno del Caffè. Su una parete della Sala Bianca si può vedere ancora il foro di un proiettile sparato dai soldati.<br />C'e' una superstizione fra gli studenti di Padova, dovuta probabilmente agli avvenimenti del 1848: <em>"chiunque entri nel Pedrocchi, non prenderà mai la Laurea."</em><br />Non so però quanti di loro resistano alla tentazione perchè Palazzo del Bo, sede dell'Università, è proprio lì, di fronte al Caffè Pedrocchi.<br />E' difficile non lasciarsi sedurre dal profumo inebriante di caffè e di raffinata pasticceria, rinunciare alle mille golosità che vengono offerte insieme all'aperitivo...<br /><br /><a href="http://img134.imageshack.us/img134/8504/palazzodelbostampadel70.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 560px; DISPLAY: block; HEIGHT: 387px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img134.imageshack.us/img134/8504/palazzodelbostampadel70.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Palazzo del Bo in una bella stampa del settecento</span></em></center><br />L'Università di Padova viene popolarmente chiamata <em>il Bo'</em> perchè fu realizzata inglobando un antico albergo che aveva appunto il bue come insegna.<br />L'antica locanda fu in un primo momento soltanto riadattata alla nuova funzione, ma nel 1552 fu demolita e furono avviati i lavori di costruzione del nuovo edificio, progettato da Andrea Moroni.<br />Attorno a un elegante chiostro di pianta quadrata, denominato oggi "<em>cortile antico</em>", si sviluppa una doppia loggia a due ordini di colonne sulla quale si affacciano le aule.<br /><br /><a href="http://img69.imageshack.us/img69/7956/padovapalazzodelbo.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 483px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img69.imageshack.us/img69/7956/padovapalazzodelbo.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Il cortile antico ed i vecchi stemmi</span></em></center><br /><a href="http://img15.imageshack.us/img15/1644/padovauniversit.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 375px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img15.imageshack.us/img15/1644/padovauniversit.jpg" /></a><br />Le pareti del loggiato sono attualmente decorate da quasi tremila stemmi dipinti o scolpiti: dal 1592 al 1688 era rimasta in vigore la consuetudine che ciascun docente o studente, alla fine del suo mandato, lasciasse il proprio emblema in ricordo all'Università. L'usanza fu poi vietata per l'eccessivo numero e le dimensioni che gli stemmi stavano assumendo.<br />Questo prestigioso ateneo, la cui fondazione risale al 1222, ospitò personaggi illustri come Galileo, Copernico, Ippolito Nievo e quel Giovanbattista Morgagni che fu il fondatore dell'Anatomia Patologica e che era conosciuto in Europa come <em>"Sua Maestà anatomica".</em><br /><br /><center><strong><span style="font-size:130%;">Universa Universis Patavina Libertas</span></strong></center><center><em>La libertà di Padova è totale per tutti</em></center><br />È il motto dell'Università degli studi di Padova e si riferisce alla libertà d'insegnamento che oggi riteniamo un valore acquisito, sia come principio di democrazia liberale, sia come diritto costituzionalmente garantito.<br />Ma non è sempre stato così e la <em>patavina libertas</em> era dovuta soprattutto alla politica della Repubblica Serenissima di cui Padova fece parte dal 1405 al 1797.<br /><br /><a href="http://img180.imageshack.us/img180/2175/universauniversus.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 450px; DISPLAY: block; HEIGHT: 450px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img180.imageshack.us/img180/2175/universauniversus.jpg" /></a><br />Lo splendido <strong>Palazzo della Ragione</strong>, che divide Piazza delle Erbe da Piazza della Frutta, è conosciuto anche come <em>Il Salone</em> per l'immensa sala che, tra il 1306 e il 1308, fra Giovanni degli Eremitani ricavò dai tre grandi ambienti in cui era suddiviso in origine il piano superiore.<br />L’architetto progettò anche una nuova copertura in modo da costituire, con l’aiuto della decorazione pittorica, un vero e proprio cielo, con le stelle e i pianeti.<br />Il progetto fu realizzato tra il 1315 e il 1317 da Giotto e dai suoi collaboratori; in seguito vi avrebbe lavorato anche Giusto de’ Menabuoi.<br />Purtroppo, il 2 febbraio 1420, un incendio devastò il Palazzo della Ragione, distruggendo completamente la volta ed il famoso cielo punteggiato da oltre settemila stelle.<br /><br /><a href="http://img153.imageshack.us/img153/4012/palazzodellaragione.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 415px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img153.imageshack.us/img153/4012/palazzodellaragione.jpg" /></a><br />Tra le curiosità che si possono ammirare oggi nel <em>Salone</em> c'è il grande cavallo ligneo, realizzato nel 1466 e in origine attribuito erroneamente a Donatello, che fu donato alla città dalla famiglia Capodilista nel 1837, e la <em>pietra del vituperio </em>posta nel 1231, si dice, su richiesta di S. Antonio e utilizzata quale berlina per i debitori insolventi.<br />Secondo gli statuti del 1261, il debitore insolvente in camicia e mutande (di qui l’espressione <em>in braghe di tela</em> per indicare chi aveva perduto i propri beni) vi si doveva sedere tre volte, pronunciando la frase <em><strong>cedo bonis</strong></em>. Espulso dalla città, se si ripresentava e vi era colto, veniva sottoposto nuovamente a questa procedura, con l’aggiunta del rovesciamento di tre secchi d’acqua sul capo.<br /><br /><a href="http://img402.imageshack.us/img402/3128/pietradelvituperio.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 368px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img402.imageshack.us/img402/3128/pietradelvituperio.jpg" /></a><a href="http://img402.imageshack.us/img402/4852/cavalloligneopadova.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 375px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img402.imageshack.us/img402/4852/cavalloligneopadova.jpg" /></a><br />Chiudo con il sonetto che Gabriele D'Annunzio ha dedicato alla città di Padova. E' inciso su una tavola di marmo sotto il portico della Loggia Amulea nella bella piazza di Prato della Valle.<br /><br /><center><em>Non alla solitudine scrovegna,<br />o Padova, in quel bianco april felice<br />venni cercando l'arte beatrice<br />di Giotto che gli spiriti disegna;<br /><br />né la maschia virtù d'Andrea Mantegna,<br />che la Lupa di bronzo ebbe a nutrice,<br />mi scosse; né la forza imperatrice<br />del Condottier che il santo luogo regna.<br /><br />Ma nel tuo prato molle, ombrato d'olmi<br />e di marmi, che cinge la riviera<br />e le rondini rigano di strida,<br /><br />tutti i pensieri miei furono colmi<br />d'amore e i sensi miei di primavera,<br />come in un lembo del giardin d'Armida</em><br /><br /><em><strong>Gabriele D'Annunzio, Le Città del silenzio</strong></em></center><br /><br /><a href="http://img180.imageshack.us/img180/4042/loggiaamulea.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 413px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img180.imageshack.us/img180/4042/loggiaamulea.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">La Loggia Amulea con le statue di Dante e di Giotto (opera del Vela)</span></em></center><br /><a href="http://img180.imageshack.us/img180/9716/cartolinadapadovaloggia.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 356px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img180.imageshack.us/img180/9716/cartolinadapadovaloggia.jpg" /></a><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-59688604767029288132010-02-05T02:10:00.004+01:002010-05-03T15:53:15.082+02:00Avec le temps<strong><span style="font-size:130%;">Léo Ferré </span></strong><br /><br /><a href="http://img196.imageshack.us/img196/6835/leoferre.