lunedì 20 ottobre 2008

Una maestra "unica"




Una maestra "unica"

di Roby



La mia maestra delle elementari si chiamava Anna Maria Baldazzini, portava un grembiule nero con la goletta bianca, aveva gli occhi azzurri ed era semplicemente bellissima. Questa almeno fu l'impressione che mi fece, il primo giorno di scuola, ed è così che continuo a ricordarla ancora adesso, a distanza di più di quarant'anni. Più bella di lei, per me, c'era soltanto la mamma: il grembiule nero, di tessuto leggermente lucido, era stretto in vita da una sottile cintura, mentre le calze di nylon con la riga dietro, austere eppure tanto femminili, catturavano la mia curiosità -le avrei portate anch'io, un giorno? e da che cosa erano tenute su?- insieme alla piega perfetta dei capelli che all'epoca avrei definito chiari e che erano invece sobriamente grigi. La vedevo giovanissima, quando in realtà era vicina alla cinquantina, e trovavo la sua voce melodiosa e priva di qualsiasi inflessione dialettale (questo sì, lo confermo tuttora).

A quei tempi -sto parlando degli anni scolastici dal 1962/63 al 1966/67- l'orario delle lezioni andava più o meno dalle otto a mezzogiorno e mezzo, e l'entrata in classe dell'insegnante era sottolineata dall'alzarsi in piedi di tutte le scolare, dopodiché ci si faceva il segno della croce, si recitava una preghierina e via, a studiare di gran lena. Aste, tondi, ovali, fiocchetti e puntini sulle i infiorettavano i nostri quaderni, ricoperti di una specie di carta oleata rossa, gialla o blu, a seconda che la materia fosse aritmetica, grammatica o dettato. In un mondo ancora privo di internet, dove la tv era in bianco e nero e la stampa di una fotografia richiedeva quasi una settimana, il sussidiario parlava di paesi lontanissimi dal nostro, raffigurati in ingenue illustrazioni a tinte forti, e raccontava la storia appassionante di uomini e donne vissuti molto prima di noi, protagonisti di incredibili, eccezionali imprese.
Guidate dalla signorina Baldazzini riuscivamo, pur senza computer, ad esplorare continenti misteriosi, ad indagare le leggi della fisica, ad incontrare personaggi straordinari. Non dimenticherò mai la vivida descrizione che ci fece dell'esecuzione del patriota Cesare Battisti, condannato a morte per diserzione dagli austriaci. Nell'aula non si sentiva volare una mosca, mentre lei parlava, appoggiata alla cattedra, volgendo intorno lo sguardo come ad abbracciare tutte noi bambine, che ad occhi spalancati e labbra serrate la seguivamo trattenendo il respiro. Ecco, l'eroe viene condotto al patibolo... rifiuta fieramente la benda... e muore gridando Viva l'Italia! Vi giuro, a rischio di sembrarvi ridicola, che ancora mi commuovo a pensarci: roba che, se dovesse leggermi un leghista di passaggio, mi denuncia per anti-federalismo!
Il tono di voce della mia maestra era di solito calmo e controllato, e i suoi rimproveri non suonavano mai striduli o sgradevoli, ma fermi e decisi. Solo una volta la vidi inaspettatamente alterarsi, proprio con me. Era il periodo della penuria di aule, per cui alcune classi avevano lezione la mattina ed altre dopo pranzo, fra le due e le sei: un giorno, quasi al termine del lungo pomeriggio passato sui banchi, non avendo orologio e (quindi) non vedendo letteralmente l'ora di tornare a casa mi alzai, andai alla cattedra e le chiesi: "Scusi, quanto manca alla campanella?". Nei suoi occhi chiari si accese un bagliore furioso. "Quanto manca???" ripetè, gelida " Io sono qui che sto spiegando, che mi sto dando da fare per voi, e tu mi chiedi quanto manca all'uscita???". Riprese fiato, mentre io, fattami piccina piccina, desideravo di sprofondare seduta stante. "Torna al tuo posto e fai silenzio: capito?"
Avevo capito, sì. Non gliene ho mai voluto, per quella sgridata, perchè era indiscutibilmente giusta. Forse un po' aspra, per una bambina di otto o nove anni, ma tuttavia salutare. Ce ne fossero ancora, di rimbrotti così efficaci, tra i banchi delle scuole italiane di ogni ordine e grado...

