lunedì 24 agosto 2009

Pioggia d'oro (2)


Beato Angelico: Annunciazione 1430-32
164 x 194 cm Madrid, Prado


La pioggia d'oro (2)

di Solimano


Cosa ci fa una Annunciazione del Beato Angelico in cima ad un post che tratta un mito erotico come quello di Danae? Basta guardare l'immagine senza prevenzioni - cosa non facile - per accorgersi delle somiglianze fra i Miti (maiuscoli, perché i Miti sono i fondamenti della civiltà umana). E' probabile che il Beato Angelico non conoscesse il mito di Danae e questo rende tutto più intrigante, perché la scelta di Annunciazioni così è molto vasta: Carlo Crivelli e Filippo Lippi, ad esempio.
Quindi la storia che ho raccontato nel primo post ha una coerenza sospetta: un mito pagano cancellato con l'avvento del Cristianesimo e che risorge col Rinascimento, assumendo un prevalente aspetto erotico, per la gioia raffinata o lubrica di mecenati e pittori. E' proprio così?

Nel benemerito sito Iconos ho trovato due immagini significative. Purtroppo sono piccole, ma ci si rende conto delle sottese ambiguità.
Negli anni 1475-80, un certo Maître François miniava un manoscritto del De Civitate Dei di sant’Agostino; l'immagine che inserisco a sinistra rappresenta Giove come un re che da una parte lascia cadere delle monete in grembo a Danae, dall'altra abbraccia un ragazzo, cioè Ganimede. Con una scritta sopra, come se fosse un fumetto: “Jupiter fuit sodomita”. Una chiara propaganda contro gli dei falsi e bugiardi del paganesimo. Questo non se l'è inventato il miniatore, che fa solo riferimento a ciò che Sant'Agostino aveva scritto nel De Civitate Dei, accostando Danae e Ganimede per oltraggiare i miti pagani.

Ma attorno al 1490 il monaco Franciscus de Retza scriveva il Defensorium Inviolatae Virginitatis Marie, pubblicato a Basilea. C'è una frase significativa: “Si Danae auri pluvia pregnans a Jove claret, cur Spiritu Sancto gravida Virgo non generarete?”. La xilografia contenuta nel testo è una immagine di Danae nella torre. Tiene le braccia incrociate sul petto come la Madonna del Beato Angelico: Danae simbolo di Pudicizia e Castità. C'era una doppiezza, nel modo di affrontare i miti pagani: o li si oltraggiava, oppure si cercava di utilizzarli. Queste immagini esprimono le due polarità. Con una aggiunta importante: la pioggia d'oro diventa luce dorata, come sarà anche in Rembrandt. L'attegiamento del Cristianesimo verso i miti pagani nasce con la genialità di Paolo di Tarso, e sarà tipico di tutti i monoteismi (e dei monoateismi!): quelli che sono fuori o li converti o li sottometti. Era così anche nell'ebraismo, con la differenza fondamentale che si trattava di una religione etnica. Come con l'induismo: non esistono missionari ebrei o missionari induisti. Ma il politeismo indiano aveva in sé una tollerenza, una autolimitazione legata al proliferare degli dei e dei miti.

Lorenzo Lotto: Allegoria della Castità (part) 1505 ca.
42,9 x 33,7 cm Washington, National Gallery

Negli anni fra Quattrocento e Cinquecento esisteva un'altra ambiguità, più culturale che religiosa. Ne è un ottimo esempio il quadro di Lorenzo Lotto, che richiama immediatamente Danae, magari una Danae più sognante, che preferisce i fiori all'oro. Sul quadro del Lotto, grandi discussioni. Sono arrivati perfino a tirare in ballo la Laura del Petrarca:

Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito et perle
eran quel dí a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: Qui regna Amore.

Sembra più plausibile il riferimento ad una figura femminile distesa (ninfa alla fontana) in una xilografia dell’ Hypnerotomachia Poliphili (1499).
Il quadro del Lotto contrappone la luminosa figura femminile centrale alle oscure figure laterali: il mondo civilizzato e il mondo della foresta.

