venerdì 29 agosto 2008

Un agosto a Bologna (1)

Bologna: Giardino interno in via Braina,
la città e San Michele in Bosco sulla collina


Un agosto a Bologna (1)

di Solimano



Nell'agosto 1969 a Bologna fecero una cosa che non si era mai fatta. Ma lascio la parola al fotografo Paolo Monti, nel capitolo "La scoperta della città vuota" del libro "Bologna Centro Storico" (Edizioni ALFA, 1970), così scoprirete passo passo quello che successe:

"Quando se ne parlò la prima volta, continuava a sembrarmi un progetto quasi impossibile. E anche dopo il saggio di rilevamento, eseguito fra marzo ed aprile dello scorso anno su via Santo Stefano, via Fondazza, via Solferino e il minore ambiente adiacente, e persino dopo la Mostra campione a Palazzo d'Accursio, questa possibilità di lavoro non prendeva dentro di me il peso delle cose concrete, da farsi.
Poi venne la mattina dell'8 agosto quando finalmente si passò al programma preciso di fotografare tutta via Galliera e qualche strada attigua in sei ore filate -dalle otto alle quattordici- ora di riapertura del traffico. Devo dire che la prima ora non fu senza un certo sgomento, lentamente combattuto da quella specie di furore visivo che prende il fotografo quando gli si spalancano davanti le più innumerevoli possibilità di ripresa, quasi tutte ugualmente valide".


Credo che abbiate capito quello che successe in quel felice agosto, lo specifica bene una scritta nella controcopertina del libro:
"La città riscoperta da un grande servizio fotografico a strade sgombre dal traffico"
Semplice, no?
Metto alcune delle immagini di quel libro, corredandole di meraviglie (a volte quasi sconosciute) che si annidano nei palazzi e nelle chiese di quelle strade.


Questa fotografia fu scattata dall'alto di una torre vicina a via Indipendenza. Si vede il Palazzo Re Enzo, più lontano la grezza parte superiore dalla facciata della chiesa di San Petronio, sulla sinistra il portico del Pavaglione, sulla destra Palazzo d'Accursio. Poca gente, qualche filobus, quasi nessuna macchina.
Così, nel libro, Andrea Emiliani:

"Entrare da turisti in città, un mattino dell'agosto scorso era perfino semplice. L'aria delle vacanze era dovunque, e all'ingresso della cerchia storica delle mura quasi assente il traffico dei giorni normali. Bologna, rossa di mattoni e calda di arenarie, una delle più belle e forse più sconosciute città italiane, viveva una giornata rarefatta, quasi antica, come tante altre del suo torrido passato".


All'interno di Palazzo d'Accursio (che è il Palazzo Comunale), ci sono anche le Collezioni Comunali d'Arte.
Nel 1744 furono donate al Senato Cittadino sedici opere del pittore Donato Creti (1671-1749), l'unico del Settecento bolognese paragonabile a Giuseppe Maria Crespi. Scelgo una delle quattro storie di Achille: la ninfa marina Teti affida suo figlio Achille al saggio centauro Chirone. Come si vede, Chirone è un centauro giovane e pezzato, proprio come il cane sulla sinistra, che vedrete quando riuscirete a staccare gli occhi dalla ninfa amica di Teti, a sinistra in primo piano.


Via delle Belle Arti. Sulla destra si vede l'ingresso della Pinacoteca nazionale, che un tempo era il noviziato gesuitico di Sant'Ignazio.
Ancora Andrea Emiliani:

"Un altro elemento assai tipico della città, forse quello che più la gente giustamente ricorda, è il portico. Chiunque conosca anche un poco soltanto Bologna, conosce anche l'utilità di questi passaggi coperti, preziosi in una città di caratteri climatici decisamente continentali, con inverni assai aspri, estati lunghe e calorose.
...
"Ad una recente inchiesta, nata sempre dagli studi in corso per il centro storico, metà degli interpellati ha risposto che una città senza portici non sembra neanche una città".



