venerdì 15 agosto 2008

Romagna comfort




Romagna comfort
(Pensare coi pedali -2)

di Mazapegul



Domenica scorsa, durante un breve giro in bici per la piana, decisi di fare una strada diversa dal solito: al guado sul torrente in secca prendere il torrente verso monte, raggiungere l'altro guado due chilometri più in su e tornare a casa per una stradina poco trafficata.

Dopo neanche duecento metri il letto del torrente iniziava a essere ostruito da pozze d'acqua stagnante sempre più lunghe e profonde, coperte da grossi insetti pattinatori che facevano lo slalom tra mucillagini e alghette; un po' più in là m'imbattei in alcuni pioppi caduti attraverso il torrente, da scavalcare portandosi dietro la pesante bicicletta.

Mezz'ora dopo, immerso nell'acqua putrida fino alla cintola, senza alcuna possibilità di risalire la riva e arrivare ai campi attraverso i venti metri di fitto roveto e, pressapoco equidistante tra i due guadi, mi chiesi se mai un pirla si fosse trovato in una situazione simile. Non trovai alcun esempio reale, ma mi venne in mente un vecchio film, di cui passo ora a raccontarvi la trama.

Il titolo originale è Southern Comfort, "comodità del Sud", che è il nome di un famoso drink della Louisiana ma che, soprattutto, si riferisce ironicamente all'estrema scomodità in cui si trova una squadra della Guardia Nazionale americana durante un'esercitazione nel bayoux, le paludi del Sud abitate dagli schivi cajun, pionieri francofoni ancor oggi concentrati nelle foreste e nelle campagne intorno a Lafayette, Louisiana. La scomodità viene dal fatto che il gruppo s'è perso nelle paludi, è comandato da un sergente imbecille ed è composto in parte da cretini che si credono di giocare ai soldati (la Guardia Nazionale è un corpo volontario di difesa territoriale, erede delle milizie rivoluzionarie di Washington, ma spesso -secondo un luogo comune americano- non all'altezza del compito e del ruolo). E la situazione dei soldati peggiora quando, per attravesare un tratto di palude, rubano delle canoe, vengono sorpresi da un cajun, per spaventarlo gli sparano (a salve: è un'esercitazione) e il primo del gruppo viene abbattuto (a pallettoni: è un cacciatore).

Da questo punto in poi il film diventa un'avventura di tipo vietnamita (o western-crepuscolare), ma vissuta in casa, eppure a confronto con degli "stranieri" -i padroni di casa: gente della foresta, che parla un'altra lingua. I soldati scontano l'isolamento, l'ignoranza del territorio e l'assenza di leadership. Tranne due (come si conviene: i meno esaltati, i più pratici), tutti gli altri finiscono uccisi dai cajun o da una natura matrigna a chi non la conosce.


In una breve pausa silvestre due dei soldati arrivano a un villaggio cajun, proprio mentre si sta preparando una festa. In quel momento la bella colonna sonora di Ry Cooder lascia spazio a un pezzo di musica cajun, tra le più allegre e piacevoli del folk statunitense. Si vede la preparazione di alcuni piatti della cucina cajun, come in una scena di un altro film "meridionale" -Angel Heart di Alan Parker-, che è una delle poche sopravvivenze degne di nota e d'assaggio della cucina locale americana, spazzata via dall'industrial comfort, dal pane a cassetta e dalla zuppa Campbell in barattolo immortalata da Warhol.

Anni fa mi capitò di visitare la Louisiana e in un ristorante locale (coda d'alligatore fritta il piatto forte) conobbi un cantante cajun, che poi rividi a St. Louis, durante un tour che doveva portarlo a Montreal, il cuore culturale e politico dell' America francofona. Mi diceva che il film di Hill dalle sue parti, dov'era stato girato -e della cui location avevano fatto un richiamo turistico- non era stato visto molto bene: troppi stereotipi e pregiudizi. A me invece i cajun del film erano parsi fascinosi: proprio a causa loro avevo indirizzato quella vacanza in Louisiana.

Il titolo italiano del film, di rara idiozia (che sarà mai una "palude rumorosa"?), intendeva ricordare allo spettatore che il regista è lo stesso di Warriors, un gioiellino del film d'azione, purtroppo preso a modello di stile dalle gang di cretini d'ogni città dell'occidente, come già era accaduto per Arancia Meccanica.
Il Southern Comfort è una mistura di whiskey, brandy di pesca, arancia, vaniglia, zucchero e cannella.


Southern Comfort di Walter Hill (1981) Sceneggiatura di Michael Kane, Walter Hill, David Giler Con Keith Carradine, Powers Boothe, Fred Ward, Franklyn Seales, Peter Coyote, Brion James Musica: Ry Cooder Fotografia: Andrew Laszlo (106 minuti)


Luglio 2007



11 commenti:

Giuliano ha detto...

Impantanati... paludi e pantani sono due grandi metafore della vita, come tutta l'acqua del resto.
Forse perché è da un fango primordiale che veniamo: lo dice anche la Bibbia. (che poi prosegue con Caino e Abele, proprio come nel film)

Roby ha detto...

Reduce da un viaggio nel sud della Francia, funestato negli ultimi giorni da piogge torrenziali che ci hanno indotto ad anticipare il ritorno, non posso che dirmi solidale con l'impantanato romagnolo...

... datemi il tempo di disfare le valigie e fare almeno 3 lavatrici, e poi TORNO!!!

Roby

mazapegul ha detto...

Pantani e isole in mezzo a essi: letteratura, cinema e fumetto sono pieni di queste situazioni. Io, comunque, la mia iniziazione me la giocai e la persi: dovetti tornare indietro.
Haba: grazie per la bellissima scelta delle immagini (io mi riconosco assai nella prima).
Màz

Solimano ha detto...