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 397px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img196.imageshack.us/img196/6835/leoferre.jpg" /></a><br /><center>Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />On oublie le visage<br />Et l'on oublie la voix<br />Le coeur quand ça bat plus<br />C'est pas la peine d'aller chercher plus loin<br />Faut laisser faire et c'est très bien<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />L'autre qu'on adorait<br />Qu'on cherchait sous la pluie<br />L'autre qu'on devinait<br />Au détour d'un regard<br />Entre les mots, entre les lignes<br />Et sous le fard<br />D'un serment maquillé<br />Qui s'en va faire sa nuit<br />Avec le temps tout s'évanouit<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />Même les plus chouettes souv'nirs<br />Ça t'a une de ces gueules<br />A la galerie j'farfouille<br />Dans les rayons d'la mort<br />Le sam'di soir<br />Quand la tendresse s'en va toute seule<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />L'autre à qui l'on croyait<br />Pour un rhume pour un rien<br />L'autre à qui l'on donnait<br />Du vent et des bijoux<br />Pour qui l'on eût vendu son âme<br />Pour quelques sous<br />Devant quoi l'on s'traînait<br />Comme traînent les chiens<br />Avec le temps va, tout va bien<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />On oublie les passions<br />Et l'on oublie les voix<br />Qui nous disaient tout bas<br />Les mots des pauvres gens<br />Ne rentre pas trop tard surtout ne prends pas froid<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Avec le temps<br />Avec le temps va, tout s'en va<br />Et l'on se sent blanchi<br />Comme un cheval fourbu<br />Et l'on se sent glacé<br />Dans un lit de hasard<br />Et l'on se sent tout seul<br />Peut-être mais peinard<br />Et l'on se sent floué<br />Par les années perdues<br /><br />Alors vraiment<br />Avec le temps... on n'aime plus</center><br /><br /><a href="http://img211.imageshack.us/img211/7792/parigiinbiancoenero.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img211.imageshack.us/img211/7792/parigiinbiancoenero.jpg" /></a><br /><center>Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />Ti dimentichi il viso <br />E ti dimentichi la voce <br />Quando il cuore non batte più<br />Non vale la pena di andare a cercare lontano<br />Bisogna lasciar perdere e va bene così<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />L'altro che adoravi <br />Che cercavi sotto la pioggia<br />L'altro che indovinavi <br />Dal contorno di uno sguardo<br />Tra le righe e le parole<br />E sotto il belletto <br />Di una promessa truccata <br />Che va a fare la sua notte<br />Con il tempo tutto svanirà<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />Anche i ricordi più belli<br />Che ti ha lasciato qualcuno <br />Nella galleria ho mandato tutto all'aria <br />Fra i raggi della morte <br />Al sabato sera <br />Quando la tenerezza se ne va tutta sola<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />L'altro in cui hai creduto<br />Per un raffreddore per un niente<br />L'altro a cui hai regalato vento e gioielli<br />Per il quale avresti venduto l'anima per due soldi<br />Davanti al quale ti saresti trascinato come si trascinano i cani<br />Col tempo tutto va bene<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />Ti scordi la passione e le voci<br />Che ti dicevano sotto voce<br />Parole di povera gente<br />Non tornare tardi e soprattutto non prendere freddo<br /><br /><span style="color:#ff6600;">*** *** ***</span><br />Col tempo...<br />Col tempo tutto se ne va<br />E imbianchi come un cavallo brizzolato<br />E ti senti gelare dentro a un letto di fortuna<br />E forse ti senti solo ma in fondo spensierato<br />E ti senti invecchiato per gli anni perduti<br /><br />Allora davvero<br />Col tempo... tu non ami più</center><br /><br /><a href="http://img138.imageshack.us/img138/2902/avecletemps.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img138.imageshack.us/img138/2902/avecletemps.jpg" /></a><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-52622917104933515842010-01-28T02:30:00.004+01:002010-01-28T23:05:53.296+01:00In balìa degli eventi<strong><span style="font-size:130%;">Habanera </span></strong><br /><br /><a href="http://img149.imageshack.us/img149/3568/williamturnereruzionede.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 500px; height: 367px;" src="http://img149.imageshack.us/img149/3568/williamturnereruzionede.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">William Turner: Eruzione del Vesuvio, 1817</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Yale Centre for British Art, Hartford</span></em></center><br /><br /><center><span style="color:#ff6600;">"E’ proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all’uomo sono cagionati dall’uomo" </span><br />(<em>Plinio il Vecchio</em>)</center><br /><br />A qualcuno sembrerà eccessivo che io voglia scomodare addirittura <strong>Gaio Plinio Secondo</strong> (conosciuto come <strong>Plinio il Vecchio</strong>) per descrivere le mie ambasce odierne, ma una ragione c'è e passo a dimostrarlo.<br /><br /><em><span style="color:#ff6600;">"Era proprio del suo stile descrivere le cose in diretta, dal vivo, ed egli è per noi un vero cronista dell'epoca. Morì infatti tra le esalazioni sulfuree dell'eruzione vulcanica del Vesuvio che distrusse Ercolano e Pompei, mentre cercava di osservare il fenomeno vulcanico più da vicino.</span></em><br /><br /><em>Protomartire della scienza sperimentale</em>, lo definì Italo Calvino, ed è una definizione che mi calza a pennello.<br /><br />Si dà il caso che anch'io abbia voluto sfidare la sorte per osservare da vicino, <strong>troppo da vicino</strong>, un fenomeno sperimentale quasi altrettanto devastante: il tentativo di tornare alla<strong> Telecom</strong> dopo anni di vita adulterina con la sua odiata concorrente <strong>Fastweb</strong>.<br /><br />Le <em>esalazioni sulfuree</em> le avverto tutte, mi auguro solo di non restare <em>impietrita</em> come gli sfortunati abitanti di Pompei.<br /><br />Impresa quasi eroica, la mia, che non consiglio a nessuno.<br /><br />Ormai sono senza linea telefonica dal lontano <strong>21 dicembre 2009</strong>. Invece la connessione ad Internet -per qualche misterioso motivo- continua a funzionare, però solo quando le gira.<br />A volte funziona, bontà sua, e ne approfitto al volo per fare un giro in rete e rispondere alle mail, a volte è ostinatamente muta come il mio telefono.<br />Per fortuna c'è il cellulare con il quale continuo a tempestare, con esiti molto incerti, il 187 ed i vari numeri verdi di Telecom che portano verso il nulla.<br /><br />Fastweb, da brava amante abbandonata, si rifiuta di collaborare alla risoluzione del problema e mi risponde: sono affari tuoi!<br />Ed io che le posso dire? C'ha ragione anche lei.<br /><br />Tutto questo per dire che se domani -29 gennaio- il tecnico della Telecom mi darà ancora buca come le altre volte, e se Fastweb deciderà di staccare la spina definitivamente, io sparirò nel nulla.<br /><br />Ma tornerò, prima o poi, abbiate fede.<br /><br /><br /><a href="http://img149.imageshack.us/img149/2202/aurevoir.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 386px; height: 500px;" src="http://img149.imageshack.us/img149/2202/aurevoir.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-12784699216877572162009-12-20T22:15:00.004+01:002010-01-12T00:10:10.375+01:00Canto ed incanto della neve<strong><span style="font-size:130%;">Habanera</span></strong><br /><br /><a href="http://img704.imageshack.us/img704/482/sisleychemindelamachine.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 406px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img704.imageshack.us/img704/482/sisleychemindelamachine.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Alfred Sisley: Chemin de la Machine, Louveciennes 1874</span></em></center><br /><em>Il protagonista di questo racconto è appena tornato dalla clinica dove lo hanno curato per un esaurimento nervoso.