di Solimano
Abitavo a Parma e la domenica mattina passavo due ore nella Galleria Nazionale, che sta nel Palazzo della Pilotta, a meno di trecento metri da casa mia. La Galleria Nazionale la conoscevo bene, conoscevo anche i custodi, che ogni tanto mi lasciavano visitare i ricchi depositi dei quadri non esposti.
Fu lì che imparai che di fronte ad un quadro ci si può fermare a lungo, anzi, si dovrebbe farlo. Guardavo attentamente una ventina di quadri, non di più, tornando magari a guardarli la domenica successiva. Scoprivo ogni volta delle cose di cui prima non mi ero mai accorto.
A questo punto appare evidente perché ho scelto per questo post il titolo "I nostri occhi, prima": la fruizione e la comprensione artistica è tutt'altro che facile, richiede approfondimenti di ogni genere, ma è sbagliato non cominciare con l'esperienza di guardare i quadri o gli affreschi in un modo saggio e ingenuo: con gli occhi bene aperti, con disponibilità ad accorgersi di quello che c'è su quella tela o tavola o muro.
Il resto seguirà, ma se trascuriamo questo iniziale accorgerci, ciò che impariamo dalla guida o dai libri saprà di imparaticcio, di faticoso ed affaticante; soprattutto non trasmetterà la gioia, il piacere, la soddisfazione che invece ci possono dare quelle opere, se affrontate ad occhi nudi.
Giunsi al punto di entrare in musei in cui non ero mai stato e di fermarmi di fronte ad un'opera che non conoscevo senza guardare il cartellino con il nome dell'autore. C'è tanta roba di cui ci si può accorgere, perché sta lì, davanti a noi, vicino alla punta del nostro naso. In questo post inserisco tre esempi. E' indispensabile allargare le immagini, se si vuol seguire il procedere dell'accorgersi.
Sto scrivendo una serie di post in Stanze all'aria col titolo "Alla ricerca dell'arte perduta". Qualche tempo fa, ho inserito la Leda di Leonardo da Vinci, un quadro che non c'è più ma che ha lasciato tracce sia in disegni di Leonardo e di altri sia in copie eseguite da pittori non mediocri.
Una di queste copie è agli Uffizi, e l'ho guardata con particolare attenzione perché volevo individuare le differenze fra una copia e l'altra, per capirne i motivi ma ancor più per cercare di capire come fosse veramente la Leda leonardesca.
In alto a sinistra una grande rupe rocciosa che in cima diventa quasi pianeggiante. Qualche albero, due prati, alcuni animali accosciati. Nella rupe c'è una apertura in cui compare il cielo chiarissimo, in netto contraso col nero della rupe.
Le gradazioni di colore diverso nelle foschie dei lontani (così li chiamavano), la strada bianca e i tre gruppi di case bianche che cadenzano le distanze, il fiume che scorre sotto il gruppo di case più vicino a noi, e l'acqua di un altro ramo del fiume che si intravede fra le zampe del cigno, animale acquatico.
Le ondulazioni dei capelli della Leda, la doppia treccia: quella raccolta sul capo e quella che scende sul petto. Ancora sulla rupe l'albero sghembo e rigoglioso col tronco che esce in orizzontale, appena sotto la rupe il grande arbusto mezzo verde mezzo secco.
Il modo che ha l'ala destra del cigno di abbracciare il fianco della Leda, seguendo l'ondulazione del corpo, la cresta dietro la testa del cigno, quasi fosse un cigno-drago, l'ombreggiatura del pelo pubico della Leda, la forma dell'ala sinistra del cigno, con tre serie diverse di penne, ogni singola penna disegnata piuma per piuma.
Il ramoscello di fiori che tiene in mano la Leda, la forma circolare del corpo del cigno visto frontalmente, i tratti di rottura dei gusci delle uova, i quattro neonati che hanno forma ovoidale perché appena usciti dai gusci.
La Leda, che appoggia un piede sull'erba e che con l'altro piede non appoggia ma sfiora il terreno rioccioso, le erbe palustri che crescono in bordo al fiume che si intravede fra le zampe del cigno, il prato fiorito in primissimo piano davanti ai piedi della Leda.