Il quadro del Parmigianino è nella Pinacoteca.
Nozze mistiche di Santa Margherita, questo è il vero significato del quadro. Alle nozze di Margherita col Gesù bambino assistono la Madonna, San Petronio, San Gerolamo, un angelo e una specie di drago sconfitto in basso a destra.
Il quadro è degli anni 1527-28, quando il Parmigianino stava a Bologna.
Così racconta il Vasari:

"Fece il medesimo alle monache di Santa Margherita in Bologna, in una tavola una Nostra Donna, Santa Margherita, San Petronio, San Girolamo e San Michele, tenuta in somma venerazione, sì come merita, per essere nell'aria delle teste e in tutte l'altre parti, come le cose di questo pittore sono tutte quante".


Ancora via delle Belle Arti, un po' più avanti. In fondo si vede Palazzo Bentivoglio, con le decorazioni in arenaria molto deteriorate.
Così scrive Raffaella Rossi Manaresi:

"I documenti e più tardi le fotografie testimoniano che già in passato, e perlomeno fin dal secolo scorso, i capitelli, le lesene, i cornicioni in arenaria dei palazzi e delle chiese bolognesi presentano gravi alterazioni. Il deterioramento è però progredito con velocità spaventosamente accelerata negli ultimi decenni".


Un particolare della Santa Cecilia di Raffaello, quadro che è conservato nella Pinacoteca nazionale. Nel particolare c'è Santa Maria Maddalena. Raffaello eseguì la Santa Cecilia a Roma nel 1514, per la chiesa di Bologna di San Giovanni in Monte; l'opera era stata commissionata da una gentildonna di Bologna: Elena Duglioli dall'Olio. E' quasi sicuro che nel 1515 Raffaello accompagnasse a Bologna il Papa Leone X per incontrare il Re di Francia Francesco I. Così a Bologna si trovarono contemporaneamente Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Una leggenda probabilmente fondata dice che il pittore Francesco Francia, allora il più reputato a Bologna, morisse poco tempo dopo aver visto la Santa Cecilia, tale era stata l'emozione e lo sconforto per il Francia, un buon pittore rimasto al Perugino.


Strada Maggiore, all'altezza del portico dei Servi, che si chiama così perché sulla sinistra c'è la chiesa di Santa Maria dei Servi. Questo portico è uno dei più belli e più antichi di Bologna, la parte che fiancheggia la chiesa fu edificata nel 1393. Nel 1492 fu costruito il proseguimento lungo strada Maggiore e all'inizio del Cinquecento il portico nella facciata della chiesa, che divenne poi un quadriportico, come una piazzetta attorniata da portici. Proprio sotto il portico che si vede nella fotografia, cominciò a camminare da sola, a circa un anno d'età, una bimba che ventiquattro anni dopo sarebbe diventata mia moglie.

All'interno della chiesa c'è un'opera su cui si continua a discutere da decenni. Si tratta di una Maestà, cioè una Madonna in trono con il Bambino e due angeli. La qualità è elevata, anche se è un'opera che ha sofferto i danni del tempo. E' di Cimabue, non è di Cimabue. Oggi la maggioranza dei critici si orienta per una collaborazione fra Cimabue e Duccio da Buoninsegna.
Nella chiesa di Santa Maria dei Servi ebbi una soddisfazione di amor proprio. Imparavo a guardare i quadri, ed entrai nella sacrestia della chiesa. Avevo la guida, ma decisi di non leggerla e di non guardare neppure i cartellini dei quadri. Dopo un quarto d'ora di sguardo attento e faticoso, dissi a me stesso: "Quelli sono del Mastelletta e gli altri del Bigari!". Guardai la guida rossa del Touring ed i cartellini e fu come nelle battaglie navali quando puoi dire "colpito ed affondato".
Ripensandoci oggi, sorrido di me stesso, perché il Mastelletta ed il Bigari (due pittori non notissimi ma notevoli) hanno entrambi un loro stile personalissimo, quindi, a posteriori, non era un test difficile. Ma quando si è lungo una strada lunga in cui non si finisce mai di imparare, c'è bisogno di qualche incoraggiamento...
(continua)

P.S. Tutte le immagini in bianco e nero derivano da fotografie fatte nell'agosto 1969 da Paolo Monti ed inserite nel libro "Bologna Centro Storico" di cui ho scritto all'inizio del post. Anche l'immagine in apertura ha la stessa origine: di fotografie a colori ce ne sono solo due e l'altra la inserirò nel secondo post. Nelle immagini di chiusura c'è la rappresentazione di Bologna: due dei santi, Petronio e Floriano, sono fra i patroni della città. La seconda immagine, quella in bianco e nero, è un particolare della prima. L'ho tratta dal libro e permette di vedere meglio com'era Bologna nel primo Seicento.