Maz, il rapporto conflittuale fra anglofoni e francofoni ha dato in Canada -proprio perché conflittuale- alcuni risultati splendidi, di cui sono venuto fortunatamente a conoscenza. Dal punto di vista anglofono c'è il libro "La versione di Barney" di Mordechai Richler, che è conflittuale in tante direzioni: verso gli USA, verso i francofoni, verso i protestanti, verso i cattolici, anche all'interno della minoranza ebraica a cui Richler appartiene.
Non provavo da molto tempo il senso della lettura vorace come con questo libro.
Sul versante francofono ci sono i film di Dennys Arcand: "Le invasioni barbariche" e (diversi anni prima), "Il declino dell'impero americano". Sono due film che segui dal principio alla fine con un gradevolissimo coinvolgimento del cervello (che è un organo importante).
Il conflitto culturale è necessario, perché spinge ognuno ad usare il meglio di sé (se ce l'ha), occorre soltanto riuscire a salvare qualche regoletta del buon litigio. Ma non sarebbe meglio se si andasse tutti d'accordo? No, perché l'equilibrio a quel punto si stabilisce al livello più basso: non è il villaggio che fa lo scemo, ma è lo scemo che fa il villaggio. Il che, ad esempio, porta in rete una situazione di melassa generalizzata per cui non c'è spinta a fare meglio, ma a trovarsi una piccola cordata per avere un po' di visite. Questo è molto più presente nella cultura anglosassone che nella cultura latina, in cui difatti tende a prevalere una economia (ed una cultura) di tipo curtense.

grazie e saludos
Solimano
P.S. Gemellina Roby, disfa quelle benedette valigie e torna presto, we need you (e vale anche per il cinema). Cioè, ce la si fa lo stesso, ma se ci sei anche tu è ancor più migliore assai!

Giuliano ha detto...

Mah, chiedo scusa a Maz ma io non ho capito una cosa: che cosa ha fatto Roby, ha disfatto tre lavatrici? E le valigie, dove sono finte che non le vedo? Mah!

Habanera ha detto...

Màz, mi sono impantanata anch'io, anni fa, ma non nel fango, nella neve fresca. Stavo sciando a Laax, ad oltre 3000 metri (sul ghiacciaio del Vorab), e per distrazione sono finita fuori pista.
Me la sono vista veramente brutta perchè non sapevo come venirne fuori, più mi muovevo e più affondavo. Sempre di più... sempre di più...
Momenti di panico anche perchè intorno a me non c'era nessuno, solo una distesa immensa di neve freschissima e bianchissima.
Poi finalmente qualcuno mi ha visto ed è venuto a soccorrermi, altrimenti non sarei qui a raccontarlo.

Per le immagini devi ringraziare Solimano che ancora una volta mi è venuto in aiuto; io delle buone immagini di quel film non ero riuscita a trovarle.

Giuliano, mi sembra di capire che Roby abbia disfatto le valigie direttamente in lavatrice.
Mi auguro solo che non fossero di pregiatissimo cuoio, come quelle che usavano una volta.

Solimano, la melassa generalizzata per fortuna ha anche delle notevoli eccezioni e ci sono dei blog che seguiamo con grande interesse. Non faccio nomi ma so che tu sai a quali mi riferisco e che condividi.

Roby, mi dispiace (davvero!) che tu abbia dovuto anticipare il rientro ma egoisticamente sono contenta che tu sia di nuovo qui. La tua mancanza si sente. Bentornata!

Besos a tutti
H.

Anonimo ha detto...

E'sempre spaventevole accorgersi come una giornata cominciata all'insegna dell'equilibrio mente e corpo, possa in una frazione di secondo diventare un incubo. Molta letteratura e filmografia hanno marciato su questo dualismo che accompagna la nostra vita. Mi ha segnalato il blog Solimano e devo dire che ha ragione: è proprio bello. A presto

Roby ha detto...

Cari tutti (sgnapsvirgola compreso), le mie valigie (non di cuoio ma di pura plastica) adeguatamente SVUOTATE riposano tranquille in soffitta, mentre in cucina la pila della roba da stirare cresce inesorabilmente...

...GRAZIE del vostro affettuoso BENTORNATO: sono BENFELICE di essere di nuovo qui!!!

[:->>>]

Roby

Habanera ha detto...

Ciao, Sgnapis.
Ti ho lasciata ieri sul Milano-Reggio Calabria (aspettiamo il seguito del racconto) ed ora ti ritrovo qui. Prodigi della blogosfera.
Benvenuta!
H.

mazapegul ha detto...

Cara Haba, il mio breve detour ciclistico è stato certamente meno drammatico della tua disavventura in neve fresca. Ma, come dice Sgnapisvirgola (benvenuto!), è un esempio -molto meno che pericoloso- della inquietante contiguità di conosciuto e di ignoto, di quotidianamente civilizzato e di selvaggio. (Un bell'esempio letterario recente è Io Non Ho Paura di Ammaniti, dove il tema introduce una più sinistra dicotomia).
Roby: bentornata! Attendiamo un resoconto del diluvio.
Solimano: Barney è un bellissimo romanzo per tanti motivi (il Ferrarone lo ha giustamente pubblicizzato in Italia). Il conflitto culturale è necessario, sono daccordo, purchè non sia artificioso o, peggio, strumentale (ma qui il discorso si farebbe lungo e forse poco interessante).
Màz

mazapegul ha detto...

Per Sgnapis: benvenuta! (Errore di genere).