martedì 26 maggio 2009

Anna Karenina




Anna Karenina
(Livre mon ami -18)

di Solimano



3 febbraio 2007
Credo di avere risolto il caso Anna Karenina. Sospettavo che non si trattasse di un caso di suicidio, ora ho la certezza che è stata uccisa. L'assassino è un aristocratico russo, tale Lev Nikolaevic Tolstoj, già noto alle forze dell'ordine per diverse singolari manie, la meno grave delle quali è di scrivere libri.
Alcuni anni fa ci fu il caso Kuraghin, tutt'ora irrisolto. Anatolij Kuraghin, noto seduttore, stava infatti per rapire la consenziente contessina Natacha Rostova, fidanzata del principe Andreij Bolkonski, vedovo da non molto tempo e amico del detto Tolstoj. Invece di lasciare che le cose andassero verso la giusta conclusione - un matrimonio riparatore fra Anatolij e Natacha, giovani e belli entrambi - Tolstoj subornò un amico del principe Andreij, tale Pierre Bezukof, innamorato senza speranza di Natacha, a rompere le uova nel paniere. Fu così che al povero Anatolij toccò partire per la guerra in cui perse la vita fra inenarrabili sofferenze. E' evidente che la responsabilità morale di tutto questo risale al Tolstoj, che dopo la morte non so se casuale o provocata del principe Andreij, riuscì a far sposare Natacha al suo amico - e complice - Pierre Bezukof. Tipico matrimonio di interesse, le enormi ricchezze del Bezukof sono note a tutti.
Torniamo ad Anna Karenina; quale può essere stata la causa scatenante? Credo invidia e gelosia. Invidia per la felicità dei due amanti, Anna e il conte Vronskij. e gelosia perché Tostoij amava Anna, voleva portarla via al Vronskji, ma Anna gli si rifiutò, lo vedeva fra l'altro troppo simile come carattere e come aspetto - le grandi orecchie - all'ex marito Karenin. Pazzo di gelosia, furibondo per essere stato rifiutato, Tolstoji spinse Anna sotto la locomotiva, rifugiandosi poi nelle sue vaste tenute, dove si spaccia attualmente per benefattore dei contadini. Sarà bene arrestarlo, malgrado le altolocate protezioni di cui gode, perché ci risulta che sua moglie si sia innamorata di un violinista, sì quello che esegue spesso la Sonata a Kreutzer, proprio lui, l'idolo di tutte le signore moscovite. Se non si interviene per tempo, la vita della signora Tolstoji è in grave pericolo. Lev Nikolajevic Tolstoji è un delinquente abituale, fermatelo!

6 febbraio 2007
Pensateci bene, ho detto il vero, Tolstoj ha veramente ucciso Anna Karenina. Poteva salvarla, fare in modo che non andasse sotto la locomotiva, cambiare la parte finale del suo romanzo. Non l'ha fatto, non solo, l'ha uccisa con premeditazione: nelle prime pagine del suo romanzo la fine di Anna, che avverrà centinaia di pagine dopo, è in un certo senso anticipata, preannunciata, quasi profetizzata dalla morte di un ferroviere sotto un treno, c'è persino Vronskji, che ha appena conosciuto Anna, che offre un aiuto alla famiglia del ferroviere.
L'arte di Tostoj è grande e lucidissima, resta da chiedersi il perché abbia scelto questa conclusione. Non sono uno psicologo, sono solo un suo appassionato lettore, e conosco un po' la biografia di Tolstoj dal libro bellissimo che gli dedicò il giovane Pietro Citati. Credo che quello che conta non siano i dati biografici, ma i suoi personaggi, specie quelli femminili.
In Anna Karenina c'è un altro importante personaggio femminile, Kitty, che sposerà Levin, che è una proiezione di Tolstoj. Ma prima, innamorata di Vronski, dice di no a Levin, e lo sposerà solo dopo anni.
In Guerra e Pace, Natacha viene affascinata da Anatolij Kuraghin, cade in preda ad un amore cattivo, quasi una possessione, e solo dopo lunghe traversie sposerà Pierre Bezukof, che è ancora una proiezione di Tolstoj.
La "Sonata a Kreutzer" è il lungo sfogo autobiografico di un uomo che ha ucciso la propria moglie. Passando dall'arte alla vita, tutti sappiamo che a più di ottant'anni Tolstoj fuggì di casa, per morire dopo una decina di giorni nella sala d'aspetto della stazione di Astapovo. Persino in Anna Karenina Tolstoj non racconta mai la positività di un amore, non è nelle sue corde, è un tema che vorrebbe sentire ma non sente perché forse non l'ha mai vissuto, proprio lui, che della esemplarità della sua vita familiare aveva fatto una bandiera.
Mi piacerebbe che qualcuno riuscisse a dimostrarmi il contrario, facendomi leggere una pagina, una sola, in cui Tolstoj parla direttamente della felicità in amore. Ne parla sempre indirettamente, mai mostra l'amore felice in azione. Forse dà corpo nei suoi personaggi femminili a quello che poteva essere l'ossessione della sua vita, quella di essere più ammirato che amato. O forse si rendeva conto che il suo volontarismo amoroso copriva una sua incapacità di amare, oltre che di essere amato. Anna ama Vronski e ne è riamata, con questo segna la sua condanna.
Che voglio dire con tutto questo? Che persino un genio letterario come Tolstoj poteva essere indifeso come un adolescente di fronte all'amore, e che magari per tutta la vita reale e letteraria si è raccontato delle mirabili storie, pagandone il fio negli ultimi giorni.