Guido Reni: Pala dei mendicanti (part)
1614-16 Pinacoteca Nazionale, Bologna

17 commenti:

mazapegul ha detto...

Solimano, come esprimere l'emozione nel leggere e vedere i luoghi che stanno appena qui fuori dalla sala computer, imparando su di essi anche delle nuove cose? Emozione maggiorata dalla principiante camminata di una fanciulletta sotto il portico dei Servi: uno dei due più belli di Bologna, infatti (l'altro è quello di S. Giacomo Maggiore, in Via Zamboni).
I portici non sono solo comodi, ma sono anche uno spazio dedicato alla vita comunitaria, mentre le strade sono per il traffico e il trasporto merci (oggi come nel medio evo). Fu probabilmente per questo che, ufficializzando un uso gia' comune, nel 1288 venne fatto obbligo a chi costruiva nuove case di dotarne il lato verso la strada di portici (il portico e' proprieta' privata, ma di uso pubblico).
At salud,
Maz

Giuliano ha detto...

I portici sono una bella invenzione di civiltà. Li si apprezza quando fa molto caldo, nei cortili delle chiese storiche, per esempio; e quando piove, naturalmente.
E' anche un'indicazione positiva per il vivere insieme, in comune. Non a caso, a Milano e a Como i portici sono rarissimi.

Roby ha detto...

Condivido l'emozione di Maz, avendo vissuto a Bologna l'infanzia e parte dell'adolescenza. Il portico dei Servi, se non erro, a dicembre era (è ancora?) sede di una fiera con bancarelle piene di statuine del presepio e dolciumi. Dalle parti della foto c'era anche (c'è ancora?) la fermata del 44 che dopo la scuola mi portava a casa, in quella che ora è l'abitatissima zona Fossolo: allora, era quasi campagna...

At salud anch'io!!!

Roby

Giuliano ha detto...

Quel dipinto di Creti è un contenitore di meraviglie. La prima cosa che ho ammirato è stata la ninfa di schiena, e non potevo fare diversamente.
Ma il centauro pezzato, la posa di Teti che sembra presa dal Pontormo, e il cane! Che miracolo di cane, non solo sembra vero ma è anche un bel cagnone simpatico, forse addirittura una Cana.
Secondo me, il signor Creti li conosceva tutti di persona, soprattutto la ninfa e il cagnone, ma anche Chirone mi sa che bazzicava casa sua.

Solimano ha detto...

Il mio problema, su questo argomento, è quello di fare solo due post. Perché le vie belle di Bologna sono tante, ed ognuno di noi ha dei ricordi importanti legati a quelle strade.
Faccio un piccolo preannuncio: nel secondo post ci saranno sicuramente via Zamboni e via Castiglione. Così ognuno (in particolare Màz e Roby) potrà rinfrescare i ricordi che sicuramente ha.
Agiungo una cosa inaspettata: se qualcuno ha in mente una via che gli sta a cuore, magari me lo dica, perché è probabile che io riesca a trovare le imagini di quel meraviglioso agosto del 1969, in cui a Bologna tanti si dettero da fare per un solo obiettivo: civiltà.

grazie e saludos
Solimano

Roby ha detto...

I Giardini Margherita, io voto per rivedere quelli nel 1969!

Ho realizzato adesso che l'agosto del '69 era proprio il mese precedente a quello in cui avrei lasciato Bologna per tornare a Firenze, mio luogo di nascita anagrafico (ma Bologna resta quello del cuore!!!). Mamma e papà erano felici di questa rentrée, io e mia sorella A un po' meno (la sorella B, nata al S.Orsola 3 anni prima, era troppo piccola per capire). Anzi MOOOLTO meno. Andarsene significava lasciare per sempre gli amichetti, il giardino sotto casa, luogo magico di giochi e fantasie, le compagne di scuola... I PORTICI, tanto amati, e i piccioni di piazza Maggiore, così amorevolmente nutriti per quasi 10 anni!!!