La signorina Anna Maria Baldazzini, dopo una vita dedicata prima all'insegnamento, poi a mantenere contatti epistolari con le sue ex-allieve (per esempio con la soprascritta), se n'è andata qualche anno fa, silenziosamente, senza disturbare nessuno. L'ho saputo da un suo cugino, che trovando l'ultimo biglietto d'auguri natalizio da me puntualmente inviatole si era preoccupato di rispondermi in vece sua, dato che lei non avrebbe potuto farlo mai più.

Anche perchè, ne sono sicura, dove si trova adesso (lassù o laggiù, in una dimensione diversa ma comunque vera) è troppo impegnata a trasmettere il suo sapere a generazioni di giovani spiriti eterei, i quali -nella luce diffusa dell'eternità- seguono buoni e zitti con rapita attenzione la musica ben modulata della sua voce.



15 commenti:

Giuliano ha detto...

Io ho avuto tre maestri unici.
Il primo, prima e seconda elementare, aveva grossi problemi psichici: ovviamente lo venni a sapere molti anni dopo. Aveva l'ossessione dell'igiene, se cadeva per terra un quaderno lo faceva lavare col sapone, se cadeva una penna la faceva buttare via. Per fortuna, era spesso in malattia e c'erano tante supplenti.
(per mia fortuna, a scuola ci sono andato che sapevo già leggere, scrivere, fare i conti).
In terza, un brav'uomo che però era sempre stanchissimo e dormiva in classe. Ci dava un compito da fare, poi si metteva giù sulla cattedra e dormiva.
In quarta e quinta, un ottimo maestro, anzi un Maestro. Finalmente! Ma penso che sarebbe stato favorevole alla divisione dei compiti, certe materie proprio non gli piacevano. Per esempio, educazione fisica: era un ex atleta, ma far fare gli esercizi ai bambini per lui era un gran noia.

Anonimo ha detto...

A te è andata bene, altri hanno avuto un unico maestro che non era un maestro unico, e sarebbe stato meglio dividerlo per tre.

Giuliano ha detto...

... va comunque detto che incontrare delle belle persone è sempre una gran fortuna. Dico "fortuna" perché di solito non facciamo molto per meritarcele; e non è neanche vero che ce ne accorgiamo "dopo", il più delle volte si capisce subito, anche da bambini.

Io ho un ottimo ricordo del mio maestro di quarta e quinta, molto meno degli altri; però anche quelli che non c'erano mai alla fine bocciavano, davano voti e giudizi, chissà in base a che cosa.

Roby ha detto...

Essendomi lasciata prendere dalla nostalgia e dalla tenerezza nei confronti della mia vecchia cara STRAORDINARIA maestra, non ho chiarito il mio pensiero sul problema del maestro unico ODIERNO, secondo le ultime direttive gelminiane. Ebbene, nel caso a qualcuno interessi, io al maestro unico sono CONTRARIA, proprio perchè di Baldazzini -secondo me- ne nasce una ogni secolo, e quella del XXI è ancora di là da venire!!!!

Baciotti

Roby

Anonimo ha detto...

Io penso che al di là del maestro unico o non unico, la figura dell'insegnante sia importante e in certi casi fondamentale per la crescita di un bambino e per la maturazione di un ragazzo. Un maestro è quello che sa passare la passione, sa destare l'interesse, sa parlare a tutti anche a chi non è ancora acculturato. Un maestro è autorevole non autoritario. Io ho avuto a scuola come studentessa delle esperienze positive nelle medie e nelle elementari. Nelle superiori è meglio dimenticare perchè ho rischiato di lasciare la scuola e l'interesse per lo studio... Poi ho incontrato altri maestri con la M maisucola all'università.
Ma ogni insegnante dovrebbe sempre ricordarsi che non avvita bulloni, ma ha a che fare con esseri umani con storie, caratteristiche, sensibilità così diverse uno dall'altro. Io spero di essere stata per i miei allievi un buon ricordo e di avergli trasmesso amore per lo studio. Ciao a tutti, Giulia

Roby ha detto...

Cara Giulia, non fatico per nulla a credere che per i tuoi allievi tu sia stata un'ottima insegnante! Come scolara, io sono stata in generale fortunata anche alle medie e alle superiori, mentre all'Università ho trovato alcuni docenti -magari bravissimi a spiegare dalla cattedra- che una volta fuori dall'aula diventavano miseri omuncoli gretti e meschini. Che delusione! Non mi sono invece mai posta come insegnante, se non per allucinanti ripetizioni estive a ragazzetti assolutamente refrattari ad ablativi assoluti, aoristi forti e compagnia bella...

