sabato 5 dicembre 2009

Gli occhi di Noodles

Sandra Mastore

Robert De Niro in "C'era una volta in America"

Tutta colpa di quel film se adesso era diretta, spedita e trepidante, verso il centro. Non avrebbe dovuto cedergli: alla prima inquadratura avrebbe dovuto cambiare canale, fare una telefonata, intavolare una conversazione mentre sbrigava una faccenda.

Tempo fa con Virgil Tibbs e la sua calda notte era riuscita a imporsi: due scene, poi tre, poi uno sguardo al lavoro da finire e uno all’orologio. Spiacente, non si poteva fare. E non si era fatto.
Il lampo del telecomando aveva spento il sorriso accecante dell’ispettore Tibbs. Pigra com’era, non se lo sarebbe mai procurato in dvd. Eterno rimpianto, Virgil, per aver interrotto il racconto delle tue mani nere come un temporale.

Ma la fine dell’estate è insidiosa, le prime serate al rientro dalle vacanze cercano consolazione, archiviati i gelsomini e le sere infinite all’aperto. A una certa ora ci si accompagna a un maglioncino e alla tv accesa.
Così se l’era ritrovato inaspettatamente, con quella fotografia ammantata di giallo cenere e l’incanto della nota, vibrante colonna sonora. Proprio quel film.
Il primo trillo del telefono, poi un altro… Solo fino al ritorno di Noodles, si era detta, se squilla il mio telefono sono salva, poi solo fino ai suoi occhi che ridiventano giovani. Poi non si era più detta niente. Noodles aveva sempre avuto la meglio su di lei.
Non sarebbe andata a letto presto, non avrebbe preso sonno facilmente. Ogni volta che lo rivedeva quel film le presentava il conto. Si risvegliavano le “voci di dentro” e il suo cuore temprato alle gelate invernali ritornava ad essere un cuore di merletto.


Questa volta era anche riuscito a renderla intraprendente e determinata: detto, cioè pensato, e fatto. Aveva rintracciato Malvina. C’era arrivata per vie traverse e indigeste e aveva composto il numero. La perplessità dall’altro capo del filo la raggiungeva con rintocchi distanziati, ma si concordò l’incontro.

Camminando verso il centro, ripassava mentalmente tutto quello che aveva accomunato lei e Malvina da ragazze.
Gusti e disgusti simili, batticuori ben nascosti e convinzioni forti, la scelta dello stesso digestivo alla menta per specchiarsi nel ghiaccio mosso del bicchiere dell’altra, mentre il dialogo s’infittiva di ombre. Chi entrava nel bar vedeva solo due belle ragazze che sapevano far tintinnare il ghiaccio con classe.
Erano passati molti anni, ma di sicuro la puntualità doveva essere ancora una delle fisse di Malvina.
Tanto valeva non farla aspettare. Anzi, arrivare con un lieve anticipo. Le doveva quel gesto di umiltà, dopotutto.
Colpa del film che le aveva insinuato questa romanzesca idea, se ora si sentiva così insicura.

Era quasi vicina alla piazza dell’appuntamento; la folla del sabato perlustrava con metodo le strade, fragranti di vetrine.
La piazza le si spalancò davanti assai prima del previsto: era in un anticipo sgradevole. Indietreggiò lenta, come catturata da qualcosa che valeva la pena di osservare, mentre si toglieva gli occhiali da sole assumendo l’espressione paziente di chi aspetta qualcuno rimasto indietro.
I sacchetti colorati che contenevano i bottini animavano la strada: fra qualche metro sarebbero stati depositati a terra o su una sedia libera del tavolino del bar; avrebbero però continuato, per il solo fatto di esserci, a regalare lampi di soddisfazione ai proprietari. Conosceva il benessere di quella sensazione e non le sfuggivano le operazioni rapide del soppesarsi reciproco tramite le borse degli acquisti.
Guardò l’orologio con finto distacco: le pareva che tutti i passanti percepissero la sua attesa sottolineata dalla luce sfolgorante.
Avrebbe preferito le solite nubi basse in Val Padana, almeno oggi. Pensò di raggiungere il sagrato dov’era fissato l’appuntamento.
Malvina le aveva anticipato che sarebbe arrivata in bicicletta, una vecchia bicicletta nera, vecchia abbastanza -sperava- da scoraggiare i ladri.
La rastrelliera davanti all’ingresso della chiesa riluceva lucchetti che incatenavano una quantità di bici, tutte nere le sembravano, no, una grigia e una un tempo rossa. Così addossate sapevano d’inverno: strade di periferia, nebbia del mattino, precarietà sul ghiaccio.