8 febbraio 2007
Il personaggio di Anna Karenina assomiglia a Rebecca Sharp: sono entrambe più vaste dei loro autori. Non credo che questa osservazione nasca da un mio gioco ironico, credo che queste cose si verifichino, cioè che uno scrittore, stretto dalla propria storia personale e sociale, non riesca a vivere una vita così piena e ricca come è quella di certi suoi personaggi, che paradossalmente sono più liberi di lui.
E' vero anche per altre forme d'arte: il diario del Pontormo è di uno squallore unico, lo scriveva mentre rappresentava in pittura figure di incredibile finezza, non sto facendo un discorso di capacità tecnica, la finezza del Pontormo (o del Correggio o del Parmigianino) è una finezza profondamente intellettuale.
Lo stesso Vronski è un personaggio che Tolstoj non comprende appieno, cerca addirittura di denigrarlo senza riuscirci: Vronski ama Anna di un amore che Tolstoj non si è mai sognato di provare in prima persona. Difatti, cerca di idoleggiare i personaggi di Natacha e di Kitty, lo fa con assoluto impegno, credendoci, ma chi di noi sente in questi personaggi una profondità di vita amorosa?
Stranamente, Tolstoj riesce invece a rappresentare mirabilmente altri personaggi: Dolly in Anna Karenina e Marja, la sorella del principe Andrej, in Guerra e Pace. La positività di Dolly nelle piccole/grandi cose quotidiane e la profondità spirituale, la bontà vera di Marja lo affascinano più dei suoi modelli esemplari, Natacha e Kitty. Splendide le pagine di Guerra e Pace in cui sono in rapporto fra di loro Marja, Andrej e il loro padre; il rapporto reciproco, in cui l'affetto prevale infine sul conflitto si estrinseca fin nelle piccole cose, la lezione di matematica che il padre dà alla figlia, la tolleranza che il laico Andrej ha per la religiosità della sorella.
E, ancora stranamente, Tolstoj rappresenta in modo esemplare due personaggi mediocri ma importanti, si sente che Tolstoj li ama, questi personaggi: Stiva Oblonski, il fratello di Anna Karenina, e Nicolaj Rostov, il fratello di Natacha, che sposerà poi Marja. Credo che ci sia in questo atteggiamento una specie di identificazione inconscia, mentre l'identificazione conscia è rivolta a Bezukof e a Levin. E' come se Tolstoj sentisse la sua mediocrità nel sentimento amoroso e cercasse di sublimarla scrivendo, ma gli uscivano perfetti quelli che erano come lui nella vita reale. In Anna Karenina, Levin e Anna non si incontrano di persona per tutto il romanzo, salvo un capitolo verso la fine. Ogni volta che lo leggo penso: ecco la donna che Levin avrebbe voluto amare, ma da cui Tolstoj (burattinaio che con Levin si identifica) l'ha tenuto saggiamente lontano per tutto il romanzo. Meglio che sposasse Kitty, Anna era troppo, per lui.

