martedì 9 settembre 2008

Un agosto a Bologna (2)




Un agosto a Bologna (2)

di Solimano



Nel libro Bologna Centro Storico (Edizioni ALFA, 1970) a cui faccio riferimento, ci sono solo due immagini a colori.
La prima è quella del giardino in via Braina, e l'ho messa nel primo post. La seconda è una fotografia di via Castiglione senza traffico né macchine parcheggiate, e la inserisco qui sopra in apertura di post. Naturalmente la fotografia fu scattata nell'agosto del 1969, come le altre del libro, di cui riporto ancora la scritta della controcopertina: "La città riscoperta da un grande servizio fotografico a strade sgombre dal traffico".

Ecco un'altra immagine di via Castiglione. Anche chi non c'è mai stato, nota subito dalle due immagini la singolarità di questa strada: non è rettilinea, ma un po' tortuosa, come se fosse un corso d'acqua. Il motivo è proprio questo: via Castiglione è stata costruita sopra il corso principale del canale di Savena, utilizzato secoli fa per manifatture di lane e per tintorie.
I senatori bolognesi cominciarono a costruirci i loro palazzi, quindi divenne una via residenziale, ma ha conservato a tutt'oggi il suo fascino unico: è una strada elegante e popolare, come portici, case, negozi, tutto.
Via Castiglione è lunga, parte da piazza di Porta Ravegnana (le Due Torri) ed arriva a Porta Castiglione; qui, attraversata la circonvallazione, ci si trova di fronte ad uno dei due ingressi principali dei Giardini Margherita.
Era ed è una strada amata dai morosi: si chiacchiera per un chilometro e mezzo, si prende un gelato da Pino (ma i gelati fantascientifici che c'erano una volta non li fanno più) e si conclude in gloria la passeggiata su una panchina appartata dei Giardini Margherita.

Fra i palazzi senatori di via Castiglione c'è palazzo Pepoli Campogrande, ricchissimo di quadri ed affreschi del Seicento ma soprattutto del Settecento bolognese. L'immagine è tratta dagli affreschi del soffitto della Stanza dell'Olimpo, che il giovane Giuseppe Maria Crespi eseguì prima della fine del Seicento. Ci sono due delle tre Parche, e il Crespi scherza anche con un tema del genere: Atropo, la Parca che taglia il filo della vita, manca poco che ci strizzi l'occhio, mentre Lachesi sorride passandole il filo.

Nel libro non ci sono immagini dei Giardini Magherita, ed è naturale perché nei giardini non c'era differenza: le macchine non entravano -e non entrano- tutti i giorni, non solo nel mese d'agosto. Però una immagine dei Giardini Margherita la metto lo stesso, per due motivi. Il primo è per compiacere Roby, che ha fatto sapere nei commenti alla prima puntata che lo desidererebbe, visto che da piccola ha vissuto a Bologna. Sarebbe un motivo sufficiente, ma c'è anche un motivo tutto mio.
Torno ai morosi che percorrevano chiacchierando via Castiglione. Avevamo tutti un problema non piccolo, in quegli anni: dove potersi baciare tranquillamente?
Non eravamo dotati di macchina, ma non solo: anche nei cinema le cose non erano semplici, persino nei giorni feriali con sale semivuote. Credo che le maschere dei cinema -uomini e donne- venissero scritturate fra gli appartenenti all'Esercito della Salvezza. Con la loro maledetta pila negli occhi e con frasette del tipo: "Signori, composti", ci complicavano la vita.
Esisteva un metodo geniale brevettato dai genitori di una mia amica: andare alla Stazione Ferroviaria, sulla pensilina di un treno di prossima partenza e baciarsi lì, magari con qualche lacrimuccia per l'imminente separazione (esisteva un efficace collirio lacrimogeno). Quando il treno partiva, cambiavano pensilina. Ma con noi giovinetti non funzionava, ci avrebbero sgamati subito, mentre i due quarantenni avevano la comprensione ammirata di tutti.
Le panchine appartate dei Giardini Margherita erano una soluzione, guardandoci attorno ogni tanto per vedere se arrivavano famiglie con bambini. Difatti una volta ci accorgemmo che dietro una pianta si era appostata una bimba di sguardo vivo, sorridente e curioso, e ci toccò cambiare panchina, per non dare scandalo. L'episodio mi è tornato in mente qualche anno fa quando ho conosciuto Roby: erano passati un bel po' di anni, ma aveva proprio lo sguardo di quella bimbetta, certi sguardi non cambiano nel tempo. Pensa te, da una gemellina nata il 3 aprile come me (l'anno è un po' diverso) non mi sarei mai aspettato che spiasse i morosi.