Avevano stabilito di incontrarsi alle undici e trenta - si preoccupò - non poteva aver capito male. Se invece avesse proprio capito male e Malvina fosse già andata via? E se, parcheggiata la sua bici nera, la stava osservando da lontano, prendendosi la soddisfazione di verificare impietosamente il lavoro del tempo e della vita su di lei? Poi si sarebbe presentata con la sua bellezza e la sua ironia grintose, ribadendo che avrebbero fatto bene a concordare un segnale per riconoscersi, visto che aveva davvero faticato a metterla a fuoco.
Il senso logico rispuntò: mancavano ancora alcuni minuti. E poi, Malvina sarcastica, tagliente e intransigente forse... ma meschina non era mai stata.
Da dietro è lei, con le sue spalle larghe e i tacchi, quasi bionda come si diventa a un certo punto. No: non va verso il sagrato e non ha la bici.
Curiosità e un filo di derisione negli sguardi che incrocia. Rimette gli occhiali da sole che aveva tolto fiduciosa.

Certo, non poteva andar fiera di come si era comportata con Malvina, defilandosi così, senza un motivo, negando la confidenza, l’affetto. Quei periodi in cui proprio non ci si può soffrire e ci si allontana da tutto. Da tutti.


Ormai era passato un secolo. Ma se le avesse chiesto ancora spiegazioni? Si poteva, con un accurato slalom, evitare l’argomento. Del presente c’era tanto da dire. Due figlie per esempio, due ciascuna, tanto per essere salomoniche. Ma un eventuale “bidone” poteva starci con l’idea giovanile di Malvina che la vendetta si gusta fredda.
Però, in tutti questi anni, pur non essendo andata a letto presto come Noodles, aveva custodito la loro amicizia e, per certi versi, l’aveva ritenuta insostituibile.
Forse Malvina lo sapeva e per questo aveva accettato di vederla.
A meno che non volesse prendersi la rivincita, una volta al bar, e guardarla con severità mentre girava - quarantatrè volte come Noodles - il cucchiaino nella tazza, in un mutismo impenetrabile.
Dette la moneta anche alla seconda mendicante: per negare l’offerta ci sarebbe voluta più lucidità.

Eccola.

La bici a mano, padrona di sé, quella camminata da pantera, appesantita appena. Le è accanto, ancora più alta.
-Ciao.
Le labbra si schiudono al sorriso, non molto, quel che basta a ricordare una dentatura da giovane nera, punto luce di tratti già esotici, che avevano ispirato a qualche sconosciuto ginnasiale il sorprendente “W Giamaica” a grandi caratteri sul muro, poco prima che Malvina terminasse il liceo. Alla faccia del cognome longobardo doc.
Ci mette calma e perizia per sistemare la bici, lavorando di catena e lucchetto con l’indimenticabile, sopravvissuto, gioco di mani. Occhiate in tralice, vagamente ironiche, dietro agli occhiali da sole. Identiche a quelle di ieri.
- E’ molto che aspetti?
Un’allucinazione uditiva? Telepatia? Forse, semplicemente, ha rivisto anche lei il film tre sere fa.
Non risponde come le suggerirebbe Noodles per cercare la complicità. Sta pensando che è difficile, quasi miracoloso, riannodare fili aggrovigliati ma ci vuol provare, ci vuol credere. Anche un nodo vistoso può avere una sua bellezza.
-No, sono appena arrivata anch’io.