<br />Un giorno va a fare una passeggiata ed è appena nevicato; all’improvviso non ode più nulla se non un canto, un’illuminazione. È l’istante della guarigione in cui capisce che ciò che vuole è tornare in famiglia e portare questo canto... </em><br /><br /><center><span style="font-size:130%;"><strong><span style="color:#ff6600;">Canto della neve silenziosa</span></strong><br /></span></center><br />Quando giunse al punto stabilito si fermò. Aveva percorso un miglio. Bisognava tornare indietro. Guardò le case circostanti, quelle che da lontano sembravano quasi prive di forma, fuse com'erano nell'aria luminosa; poi guardò gli alberi e il loro grigiore innevato scomparve nella luce. Si girò e fece il primo lento passo del ritorno. Ripercorse le proprie impronte, le uniche nella neve. Sembravano piccole e anche se erano le uniche non sembravano sole, abbandonate. Sorrise all'idea delle impronte sole, come se le impronte avessero una vita propria o anche potessero riflettere quella di chi le aveva lasciate. Forse... chissà. Andava dunque, e si teneva compagnia.<br />Svoltò un altro angolo e davanti gli si posò un lungo tratto bianco piatto e friabile, interrotto sempre e solo dalle sue impronte che s'allontanavano e sembravano scomparire nella distanza bianco/grigio. Non sembrava possibile, eppure ora l'aria era ancora più dolce e serena. Continuò a procedere lungo le proprie impronte con l'impressione di poter camminare in eterno, la sensazione che fin quando la neve silenziosa continuava a cadere lui avrebbe potuto camminare lasciandosi dietro tutte le preoccupazioni e le ansie, tutti gli errori del passato e del futuro. Più nulla lo avrebbe preoccupato o perseguitato o riempito di tremiti di paura: la buia notte dell'anima era ormai finita. Sarebbero rimasti solo lui e la soffice neve silenziosa, e ogni fiocco avrebbe portato, nella propria vita una particolare gioia … mentre la dolce e silenziosa neve continuava a cadere dolcissima e gioiosissima...<br />Sì, e amorosissima... amorosissima...<br /><br /><a href="http://img193.imageshack.us/img193/8237/sisleyscenadinevestazio.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 500px; DISPLAY: block; HEIGHT: 417px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img193.imageshack.us/img193/8237/sisleyscenadinevestazio.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Alfred Sisley- Scena di Neve Stazione Moret, 1888</span></em></center><br />Avrebbe potuto camminare in eterno. Gli sarebbe stato facile continuare a camminare mentre tutti i pensieri di morte sarebbero svaniti, assorbiti dalla neve silenziosa.<br />Ben presto pur tendendo l'orecchio non sentì più neppure lo scricchiolio dei passi nella neve e la cosa non lo sorprese, quasi che il corpo gli fosse diventato tanto leggero da non lasciare neppure un’impronta. Raggiunse la sua strada ma invece di svoltarvi continuò dritto: qualcosa lo attirava in fondo a una strada nella quale non era mai stato prima, una strada completamente sconosciuta, completamente diversa da tutte le altre nei paraggi. E mentre andava continuava a sentirsi sempre più leggero, come se la scintilla nella neve silenziosa, e quella che illuminava l'aria, gli scoccasse dentro. Sapeva di avere gli occhi in fiamme, pieni di quella luce. Sapeva d'irradiare quella luce attraverso gli abiti. E si sentiva le gambe sempre più leggere e quando abbassò lo sguardo vide che non c'erano impronte. Il soffice manto di neve steso sulla strada era ancora immacolato e fin dove vedeva lui non c'erano impronte e allora tutto il suo essere si riempì d'indicibile gioia<br />e allora la sentì,<br /><br /><a href="http://img207.imageshack.us/img207/5928/sisleynevealouveciennes.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 408px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img207.imageshack.us/img207/5928/sisleynevealouveciennes.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Alfred Sisley- Neve a Louveciennes, 1874</span></em></center><br />agli inizi molto debolmente e tuttavia distintamente.<br />Sentì la neve cadere lenta nell'aria, ogni fiocco con un suono proprio e distinto e non ostacolato nella caduta così che i suoni di tutti quei fiocchi non mescolavano né stridevano ma si fondevano invece in un canto, quello della neve, che pochi avevano udito.<br />E, pur restando dolce, quel canto diventava sempre più forte, diventava una cosa sola con la luce... e alla fine non ci furono più piedi che lasciassero impronte né corpo né occhi che brillassero ma soltanto luce e suono e gioia. Niente passato, niente futuro, niente, neppure un presente, unicamente la nuova gioia che non conteneva ricordi di angustie e lotte e sofferenze... unicamente la nuova gioia... e capì che sarebbe potuto restare lì per sempre.<br /><em><strong>(Hubert Selby Jr.)</strong></em><br /><br /><em>Un grazie affettuoso a <strong>Zena Roncada</strong> per avermi fatto conoscere questo testo e...</em><br /><br /><br /><center><strong><span style="font-size:130%;color:#ff6600;"></span></strong></center><center><span style="font-size:130%;color:#ff6600;"><strong>BUON NATALE E FELICE ANNO</center> <br /><center> A TUTTI</strong></span></center><br /><br /><a href="http://img189.imageshack.us/img189/8458/buonnatalea.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 436px; DISPLAY: block; HEIGHT: 413px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img189.imageshack.us/img189/8458/buonnatalea.jpg" /></a><br /><center><em><strong><span style="font-size:130%;color:#ff6600;">da Habanera</span></strong></center></em><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-33066752941425425892009-12-09T01:50:00.011+01:002010-02-28T01:41:38.446+01:00Il Cigno: Anna Pavlova<span style="font-size:130%;"><strong>Habanera</strong> </span><br /><br /><a href="http://img225.imageshack.us/img225/8183/ilcigno.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 554px;" src="http://img225.imageshack.us/img225/8183/ilcigno.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><span style="color:#ff6600;">“Sin dai primi anni della mia vita, ho sempre voluto danzare. Non potevo pensare ad altro futuro, non potevo vedermi in un altro ruolo se non quello di una ballerina in un grande palcoscenico di fronte ad un’affollata audience di pubblico. Volevo mostrare loro la perfetta bellezza del movimento e aspettare col fiato sospeso ed il cuore in tumulto i loro applausi. Così cominciai a costruirmi castelli in aria al di là delle mie speranze e dei miei sogni, finchè tutto questo si esaudì quando fui condotta per la prima volta al Teatro Mariinskij per assistere ad una rappresentazione della “Bella addormentata”. Io ero così concentrata sullo spettacolo che rimasi come immobilizzata. Ero sbalordita, terribilmente attenta che quasi non sentii mia madre sfiorarmi. La mia infinita attenzione l’aveva colpita. “Nura” mi disse “ti piacerebbe ballare con loro?”. Risposi: “No, mi piacerebbe piuttosto ballare lassù da sola, come quella dolce Principessa”…. Quando compii otto anni non potei più tenere a freno la mia aspirazione e chiesi di avere il permesso di imparare a danzare”.</span><br />(Anna Pawlowa, <em>Tanzende Fuesse. Der Weg meines Lebens, </em>Dresden 1928)<br /><br />Così ebbe inizio la carriera di Anna Pavlova, nata a San Pietroburgo il 31 gennaio 1881, che diventò una delle più celebri ballerine del mondo.<br />I genitori di Anna erano poveri e lei era una bambina fragile e cagionevole di salute ma molto determinata. A otto anni, dopo aver visto la figlia innamorarsi alla visione del suo primo balletto in teatro, la madre decise di portarla alla Scuola del Balletto Imperiale di San Pietroburgo, ma Anna rimase delusa perchè dovette attendere il compimento del decimo anno di età prima di poter essere ammessa in Accademia e poter iniziare gli studi per diventare una ballerina.<br /><br /><a href="http://img187.imageshack.us/img187/4049/degaslezionedidanza.