Torno alla Danae del Gossaert (1527) da cui ero partito. Avevo scritto che l'effetto è strano: ritualità ed erotismo insieme. Inserisco una immagine più grande centrata sulla figura di Danae, perché Erwin Panofsky ha sostenuto, adducendo come di solito ottimi argomenti, che è una allegoria della Pudicizia in stretto rapporto con la Vergine Maria. I colori rosso e blu sono quelli con cui veniva tradizionalmente rappresentata la Madonna, le colonne sono sette come il Tempio della Sapienza, la torre rotonda richiama la rappresentazione del Tempio di Salomone ed altro ancora. Può essere, diversi studiosi hanno seguito il Panofsky, ma guardiamo il quadro come l'ha fatto il pittore Jan Gossaert, sempre caratterizzato da una grevità vigorosa. Gli avranno sicuramente dettato i simboli, le modalità, i colori, tutto quello che si vuole, ma Jan Gossaert ha rappresentato una Danae come appariva a lui, del tutto erotica. Che i colti e religiosi committenti avessero altro per la testa, a lui poteva andar bene: da buon professionista ha inserito le colonne, le torri, i capitelli, come volevano loro, ma il significato del quadro è quello che voleva Jan Gossaert detto Mabuse. Basta guardare altri quadri dell'artista per rendercene conto.
Anche sulla Danae di Rembrandt sono state fatte ipotesi che oscillano fra due polarità: Danae casta o Danae venale? A parte la rappresentazione del nudo di Danae, paragonabile solo a quella del Correggio, Rembrandt alza il livello con due finezze: il fascio di luce a simboleggiare Giove, ed i gioielli al posto del denaro.

Rubens: Danae (1616-18)
Sarasota, Ringling Museum of Art

Ho trovato una Danae di Rubens che non conoscevo, dipinta negli anni 1616-18. L'Amorino che alza il drappo rosso ci guarda complice, sta lavorando per noi. Lo sguardo di Rubens è però rivolto alla felicità di Danae, che in questo momento non pensa al denaro, ai gioielli, alle stoviglie d'oro a cui pensa invece la fantesca (messa in secondo piano). Un quadro di erotismo felice, naturale, esibito, senza volgarità ma comunque terrestre, in movimento. Grande la differenza con le Danae del Tiziano, e non solo perché Rubens è compiutamente barocco.


Giovanni Battista Tiepolo: Giove e Danae 1736
41 x 53 cm Museo dell'Università, Stoccolma

Il quadro del Tiepolo è di piccole dimensioni, però preferisco inserire anche il particolare centrale. Mi fa gioco, perché le parole di Roberto Calasso lo spiegano benissimo. Sono nel libro "Il rosa Tiepolo" (un libro necessario, era ora che si rendesse giustizia al grande pittore):

"Se si percorre la folta galleria dedicata agli Amori degli Dei, si vedrà che pochi quadri osano spingere il grottesco al punto di Danae e Giove di Tiepolo, dove a una Danae intorpidita che ostenta un fianco dalle natiche massicce, ingombranti e frolle, corrisponde una dueña livida e rapace, preoccupata soltanto di raccogliere sul suo vassoio tutte le monete che piovono dal cielo, senza perderne una sola, mentre un Giove dalle carni senili cavalca frettolosamente una nube, in attesa di inoltrarsi nello scomposto letto di Danae".

e in un'altra pagina, tornando alla dueña, aggiunge:

"...lo stesso personaggio, riconoscibile dai tratti fisiognomici, dai capelli spartiti al centro e dalle vesti (sempre nere e sempre appaiate con una squisita gorgiera increspata), viene usato per la moglie del patriarca Abramo, nel momento in cui accoglie un insperato dono celeste, per la mezzana di un'indolente e adiposa cortigiana, nel momento in cui incassa da un cliente danaroso e divino..."

Calasso allude alla figura di Sara, negli affreschi giovanili del Tiepolo nell'Arivescovado di Udine.

Boucher: Danae Bayonne, Musée Bonnat

Ecco un disegno di Boucher, in cui compare il consueto armamentario: l'Amorino, il letto con Danae distesa, la luce danarosa che irrompe dall'alto. Ormai il mito è solo il pretesto per una rappresentazione libertina in fondo più casta di altre raffigurazioni di Boucher. E così sarà in tutto il Settecento e nell'Ottocento. Rappresentazioni ripetitive, cercando sempre nuove modelle (questo mi ricorda qualcosa). I quadri migliori sono i più direttamente erotici, non quelli che si appigliano ad una simbologia a cui non credeva più nessuno.

Girodet de Roucy-Trioson: Mademoiselle Lange come Danae
1799 65 x 54 cm Institute of Arts, Minneapolis

Curioso il quadro di Girodet de Roucy-Trioson. Per comprendere lo scandalo che provocò basta ricordare la data in cui fu eseguito: 1799. Il Settecento libertino era ormai finito, erano trascorsi dieci anni dall'inizio della Rivoluzione Francese. Il pittore aveva rappresentato l'attrice Mademoiselle Lange come Venere, qui sceglie il tema di Danae, inserendo lo specchio incrinato come simbolo di Vanitas (figurarsi!). Il dipinto provocò uno scandalo al Salon del 1799 e fu ritirato. Sia la carriera dell'attrice che quella del pittore furono compromesse.