Baciotti

Roby

mazapegul ha detto...

La mia classe spumeggiante di baby-boomers contava 38 alunni, 40 quando arrivava a primavera la carovana degli zingari, governati con energia da una maestra riformista e comunista, Valdemira Mancinelli detta Mirella. Riusciva, emulata e invidiata dalle colleghe, a tenere insieme il mucchio selvaggio con la sua indubitabile autorità (in niente sminuita dal fatto che le dessimo del tu), nonchè da una serie di istituzioni di classe: gruppi in cui gli studenti migliori si curavano dei peggiori (e quelli ordinati cercavano di organizzare il mio banco), riunioni e votazioni, capibanco e capoclasse. L'amore per la matematica lo debbo in buona parte a lei.
Era la maestra unica, s'usciva alle 12.30, ma spesso si rientrava al pomeriggio per dei lavori extra, in ore messe da lei a disposizione.
A mia sorella andò peggio: la sua maestra unica era ferma al sistema tolemaico e l'avanzamento delle conoscenze scientifiche, in quella classe, non procedette al di là dell'annedottica da sussidiario.

Il pomeriggio si stava quasi sempre a casa. Essendo i miei separati di fresco, io e i fratelli passavamo il pomeriggio in autogestione, in attesa che mio padre uscisse dal lavoro. All'epoca ci divertivamo, eravamo abbastanza responsabili e non ci siamo mai feriti gravemente. Oggi, con la legislazione vigente, i miei sarebbero sotto processo per abbandono di minore.
Maz
PS Grazie, Roby, per lo spunto e per il bellissimo racconto.

Solimano ha detto...

Tre mie esperienze fra medie e liceo le ho già raccontate qui in "Carolina, Francesco, Giorgia" e adesso ci sono queste altre, di Roby, ma anche di Giuliano, di Giulia e di Màz. Non per tirare le somme -o le sottrazioni- ma in comune c'è che certi insegnanti possono fare molto e darci molto se mettono in gioco la bella persona che è in loro e lo fanno non con carinerie, ma spiegando bene, che è tutt'altro che una cosetta. Vuol dire guardarci negli occhi, prepararsi, soprattutto non per cercare la popolarità, ma per sentirsi a posto con se stessi. Poi c'è la capacità di trasmettere il sapere. Ho avuto una bellissima esperienza all'università con Filippo Ciampolini. Frequentavo poco le lezioni, ma di quelle di Elettrotecnica (I e II) di Ciampolini non ne ho perso una. Non perdevi una parola di quello che diceva, ti trovavi veramente l'esame già pronto dopo averlo seguito tutto l'anno, dopo una settimana dalla fine delle lezioni davi l'esame e andavi benissimo, perché avevi capito tutto e sapevi tutto, quasi senza faticare, bastava seguirlo. Presi due 30 e lode mentre il mio voto medio era 27, e le Elettrotecniche erano gli esami chiave perché la specializzazione era quella.
Per cui si parla di tante robe, ricorme e controriforme, ma the hearth of de matter è uno solo, e da lì può venire il resto: quella persona lì che sa, che ama quel che sa, e che sa trasmetterlo momento per momento a quelli che gli stanno di fronte. Senza sentimentalismi, senza popolarismi, del tutto conscio che l'anno dopo ce ne saranno altri e che generalmente quelli di prima non li vedrà più. Non sono dei martiri, ma sono delle persone felici perché è stato bello per noi, ma è stato sicuramente ancora più bello per loro. Questo è possibile anche oggi, anche se si cercano tutte le scuse per impedirlo.

grazie Roby e saludos a tutti
Solimano

Giuliano ha detto...

Si può riassumere dicendo che il maestro unico va bene se il maestro unico è bravo...
Ma se invece il maestro (o la maestra) unica è un fesso, allora sono guai.
La nostra vita dipende molto dalle persone che troviamo sulla nostra strada. Però è un discorsone, meglio finire dicendo che con tre maestre/maestre almeno uno/una sarà capace di qualcosa.
Però tre maestre costano, e le maestre si pagano con l'ICI e con l'IRPEF: quante maestre si pagavano con l'ICI di Villa Certosa?