6 commenti:

Solimano ha detto...

Amicizia. Non è detto che un amico sia per sempre. Si cambia nella vita. Ci sono, quelli e quelle che vanno avanti senza smettere mai, ma più che amicizia diviene una complicità. Perché un amico - e un'amica – è sempre in grado di sorprenderti e più ti sorprende più capisci che alcune cose di lui - o di lei - non le saprai mai. E' bene che sia così, non si può, né si deve, dirsi tutto. L'area di rispetto va salvaguardata. Solo chi non sa stare da solo dice tutto, ma la sua è un'amicizia strumentale e chi dice tutto, ha poco da dire, in fondo.
Biciclette. La bicicletta non l'ho più, me ne hanno rubate due in due anni, entrambe personalizzate dal meccanico, che a Monza chiamano ciclista. Al tempo del film di De Sica le rubavano, poi per decenni non le hanno più rubate. Hanno ricominciato qualche anno fa, segno dei tempi. A Monza c'è una lucchetterìa sofistificata, ma evidentemente i ladri seguono ottimi corsi serali.
Vendetta. Credo alla vendetta a caldo, umorale e lucida. Non ci si può tenere certe cose dentro, lo sfogo è indispensabile. La vendetta a freddo no, così propagandata, così meschina, così autolesionista: la fa chi non si stima e non si ama. Meglio dimenticare.
Appuntamenti. Sono sempre stato puntualissimo agli appuntamenti personali, in cronico ritardo a quelli di lavoro. Finché incocciai un imprenditore di Novellara che mi costrinse ad imparare: mi faceva fare anticamera per il tempo esatto che avevo tardato. Troppo intelligente.
Aspettative. E' bene avere aspettative o no? Aspettative di amicizie, sulle persone? Sì, è meglio averne, anche se si rischia di essere delusi, e la delusione fa male. Ma chi non ha aspettative diventa cinico, delusione fatta sistema.

Habanera, belle le immagini, in particolare quelle dell'amatissimo Hopper e la nebbia in periferia.

Sandra, il tuo modo di raccontare costringe chi ti legge ad accorgersi di aver avuto nella sua vita esperienze simili, solo che ...non ne aveva consapevolezza. E la consapevolezza è tutto, si può cambiare, se consapevoli, altrimenti no.

Grazie e saluti
Solimano

Amfortas ha detto...

Bellissima riflessione partendo fa un film che amo molto, forse perché ho ritrovato, a suo tempo, qualche tratto che m'apparteneva.
Difficile, almeno per me, farsi amici quando si è adulti: mi manca sempre quel senso di complicità che dà solo l'ave respirato la stessa aria da ragazzini.
L'oratorio, nel mio caso, ma anche le fughe dall'oratorio per non pregare alle 5 del pomeriggio, una specie di corrida programmata in cui il toro era già crocefisso da quasi due millenni.
Contrariamente a Solimano, per me l'amicizia è per sempre, anche quando è tradita o dimenticata.
C'è sempre un posto privilegiato per un amico o amica, nella mia testa e nel mio essere più profondo.
Ecco, per restare più strettamente al tema del racconto, direi che per me l'amicizia non conosce sbalzi stagionali e, se ci sono, solo sono apparenti.
Forse per questo sono noioso?
Ciao.

Silvia ha detto...

Che bellezza Sandra trovarti qui con questo tuo modo speciale di guardare e riflettere, grazie:) Anche a te Haba che raccogli sempre perle pregiate.