Due immagini di via Galliera senza macchine, la prima è presa proprio all'inizio, da via Porta Castello, di cui si vede il selciato in primissimo piano. Via Galliera, dal punto di vista monumentale, è una delle più belle strade di Bologna.
Una sfilata di edifici grandiosi, si tratta dei palazzi senatori in gara di sfoggio l'uno con l'altro, spesso dotati di scaloni ampi e ricchi di sculture e di giardini interni (che sarebbe un altro bell'argomento, sono tanti i giardini interni di Bologna).
Quando arrivo alla Stazione Ferroviaria di Bologna, per andare in centro debbo scegliere se percorrere via Indipendenza, la via moderna dei negozi sempre piena di gente, oppure via Galliera. In genere scelgo via Indipendenza, perché via Galliera con le macchine parcheggiate perde molto, e i palazzi senatori sono diventati edifici amministrativi e di servizi. Però la domenica mattina, quando c'è poco traffico e gli uffici sono chiusi, via Galliera è una meraviglia quasi del tutto silenziosa.

In via Manzoni, molto vicino alla confluenza in via Galliera, c'è la chiesa della Madonna di Galliera. La facciata esprime la limpida e razionale armonia dell'architettura di fine Quattrocento (1491), ma purtroppo è anche un esempio del degrado delle decorazioni in arenaria. Le cave erano vicine a Bologna, quindi molto comode per il trasporto, la pietra sembrava adatta perché la lavorazione era facile, purtroppo col tempo diventava friabile, e così è successo alla facciata della Madonna di Galliera.


Due fotografie di via Zamboni (anticamente via San Donato), una delle sette strade che partono da piazza di Porta Ravegnana. Le fotografie sono simili, entrambe incentrate sul portico più bello di Bologna, quello accostato al fianco sinistro della chiesa di San Giacomo Maggiore.
Fu costruito fra il 1477 ed il 1481 per raccordare la chiesa di San Giacomo con l'oratorio di Santa Cecilia, di cui ha scritto Nicola in Abbracci e pop corn. Gli affreschi dell'oratorio sono di circa trent'anni posteriori alla costruzione del portico, che è arioso, snello, elegantissimo.
Il problema è il solito: le 36 colonne scalanate sono in arenaria, quindi i danni ci sono, anche se non gravissimi. Guardando oltre il portico, si vede uno slargo. Ero lì il 21 aprile 1945, per l'arrivo a Bologna degli alleati e dei partigiani, il primo contatto con la storia.

Lorenzo Costa: I figli di Giovanni II Bentivoglio e di Ginevra Sforza
da sinistra: Ermete, Alessandro, Anton Galeazzo e Annibale

Lorenzo Costa: le figlie di Giovanni II Bentivoglio e di Ginevra Sforza
da sinistra: Camilla, Bianca, Francesca, Violante, Laura, Isotta, Eleonora