Il quadro "La taverna" di William Hogarth fa parte della serie di otto quadri che attualmente sono al Soane's Museum di Londra e che vanno sotto il nome "La carriera del libertino". La serie fu eseguita negli anni 1733-35 ed ogni quadro è di 62,5 x 75 cm. Una ottima descrizione è riportata nel volume dedicato ad Hogarth della collana I classici dell'Arte Rizzoli Editore, Milano 1967. In questo caso la presentazione è di Gabriele Baldini e gli apparati critici e filologici sono di Gabriele Mandel. Traggo alcuni brani dalla sua presentazione del quadro:
"Un locale nella "John Bonvine at the Rose Tavern Drury Lane", come è scritto in un grande piatto di peltro (vedi sotto), la taverna a Bridge Street demolita nel 1776. Il libertino siede alla destra d'una gran tavola rotonda: ha lo spadino infilato di traverso e, ai piedi, la lanterna ed il bastone d'una guardia notturna, segno che ha appena partecipato ad una rissa nella strada: due prostitute stanno rubandogli l'orologio, che segna le 3; alle loro spalle, una negra; al centro, un'altra mondana schizza liquore (gin, si vuole) in faccia ad una compagna (si sa che Hogarth aveva assistito ad un episodio del genere, in compagnia di F. Hayman); fra le due, una coppia in tenerezze; in fondo, una donna sta vandalicamente bruciando una carta geografica coi due globi, marcata "Totus Mundus": presso l'uscio un arpista e un trombettiere intrattengono i convitati.
Più a sinistra, una cantante da strada, incinta, intona "Blake loke", una ballata sconcia; con lei, il cameriere della taverna, soprannominato Leather Coat (giacca di cuoio), famoso per la robustezza delle costole, che metteva a dura prova facendosi passar sopra una carrozza; quest'ultimo reca il gran piatto di peltro suddetto e una grossa candela: l'uno e l'altra riguardano la donna in primo piano, che si sta spogliando (come riferiscono le cronache, essa ballava nuda sul piatto posto al centro della tavola, al lume di candela). Alle pareti, una serie di imperatori romani, dal viso strappato, meno quello di Nerone."
Del'Annunciazione di Carlo Crivelli, conservata a Londra nella National Gallery, inserisco quattro immagini, anziché le due degli altri quadri, perché è un quadro ricchissmo di particolari. Il quadro fu eseguito nel 1486 per la chiesa dell'Annunziata di Ascoli Piceno e reca in fondo la scritt LIBERTAS ECCLESIASTICA perché nel 1482 Papa Sisto IV aveva concesso l'autonomia amministrativa alla città. Facendo salire lo sguardo appena sopra questa scritta, dopo aver incontrato una mela ed un cetriolo, sui basamenti dei pilastri a destra ci sono due scritte: la prima è la firma del pittore: OPUS CAROLI CRIVELLI VENETI, la seconda è la data: 1486.
I pilastri (che sarebbe meglio chiamare lesene) inquadrano la stanza della Vergine. C'è una porta a due ante per accedervi, di un'anta si vede solo lo stipite, l'altra la si vede in prospettiva ed ha una decorazione a candelabre analoga a quella delle lesene. La Vergine è inginocchiata davanti ad un leggio su cui c'è un libro, un codice miniato, nelle mani della Vergine si vede un modo rappresentativo usuale nel Crivelli: il mignolo distaccato dalle altre dita e il medio e l'anulare congiunti. Il leggio è in legno schietto, si vedono le rigature, analogamente in legno sono i pannelli in fondo alla stanza. Il letto, a cui si accede per una scaletta, ha tre cuscini gonfi e una coperta verde scuro con ricami dorati. Più in alto ci sono stoviglie, ampolle, un candelabro e dei libri. Tutto si vede perché il tendaggio rosso è scostato. Il soffitto è a cassettoni con dorature. Poco oltre l'attaccatura dei capelli della Vergine(che le arrivano fino alla cintura) c'è un diadema, su cui arriva un raggio. L'uccello bianco circondato da raggi dorati è lo Spirito Santo. Il raggio penetra nella stanza attraverso un foro appositamente praticato nel fregio che divide il piano nobile dal pianterreno del palazzo. Sul pavimento a sinistra, al di fuori del palazzo, sono inginocchiati l'Angelo Gabriele e Sant'Emidio, il patrono di Ascoli, che regge il modelletto della città turrita. Non vedono la Vergine, perché sono davanti al muro, la finestra con la grata è più in là, basta guardare i quadrati sul pavimento. Sono lì per mostrarsi a noi, difatti sia l'Angelo che il Santo hanno gli arnesi d'ordinanza; l'Angelo ha il giglio, il Santo i paramenti da Vescovo. La prospettiva della strada non è costruita solo dagli edifici, ma dai corpi delle persone, scalate in profondità. Le persone sono disposte a varia altezza sulla superficie del quadro, ed ogni persona ha un suo atteggiamento e una sua disposizione: frontale, di schiena, fermo, in movimento. Tre persone sulla sinistra dialogano (due frati e un laico), un bambino biondo con la cuffia si sporge dal terrazzino facendo ombra sulla ringhiera marmorea. Procedendo nel quadro, c'è un uomo di profilo con un maestoso manto marrone e il cappello rosso; si intravede, appena più in là sulla sinistra, una donna giovane che sta diritta perché trasporta un recipiente sulla testa.