Il film è uno tra i dieci preferiti, da riguardare cento volte e ogni volta rimanere coinvolti come un'ape dentro un barattolo di miele, dolce appartenenza, vischiosa nella malinconia che non vuole abbandonare l'anima. Struggente accorgersi di aver amato invano. Invano?
E' un tempo ormai lungo in cui faccio fatica a catalogare, a mettere in fila. Le parole, precise, utili e determinanti le scopro spesso anguste. Mi piace non pensare ai ruoli e dedicarmi alle persone e al loro bagaglio a mano. Ai loro sogni, al loro desiderio di sorriso e di pensiero. Così scopro che provo sentimenti per persone che nemmeno conosco, e non trovo interesse a ricercare volti e luoghi appartenuti ad altre vite che io più non riconosco. Nel cambio di stagione e relativi armadi, ho fatto tante borse in cui ho messo ben piegati, i miei dialetti e le mie strade, le parole ormai dimenticate da stare strette, parole che non basterebbe una vita per starci dentro ancora e poi non m'interesserebbe più. Giacche dalle spalle troppo larghe, per me non più di moda, ora,che alla mia età, uno sgarbo sarebbe troppo pesante da sopportare. Un tradimento non è nemmeno immaginabile. Calzoni troppo stretti, ora che il punto vita si è allargato nella piena consapevolezza del tempo che passa e che chiede rotondità più tolleranti e tollerabili, non compatibili con taglie da truppe d'assalto. Ora un panno di lana sopra le gambe e una tisana affiancano complici il rimmel e il rossetto dati alla mattina, senza che l'anima femminea ne venga snaturata. Ho impilato gonne troppo corte per essere giustificate in qualsiasi modo, se non che gli anni sarebbero un dettaglio del tutto trascurabile, ma so che non è vero, e non conta avere ancora belle gambe, queste, adesso, hanno un passo diverso, non possibile con gonne troppo corte.
Ho amici cha hanno cambiato gli armadi secondo stagione, hanno impilato anche loro gli abiti stretti, i cappelli sgualciti le maglie lise. Hanno fatto come me e hanno avuto il coraggio di strappare la stoffa alle tarme e lasciarle senza pane, perchè questo possono anche essere i ricordi; cibo per tarme da proteggere con la naftalina.
Chi indossava quegli abiti non esiste più, non come allora. Chi mi vide con quegli abiti ora non mi riconoscerebbe, nemmeno io lo riconsocerei, ne sono certa. Meglio pensare che è uno sconosciuto. Meglio lasciare ciò che è stato dov'era. Meglio ricominciare. Raramente si potrebbe chiedere: ma questa è la sciarpa che ti regalai trent'anni fa?
Perchè non bastano la caparbietà, la nostalgia e nemmeno la naftalina. Se si condivide solo l'assenza, alla fine rimaniamo solo noi e la proiezione di noi stessi.


Am, l'amore che abbiamo vissuto non lo porterà via nessuno, mai, e rimarrà eterno, imperituro, dentro di noi fino alla fine dei noistri giorni, purchè non chieda paragoni col presente.
Non credo che si possa tornare indietro, non credo che si possa ripercorrere quelle strade, come allora. Per forza ci si incammina su un sentiero diverso ogni giorno, ogni volta.
E poi, scoprire che nemmeno noi siamo sempre quelli.
Però su una cosa hai ragione. Quando si è amato davvero, quell'amore rimarrà per sempre, ma perchè non ha mai subito battute d'arresto e si è alimentato ogni giorno, col pane quotidiano. Nulla a che vedere con gli abiti riposti nell'armadio.
Ti leggo sempre con piacere lo sai:) Tanto piacere.


Grazie a voi. Mi ha fatto bene leggervi.
Buona serata.

Silvia ha detto...