Gustav Klimt: Danae 1907-08 77 x 83 cm

Basta con Danae? No, manca quella di Klimt, eseguita fra il 1907 e il 1908. Un quadro in cui il mito viene recuperato e reso moderno. La maternità, la fecondità, il principio femminile dell'universo... Tutto attraverso innovazioni talmente semplici che nessuno ci aveva pensato: la posizione fetale della donna, le monete d'oro quasi rese fluide come un fiume luminoso che scorre, i veli oscuri e trasparenti, il preziosismo dei capelli, gli effetti quasi da mosaici bizantini.

Dirck de Quade van Ravesteyn: Venere dormiente 1608 ca.
Vienna, Kunsthistorisches Museum

Con Klimt volevo chiudere, ma mi è venuto in mente un quadro di un pittore poco noto, Ravesteyn, a cui sono affezionato. Non è una rappresentazione diretta di Danae, ma è come se lo fosse. Solo che questa Venere-Danae è diversa dalle altre: per lei le monete sono un mezzo, non un fine. Il fine sono i gioielli con cui si adorna e con cui crede di coprirsi, riuscendoci assai poco. Questo quadro quasi sconosciuto dovrebbe piacere anche alle donne, perciò mi chiedo: alle donne, piace il mito di Danae? A quale Danae vorrebbero assomigliare?


(ma forse non finisce qui...)

9 commenti:

annarita ha detto...

Il mito di Danae è ambiguo, non so quanto piaccia all'universo femminile, in quanta parte vi si rispecchino. L'ultima immagine che hai inserito mi piace molto.
Solo che questa Venere-Danae è diversa dalle altre: per lei le monete sono un mezzo, non un fine. Il fine sono i gioielli con cui si adorna e con cui crede di coprirsi, riuscendoci assai poco..
Io adoro le collane di oibri e di sicuro mi ci sarei coperta di più e meglio :-)
Salutissimi, Annarita

Elena ha detto...

E' quasi impossibile non ritrovarsi almeno parzialmente in questo mito data la varietà di elementi che lo compongono e che appartengono all'universo femminile, la fecondità, l'erotismo, la sensualità. Tra tutte sceglierei la Danae di Klimt per la complessità, straordinaria, di tipo "moderno" in cui è più facile riconoscersi, anche se la Danae di Rembrandt è secondo me la più travolgente.
Ma ora vado a riguardarle tutte, non si finisce mai
Elena

Solimano ha detto...

Annarita, ho volutamente tralasciato alcuni quadri dell'Ottocento soprattutto francese, quadri da salon, li chiamavano, in cui il mito di Danae è rimasto solo nell'etichetta appiccicata al quadro. Ma è istruttivo, questo mezzuccio, perché quando Manet espose l'Olimpia, ci fu grande scandalo. Il motivo vero non era che ci fosse un nudo di donna, ma che si trattasse di un quadro non menzognero, un quadro veramente contemporaneo. Dopo di che, credo che sia troppo ingenuo pensare che questo è un mito che piace solo agli uomini. La pioggia d'oro, intesa in tanti modi diversi, dal banale al sublimista interessa anche le donne sia pure per ragioni diverse.
La collana di libri? Ci può stare, a patto che non si tratti di Enciclopedie. Vabbè che siamo a questo mondo per soffrire, ma non esageriamo!
Elena, concordo con te. La Danae di Klimt è un grande quadro, proprio per i motivi che dici: fecondità, erotismo, sensualità. Universo femminile, perché quella Danae è lei la protagonista, a differenza di prima, e che quei motivi venissero declinati al femminile è un grande salto. Il che può valere anche per Schiele, perché di fronte a quei quadri così pieni di forza ci si pone la domanda: chi è che regge veramente il gioco, il pittore o l'immagine?
Una visione dell'erotismo impensabile solo pochi anni prima, ad esempio lontana dai magnifici nudi di Renoir.
Infine, sui gusti personali, non c'è che dire, sono personali, Personalmente, oltre a Correggio e Rembrandt, apprezzo anche la gioiosa vitalità terrestre di Goltzius, e la ritualità vigorosa di Mabuse.

grazie e saludos
Solimano

Silvia ha detto...

Non certo a quella del Tiepolo:)Anche se il dipinto mi piace molto, proprio per l'elemento fortemente grottesco.

Ci devo riflettere.

Concordo con Elena, impossibile non riconoscersi, ma non con tutte le rappresentazioni è ovvio.
Alcune sono bellissime.
Ti dirò.

p.s. Mi chiedo cosa saresti diventato, a livello di notorietà intendo, se anzichè ingegneria avessi fatto storia dell'arte. Forse al posto di Zeri,(bravo molto) avremmo trovato un Casalini:)

Solimano ha detto...