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 441px; height: 600px;" src="http://img187.imageshack.us/img187/4049/degaslezionedidanza.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Edgar Degas: Lezione di danza</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Art Museum, Denver</span></em></center><br />Il suo talento e le sue eccezionali qualità attirarono subito l’attenzione dei suoi insegnati e nel 1899, allo spettacolo finale per il diploma, fece una tale buona impressione alla commissione giudicatrice che le fu offerto di unirsi al Balletto Imperiale del Teatro Mariinskij in qualità di <em>coryphée</em> e cioè un ruolo superiore a <em>corps de ballet</em>. Fece così il suo debutto il 19 settembre 1899 nel balletto “La Fille mal gardée”.<br />Durante la stagione 1901-1902 ebbe modo di acquisire sempre più notorietà tra il pubblico e seppe così ricompensare con il successo, che via via andava ottenendo, l’attenzione e la benemerenza che aveva ricevuto da <strong>Victor Dandré</strong>, un aristocratico, membro del Consiglio Comunale, che, come usava a quei tempi, aveva incoraggiato, seguito e sostenuto la sua carriera sin da quando era allieva della scuola imperiale.<br /><br /><a href="http://img214.imageshack.us/img214/1130/annapavlovavaslavnijins.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 433px; DISPLAY: block; HEIGHT: 500px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img214.imageshack.us/img214/1130/annapavlovavaslavnijins.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Anna Pavlova con Vaslav Nijinskij</span></em></center><br />Nel 1905 la Pavlova divenne prima ballerina e in quegli anni cominciò a frequentare il gruppo innovatore della vita artistica di San Pietroburgo: <strong>Sergej Diaghilev, Alexandre Bnois, Leon Bakst e Mikhail Fokine.</strong><br />Nel 1907 ebbe il permesso di recarsi a Mosca per la sua prima trasferta da indipendente e si unì alla piccola compagnia diretta da Fokine.<br />Nel dicembre del 1907, il grande coreografo creò il breve assolo <strong>La morte del Cigno</strong> (conosciuto anche come <em>il cigno</em>) espressamente per la grande danzatrice che lo tenne in repertorio, senza mai abbandonarlo, fino alla fine dei suoi giorni.<br />Tra il cigno morente e la Pavlova si stabilì una vera e propria identificazione, sia nell'immaginario collettivo che nella poetica personale della ballerina. Nel parco della sua villa di Londra, Anna Pavlova teneva infatti un cigno cui era particolarmente affezionata e del quale studiava attentamente tutte le movenze per poterle riprodurre al meglio sulla scena.<br />La sua fama crebbe e, nel 1908, amici influenti convinsero la direzione del Mariinskij a consentirle di effettuare una tournée a Helsinki, Stoccolma, Copenaghen, Praga, Dresda, Lipsia e Berlino e il successo fu tale che anche l’anno successivo la tournée fu ripetuta. Questa volta la Pavlova si esibì a Parigi nel balletto di Diaghilev “Saison Russe”. Successivamente fu invitata a Londra e negli Stati Uniti ma dovette, dopo una breve esibizione a Londra, alla presenza del Re e della Regina, rientrare in patria.<br /><br /><a href="http://img402.imageshack.us/img402/236/degasletoile.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 412px; height: 600px;" src="http://img402.imageshack.us/img402/236/degasletoile.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Edgar Degas: L'Etoile, 1876-77</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Musée d’Orsay, Paris</span></em></center><br />Tornò in tournée in Inghilterra e negli Stati Uniti nel 1910-1911, mentre a San Pietroburgo il suo manager protettore Dandré veniva accusato di appropriazione indebita di finanze governative con l’obbligo di non lasciare la città. Successivamente, nel periodo in cui la Pavlova si trovava a Londra nel 1912, Dandré fuggì dalla Russia e la raggiunse. Da quel momento divenne suo compagno di vita e presentato come marito anche se non si seppe mai se il matrimonio era stato realmente celebrato legalmente.<br />Anna e Dandrè si stabilirono a Londra ed acquistarono una grande casa ad Hampstead, conosciuta come <strong>Ivy House</strong>, che divenne il loro rifugio.<br />Con una compagnia da lei allestita, la Pavlova cominciò a girare il mondo entusiasmando milioni di spettatori e venendo acclamata dovunque come una superstar.<br />Dopo più di vent'anni di impegni ininterrotti, nel gennaio 1931, dopo un breve periodo di vacanza in Francia, il treno su cui viaggiava tra Cannes e Parigi veniva coinvolto in un incidente che, apparentemente, non ebbe per lei alcuna conseguenza; ma le dodici ore di attesa al freddo le procurano una forte infreddatura che, appena arrivata all’Aja, si sviluppò in polmonite fulminante.<br />Morì all’Hotel des Indes dell’Aja il 23 gennaio 1931. Fu sepolta nel cimitero di Ivy House ed il suo costume di cigno l’accompagnò nella tomba.<br /><br /><a href="http://img130.imageshack.us/img130/2787/annapavlovalamortedelci.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 625px;" src="http://img130.imageshack.us/img130/2787/annapavlovalamortedelci.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><span style="color:#ff6600;">Il merito più grande della Pavlova è che quando danza, tutto di lei danza. Con gli altri ballerini, la nostra attenzione, ed anche la loro, si è prestata ad un dato momento a questa o a quella parte, rimanendo il resto accessorio. Con la Pavlova non ci sono parti accessorie. Danza con i piedi, con le dita, col collo (quanta espressione vi è nelle varie inclinazioni del capo), il sorriso, gli occhi, l’abito. Nulla viene lasciato fuori; osservandola nelle sue evoluzioni si nota che nemmeno un briciolo della sua personalità rimane fuori di lei. Essa è tutta una danza e tutto un dramma nello stesso tempo. Dopo esser stata una selvaggia capriola, eccola assieme a Nijinskij in una posizione di assoluto controllo pronti a balzare di nuovo in qualsiasi direzione. I suoi gesti sembrano più semplici di quelli degli altri, benché seguano la medesima musica, e ciò in parte perché sono più audaci e quindi occupano maggior spazio e in parte perché sono pieni di varietà sottilmente immaginata. Il dramma delle sue successive emozioni è perfettamente chiaro; i suoi cambiamenti di sentimento sono istantaneamente seguiti da corti brividi e da mormorii, perfino nel pubblico indifferente che di solito riempie il Covent Garden. Quel suo strano modo di comportarsi è deliziosamente femminile nella strana combinazione di una intelligenza piena e sviluppata con un aspetto infantile.</span><br />(<em>Descrizione di Anna Pavlova apparsa su "The Times" il 30 ottobre 1911</em>)<br /><br /><a href="http://img5.imageshack.us/img5/7169/edgardegasballerinaalla.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 600px;" src="http://img5.imageshack.us/img5/7169/edgardegasballerinaalla.jpg" border="0" alt="" /></a><center><em><span style="font-size:85%;">Edgar Degas: Ballerina alla barra, c.1880</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Shelburne Museum, Shelburne, Vermont U.S.A.</span></em> </center><br /><br /><center><strong><span style="font-size:130%;">La morte del Cigno<br /></span></strong><br />Coreografia: <strong>Michel Fokine<br /></strong><br />Musica: <strong>Camille Saint-Saëns</strong> (dal Carnevale degli animali)<br /><br />Prima rappresentazione privata: Pietroburgo, Teatro del Circolo dei Nobili Signori, 1905<br /><br />Prima rappresentazione pubblica: Pietroburgo, Teatro Marinsky, 22 dicembre 1907<br /><br />Interprete: <strong><span style="font-size:130%;">Anna Pavlova</span></strong></center><br /><br /><a href="http://img171.imageshack.us/img171/9892/annapawlowa.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 563px; height: 403px;" src="http://img171.imageshack.us/img171/9892/annapawlowa.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><a href="http://img269.imageshack.us/img269/8118/annapavlovailcignomoren.