"Bologna, tzè!" sentenziava papà -pace all'anima sua- "Cos'ha Bologna di STORICO? Di ARTISTICO? Firenze, QUELLA SI' che è una città!!!"
Ed io, francamente, non ho mai capito tanta affezione filo-toscana in un nativo sardo di Cagliari, con madre romana!!!
Mah... povero papino...
Ciao, Sol-Maz-Giul. Alla prossima.

R.

Habanera ha detto...

Non conosco bene Bologna avendola visitata, solo per pochi giorni, molti anni fa.
Ricordo bene però la sensazione di confortevole calore che mi ha dato fin da subito quella città, i portici accoglienti, la parlata emiliana, le innumerevoli delizie per il palato. Bella città, bella gente, bei ricordi.
Intanto, con questo post di Solimano, ho scoperto qualcosa che mi ha fatto innamorare: il quadro del Parmigianino custodito nella Pinacoteca.
Mi inchino, riverisco e ringrazio Solimano (e la città di Bologna tutta).
H.

mazapegul ha detto...

Post su ordinazione? Mi butto!
A me piace Via Galliera, che inizia dall'omonima porta e finisce nel nulla; anzi, in una stradetta in salita, che poi curva ed esce da un portone. In via Galliera c'è palazzo Aldrovandi, uno dei più belli di Bologna (col privilegio aristocratico di non avere portico); c'è una chiesa fatta alla rovescia, con delle finestre sopra l'ingresso; c'è l'incrocio con via Reno (come mi piacerebbe che ci fosse ancora anche il Reno!). Era la via che portava al centro da Nord, sostituita poi da via Indipendenza, affollato e vivace sventramento ottocentesco che corre parallelo all'originario asse stradale.
E poi... (ma lascio la parola a Solimano).
Ciao a tutti,
Maz

Solimano ha detto...

Sarà mia cura provvedere alla soddisfazione dei troppo giusti desideri di Roby e di Màz... anche perché... ehm... i Giardini Margherita e via Galliera li desidero anch'io!
Ho i miei motivi...

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Ho fatto l'Università a Bologna. In via Zamboni.
Conosco Bologna col passo della corsa: sempre di fretta, con la paura di perdere o il treno o una lezione. La misuravo a portici :), nel senso che la strada che dovevo percorrere era scandita da questi incroci di confine, spazi fra aperto e chiuso, che ho imparato ad amare.
Bello ritrovarli qui, insieme ad altri luoghi che torno a ripassare volentieri.
Grazie, Solimano e saluti a tutti:)
zena

Solimano ha detto...

Zena, il triennio lo feci sopra Porta Saragozza (il biennio l'avevo fatto a Parma), ma siccome eravamo tutti maschietti, stabilimmo dei gemellaggi con Lettere e Magistero, che avevano il problema opposto, e quindi eravamo spesso in via Zamboni. Per arrivarci, prendevamo il filobus 32 o 33 , la circolare esterna. Faceva lo stesso, tanto Porta Zamboni è esattamente dalla parte opposta della città. Diverse conseguenze di tali gemellaggi permangono tuttora... sarà peggio il marito ingegnere o la moglie letterata? Ah, saperlo!

saludos
Solimano

Massimo Marnetto ha detto...

Bel post, Solimano!

Io Bologna l'ho conosciuta dopo i bolognesi e mi sono piaciuti entrambi, tranne Mazapegul (scherzo dàai...)

Sicché propongo che Bologna sia eletta come luogo del raduno degli Habaneri, con tanto di visita sentimentale guidata e mangiata finale.

Saluti ipercalorici
Massimo

Habanera ha detto...

Massimo, bentornato.

Se raduno ha da essere che sia Bologna la città eletta!

Così parlò Habanera

Solimano ha detto...

Massimo, è bene che gli Habaneri (bellissimo nome!) si incontrino presto, magari anche con qualche amico/amica.
La sede ha da essere Bologna, anche se la presenza del Dottor Mazapegul lievemente ci ambascia. Vabbè: Bologna val bene un Arcozzi!

saludos
Solimano
P.S. Cosa mi tocca fare per ottenere che Nicola ci offra l'aperitivo...

Roby ha detto...

Il RADUNO degli HABANERI a Bologna!!! MAGNIFICA IDEA!!! ADERISCO!!!!

R.

mazapegul ha detto...

Grandiosissima idea! Quando? (Scappo: la famiglia incombe).

Habanera ha detto...

Quando? Ah, saperlo...
H.