10 febbraio 2007
Nel 1877 Tolstoj ha 49 anni e pubblica Anna Karenina. Vivrà ancora più di trent'anni, scriverà moltissimo, ma il suo grande periodo, quello di Guerra e Pace ed Anna Karenina, è concluso. Non solo, nei suoi ultimi decenni Tolstoj, in preda ad utopie misticheggianti, manifesterà disprezzo per i suoi due capolavori. Quando aveva trentaquattro anni aveva sposato Sofia Bers, diciassettenne; durante il matrimonio nacquero tredici figli di cui nove sopravvissero alla prima infanzia. Negli ultimi decenni la situazione fra i coniugi divenne sempre più tesa ed i litigi frequenti. In genere i figli maschi si schieravano dalla parte della madre e le femmine col padre. Fino al dramma finale, con la fuga in treno e la morte nella sala d'aspetto della stazione di Astapovo. Ma ciò fa parte della biografia quotidiana di un essere umano che si chiamava Lev Nicolaevic Tolstoj, a noi interessa capire perché con Anna Karenina finisca il grande Tolstoj, salvo alcune pagine de La Morte di Ivan Ilyc e de La Sonata a Kreutzer, racconti lunghi generalmente sopravvalutati. Divenne, in quei decenni, il monumento a se stesso, alle utopie che lo resero popolare in tutto il mondo, fino alla determinante influenza su Gandhi. La controprova di quanto fosse disturbato, quanto fosse divenuto incapace di giudizi sereni, si ha proprio con La Sonata a Kreutzer, ed è ridicolo che ancora oggi di questa sonata al centro della operatività di Beethoven, si tenda a dare una interpretazione tolstoiana del tutto ingiustificata, come sono ingiustificate ed improprie le parole che scrive Tolstoj nel racconto omonimo. La Sonata a Kreutzer è - molto semplicemente - un capolavoro della prima maturità di Beethoven, scritta prima dell'Eroica e dell'Appassionata. Ma Tolstoj volle prendere questa sonata come esempio tragico per proiettare il suo disastro amoroso fuori di sé. Furono decenni di odio, fra lui e la moglie, ma le basi si erano stabilite negli anni in cui scrisse i suoi capolavori. Cosa conta, alla fine? Amare le centinaia e centinaia di grandi pagine che ha scritto, tornare a leggerle di frequente mantenendo intatta la capacità di giudizio morale ed artistico: sapere le ossessioni di Tolstoj ci aiuta ad amare meglio - con più consapevolezza - i suoi grandi personaggi, quelli che comprendeva e quelli che non era in grado di comprendere.

P.S. Avevo a disposizione molte belle immagini di Greta Garbo e di Vivien Leigh, ma ho preferito Tatyana Samojlova nel film "Anna Karenina" di Aleksandr Zarkhi (1967). La ricerca delle immagini è stata durissima: ho trovato qualcosa solo usando Google con i nomi in cirillico, altrimenti niente da fare. Perché ho scelto Tatyana Samojlova? Perché è quella che assomiglia di più all'Anna che ho in mente io.

11 commenti:

Silvia ha detto...

Bellissimo post Solimano come sempre sono i tuoi. Me lo sono gustata proprio e concordo su ciò che dici. Ritornerò questa sera perchè ora non ho tempo.
Tolstoj è uno dei miei autori preferiti.

Amfortas ha detto...

Io, al contrario di Silvia, non sono un grande fan di Tolstoj.
Mi piace moderatamente, ma trovo altri scrittori russi più adatti a me.
Dosto, da sempre.
Siamo indifesi di fronte all'amore? Non so, l'amore è qualcosa di molto più razionale di quanto si creda, secondo me.
Forse siamo indifesi di fronte alle passioni, che en dici?
Ciao.

Solimano ha detto...

Silvia, grazie, e mi raccomando, occhio agli uomini con il carattere come Tolstoj: meglio leggerli che frequentarli.
Amfortas, ti faccio una confessione a voce bassissima. L'esperienza di leggere Delitto e Castigo a sedici anni fu folgorante, e l'ho iterata diverse volte. Da restare a bocca aperta di giorno e di notte, e tu certo conosci i tanti perché. Ma anche altri due di Feodor sono fra i miei prediletti: I Karamazow e I Demoni (ebbene sì!) che ho letto molto più tardi. Il che non vuol dire denigrare Lev Nicolaevic, questo no. Ma forse aveva ragione quello che disse che Dostoevsky poteva mettere nei suoi romanzi un personaggio come Tolstoj (lo fece nei Demoni con Turghenev), mentre Tolstoj non poteva mettere nei suoi romanzi un personaggio come Dostoevsky. Caro Paolo, i russi picchiano duro: e Lermontov, e Puskin, e Gogol ? Etc etc etc, e certo lo sai, anche per il Novecento.

grazie e saludos
Solimano

Silvia ha detto...