All'interno della chiesa di San Giacomo c'è la Cappella Bentivoglio, in cui ci sono i ritratti della famiglia di Giovanni II Bentivoglio, eseguiti su tela da Lorenzo Costa nel 1488. Per una migliore visibilità, metto due immagini invece di una. C'è la separazione fra le figlie ed i figli.
Lorenzo Costa si ricorda delle sue origini ferraresi, ma è ingentilito dal contatto con la dolcezza del pittore bolognese Francesco Francia. Si tratta inoltre di un'opera fatta su commissione dei signori di Bologna, che ci tenevano ad essere rappresentati bene.
La realtà era piuttosto diversa. Ermete Bentivoglio, nel dipinto ancora un ragazzo, fu il più spietato nel massacro della famiglia Marescotti del 1501 (più che di una famiglia si trattava di un clan, morirono 250 persone), e Francesca Bentivoglio fece uccidere il marito Galeotto Manfredi.
E' vero che Camilla e Isotta si fecero monache, ma fra sedici figli qualche vocazione più o meno spontanea ci poteva stare.
La famiglia Bentivoglio, al potere a Bologna dal 1401 pur con varie traversie, fu cacciata da Bologna meno di vent'anni dopo questo dipinto per opera soprattutto di Papa Giulio II, ma anche per la ribellione dei bolognesi che distrussero nel 1507 lo splendido Palazzo Bentivoglio (Domus magna, più di 200 stanze!), che sorgeva dove c'è attualmente il Teatro Comunale, più in là lungo via Zamboni. Il giardino vicino si chiama ancora Giardino del Guasto. L'ultimo sciagurato colpo di coda dei Bentivoglio fu nel 1511, in occasione di un loro temporaneo rientro a Bologna: la distruzione della statua bronzea di Giulio II, che era stata fatta da Michelangelo.

Nelle due fotografie di via Zamboni si intravedono anche gli edifici che fronteggiano il porticato. Lì c'è palazzo Magnani, edificato dall'architetto Domenico Tibaldi attorno al 1580 per il senatore Magnani che non era di famiglia patrizia, ma un neo-ricco (come attesta il cognome). Nel 1589-90, i tre giovani Carracci, Ludovico, Agostino ed Annibale affrescarono le storie di Romolo e Remo. Nell'immagine, c'è il particolare della lupa che allatta i due gemelli in mezzo alla natura e di fronte a un uccello (credo una gazza) che sarà certamente una rappresentazione simbolica di qualche dea o ninfa favorevole a Romolo e Remo. Sembra che la lupa e la gazza si guardino come due buone amiche. Per molti anni, nella grande sala in cui ci sono gli affreschi, si tenevano le riunioni di Direzione Generale del Credito Romagnolo, che aveva acquistato il palazzo e che aveva anche una pinacoteca non grande come numero di opere, ma con alcuni capolavori. Non conosco una lupa romana più bella di questa, che è di mano di Ludovico Carracci.

Nel primo post ho inserito l'immagine di Bologna attorno al 1614 in un quadro di Guido Reni. Qui inserisco altre immagini, di cui quella qui sopra è la più importante storicamente. Si tratta di Bologna, rappresentata da Francesco Francia ai piedi dell'affresco della Madonna del Terremoto, eseguito nel Palazzo Comunale come ex-voto dopo il terremoto del 1505. E' una immagine completa, anche se l'affresco ha sofferto nel tempo. Ne furono tratti disegni e stampe, perché la descrizione di Bologna è precisa e minuziosa. Qui a fianco metto altre due immagini: a destra Bologna nel 1453 rappresentata da Pietro Lianori, un pittore minore del Quattrocento, in una tavola attualmente nella Pinacoteca Nazionale e a sinistra Bologna rappresentata da Francesco del Cossa nel 1474 nella Pala della Mercanzia, che è anch'essa in Pinacoteca.
Inserisco a chiusura del post l'immagine della intera tavola di Pietro Lianori e del particolare possente del San Petronio che tiene fra le mani Bologna nella pala di Francesco del Cossa.

Pietro Lianori: Madonna col Bambino fra San Gerolamo e San Petronio
Annunciazione fra i santi Stefano, Domenico, Francesco e Agostino
1453, Pinacoteca di Bologna

Cossa: Pala della Mercanzia (part), 1474
Pinacoteca di Bologna


17 commenti:

Elena ha detto...