Habanera ha detto...

Non ho un bel ricordo delle scuole elementari.
Ho frequentato le prime tre classi in una scuola francese con un maestro odioso come pochi, il tipo da bacchettate sulle mani, e le ultime due con una maestra italiana, gelida e severissima. Poi, per fortuna, è andata sempre meglio e nel complesso ho un ricordo felice della scuola e anche degli anni all'Università.
Il ritorno al maestro UNICO mi sembra una follia.
Ho una nipotina che frequenta le elementari in una scuola pubblica (perfettamente funzionante) e mi chiedo come sarebbe possibile avere il tempo pieno, le lezioni di inglese, di informatica, il corso di nuoto, gli orari coincidenti con le attività che si svolgono dopo le 16,30 nel vicino oratorio, se non ci fosse un numero sufficiente di insegnanti per stare dietro a tutto questo complesso ed utilissimo congegno.
Si tende a distruggere tutto ciò che di buono è stato fatto in questi anni in modo da incentivare il maggior numero possibile di famiglie ad iscrivere i figli alle scuole private. E gli altri, quelli che non se lo possono permettere? tutti ignoranti per decreto ministeriale?
Roby, hai scritto come sempre un bellissimo post e i tuoi ricordi sono preziosi.
Grazie!
H.

Giuliano ha detto...

...ma adesso in fondo siamo tutti curiosi: se questa è la tua classe, tu quale sei?
E la maestra nella foto in alto, è dessa?

Roby ha detto...

Caro Màz, dalla tua descrizione riesco a figurarmi benissimo la tua classe di baby-boomers ( e tu eri certamente il più spumeggiante di tutti!), magistralmente addomesticata da Valdemira/Mirella.

Caro Sol, i professori come il tuo Ciampolini, capaci di farti imparare quasi senza libri di testo, sono i migliori. Fortunato chi come te li incontra! Ma ce ne saranno ancora?

Cara Haba, ti dò ragione al 1000%. Speriamo che la tua nipotina non rimanga vittima delle scriteriate manovre gelminiane...

Caro Giuliano e cari tutti, le foto della classe non sono "mie", bensì prese da Google-immagini: ad ogni modo, la terza e quarta alunna partendo da destra, nella fila più in alto (sembrano due sorelle gemelle), ricordano molto me stessa a 9 o 10 anni. La maestra della prima foto, invece, con tutto il dovuto rispetto, non è nemmeno cugina della bellissima signorina Baldazzini!!!!

Baciotti

Roby

Anonimo ha detto...

La mia unica maestra si chiamava Dolores.
Era anziana e romantica: a lei devo la conoscenza dei nomi dei fiori, e l'amore per i fiori,naturalmente, in compartecipazione con mianonna.
La mia maestra Dolores in quinta ci fece fare ginnastica: d'inverno, in classe, vicino al banco.
Su e giù le braccia: mica si poteva fare tanto di più.
Il suo golf blu aveva un buco sotto l'ascella destra.
Quel buco fu il mio primo conflitto di coscienza: dirle che c'era o fare finta di niente?
Miamamma mi disse: e se poi ci resta male e prova vergogna? Guarda da un'altra parte.
Quel buco, invece era come una calamita...
Non dissi niente, ma mai come quell'anno desiderai la primavera.

(che bello questo racconto)
zena

Massimo Marnetto ha detto...

L'apprendimento è una esperienza affettiva.

Io credo che rimanga in testa solo quello che è passato per il cuore.
Quello che ci hanno fatto amare.

Ora è sempre più difficile per un insegnante amare una materia per farla amare.
Stipendi bassi, considerazione sociale bassa, precarietà...

E in futuro non avremo un maestro unico, ma isolato, attento a sopravvivere.
Quando i maestri sono precari, diveventa precario anche il sapere.

Roby ha detto...

Ciao, Zena: anche la tua maestra Dolores doveva essere a modo suo speciale. E comunque, con le tue parole hai contribuito a renderla tale!

Ciao, Massimo: è vero, precarietà e scarsa considerazione sono deterrenti enormi. Certo, quando il genitore del dìscolo entra in classe e si permette magari di prenderti a schiaffi perchè hai dato "insufficiente" in aritmetica alla piccola peste... oppure quando frughi disperatamente la busta-paga in cerca di qualche centesimo in più... addio poetica ed etica dell'insegnamento!!!

Roby