venerdì 20 giugno 2008

La parola proibita


Jean-Louis Ernest Meissonier: The Reader in White
Private collection


La parola proibita

di Barbara Cerquetti
(Woodstock74)




Franti sbuffò buttando il libro sul letto.

-Bah!

-Che hai fatto?- chiese Lilli, entrando in camera con una pila di asciugamani appena stirati da riporre nell’armadio.

-Non finirò nemmeno questo – brontolò lui, pulendosi gli occhiali.
Franti leggeva tantissimo, iniziava almeno tre libri a settimana: essendo libraio doveva conoscere quanti più testi possibile, per avere sempre una nutrita rosa di titoli da consigliare ai clienti ma difficilmente ne finiva uno. Pur amando la lettura reputava spazzatura i tre quarti della roba che si trovava in commercio. Leggeva ogni pagina con occhio spietato, ogni riga con critica feroce e non lesinava commenti velenosi anche agli autori più blasonati. Anche a quelli che gli permettevano di pagare il mutuo. Ma questo ovviamente era un segreto di letto tra lui e Lilli, che si chinò a raccogliere il cestinato di turno. Era “La cattedrale del mare”, di Falcones.

-Strano, dicono tutti che è bellissimo.

- Sì, è carino, non dico di no, ma non mi convince. Lo stile è sciapo, cerca di emulare “I pilastri della terra” senza avere la tecnica di Ken Follet e poi…

-…cosa?

-…e poi ho incontrato la parola proibita!
Lilli scoppiò a ridere.
Già sapeva che Franti stava per tirar fuori una delle sue famose teorie e non vedeva l’ora di sentirla.

-Quando incontro quella parola…- spiegò il ragazzo, riprendendo in mano il libro e scorrendone le pagine – …eccola qua… quando incontro quella parola stai sicura che il libro non lo finirò! Posso insistere ed andare avanti per cinquanta, cento pagine, ma alla fine la maledizione della parola proibita avrà la meglio e non lo terminerò!

- E’ una specie di sortilegio- azzardò Lilli.

-Sì! Senza dubbio c’è dietro qualcosa di malefico. Me ne sono reso conto da poco e sono andato a rivedermi tutti i libri che avevo lasciato a metà negli ultimi mesi, e quella parola c’è sempre!!! Gli autori contemporanei in special modo ne abusano in continuazione.

-E che parola è?- chiese lei, affascinata dalla parola proibita.

-“Sbocconcellare”- proclamò Franti, con solennità, scandendo tutte le sillabe.

Sbocconcellare?- ripeté lei, per accertarsi di aver capito bene.

Georg Flegel: Still-Life with Pygmy Parrot
Staatliche Museen, Berlin


-Ma non lo senti come suona male? E’ proprio un termine pretenzioso e sciocco, lo può usare solo uno che non sa scrivere ma è convinto di sì! Quando leggi un libro e arrivi a trovare quel termine dovresti capire subito che l’autore è un bluff!

-Ma non sarai un po’ troppo severo?

-Pensaci bene Lilli: esistono mille modi per dire la stessa cosa, molto più carini e simpatici. Prima di tutto c’è “mangiucchiare”, che è la parola migliore per esprimere questo concetto, semplice e chiara, poi c’è “piluccare” che ti fa pensare ad una donnina con poco appetito che sta lì con le bricioline del pane sulla punta delle dita. Per non parlare di “rosicchiare” e “spizzicare”, o anche “sgranocchiare”.

- In effetti- concesse Lilli, tra il serio e il divertito – “sbocconcellare” fa venire in mente la saliva… potrebbe usarlo Maria Antonietta, chiusa nella Bastiglia, di fronte ad un pezzo di pane ammuffito…

-Dici?- chiese Franti, ostile.

-Ma sì, pensaci bene: lei è abituata alle brioche e ai fagiani, ma non mangia da giorni, è rinchiusa tra i topi e i pipistrelli e ha di fronte questa pagnotta secca. All’inizio le fa schifo, la ignora con sdegno, ma alla fine i crampi della fame sono troppo forti, l’acquolina le fa fare le capriole allo stomaco e allora cosa fa?

-La sbocconcella?- chiese Franti, lasciando la frase a mezz’aria.
La parola rimase sospesa tra loro due per qualche istante, e guardandosi negli occhi ne soppesarono il suono e la scia che si portava dietro.

-Ma dai – esclamò Franti. – Non senti come suona male? La “sbocconcella”… è orribile. E anche un po’ oscena. Fammi una promessa: se un giorno mai tu dovessi diventare una scrittrice non la usare!

Va bene Franti. Promesso

(giovedì, 13 marzo 2008)

Da Lavoretti

Elisabeth Vigee-Lebrun: Portrait of Marie Antoinette
1783, Chateau de Versailles, Versailles


3 commenti:

Solimano ha detto...

Sbocconcellare?. Io non lo faccio mai, non per ragioni grammaticali o stilistiche, perché le alternatice sono per me solamente due: ho fame oppure no. Se non ho fame non mi dedico all'hobby dello sbocconcellamento, meglio le parole crociate, se ho fame, mangio proprio con avidità, non sbocconcellorosicchiopilucco.
Sulle letture, poi, Franti è troppo di bocca buona, dice che i tre quarti dei libri non andrebbero letti, io direi piuttosto i nove decimi, o una roba del genere (è per questo che più che leggere io rileggo). Però lo voglio vedere, se una persona entra in libreria e chiede uno dei libri che schifa, dirgli: "No, non lo legga proprio!" Business is business...

grazie Barbara e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Hai mai provato con SBOCCONCELLULARE? SBOCCONSBRICIOLCELLARE?
(non c'è limite ai mostri!!!)

Anonimo ha detto...

Ragazzi, vedo solo ora questo brano di vita vissuta sul nonblog.
Grazie mille, come sempre.

Solimano: Franti quel numero lo farà solo quando avremo finito di pagare il mutuo, se no lo sbrano (no sbocconcello, sbrano)!

Giuliano: gulp!