Immagini intense, e romantiche
Elena

Anonimo ha detto...

Verrebbe voglia di andare a Bologna subito e perdersi sotto ai portici e nei palazzi. La città della "mortazza" sede dell'Università Occidentale più vecchia la mondo è sempre molto accogliente.

Solimano ha detto...

Elena e Silvia, quello che fecero a Bologna nell'agosto del 1969 non fu una cosa da poco. Non si trattò solo di mandare in giro un fotografo bravissimo dotandolo di qualche assistente per l'accessibilità dei punti di ripresa non agevoli. Furono coinvolti vigili urbani, disposte transenne, perché la città e gli uffici dovevano continuare a funzionare. E urbanisti, critici d'arte, scrittori, politici. Nel libro ci sono circa duecento fotografie, con cortili, giardini, interni dei palazzi, foto storiche di Bologna (alcune fatte alla fine dell'ottocento), quando distrussero le mura di Bologna lasciando solo le Porte (e non tutte). D'accordo, Bologna è bella ed è una mia città, però azioni del genere ci vorrebbero anche oggi. A Parma, a Verona, a Roma, a Milano, a Udine etc, per dire alcune delle città dove ho vissuto.
Ho scelto di non mettere solo immagini di strade, ma di opere contenute nei palazzi e nelle chiese, ed ho scelto di personalizzare sulla base di miei ricordi (qualcuno lievemente inventato...), ma tutti facciamo così: i nostri posti non entrano in noi con la Guida Rossa del Touring, ma col nostro vissuto (ma la Guida Rossa e la Guida Rapida male non fanno).

grazie e saludos
Solimano

Roby ha detto...

La ex-bimbetta Roby ringrazia commossa della citazione, della foto dei giardini, delle indicazioni utili a ritrovare la gelateria PINO e di tutto il resto.

Devo asssssolutamente stamparmi questi posts, andare a Bologna e usarli come guida Michelin....

Smàckete!!!

R.

Anonimo ha detto...

Si vede che tu metti il cuore in ciò che scrivi, sempre, oltre alla competenza. Per questo sono così belli i tuoi post. E hai menzionato città bellissime. Sarebbe giusto trattarle con amore e rispetto e lasciare qualcosa di loro di importante perchè tutti le possano conoscere e ammirare come meritano.

mazapegul ha detto...

Grazie, Solimano, per questo secondo post sulla mia città adottante. Dei posti che citi, quello che meno frequento sono i Giardini Margherita, che troppo distano dai miei percorsi lavorativi.
L'idea matta di svuotare Bologna dalle auto per scattare delle foto non è più attuale, così come non lo è più l'idea di mandare in onda il film d'un famoso regista la sera stessa della sua morte. Protesterebbero gli inserzionisti nel secondo caso, e automobilisti e commerccianti nel primo. Si parlerebbe di regime, di totalitarismo, di sprezzo dei diritti individuali e proprietari.
Si possono mandare gli stessi film in onda a tarda notte, o chiudere la città al traffico per un G8 o un papa, questo sì.
La dittatura dell'autorità e del commercio ha sostituito l'illuminismo dall'alto. Anche questa omologazione (del tempo e dello spazio) a un tutto indistinto è un carattere della nostra epoca. Per fortuna che le foto sono state pubblicate e che tu ce ne pirati qualcuna in questo angolo di rete.

Anonimo ha detto...

Tornata a passeggiare, con calma: le corse, ora, sono finite, non ci sono più treni da acchiappare al volo, col sangue in rivoluzione per la fatica della volata.

Io evitavo via Indipendenza anche per contenere la 'golosità' da vetrina: meglio non vedere troppi oggetti di tentazione, quando sai di essere Alice in un paese di meraviglie intoccabili...
Per fortuna c'era il mercato in piazzola: lì tutto diventava accessibile.
Un saluto.
zena

Solimano ha detto...