Per Solimano:)

L'amicia è uno dei sentimenti più preziosi al mondo: insostituibile.
Biciclette: meglio della mia Jolanda non ce n'è.
Vendetta: non mi appartiene nè come piatto caldo nè come piatto freddo, non ho tempo da perdere.
Appuntamenti: come te sono sempre in perenne ritardo. A lavorare peggio del peggio. Mi vogliono bene e sopportano anche perchè poi mi faccio in 4. Solo ora con la vecchiaia ho imparato che essere puntuali è anche forma di rispetto verso gli altri, vista da quest'ottica sono più puntuale di un orologio svizzero, altrimenti mi piace una gestione del tempo più elastica, mi da l'illusione di fregarlo.
Aspettative: non riesco a pensare ad un rapporto senza aspettative. Queste arrivano immediatamente come una luce d'interesse per un altro essere umano illumina mente e cuore, altrimenti significa che non me ne frega niente. La delusione fa parte della vita. Di sicuro ho deluso anch'io chissà quante volte, senza rendermene conto, perchè mai gli altri non potrebbero fare altrettanto?

Habanera ha detto...

Prevedo un periodo piuttosto lungo in cui non potrò connettermi in rete a causa del passaggio da Fastweb a Telecom ed alle mie frequenti assenze da Milano.
Prima di piombare nel buio però voglio ringraziare Sandra per questo bel post in cui ha fatto praticamente tutto lei.
Sua anche l'intuizione felice di Hopper e degli occhi di Noodles che ridiventano giovani.

Solimano, anche per la scelta delle immagini il merito è tutto di Sandra. Io mi sono limitata a seguire le sue indicazioni ed è stata una bella esperienza lavorare via mail insieme a lei. Ci capiamo al volo e tutto scorre serenamente e facilmente.

Amfortas, strano che tu dica di essere noioso, credo che sia l'ultima cosa che si possa pensare di te. Sull'amicizia concordo che sia più difficile farsi degli amici da adulti. Difficile, certo, ma non impossibile.

Silvia, la perla l'ho raccolta con immenso piacere ed a scatola chiusa. Mi fido così tanto del talento di Sandra che le ho detto che avrei pubblicato il suo post prima ancora di leggerlo. Le ho chiesto solo di aiutarmi con le immagini perchè avevo pochissimo tempo ed ha fatto splendidamente anche quello.
La cosa incredibile è che alla fine, quando ha visto il post pubblicato, mi ha scritto: "aiuto, quanto sei brava! Guardo e stupisco."
Eh, eh, sarei io la brava? Dimmi tu...
H.

Sandra ha detto...

E' facile essere bravi quando c'è la passione.

Hopper, da sempre, è uno dei miei preferiti.

Quanto agli attori, Bob De Niro è il mio archetipo (parlandone da vivo, s'intende: non considero nemmeno le "proposte che avrebbe potuto rifiutare" ultimamente). Altri sono terribilmente bravi, ma lui dà il valore aggiunto di una recitazione giocata sugli occhi, misurata ma estremamente lirica. Tuttavia non mi sento una sua fan: fisicamente c'è(ra) di meglio, non mi interessa come ha passato l'infanzia, le ferite della sua vita, quante mogli, oscar, figli, donne ha avuto. Per me è l'ATTORE.

Amo questo film. Rivoletti d'inchiostro ci han fatto sapere che fu un fiasco e Sergio Leone non si riprese mai da questa delusione. Le interpretazioni sono varie: chi ci vede dell'omosessualità tra i due protagonisti attraverso le figure femminili, chi sostiene che la storia si concluda nel '33 con la morte degli amici e che tutto il racconto relativo al '68 non sia altro che il sogno di Noodles sotto l'effetto dell'oppio. Quest'ipotesi si è fatta strada a causa dell'incongruenza delle automobili d'epoca che sfilano nell'ultima scena. Magari volevano significare come Noodles fosse emotivamente fermo a quel periodo. Non lo sapremo mai.
Purtroppo il film è stato nuovamente doppiato qualche anno fa,quindi nei nuovi dvd la voce di Noodles non è più quella di Ferruccio Amendola. Imperdonabile.
Ho avuto un regalo di Natale: "Mano Armata" di Harry Grey, libro introvabile che ho cercato a lungo.
La prefazione è di Sergio Leone che a questo libro si è ispirato per "C'era una volta in America".

Insisto: a volte è facile esser bravi.

GRAZIE