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 500px; height: 347px;" src="http://img269.imageshack.us/img269/8118/annapavlovailcignomoren.jpg" border="0" alt="" /></a><br /><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-90558863134427421432009-12-05T00:05:00.005+01:002010-02-21T15:59:13.782+01:00Gli occhi di Noodles<strong><span style="font-size:130%;">Sandra Mastore<br /></span></strong><br /><a href="http://img230.imageshack.us/img230/3248/gliocchidinoodles.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 450px; DISPLAY: block; HEIGHT: 405px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img230.imageshack.us/img230/3248/gliocchidinoodles.jpg" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Robert De Niro in "C'era una volta in America"</span></em></center><br />Tutta colpa di quel film se adesso era diretta, spedita e trepidante, verso il centro. Non avrebbe dovuto cedergli: alla prima inquadratura avrebbe dovuto cambiare canale, fare una telefonata, intavolare una conversazione mentre sbrigava una faccenda.<br /><br />Tempo fa con Virgil Tibbs e la sua calda notte era riuscita a imporsi: due scene, poi tre, poi uno sguardo al lavoro da finire e uno all’orologio. Spiacente, non si poteva fare. E non si era fatto.<br />Il lampo del telecomando aveva spento il sorriso accecante dell’ispettore Tibbs. Pigra com’era, non se lo sarebbe mai procurato in dvd. Eterno rimpianto, Virgil, per aver interrotto il racconto delle tue mani nere come un temporale.<br /><br />Ma la fine dell’estate è insidiosa, le prime serate al rientro dalle vacanze cercano consolazione, archiviati i gelsomini e le sere infinite all’aperto. A una certa ora ci si accompagna a un maglioncino e alla tv accesa.<br />Così se l’era ritrovato inaspettatamente, con quella fotografia ammantata di giallo cenere e l’incanto della nota, vibrante colonna sonora. Proprio quel film.<br />Il primo trillo del telefono, poi un altro… Solo fino al ritorno di Noodles, si era detta, se squilla il mio telefono sono salva, poi solo fino ai suoi occhi che ridiventano giovani. Poi non si era più detta niente. Noodles aveva sempre avuto la meglio su di lei.<br />Non sarebbe andata a letto presto, non avrebbe preso sonno facilmente. Ogni volta che lo rivedeva quel film le presentava il conto. Si risvegliavano le “voci di dentro” e il suo cuore temprato alle gelate invernali ritornava ad essere un cuore di merletto.<br /><br /><a href="http://img187.imageshack.us/img187/7999/robertdenironoodlesn.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; DISPLAY: block; HEIGHT: 360px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img187.imageshack.us/img187/7999/robertdenironoodlesn.jpg" /></a><br />Questa volta era anche riuscito a renderla intraprendente e determinata: detto, cioè pensato, e fatto. Aveva rintracciato Malvina. C’era arrivata per vie traverse e indigeste e aveva composto il numero. La perplessità dall’altro capo del filo la raggiungeva con rintocchi distanziati, ma si concordò l’incontro.<br /><br />Camminando verso il centro, ripassava mentalmente tutto quello che aveva accomunato lei e Malvina da ragazze.<br />Gusti e disgusti simili, batticuori ben nascosti e convinzioni forti, la scelta dello stesso digestivo alla menta per specchiarsi nel ghiaccio mosso del bicchiere dell’altra, mentre il dialogo s’infittiva di ombre. Chi entrava nel bar vedeva solo due belle ragazze che sapevano far tintinnare il ghiaccio con classe.<br />Erano passati molti anni, ma di sicuro la puntualità doveva essere ancora una delle fisse di Malvina.<br />Tanto valeva non farla aspettare. Anzi, arrivare con un lieve anticipo. Le doveva quel gesto di umiltà, dopotutto.<br />Colpa del film che le aveva insinuato questa romanzesca idea, se ora si sentiva così insicura.<br /><br />Era quasi vicina alla piazza dell’appuntamento; la folla del sabato perlustrava con metodo le strade, fragranti di vetrine.<br />La piazza le si spalancò davanti assai prima del previsto: era in un anticipo sgradevole. Indietreggiò lenta, come catturata da qualcosa che valeva la pena di osservare, mentre si toglieva gli occhiali da sole assumendo l’espressione paziente di chi aspetta qualcuno rimasto indietro.<br />I sacchetti colorati che contenevano i bottini animavano la strada: fra qualche metro sarebbero stati depositati a terra o su una sedia libera del tavolino del bar; avrebbero però continuato, per il solo fatto di esserci, a regalare lampi di soddisfazione ai proprietari. Conosceva il benessere di quella sensazione e non le sfuggivano le operazioni rapide del soppesarsi reciproco tramite le borse degli acquisti.<br />Guardò l’orologio con finto distacco: le pareva che tutti i passanti percepissero la sua attesa sottolineata dalla luce sfolgorante.<br />Avrebbe preferito le solite nubi basse in Val Padana, almeno oggi. Pensò di raggiungere il sagrato dov’era fissato l’appuntamento.<br />Malvina le aveva anticipato che sarebbe arrivata in bicicletta, una vecchia bicicletta nera, vecchia abbastanza -sperava- da scoraggiare i ladri.<br />La rastrelliera davanti all’ingresso della chiesa riluceva lucchetti che incatenavano una quantità di bici, tutte nere le sembravano, no, una grigia e una un tempo rossa. Così addossate sapevano d’inverno: strade di periferia, nebbia del mattino, precarietà sul ghiaccio.<br /><br /><a href="http://img187.imageshack.us/img187/3813/nebbiainperiferia.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; DISPLAY: block; HEIGHT: 331px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img187.imageshack.us/img187/3813/nebbiainperiferia.jpg" /></a><br />Avevano stabilito di incontrarsi alle undici e trenta - si preoccupò - non poteva aver capito male. Se invece avesse proprio capito male e Malvina fosse già andata via? E se, parcheggiata la sua bici nera, la stava osservando da lontano, prendendosi la soddisfazione di verificare impietosamente il lavoro del tempo e della vita su di lei? Poi si sarebbe presentata con la sua bellezza e la sua ironia grintose, ribadendo che avrebbero fatto bene a concordare un segnale per riconoscersi, visto che aveva davvero faticato a metterla a fuoco.<br />Il senso logico rispuntò: mancavano ancora alcuni minuti. E poi, Malvina sarcastica, tagliente e intransigente forse... ma meschina non era mai stata.<br />Da dietro è lei, con le sue spalle larghe e i tacchi, quasi bionda come si diventa a un certo punto. No: non va verso il sagrato e non ha la bici.<br />Curiosità e un filo di derisione negli sguardi che incrocia. Rimette gli occhiali da sole che aveva tolto fiduciosa.<br /><br />Certo, non poteva andar fiera di come si era comportata con Malvina, defilandosi così, senza un motivo, negando la confidenza, l’affetto. Quei periodi in cui proprio non ci si può soffrire e ci si allontana da tutto. Da tutti.<br /><br /><a href="http://img191.imageshack.us/img191/4893/edwardhopperautomat1927.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 550px; DISPLAY: block; HEIGHT: 434px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img191.imageshack.us/img191/4893/edwardhopperautomat1927.jpg" /></a><br />Ormai era passato un secolo. Ma se le avesse chiesto ancora spiegazioni? Si poteva, con un accurato slalom, evitare l’argomento. Del presente c’era tanto da dire. Due figlie per esempio, due ciascuna, tanto per essere salomoniche. Ma un eventuale “bidone” poteva starci con l’idea giovanile di Malvina che la vendetta si gusta fredda.<br />Però, in tutti questi anni, pur non essendo andata a letto presto come Noodles, aveva custodito la loro amicizia e, per certi versi, l’aveva ritenuta insostituibile.<br />Forse Malvina lo sapeva e per questo aveva accettato di vederla.<br />A meno che non volesse prendersi la rivincita, una volta al bar, e guardarla con severità mentre girava - quarantatrè volte come Noodles - il cucchiaino nella tazza, in un mutismo impenetrabile.<br />Dette la moneta anche alla seconda mendicante: per negare l’offerta ci sarebbe voluta più lucidità.<br /><br />Eccola.