Roby, lo sai che il libro Bologna Centro Storico mi ha fatto venire voglia di mollare tutto il resto e di procedere come ho cominciato: una serie di post con quattro vie, quattro tesori e quattro mie esperienze in quelle vie. Ma vi sareste stufati presto. Però non è detto: ho altre due città in mente, anche se non c'è un libro del genere: Parma e Verona, e so dove andare a prendere le immagini (non in un sito italiano...), magari anche Mantova, tiè.
Silvia, credo proprio che il prerequisito sia amare i posti di cui scrivi, perché la fatica c'è, ma i posti, se li ami, li rivivi senza nostalgia, ci vai proprio di nuovo (e ci incontri le persone che incontravi...)
Mazapegul, guarda che l'illuminismo dall'alto io non lo vedo per niente male anche oggi, se autorevole più che autoritario.
Cosa fa Eugenio Riccomini, con le sue conferenze affollatissime? Nove amici, dopo le chiacchiere di qualche serata, innescarono il Festivaletteratura di Mantova. E di esempi ce ne sono: a Modena (con Carpi e Sassuolo per il Festival Filosofia), a Reggio, a Ferrara, a Ravenna, a Brescia. I soldi arrivano dopo, comme l'intendence. C'è la domanda, come c'era per la BUR di Rizzoli, per la BMM di Mondadori, per I Maestri del Colore di Fabbri. E in più c'è la rete. Poi c'è il fattore tempo, ma ognuno ha le sue priorità e magari in rete si spende meglio.
Zena, ah la Piazzola! I bolognesi non si vergognano di comprare in Piazzola (Piazza VIII agosto, per chi non lo sapesse). Ci vanno al mattino, e nel tardo pomeriggio vanno nel Pavaglione o in via Orefici. Poi ci sono, dietro al Pavaglione, i più bei negozi di frutta e verdura dell'orbe terracqueo, protuberanti sulle straducce di quell'altra zona bellissima.

grazie e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

E' proprio dell'Illuminismo dall'alto che ho qualche, semiconfessata, nostalgia.

Massimo Marnetto ha detto...

Caro Solimano, bella visita guidata.

Se ami qualcosa, sei contagioso.
E tu questa città si vede che la ami proprio, da come ce la fai amare.

Bologna mi ha sempre affascinato anche per come si è spesso sottratta al potere papalino. In tempi, poi, dove si correva qualche rischio.

Qui a Roma, m'illumino d'incenso...

Giuliano ha detto...

A Bologna ci sono stato solo di passaggio, non è che ne possa dire molto; però quelle Parche del Crespi sono così belle che ci potrei costruire sopra una Tragedia Comica in dodici atti, prologo ed epilogo - anzi, forse l'ho già fatto. (ovviamente, in versi endecasillabi)

Habanera ha detto...

Ah, Bentivoglio... adesso capisco tante cose.
La storia è un po' lunga, cercherò di riassumerla in qualche modo.
Ero una ragazzina piuttosto ribelle e le aristocraticissime suore che avevano l'arduo compito di educarmi si dividevano in due categorie. C'erano (in maggioranza) quelle che mi avevano in simpatia, ed erano pronte a chiudere un occhio, e quelle che pretendevano di applicare alla lettera, anche con me, i severi regolamenti della scuola. Tra queste la più severa ed intransigente era Madre Bentivoglio. Non ne faceva passare una ed è arrivata perfino a farmi stare in ginocchio sui ceci nella grande aula studio, dove erano riunite tutte le classi per i compiti del pomeriggio. Voleva fiaccare il mio orgoglio, infliggendomi una punizione particolarmente umiliante. Ma io, impassibile e tranquilla, me la ridevo sotto i baffi mentre continuavano ad arrivarmi bigliettini di solidarietà, non solo dalle mie compagne di classe, ma anche dalle grandi del liceo.
Alla fine è stato un vero trionfo e Madre Bentivoglio, almeno con me, non ci ha provato più.
Così la bolognese Bentivoglio si è scontrata con la mia fierezza normanna e come tanti, prima e dopo di lei, ha dovuto imparare a farci i conti.
H.