Silvia, non sono di quelli che dicono: "Tornassi indietro farei tutto quello che ho fatto", tutt'altro: se tornassi indietro molte cose le farei diversamente.
Ma la scelta di Ingegneria la farei ancora, il rischio di diventare un pedante noioso era troppo forte, anche se tutti si aspettavano che scegliessi materie letterarie o artistiche. Ciò detto, Federico Zeri è stato un grande critico, un ottimo divulgatore ed un conoscitore che raramente sbagliava una attribuzione (conosceva bene l'aspetto di mestiere, ed anche alcuni falsari bravissimi). Scriveva anche bene, in modo coinvolgente, e si poneva il problema fondamentale: ampliare la conoscenza anche ai non addetti ai lavori, come noi. Avercene, come Federico Zeri.

grazie Silvia e saludos
Solimano

Habanera ha detto...

Il mito di Danae è affascinante ma io non avrei voluto essere al suo posto. Trattata come un semplice oggetto, sia dal padre che da Giove farfallone, finisce sposa del primo Re che la raccatta. Ma lei, di sua volontà, ha mai potuto fare (o non fare) qualcosa?
Questo per quanto riguarda il mito. La rappresentazione che ne hanno dato i vari artisti è cosa diversa e in questo caso posso anche divertirmi a scegliere.
Se fossi Danae vorrei affidarmi alle mani di Rembrandt; la sua è forse quella che sento più vicina, pur rimanendo in estasi davanti alla Danae splendida del mio amatissimo Correggio.

Grazie Solimano per questi tuoi bellissimi post.
H.

Silvia ha detto...

Gossaert dipinge una postura decisamente provocante ed erotica, soprattutto le gambe. Mi piace moltissimo.
Ma è Roucy-Trioson che porta ai massimi livelli, a mio modesto parere, questo aspetto. Forse involgarendolo un po' nella sua leziosità, e forse per questo mi piace assai.
Klimt è contemporaneo, in lui ci si identifica facilmente, soprattutto nella rotondità/circolarità compositiva assimilabile al ventre materno. Bellissimo.
Correggio, Tiziano e il Tintoretto nella loro bellezza compositiva e pittorica li sento tuttavia troppo distanti.
Goltzius non si scosta di molto nella composizione dell'immagine, ma l'uso del colore e della luce, me lo fanno preferire di gran lunga ai tre precedenti.
Dei Gentileschi mi piace assai quello della figlia, quello del padre mi pare più "ingessata" l'immagine.
Ma sono il ventre tondo e abbondante, la mano tesa e lo sguardo dolce della Danae di Rembrandt a catturae la mia attenzione di donna. Perchè in quel dipinto luminoso, così femminile ed umano, mi piacerebbe potermici identificare.

Zeri è stato un grande critico che ho sempre seguito con sommo piacere, mentre non riesco a sopportare Bonito Oliva. Sembra cha mondo le cose le sappia solo lui e non riesce a trasmettere una ceppa. Parrebbe impossibile, ma credo che avrei odiato l'arte se un soggetto del genere mi avesse dato l'imprinting.

I tuoi post Solimano, sono preziosi.Grazie

Solimano ha detto...

Habanera, il mito originario non si basa né sulle voglie di Giove né sulla disponibilità cosale di Danae, ma sulla impossibilità di sfuggire al proprio destino (il Fato!), proprio come il mito di Edipo.
Perché Acrisio rinchiude Danae nella torre? Perché l'eventuale figlio di Danae potrebbe uccidere lui, Acrisio. E così succederà. Quindi, Giove è uno strumento del Fato, perché anche gli dei sono soggetti al Fato. Da questo punto di vista, le somiglianze col mito cristiano della Vergine che partorisce un figlio sono forti, perché l'idea della pioggia d'oro, di per sé, non sa di violenza carnale. Il quadro del Beato Angelico, che volutamente ho messo in cima, è in fondo il più vicino al mito originario. Su questa base si potrebbero fare tante considerazioni, ne faccio solo una: certi miti (ad esempio quello di una vergine che partorisce un figlio) sono presenti in culture del tutto diverse, quindi sono profondi, non sono favolette inventate così, tanto per divertire.
Silvia, belle le tue osservazioni sulle rappresentazioni dei vari pittori. L'erotismo va personalizzato, altrimenti non è erotico, l'erotismo non è una roba libresca e concordo con quello che scrivi su Goltzius, Gossaert, Roucy-Trioson, pittori che hanno affrontato il mito privilegiandone il versante erotico: terrestrità e carnalità trionfante.
Di Federico Zeri dico solo bene, di Bonito Oliva non so, perché ogni volta che ho cominciato a sentirlo o a leggerlo, mi veniva subito voglia di fare qualcosa d'altro. Con Zeri no, mai.

grazie e saludos
Solimano

Silvia ha detto...

Ecco, appunto. Con noi Bonito Oliva potrebbe anche andare a coltivare fichi. E basta.