Carlo tra i tanti, aveva tre amori letterari e filosofici: Miguel de Cervantes, Schopenhauer, Dostoevsky.
DIOstoevsky come lo definiva lui.
Avendo letto quest'ultimo in età giovanile, ed essendomi così appassionata alla letteratura russa che è la mia pareferita, ho potuto apprezzare poi, attraverso i suggerimenti aspetti che mi erano sfuggiti di opere così grandi e complesse da comprendere. Per cui non posso che essere d'accordo con voi. E anche Tolstoj, di cui lessi, sempre molto giovane, Anna Karenina, ne feci una rilettura molto attenta in età adulta. E non posso ora, non concordare con Carlo che lo definiva un capolavoro assoluto.
Anche Tolstoj, se non ai massimi livelli di Dostoevsky, ha saputo scavare nel profondo delle miserie dell'animo umano.
Io penso sempre che noi lettori di uno scrittore possiamo godere il meglio e saremmo decisamente stupidi se non lo facessimo. Non devo ammirare l'uomo Tolstoj, io devo godere dello scrittore, e questo, lo faccio ogni volta che mi è data l'occasione.
Anche La morte di Ivan Ilic a me non è dispiaciuto e Turghenev non mi dispiace. Ma io non faccio testo: per me la letteratura russa è la migliore. Ora aspetto in pace di essere uccisa:)

giulia ha detto...

L'ho letto tre volte. Io ho sempre avuto una certa paura di leggere la biografia degli scrittori. Sono d'accordo con Silvia quando dice: "Io penso sempre che noi lettori di uno scrittore possiamo godere il meglio e saremmo decisamente stupidi se non lo facessimo. Non devo ammirare l'uomo Tolstoj, io devo godere dello scrittore, e questo, lo faccio ogni volta che mi è data l'occasione".
Preferisco leggere quello che scrivono e sentire la risonanza che hanno in me. Per esempio, Tolstoj mi piace, ma Dostoevsky mi ha dato di più.
Quando ho letto Anna Karenina ho tifato per lei e, fosse stato per me, non l'avrei fatta morire. L'ho sentito più che un suicidio, un delitto. Del resto quanta gente si suicida, perchè spinta da qualcosa o qualcuno che non gli permette di vivere una vita come la vorrebbero!!

Comunque, Solimano, è proprio una bella analisi quella che fai. Molto intrigante.
Grazie

Habanera ha detto...

Ma povero Lev Nikolaevič.
Tutti a dire che sì, non è malaccio, specie in "Guerra e pace" ed in "Anna Karenina", ma vuoi mettere con il grande Dostoevskij?
Anche Marcel Proust, che pure ama Tolstoj tanto da giudicarlo "un Dio sereno", vede (in un certo senso) Tolstoj come un imitatore di Dostoevskij:
"Quant à Dostoïevski, je ne le quittais pas tant que vous croyez en parlant de
Tolstoï, qui l’a beaucoup imité. Et chez Dostoïevski il y a, concentré, encore
contracté et grognon, beaucoup de ce qui s’épanouira chez Tolstoï."
(dal quinto volume de À la recherche du temps perdu)
Certamente è tutto verissimo ma Tolstoj, pur afflitto da una distruttiva esaltazione religiosa dopo la conversione al cristianesimo, a me (laicissima e freddamente razionale) fa più tenerezza che rabbia e condivido in pieno i suoi valori morali.
Non so se lo avrei sopportato come marito ma come scrittore, ed anche come uomo, per me resta sempre grandissimo.
H.

Solimano ha detto...

A me interessava capire perché uno scrittore grande come Tolstoi negli ultimi trentacinque anni di vita non abbia scritto più nulla di paragonabile a Guerra e pace od Anna Karenina. In fondo, quello che è successo al Manzoni dopo i Promessi sposi, che, comunque lo si gaurdi è pur sempre un grandissimo libro. La mia risposta è che entrambi avevano indossato un sistema di valori e di credenze che li portava fuori strada, perché la grande scrittura non è frutto di volontarismo, ma cresce su una schiettezza conscia ed inconscia, non su una sovrapposizione (razionale o utopica fa lo stesso) sulla loro vera natura, comprese le loro ossessioni. Dostoevsky era certamente pieno di ossessioni, ma le affrontava a viso aperto, le viveva ogni giorno su se stesso. Non cercava la formuletta magica perché tutto andasse a posto.
A parte tutto, chi esiste oggi veramente per noi? Anna Karenina e Rascolnikof, Svidrigailov e Gruscenka, perché, come dice splendidamente Laborit, "è l'opera che vive di una vita che non invecchia".

grazie e saludos
Solimano

Bilico ha detto...