Solimano ha detto...

Màz, l'illuminismo dall'alto, visto in un certo modo, è una necessità più che una possibile nostalgia, visto la situazione attuale di oscurantismo dall'alto, e non è solo un discorso politico, ma di cultura, soprattutto di TV. Vabbè, noi due la TV non la guardiamo... ma quanti la guardano solo perché non sanno che c'è di meglio.
Massimo, guarda che dell'incenso ho un ottimo ricordo, come del suono dell'organo, delle acquasantiere, e non per estetismo, ma perché si trattava di splendor veritatis che c'era perché ci credevano. Adesso sai benissimo a cosa credono e a cosa danno priorità...
Giuliano, il Crespi le Parche ce le ha messe tuute tre (quindi c'è anche Cloto), però ho preferito l'immagine bella che avevo ad una brutta con tutte e tre.
Riguardo la tragedia comica, ogni tanto, mettici anche qualche settenario. Sono sicuro che molti degli endecasillabi saranno sdruccioli, ormai ti conosco.
Habanera, guarda un po', 'sta Madre Bentivoglio solo di nome ma non di fatto. Ma sicuramente chissà che scherzo le hai combinato per farti condannare alla pena dei ceci. Ho sempre notato che ci sono anche delle suore che hanno dei piccoli risvolti sadici, però in genere ho una opinione migliore di loro rispetto ai colleghi maschi (preti e frati). Ad esempio, le suore in TV non si vedono mai.

grazie e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Racconto che m'e' stato fatto pochi giorni fa a proposito di un collegio per bambini tenuto da suore, qui a Bologna. Il collegio fu chiuso e le suore arrestate per maltrattamenti e crudelta'. Tra queste, l'uso di irrompere vestite da demoni nella camerata la notte, per tener ben sveglio il terrore del diavolo. (Aneddoto da verificare.)

Anonimo ha detto...

grazie per questo post che regala alla mia Bologna una romantica luce...

Solimano ha detto...

Properzia, pensa un po' (ma lo sai benissimo) che a Bologna ho fatto solo il solletico, con questi due post. A Bologna c'è di tutto e di più. Da ogni punto di vista, compreso quello musicale e teatrale. Comprese certe librerie, che di quel tipo le trovi quasi solo a Bologna. Solo che dovrebbero più fare gruppo, ma lo so, è come le chiacchiere che si fanno in piazza (e d'inverno nel sottopassaggio lungo), che lo si fa solo per il gusto di chiacchierare. Mentre cose analoghe a questa che fecero nel 1969 sono possibili anche oggi, basta volerlo veramente.
Mazapegul, sulle suore te ne racconto due.
Da piccolo assistetti (e partecipai) ad un rogo di giornalini cattivi (L'Uomo Mascherato, Mandrake, Pantera Bionda) organizzato da alcune buone suore.
Una mia amica aveva il figlio che faceva le elementari dalle suore e gli davano un voto così: benino meno meno (benino=). Dagli non sufficiente, non benino meno meno!
Però. Ieri mi è arrivato un invito da una amica carissima che sta a Bologna. Sua figlia pronuncia ai primi di ottobre i voti perpetui come monaca di clausura. Se posso ci vado, di corsa. Il posto è in un isola su un lago dell'Italia del Nord, ma non è lì il punto, è che non sanno più dove metterle, le giovani che arrivano. La figlia della mia amica è lì da due anni, ci stanno molto attente. Succedono cose di cui noi non ci rendiamo conto, ma mi fermo qui per rispetto. Certe persone esistono, eccome se esistono, l'importante è accorgersene.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Ho trovato per caso i dipinti del Costa mentre cercavo un'altra immagine e ho scoperto questo non-blog - che non ho tempo di leggere - ma... volevo solo dire che mi pare fantastico che uno parli al mondo dei Bentivoglio, etc. Grazie! Quando arrivo alla pensione avrò tempo di perdermi in pagine come queste...