<br /><br />La bici a mano, padrona di sé, quella camminata da pantera, appesantita appena. Le è accanto, ancora più alta.<br />-Ciao.<br />Le labbra si schiudono al sorriso, non molto, quel che basta a ricordare una dentatura da giovane nera, punto luce di tratti già esotici, che avevano ispirato a qualche sconosciuto ginnasiale il sorprendente “W Giamaica” a grandi caratteri sul muro, poco prima che Malvina terminasse il liceo. Alla faccia del cognome longobardo doc.<br />Ci mette calma e perizia per sistemare la bici, lavorando di catena e lucchetto con l’indimenticabile, sopravvissuto, gioco di mani. Occhiate in tralice, vagamente ironiche, dietro agli occhiali da sole. Identiche a quelle di ieri.<br />- E’ molto che aspetti?<br />Un’allucinazione uditiva? Telepatia? Forse, semplicemente, ha rivisto anche lei il film tre sere fa.<br />Non risponde come le suggerirebbe Noodles per cercare la complicità. Sta pensando che è difficile, quasi miracoloso, riannodare fili aggrovigliati ma ci vuol provare, ci vuol credere. Anche un nodo vistoso può avere una sua bellezza.<br />-No, sono appena arrivata anch’io.<br /><br /><a href="http://img199.imageshack.us/img199/5981/edwardhopperchopsuey192.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; DISPLAY: block; HEIGHT: 426px; CURSOR: hand" border="0" alt="" src="http://img199.imageshack.us/img199/5981/edwardhopperchopsuey192.jpg" /></a><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-73712854773904049812009-11-16T00:10:00.007+01:002009-11-19T16:10:21.189+01:00Jean Béraud e la Belle Epoque<strong><span style="font-size:130%;">Habanera<br /></span></strong><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/1340/jeanberaudattesa.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 464px; CURSOR: hand; HEIGHT: 640px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/1340/jeanberaudattesa.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">L'Attesa, 1890, Musée d’Orsay, Paris</span></em></center><br />La <em>Belle Epoque</em>, non a caso chiamata così, ci trasporta immediatamente a <strong>Parigi</strong>, in particolare per le grandiose <strong>Esposizioni Universali</strong> che vi si tennero in quegli anni. Nel 1889, per celebrare il centenario della Rivoluzione, fu inaugurata la <strong>Tour Eiffel</strong> destinata a essere smantellata una volta terminata la manifestazione. Divenne invece simbolo della città ed è, ancora oggi, una pietra miliare dell'architettura contemporanea.<br /><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/5109/jeanberauddevantlatoure.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 405px; CURSOR: hand; HEIGHT: 640px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/5109/jeanberauddevantlatoure.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Devant la Tour Eiffel</span></em></center><center><em><span style="font-size:85%;">Parigi, Museo delle Arti Decorative</span></em></center><br />Il nome "epoca bella" è stato creato solo in seguito per sottolineare gli aspetti di particolare creatività, spensieratezza, serenità <em>borghese</em> e sicurezza che caratterizzarono quel periodo.<br />Si riferisce a una società cosmopolita e benestante che aveva il suo centro ideale in Francia ed era fiduciosamente convinta della durevolezza della propria condizione sociale.<br />Nessuno poteva immaginare che da lì a pochi anni la <strong>Prima guerra mondiale</strong> avrebbe distrutto inesorabilmente quelle certezze e quel diffuso senso di <em>benessere</em>.<br /><br /><a href="http://img511.imageshack.us/img511/7661/jeanberaudlasortiedubou.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 427px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img511.imageshack.us/img511/7661/jeanberaudlasortiedubou.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">La Sortie du Bourgeois</span></em></center><br />I visitatori, che nell'esposizione del 1867 avevano potuto fare escursioni sulla Senna con i battelli a vapore, in quella del 1889 poterono ammirare il pallone aerostatico più grande del mondo (<em>Le Géant</em> costruito da <strong>Nadar</strong>) e la famosa torre, alta più di trecento metri, progettata da <strong>Eiffel</strong>.<br /><br /><a href="http://img260.imageshack.us/img260/7906/jeanberaudentrataesposi.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 467px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img260.imageshack.us/img260/7906/jeanberaudentrataesposi.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Entrata Esposizione Universale 1889</span></em></center><br />In quegli anni nacquero il cabaret, il cancan, il cinema dei fratelli Lumière e molte nuove invenzioni che resero la vita più facile a tutti i ceti e livelli sociali. La scena culturale prosperava, e l'arte prendeva nuove forme con l'impressionismo e l'art nouveau.<br /><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/8034/jeanberaudlebalmabile.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 381px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/8034/jeanberaudlebalmabile.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Le Bal Mabile</span></em></center><br /><a href="http://img511.imageshack.us/img511/8104/jeanberaudaucafe.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 514px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img511.imageshack.us/img511/8104/jeanberaudaucafe.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Au Cafe</span></em></center><br /><strong><span style="font-size:130%;">Jean Béraud</span></strong>, celebre per le sue scene della vita quotidiana di Parigi, è considerato il più parigino dei pittori della Belle Epoque.<br />Nato a Pietroburgo, il 31 dicembre 1848, dopo la morte del padre, scultore, si trasferisce con la famiglia a Parigi dove conclude gli studi al Liceo Condorcet.<br />Seguendo il suo maestro <strong>Léon Bonnat</strong>, nel cui atelier ha fatto i primi studi artistici rimanendovi per due anni, inizia la carriera artistica come ritrattista. Presto però rivolge altrove la sua attenzione imitando <strong>Edouard Manet</strong> e <strong>Edgar Degas</strong>, dipingendo numerosissimi quadri che riflettono gli aspetti più diversi della società francese durante la Terza Repubblica.<br />I caffè, principali luoghi di incontro, ed i teatri, sono dipinti con la cura meticolosa di uno studioso che vuole documentare tutti gli aspetti di una società.<br /><br /><a href="http://img511.imageshack.us/img511/4499/jeanberaudlesbuveurs.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 509px; CURSOR: hand; HEIGHT: 640px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img511.imageshack.us/img511/4499/jeanberaudlesbuveurs.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Les Buveurs</span></em></center><br /><a href="http://img511.imageshack.us/img511/3194/jeanberaudaubistro.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 493px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img511.imageshack.us/img511/3194/jeanberaudaubistro.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Au Bistrot</span></em></center><br />Mentre i suoi contemporanei <em>Impressionisti </em>si spostavano nel paese per studiare gli effetti della luce sui paesaggi, Jean Beraud rimase sempre a Parigi.<br />Dipinge i parigini che, vestiti alla moda, trascorrono i loro pomeriggi nel parco, o ad ammirare le vetrine ed a farsi ammirare.<br /><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/2540/jeanberaudboulevarddesc.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 432px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/2540/jeanberaudboulevarddesc.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Boulevard des Capucines</span></em></center><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/4417/jeanberaudleboulevardst.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 417px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/4417/jeanberaudleboulevardst.