Comincia un altro palazzo. Attraverso il grande ingresso ad arco trionfale (c'è anche un medaglione circolare), si entra in un cortile, però prima si incontra un uomo giovane con i capelli biondi e ricci: tiene una mano sul fianco e con l'altra si fa solecchio sopra gli occhi. Nel cortile, altre persone, che camminano o conversano; in fondo al cortile una grata si apre nel muro con merli ghibellini. Dietro, quattro piante, tre conifere e una latifoglia, con le cime diversamente orientate. Salendo con lo sguardo, si scorge il loggiato sopra il palazzo. Un uomo vestito di nero ha di fronte un libro, che sta su un tappeto steso sulla ringhiera del loggiato. L'uomo ha in mano una missiva che probabilmente gli ha portato un altro uomo che sporge in avanti la mano. Sulla ringhiera del loggiato appoggiano anche una gabbietta ed un vaso con una pianta. Salendo ancora , si incontrano tre pali che sporgono da un palazzo; i tre pali sono diversamente scalati in profondità e su di essi stanno sette piccioni, di cui uno con le ali aperte. Ci sono altri due piccioni, uno in volo ed uno che sbuca da un pertugio sul palazzo. Portando lo sguardo tutto a destra, si vede il piano nobile del palazzo dove a pianterreno sta la Vergine. Vediamo subito il pavone con la coda lunghissima, che arriva fino al disotto dell'architrave. Un grande tappeto steso a piegoni, sopra di cui appoggia un vaso con una pianta a foglie lunghe. Sulla destra, un altro vaso, la cui forma richiama un'anfora, con una pianta a foglie larghe. Poco sopra il tappeto, c'è una gabbia contenente un uccello bicolore. Ancora più in alto un uccello grassoccio sta sulla pertica orizzontale. C'è anche altro, Carlo Crivelli non stanca mai.
Dopo, solo dopo, si ascoltano i giudizi di valore, di merito, di storia, di gusto, ma non ci si fa menare per il naso, distinguendo il grano dal loglio e soprattutto educando il nostro gusto, la cosa più importante per noi, ognuno di noi è diverso dagli altri, è bello che sia così.
10 commenti:
Sono rimasta incantata nel tuo inserimento dalle tue descrizioni dei quadri.
Sai, sembra che tu parli quasi dei tuoi figli, e ce ne racconti le prodezze che hanno fatto oggi: la prima parola che hanno detto, quell'accenno di pianto che ne ha reso il visino così dolce, quell'espressione di stupore nel trovare dentro la calza della befana, quella macchinina che sognava da tempo.
Non mi sono mai posta davanti ad un quadro come fai tu, però quello che descrivi, per me, è simile a quando visito qualche sito "storico".
Ad occhi chiusi cerco odori che mi riportino nel passato, resto in ascolto di echi di parole....e cerco di appropriarmi di emozioni lasciate là e non ancora raccolte da nessuno.
Suggestioni di cui sento di aver bisogno ma che a volte mi mettono paura.
Suggestive le tue descrizioni, che aggiungono una sensibilità nuova ai nostri occhi che ritornano su dettagli sfuggiti e li apprezzano al di là di quello che tu stesso ci proponi, ottenendo un risultato che forse neppure tu ti aspettavi.
Grazie di questo. Carla
Questo è un post (parola inadeguata ma che serve a capirsi) che vale un intero blog.
Lo sto leggendo adagio, soffermandomi sulle immagini ingrandite, cercando i particolari uno ad uno, godendo nel riconoscerli.
