venerdì 20 giugno 2008

Alveare autunnale


Hogarth: The shrimp girl c.1740 National Gallery, Londra


Alveare autunnale
(Le confessioni di un poeta finto -8)

di Solimano


Il mio periodo “Eh… eh!” ebbe una buona produttività, perché le poesie venivano quasi da sole, quindi ci voleva poco tempo a scriverle. Ne trascrivo solo un’altra, poi passerò al periodo successivo, che sarete sorpresi nel vedere come si chiama.
Ma ecco la seconda poesia:

Girellona,
La tua musica,
I tuoi canti,
Ostinata ed autentica
Passionale ed avveduta.

Quasi pronta
Ad aprirti
All’amore,
La gioia non è nelle cose,
Scaturisce dal profondo.

Alveare autunnale
Pieno di dolcezza e di ronzio,
Goccia di miele furba e gentile,
Occasione troppo ghiotta.

Forsitia tutta bionda,
Verde fra un mese.

Ginestra bionda e verde
Per mesi e mesi.

Così potete farvi una idea più precisa della mia ispiratrice nel periodo “Eh… eh!”, e ve ne innamorerete tutti, anche solo a leggerla. L’assenza totale di endecasillabi vorrà dire pur qualcosa, ma non abbiate timore, torneranno, dessi endecasillabi, prima o poi. La ghigliottina riguardò solo questo periodo, si vede che la bellezza della Girellona si trovava a suo agio nelle feste frequentate dagli altri versi, ognuna ha i suoi gusti, l’importante è conoscerli e rispettarli. Nella poesia vedete che a volte si è d’autunno a volte all’inizio della primavera: sono stagioni mirabili, se si è bene accompagnati.
Del verso goccia di miele furba e gentile fui soddisfatto quando lo scrissi ed anche successivamente, perché piacque anche al di fuori del periodo “Eh… eh!”, piacque perché -ne ero e ne sono persuaso- le gocce di miele furbe e gentili esistono. Se uno è persuaso, prima o poi le incontra.
Il giochino settenario-quinario degli ultimi quattro versi -quelli botanici- non vi è certo sfuggito: scrivere poesie all’impronta non vuol dire sbraco, vuol dire che certe musiche ti escono da sole perché ce le hai già, ed aspettano solo la Girellona giusta per manifestarsi.
Pur nelle mie goffaggini, qui sostengo che le poesie debbono essere tagliate su misura delle persone che le ispirano, in modo che facciano la loro bella figura col vestito acconcio, che è un regalo universalmente apprezzato. Non gradiscono infatti vestirsi ai grandi magazzini, vogliono essere sole e uniche, almeno finché ci sono. Il poeta deve prendere atto felicemente dei loro troppo giusti desideri, guai se facesse altrimenti, ripiomberebbe in una “Dolcezza cogliona” ormai scaduta di garanzia. Sto forse dicendo che il poeta deve essere un furbacchione? Sì, se vuole anche vivere oltre che poetare, ebbene sì.
Non è, questa, poesia da portare a congressi o seminari, ché i relatori potrebbero sprezzarla, è invece da recitare ad alta voce camminando per strada. Se la recitate bene, può essere che la Girellona si materializzi, proprio davanti a voi, succedono queste cose. Miracoli? Forse che sì, forse che no, ma non fatevi troppi problemi, passate direttamente dal punto interrogativo a quello esclamativo.

P.S. L'immagine a fianco del post è un particolare del quadro "Donna che legge una lettera" (1662-65) di Gabriel Metsu , conservato alla National Gallery of Ireland di Dublino.

Hals: La bohémienne 1628-30 Musée du Louvre, Parigi

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