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">Le Boulevard St Denis</span></em></center><br />Viene ammesso al <em>Salon</em> per la prima volta nel 1872 e nel 1894, a riconoscimento del suo lavoro artistico, ha ricevuto le insegne di Cavaliere della Legion d'Onore.<br />Nel febbraio del 1897 fu uno dei due testimoni nel duello di Proust con Jean Lorrain, causato da un articolo scritto dal giornalista in occasione della pubblicazione de <strong>Les Plaisirs et les Jours</strong> e da Proust giudicato ingiurioso.<br />Jean Beraud, il più parigino degli Impressionisti, muore a Parigi il 4 ottobre 1935 ed è sepolto nel Cimitero di Montparnasse.<br /><br /><a href="http://img140.imageshack.us/img140/7853/jeanberaudlamodistesurl.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 506px; CURSOR: hand; HEIGHT: 640px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img140.imageshack.us/img140/7853/jeanberaudlamodistesurl.jpg" border="0" /></a> <center><em><span style="font-size:85%;">La Modiste Sur les Champs-Elysées</span></em></center><br />(<em>Le informazioni sulla biografia di Jean Béraud sono tratte dal sito</em> <a href="http://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/jean_beraud.htm" target="_blank"><i>Settemuse</i></a>)<br /><br />Per i nostalgici della <em>Belle Epoque</em> ed in particolare per gli appassionati di <strong>Proust</strong>, massimo interprete di quel periodo, segnalo un interessantissimo libro dello storico inglese Richard Davenport-Hines: <strong>Una notte al Majestic</strong> (Proust e la Cena Modernista del 1922) <em>che ha il dono di trasportarci, invisibili, accanto a Marcel Proust, durante una memorabile cena in uno dei più grandi hotel di Parigi. </em><br />Ne parla, mirabilmente, <b>Paola Cerana</b>, in <a href="http://www.teatronaturale.it/articolo/7808.html" target="_blank">questo</a> imperdibile articolo.<br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-27697600611292190002009-11-05T16:50:00.001+01:002009-11-05T18:06:23.312+01:00Ricordo di Alda Merini<strong><span style="font-size:130%;">Rossana Di Fazio<br /></span></strong><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSJQJuaTURcEZFdRmijEb0CgJm8sU0NAlkPgUUG4HdYpPHO2f53GhI-nT-1Try8UrhSxzh-lvQbSfziL5Jjgzls-eqWX5w641RlTofmZXO7UtjxLLl2MaKOPNP08UYMwiRUBd940VL7NC2/s1600-h/Ritratto_Alda_Merini.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 323px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSJQJuaTURcEZFdRmijEb0CgJm8sU0NAlkPgUUG4HdYpPHO2f53GhI-nT-1Try8UrhSxzh-lvQbSfziL5Jjgzls-eqWX5w641RlTofmZXO7UtjxLLl2MaKOPNP08UYMwiRUBd940VL7NC2/s400/Ritratto_Alda_Merini.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5400393283872409874" /></a><br /><strong>(Vita di redazione)</strong><br />Se non mi sbaglio, era una giornata di fine inverno. 1996. <br />Stavamo preparando il secondo numero di Golem. Siccome la parola «multimediale» sapeva ancora di nuovo e prometteva bene, pensai di telefonare ad Alda Merini, perché avevo in mente di registrare delle voci care, vicine, importanti. <br />La sua voce - cercavo di spiegarle al telefono: avremmo potuto farla sentire a tutti i suoi lettori, a chi la amava, a chi non l'aveva ancora mai sentita. Allora non erano troppo frequenti le sue uscite pubbliche.<br />La mia era una telefonata per sentire il suo parere, ed eventualmente organizzare un appuntamento. <br />Lei ascoltò e poi mi raccontò molte cose successe quel giorno, e poi che era morto, due giorni prima, un amico molto caro. <br />Mi disse sì, mi piace, va bene. <br />Solo un attimo di silenzio, poi partì. Andò a prendere un'altra voce: più alta, più lontana, più simile a un lamento. <br />Poetava, e io stavo alla cornetta. E non avevo niente, non un registratore – ricordo che mi venne, dalla disperazione, di trascrivere quel che diceva, ma era assurdo! ma io come potevo immaginare che lei componesse così, al telefono?!<br />Realizzato in un attimo che <em>non potevo farci niente</em>, stetti al mio posto. Mi sentivo come una piccola coppa, con tutta quella roba che arrivava, tanta, da così lontano, e che non potevo raccogliere per altri... Tutto quel ben di Dio per me sola. Le persone che lavoravano nella stanza accanto a me intuivano il mio stato; ero immobile, turbata, non potevo parlare, non potevo fermarla, non potevo fare niente. Mi sembrava di stare con Omero al telefono.<br />Non avevo mai capito bene, fino a quel momento, la poesia senza scrittura, la poesia come voce; in altre situazioni, pubbliche, la voce recitante dei poeti mi era sembrata uno spettacolo, qualcosa di imbarazzante (per me) che niente aveva a che fare né con l' origine né con la necessità della poesia.<br />Altri scriveranno e bene della sua poesia, della sua bocca tinta di rossetto, della sua audacia. La sua poesia, come la sua persona, potevano davvero abitare in tutti i registri della vita in perfetto agio, e la confluenza di vita e opera, che forse oggi non si usa più far notare, in lei si realizzava senza esitazione né posa. <br />A me oggi, sembra di poter dire che lei è stata davvero una <em>persona</em>: maschera e imbuto dell'universo e della vita molteplice.<br />Siccome anche le tecnologie lasciano molto il poco tempo che trovano, un secondo contributo che lei mi mandò - questa volta mi ero organizzata - giace in un archivio che ancora non abbiamo sistemato per i nostri lettori, «incompatibile con i moderni sistemi operativi»... Ne riderebbe lei, e ne sorrido anch'io.<br /><em>(02 novembre 2009)</em><br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGBSvdOHg6XU4YfGMkJ6KokHHo197Xw7ognPoA2tx6T9UscyowcRgduzBCqRyzmtw-j7v9p8yOC0EACipYiR8r39AERGOO63OkRalIV1TLE5ZaITDwXZWCqCiBItQVroz1EvhcGa1Gmujr/s1600-h/aldamerini.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 321px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGBSvdOHg6XU4YfGMkJ6KokHHo197Xw7ognPoA2tx6T9UscyowcRgduzBCqRyzmtw-j7v9p8yOC0EACipYiR8r39AERGOO63OkRalIV1TLE5ZaITDwXZWCqCiBItQVroz1EvhcGa1Gmujr/s400/aldamerini.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5400401638315089650" /></a><br /><em>In questi giorni si è parlato molto di Alda Merini, come sempre succede quando se ne va una persona conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Fra i tanti che hanno voluto ricordarla mi ha colpito, su <a href="http://www.golemindispensabile.it/index.php?_idnodo=17167" target="_blank"><b><i>Golem l'Indispensabile</b></i></a>, la testimonianza di Rossana Di Fazio (Rossella Vita) che mi ha permesso di conoscere da vicino, quasi di accarezzare, il viso umanissimo, arguto, sorridente, di un grande poeta.</em><br /><em>Habanera </em><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-59871051236638648142009-10-31T00:15:00.004+01:002009-11-23T16:02:48.426+01:00La poesia di Fabiano Braccini<div></div><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGZohKgb4IfEqQmRvXZW7SR6xnrr6E5FRM3LcFTZ6SkYkSY2JzkHtMy1KSLZtBGmsxBKqcAjKDgWjD-bpAEG6lV0QPQAyruAdCztyM3GeA3xSVDkIcboCspso4ZHyG-tzqdX41cJoj7eq8/s1600-h/Gainsborough-Mrs-Graham.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5398179856103764594" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 310px; CURSOR: hand; HEIGHT: 400px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGZohKgb4IfEqQmRvXZW7SR6xnrr6E5FRM3LcFTZ6SkYkSY2JzkHtMy1KSLZtBGmsxBKqcAjKDgWjD-bpAEG6lV0QPQAyruAdCztyM3GeA3xSVDkIcboCspso4ZHyG-tzqdX41cJoj7eq8/s400/Gainsborough-Mrs-Graham.jpg" border="0" /></a> <center><span style="font-size:85%;"><em>Thomas Gainsborough: The Honorable Mrs. Graham, 1775</em></span></center><center><span style="font-size:85%;"><em>National Gallery of Art, Washington, DC, USA</em></span></center><br /><center><strong><span style="color:#ff6600;">RITRATTO DI SIGNORA</span></strong><br /><br />Dipingimi con tratto elegante<br />-tu che sai-<br />occhi intensi che mirano lontano<br />e un sorriso morbido,<br />soffuso lievemente di malìa.