Per ora mi fermo qui, sulla Leda e la Taverna di Hogarth.
Non sono ancora riuscita a vedere tutto, a capire tutto, a sentire tutto.
Occorre lasciarsi guidare, senza fretta.
L'Annunciazione del Crivelli dovrà aspettare ancora un po' perchè io possa gustarla in pieno, fino in fondo. Le dedicherò tutto il tempo necessario alla prossima rilettura.
Intanto ti dico grazie, Solimano
H.
fate clic su
Arengario-I bei momenti
che è qui tra i preferiti.
Per noi Solimano non è una novità, magari chi passa di qui si è perso tante cose come questa.
Solimano, che dire? Sto facendo quello che dici e ho cominciato ieri che avevo un po' di tempo e continuo oggi. Io a volte non vado a vedere le mostre quando c'è da correre. Detesto quel guarda e fuggi, non mi dà niente. Ti ho letto con attenzione, ma ora provo a guardarli con i miei occhi, per vedere cosa colgo io, perchè gli sguardi possono essere differenti e per quanto si osservi, sfugge sempre qualcosa.
Giulia
A me piace fare entrambe le cose: prima il guarda-e-fuggi, poi, con calma, l'osservazione di tutti i particolari.
Inutile ripetere che con Solimano -davanti al quale m'inchino in una profonda proskynesis, quasi come l'Angelo e S.Emidio- il divertimento (un divertimento "intelligente", mai noioso nè pedante) è assicurato!!!
Aggiungo due parole su quella specie di disco volante da cui parte il raggio che colpisce la Vergine. Avete idea di quanti siti ci siano, in rete, dove il dipinto del Crivelli è citato a sostegno della teoria di avvistamenti di UFO fin dall'antichità??? Ma basta zoomare più attentamente sulla presunta astronave e si scopre l'arcano... una corona di angeli circonfusa di luce dorata, ecco di cosa si tratta!!!
Solimano, a quando i prossimi "quadri al rallentatore"?
Roby
Carla, il punto, non solo per i quadri ma per tutto, è accorgersi. E' un punto soprattutto biologico, ci accorgiamo attaverso i nostri sensi, che sono contattati ogni giorno da decine di migliaia di percezioni di ogni tipo, e giustamente il cervello costruisce dei meccanismi di difesa indispensabili: troppo troppo troppo. Se riusciamo a diventare selettivi, scartando ad esempio tante percezioni a valore aggiunto basso o nullo, siamo più disponibili a vedere, ascoltare, toccare, odorare, gustare quelle che ci fanno vivere meglio. Ad accettarle, queste percezioni, prima di tutto. Se facciamo così, ci diranno che che siamo distratti, mentre in realtà siamo concentrati sull'essenziale. Senza prevaricare sul quadro, senza mettercisi davanti, ma lasciandoci penetrare dal fluire delle percezioni, anche le più piccole. Non per umilismo (a cui non credo) ma per lucida intelligenza. Successivamente ci sarà un lavorìo di approfondimento di ogni tipo che sarà utile perché si appoggia su fondamenta che abbiamo dentro di noi. Un discorso pericoloso perché qualcuno potrebbe prenderlo come una giustificazione dell'ignoranza. No, è un discorso di priorità, poi si prosegue, non si cade nella sensiblerie che non aiuta ma rimpicciolisce. E questo approccio vale anche nell'affrontare le letture poetiche, ad esempio il come affrontare la lettura dei canti di Dante che non abbiamo fatto a scuola (praticamente tutto il Paradiso), ma ne parleremo un'altra volta.
Habanera, fortunatamente, alla Pinacoteca di Brera ci sono alcune opere importanti di Carlo Crivelli. Le guarderemo insieme e magari Giuliano scenderà dal comasco.
Giuliano, hai detto bene, I Bei Momenti... Ci sono dei giorni in cui mi viene voglia di fermare tutto il resto e dedicarmi solo alla revisione dei Bei Momenti sia come testo che come immagini per inserirli nella Biblioteca di Stanze all'aria. Non si può fare tutto.
Giulia, ci vuole un po' di tempo, ma non troppo. All'inizio ci si sente un po' ridicoli: "Che sto qui a fare?", poi, se riusciamo a tacitare il grillo parlante che è in noi, comincia una specie di lieta caccia svolta dai nostri occhi, continuamente sorpresi. E la domenica dopo, ci si accorge di qualcosa che non si era visto. Poi, approfondire, leggere, studiare, documentarsi, è più un piacere che una fatica, perché quel quadro è dentro di te, e ci tieni a sapene di più, non per sfoggio, ma per conoscerlo meglio, perché fa parte di te.