Ed eccomi finalmente capitato in un blog pregno di amanti della letteratura russa, che mai è stata (e probabilmente mai sarà) raggiunta da quella europea, nè da quella americana.
E' che i russi sono coscienti di appartenere ad una terra sconfinata, di avere tutti i mezzi per imporsi al mondo, di potersi staccare sopra l'esperienza straniera.
Eppure, pur avendo i mezzi, non lo hanno mai fatto.
In questa triste consapevolezza germoglia, a mio avviso, l'intramontabile grandezza dei suoi interpreti maggiori: Tolstoj e, of course, Dostoevskij.
Dostoevskij ha segnato la mia vita, quindi nell'analizzare le differenze tra i due parto alterato dal debito d'amore che serbo nei suoi confronti.
Tuttavia, posso sforzarmi e provarci.
I dialoghi di Dostoevskij sono inarrivabili, e la tensione che viene a materializzarsi in alcuni di essi è persino inquietante. I dialoghi dei personaggi dostoevskiani penetrano fino in fondo, e non lasciano traccia di ciò che li ha mossi. Arrivano ovunque, senza che chi ci si imbatta possa rammentatre donde si sono originati.
Anche le cosiddette "zone d'ombra" dei personaggi di Dostoevskij (così come le ha chiamate Proust) restano inimitabili, ma soprattutto restano ad un'altezza irraggiungibile per quelle di Tolstoj, che, forse volontariamente o forse no, ci delucida troppo chiaramente il percorso emotivo dei suoi personaggi, senza (o quasi) lasciare nulla di non-detto.
Ma se per Dostoevskij basta il "principio" di lettura, dopodichè ci si ritrova volenti o nolenti intrappolati nel suo universo senza più potersene liberare, per Tolstoj ci vuole più pazienza. Occorre la consapevolezza di essersi gettati nella mischia con un uomo nato con la penna in mano, la quale avrebbe potuto essere usata per qualsivoglia intento, e avrebbe in ogni caso fatto centro.
La lettura di Tolstoj è proprio questo: attendere pazientemente che la sua penna faccia centro. E lo fa, eccome se lo fa. Lo scrittore russo è capace di giungere, come casualmente, ad intervalli estremamente irregolari, alla semplice "perfezione stilistica". Giunge a scrivere un qualcosa nel miglior modo immaginabile, e a far sì che quel qualcosa resti immutato ed eternamente congelato nella mente di chi ha avuto la fortuna di scorrervi sopra i suoi occhi esterrefatti.
In questo, sfiorato dalla grazia divina, Tolstoj supera il rivale.
Come il mondo abbia potuto contenerli entrambi, nel medesimo periodo, questo non è dato sapersi.
I due più grandi di sempre, a poche centinaia di chilometri di distanza e talvolta a poche decine, durante gli stessi giorni, pubblicati sugli stessi giornali, agli occhi dei pure ancora ignari stessi fortunati spettatori. Che capolavoro.
I livelli di Dostoevskij raggiunti nel disegnare un Nikolàj Stavrogin, però, Tolstoj non li ha mai toccati.

Bilico

Solimano ha detto...

Bilico, lo so, è un discorso pericoloso, quello della specificità della grandezza russa, della dismisura. Ma non mi sento di dissentire da te. Non per fare dei confronti che sarebbero sterili e presuntuosi, ma l'evidenza di quelle pagine è troppo forte: non stancano mai, non finiscono mai di dirci qualcosa di cui alla lettura precedente non c'eravamo accorti.
Poi sì, c'è il discorso della perfezione stilistica di Tolstoj e della profondità di Dostoevskj, ma anche qui va considerato che Dostoevskj ha una forza orale, teatrale (non certo in senso riduttivo) unica, per questo i suoi dialoghi sono inarrivabili.
Giusto il discorso di Stavrogin a cui aggiungerei anche Svidrigailov.

grazie e saludos
Solimano

sabrinamanca ha detto...

Ho appena terminato L'idiota e sono ancora ubriaca.

Bilico ha detto...

sabrinamanca ti amo!
L'Idiota andrebbe fatto studiare a scuola, a partire dalle elementari.
E Solimano, a mio modo di vedere Stavrogin è il compimento di Svidrigajlov, che era ancora troppo fine a se stesso.
Stavrogin è ciò che ogni scrittore vorrebbe riuscire a generare: un originale che nessuno hai mai delineato, uno straordinario eppure così reale, un tipo di uomo mai smascherato ma col quale ognuno ha sempre avuto a che fare. E quando leggi i tratti di quel personaggio ti si illumina il cuore perchè ricordi di averlo già incontrato, in un luogo e in un tempo che non riesci ad afferrare, e di essertene già allora innamorato a dismisura.
Nikolàj Stavrogin è la materializzazione di un universo già conosciuto, ma mai apostrofato.