<br />Pittura nell’ovale del mio viso<br />-senza troppo marcare-<br />labbra che si atteggiano al bacio<br />e un filo appena di seduzione:<br />che sia garbata, mai volgare.<br />Disegnami un corpo armonioso<br />-come di sirena-<br />snello ma non proprio magro,<br />che sinuoso si adagi<br />a modellare una veste leggera.<br />Se vuoi -con la tua maestria-<br />ritrai giù sullo sfondo<br />quell’atmosfera suggestiva<br />di una limpida sera di primavera<br />coi riflessi rosa del tramonto.<br />Alla mia mano, poi, dai la posa<br />di un saluto.<br />Che non sembri però un addio,<br />perché io vorrei lasciare<br />-a chi domani sosterà a guardare-<br />la migliore immagine di me:<br />una delicata sensazione<br />del mio amore di vivere la vita<br />e l’impressione<br />di una interiore, pacata serenità. <center></center><br /><br /><span style="color:#ff6600;"><strong>LA MACCHIA<br />DEGRADA FINO AL MARE</strong><br /></span>(terra di Sardegna scolpita dai venti)<br /><br />Qui è di mirto odoroso, corbezzolo,<br />fico selvatico, rododendro<br />e cespugli colorati d’erica<br />la macchia bassa che degradando<br />scende verso il mare.<br />Poi lentisco, euforbia, cisto peloso<br />e giù fino quasi a carezzare<br />il fulgore smeraldino<br />dell’acqua trasparente<br />nelle cale.<br />Le rocce formano mille sculture:<br />è un gioco<br />indovinarvi curiose sembianze<br />(spesso di un volto noto<br />o di mostruose figure e animali).<br />Però i profili cambiano col sole,<br />con le ombre radenti della sera,<br />con le rare piogge<br />che dardeggiano improvvise<br />questa scabra, suggestiva terra.<br />Striscia il vento sul viso:<br />talvolta insostenibile fastidio,<br />sovente fresco respiro<br />a dare ristoro alla calura cocente<br />del meriggio.<br />È il maestrale che frusta, piega<br />e fionda steli e foglie in mulinello:<br />ma non vince<br />la forza secolare dei ginepri<br />contorti, arroncolati… mai domi.</center><br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD4ZEgPBrwLtIlo7KMNGktTAx1nNuqatOjwJkldSJAFc1PkAUetTYc9UMt_M01XonffjpvXqrIz8yvnQihbFiO5tiJe0ApcjpWxgSjugOm_Uv0IBV7RZEPiZnvKF56fwW_5OWRiShwgWWe/s1600-h/Macchia-sardegna.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5398193136135750914" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 300px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiD4ZEgPBrwLtIlo7KMNGktTAx1nNuqatOjwJkldSJAFc1PkAUetTYc9UMt_M01XonffjpvXqrIz8yvnQihbFiO5tiJe0ApcjpWxgSjugOm_Uv0IBV7RZEPiZnvKF56fwW_5OWRiShwgWWe/s400/Macchia-sardegna.jpg" border="0" /></a><br /><em>L'Autore mi ha proposto sei poesie perchè ne scegliessi una da pubblicare qui. Sono belle tutte e tutte vincitrici di premi. Non ho saputo limitarmi ad una sola e ne ho prese due, da condividere con voi, ringraziando ancora una volta <strong>Fabiano Braccini</strong> per la disponibilità e la squisita gentilezza.<br />Habanera</em><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-80989722102853902342009-10-28T00:45:00.003+01:002009-10-31T02:54:30.069+01:00Lettere al Nonblog<span style="font-size:130%;"><strong>Habanera </strong></span><br /><br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjedNWVeYUeTXet4NrZNLOlq3IkR0HC5JwGj2kccopdvXEQj3pvYju5iQmX3RrimrJr0XPFlv8N9Sehfs3vLQsqdF7uzJoOAZYuelM-WxX7Ds6EXEEYUi8OcqoXTTWVtjSzcFcwga56TEeh/s1600-h/Cassetta-per-le-lettere.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5397423261985896690" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 301px; CURSOR: hand; HEIGHT: 400px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjedNWVeYUeTXet4NrZNLOlq3IkR0HC5JwGj2kccopdvXEQj3pvYju5iQmX3RrimrJr0XPFlv8N9Sehfs3vLQsqdF7uzJoOAZYuelM-WxX7Ds6EXEEYUi8OcqoXTTWVtjSzcFcwga56TEeh/s400/Cassetta-per-le-lettere.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#ff6600;"><em>Per caso, cercando il testo de “L’ORA DI BARGA”, ho incontrato questo vostro superlativo blog:<br />grafica di gran classe e piacevolissima, agevole lettura, testi scritti in vero italiano, interessantissimi e colti contenuti, mai scontati e di profonda e poetica valenza.<br />Anche gli interventi che pubblicate a commento dei vostri post sono all’altezza del contesto.<br />Sono certo che abbiate già conquistato e consolidato un bel successo, ma vi prego di aggiungervi anche la goccia del mio plauso convinto.<br />Vi inserirò tra i “preferiti” confidando di avere in avvenire altre occasione di contatto.<br /><strong>Fabiano Braccini</strong> </em></span><br /><br />Oggi, nella posta dello "Scrivi al Nonblog", tra le altre ho ricevuto questa mail e penso che sia giusto pubblicarla perchè non riguarda solo me. Quando si lavora in gruppo le lodi vanno distribuite tra tutti. <br />Ringrazio, anche a nome degli altri, lo scrivente di cui potete leggere alcuni versi che ho trovato <a href="http://fabianobraccinipoesia.iobloggo.com/"target=_blank>qui</a><br /><br /><br /><center><strong>UN PASSO ANCORA</strong><br /><br />Palpebra che chiudi gli occhi,<br />dammi ancora un momento,<br />un solo giorno almeno:<br />che possa raccontare<br />quanto sempre ho tenuto dentro.<br />Sole che sorgi all'alba,<br />porgimi un nuovo canto:<br />affinché sappia intonare<br />sublimi melodie, canzoni e poesie<br />a questa vita tanto preziosa.<br />Sera che vai verso la notte,<br />trattieni ancora accesa<br />la morbida luce del tramonto:<br />irradiala con l'incanto del sorriso<br />di chi mi vive accanto.<br />Voce che ti fai muta,<br />regalami mille altre parole:<br />per confessare tutti i miei dubbi, i pensieri,<br />le frasi d'amore in me nascoste,<br />un grazie mai esternato.<br />Forza che te ne vai,<br />sprigiona un'ultima scintilla:<br />per far capire che se talvolta ho misurato<br />gli slanci, gli affetti, i desideri,<br />è stato per l'innato pudore di ogni uomo.<br />Morso di serpente,<br />concedimi un passo ancora:<br />per arrivare al profumato fiore<br />che non ho colto mai,<br />per un respiro, una carezza, un bacio in più.<br /><br /><em>Fabiano Braccini</em></center>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-8975412562164221856.post-39028373187522773802009-10-19T01:25:00.002+02:002009-10-19T01:50:10.383+02:00Liberi tutti<strong><span style="font-size:130%;">Habanera</span></strong><br /><br /><a href="http://img27.imageshack.us/img27/5894/jeanberaudlapatisseriec.jpg"><img style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 640px; CURSOR: hand; HEIGHT: 436px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://img27.imageshack.us/img27/5894/jeanberaudlapatisseriec.jpg" border="0" /></a><br />Qualche mese fa concludevo il post <a href="http://habanera-nonblog.blogspot.com/2009/05/una-lunga-vacanza.html" target="_blank">Una lunga vacanza</a> dicendo: <br /><i>Al ritorno dalla mia lunga trasferta al mare riprenderò con rinnovato slancio, e su basi diverse, questo piacevole, laborioso, gratificante lavoro di editrice-blogger.</i><br /><br />Per una serie di motivi non è stato così e l'auspicato <em>rinnovato slancio </em>deve essersi nascosto chissà dove perchè io non sono riuscita a trovarlo da nessuna parte.<br />A questo punto non mi resta che liberare definitivamente i collaboratori diretti di questo blog ringraziando <strong>Solimano, Roby, Giulia, Mazapegul </strong>per il prezioso contributo che hanno dato all'indiscutibile successo del Nonblog.<br />Ma non sempre il successo basta, non a me... <br /><br />In ogni caso questo spazio resterà in rete e non escludo che fra qualche tempo possa venirmi ancora voglia di aprire le finestre, cambiare l'aria, fare entrare il sole e magari pubblicare qualcosa.<br />Nel frattempo servitevi liberamente di thè e pasticcini alla <em>Patisserie Cloppe </em>che ho messo a disposizione in cima al post e fate come se foste a casa vostra.<br /><br />Io vi saluto e vi ringrazio tutti, con affetto.<br /><br /><strong><span style="font-size:130%;color:#ff6600;">Arrivederci...</span></strong><br /><br /><div></div>Habanerahttp://www.blogger.com/profile/04490216457081919776noreply@blogger.com15