Roby, il guarda e fuggi iniziale è saggio, va fatto con molta scioltezza ironica ed autoironica, così come presa di contatto distensiva. Come un rapace che fa larghi giri, poi si sceglie la preda e la si cattura (ci si fa catturare...). Sai cosa facevo a Parma? Andavo nella Pinacoteca con i giornali, guardavo tre quadri attentamente, poi facevo un break di dieci minuti, magari sulle pagine sportive. Bisogna che impariamo tutti a rispettare il ragazzo che si annida noi: quando vuol divertirsi ha ragione, è un ragazzo furbo! In Danimarca e in Germania portano i bimbi di cinque anni, nei musei. La maestra sta in piedi, loro seduti ognuno sul suo cuscino di dotazione. Così si fa e concludo dicendo una cosa: malgrado tutto, da questo punto di vista, oggi la situazione è migliore di quella di dieci anni fa, c'è un interesse vero e crescente.
grazie e saludos
Solimano
Solimano, quando portavo i ragazzi ad una mostra chiedevo all'insegnane di artistica di lasciare che girassero in libertà e guardassero coi loro occhi senza anteporre spiegazioni. Bene, l'effetto era straordinario: mentre vedevamo le altre classi procedere con le guide e giocare con i telefonini, i nostri giravano e guardavana, guardavano davvero e poi le domande non smettevano di venir fuori. Si poteva parlare di quella mostra interi giorni... Molti poi trascinavano i loro genitori...
Ciao e grazie, i tuoi sunti sono davvero stimolanti per una riflessione. Giulia
E' sbagliato stare troppo col fiato sul collo ai ragazzi, che a quel punto tendono a chiudersi e a non usare il potente mezzo della fantasia di cui sono generalmente più dotati degli adulti. Ed è sbagliato anche permettere che la libertà si muti in licenza. Che esista questo confine i ragazzi lo sanno bene, basta guardare come si organizzano quando giocano insieme. A volte, se l'insegnante va troppo sul lato della ricerca di popolarità, c'è il rischio del vandalismo nei musei, lo fanno i grandi e quindi anche i ragazzi non ne sono immuni. E' la fiducia e il rispetto la vera meta, difatti i ragazzi dicono uffa di fronte ad un un insegnante che dimostra fermezza, ma si accorgono benissimo (loro meglio dei genitori) se è uno che fa coscienziosamente il suo lavoro. Poi non lo dicono, ma ci può stare, la scuola è anche faticosa, per tutti. Se spontanemente si mettono a fare delle domande significa che la freccia ha colpito il bersaglio (come nel magnifico libro di Herrigel...)
saludos
Solimano
Questo post non necessita di commenti. Basta lasciarsi guidare da Solimano e poi riversare noi stessi in ciò che ci ha posto davanti. Semplice e complicato nel medesimo tempo. Rammento una bellissima visita al Palazzo della Pilotta, alcuni anni fa, il desiderio di trovarmi improvvisamente di fronte alla Scapigliata di Leonardo e la delusione di scoprirla in mostra altrove :-(
Salutissimi, Annarita
Annarita, io ho un libro intitolato "Tesori nascosti della Galleria di Parma" (La Nazionale Tipografia Editrice in Parma, 1968), che è il catalogo della mostra dei quadri normalmente non visibili perché erano nei depositi. Questi quadri io li avevo visti prima grazie alla gentilezza dei custodi con cui, grazie alle mie visite domenicali, ero in ottimi rapporti. L'autrice principale del libro è Augusta Ghidiglia Quintavalle, che a Parma era un personaggio e che per molti anni fu sovrintendente. Fra i collaboratori al catalogo, figura Lucia Fornari (oggi Fornari Schianchi, si sarà sposata...) che è stata la responsabile della recentissima mostra del Correggio. Fra un po' di tempo scriverò un post su alcune delle opere che furono esposte, con notevole sorpresa. Per alcuni di questi quadri mi toccherà mettere immagini in bianco e nero, perché ancor oggi in rete a colori non si trovano. Non è vero che in rete c'è tutto, ed anche tu lo sai benissimo.
grazie e saludos
Solimano
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