lunedì 5 maggio 2008

Parigi-Nonblog

Habanera

Henri Fantin-Latour: La Lettrice, 1861
Musée d'Orsay, Parigi


Parigi-Nonblog
(Cronaca semiseria di una toccata e fuga a Parigi)


Sono stata a Parigi altre volte ma non avevo ancora un blog.
La differenza c'è, solo che me ne sono accorta quando era ormai troppo tardi. Sono partita spensierata e felice senza macchina fotografica e senza cinepresa: ho messo quattro cose in valigia, sono salita su un aereo e via.
L'arrivo non è stato entusiasmante. La porta per uscire dal tubo che collega l'aereo non voleva saperne di aprirsi automaticamente, come sarebbe stato suo mestiere, e abbiamo dovuto aspettare una ventina di minuti prima che qualcuno venisse finalmente a liberarci. Superato l'ostacolo imprevisto abbiamo preso la RER fino a Châtelet ed il metrò per scendere a Tuileries.


Errore madornale perchè il nostro albergo invece era vicinissimo alla fermata successiva: Concorde.
Vabbe', un po' di strada a piedi non ha mai ucciso nessuno, anche perchè ormai le valigie si chiamano trolley, hanno le rotelline e non si fa fatica a portarsele dietro.
Giunti finalmente alla meta, dopo una bella doccia ritemprante, eccoci pronti per la Ville Lumière.
Ma era un orario strano, quel piccolo intervallo di tempo in cui la luce del giorno comincia a scarseggiare e le luci della città non sono ancora accese.
Per di più aveva iniziato a piovere e Parigi, pur nella consueta grandeur, aveva un'aria livida e desolata.
Fosse stata la nostra "prima volta" forse la città magica ci avrebbe un po' deluso. Ma basta muoversi come a casa propria ed il calore della città lo senti, anche a dispetto della pioggerella insistente e della luce spettrale.
Il piccolissimo, adorabile Restaurant Lescure (a due passi dal nostro albergo) ci avrebbe accolto con simpatia e calore ed il suo Boeuf Bourguignon, seguito dalla migliore Tarte aux pommes che si possa immaginare, ci avrebbe riconciliato con la vita.



La mattina dopo il cielo era limpidissimo ed un sole fin troppo caldo ci accarezzava amorevolmente mentre eravamo in coda per entrare al Musée d'Orsay.
Credevo di conoscerlo abbastanza bene questo museo ma c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire ed anche il ri-vedere è una gran bella emozione. Quando mi sono trovata davanti la mia amatissima Liseuse di Fantin-Latour è stato come se la vedessi la prima volta. Ed anche per certi quadri di Courbet, di Millet, di Renoir, di Van Gogh, di Manet, mi è successa la stessa cosa. Avevo una gran voglia di fotografarli per riportarli qui, nel Nonblog, ma... non avevo la macchina fotografica. Avevo però il telefonino ed è con questo misero strumento che ho fatto alcune delle foto che vedete. Altre ho dovuto eliminarle (erano decisamente inguardabili) e le ho sostituite con qualcosa di analogo trovato in rete. I ricordi sono salvi, le emozioni pure e la morale è che un blogger, anche quando è beatamente in vacanza, non riesce mai a dimenticarsi completamente del suo blog.

Ecco una piccola parte di quello che hanno visto i miei occhi

V. Van Gogh: Chaumes de Cordeville à Auvers
1890 - Musée d'Orsay

V. Van Gogh: La Meridiana (ispirata a Millet)
1889-1890, Musée d'Orsay

Pierre Auguste Renoir: Julie Manet
1887 - Musée d'Orsay

P. A. Renoir: Ballo al moulin de la Galette
1876 -Musée d’Orsay


Nel pomeriggio, dopo uno spuntino veloce in una delle caratteristiche brasserie del Boulevard Saint-Germain, abbiamo cambiato zona dirigendoci verso il Parc Monceau ed il vicino museo Nissim de Camondo.
Il Parco è indescrivibilmente bello e romantico, un paradiso di armonia, di colori dalle mille sfumature diverse. Con gli scarsi mezzi che avevo a disposizione ho tentato di fermare quei momenti di beatitudine totale ma credo che nessuna foto possa realmente rendere l'idea, bisogna trovarsi lì.



Breve sosta su una panchina per fumare una sigaretta ed osservare i parigini che si godevano il loro splendido parco e poi via, verso il Nissim de Camondo che non conoscevamo e che ci incuriosiva molto. Ne avevo letto per la prima volta qui, in questo bel post di Solimano, e fin da quel momento ho deciso che appena fossi ritornata a Parigi lo avrei incluso tra le cose da vedere assolutamente.
Abbiamo fatto bene, anzi, benissimo. Perchè in quella casa, divenuta museo, c'è un'atmosfera molto particolare, di quelle che non si dimenticano facilmente. Non mi ci soffermo perchè ha già detto tutto Solimano, come meglio non si potrebbe fare. Mi limito ad aggiungere solo qualche immagine

Verso i piani superiori

Un particolare della sala blu

Un particolare della Biblioteca

Una delle camere da letto

Un bellissimo bagno

Un particolare della cucina

Il tavolo da pranzo della servitù

Un altro angolo della grandissima cucina

Ma la giornata non finisce qui. Il venerdì a Parigi i musei chiudono molto tardi e le immense tele di Monet, nelle sale dell'Orangerie, ci stanno aspettando...
(continua)

15 commenti:

gabrilu ha detto...

La storia dei Camondo è interessantissima. Pierre Assouline ha scritto un libro molto bello che si intitola Le dernier des Camondo e che io avevo avuto la fortuna di leggere molto prima di vedere per la prima volta la bellissima casa-museo.Questo mi ha permesso di godermi al meglio e in ogni particolare la lunga visita che le ho dedicato.

Altra casa-museo da vedere (spero che tu ci sia stata, e se no prendi appunto per la prossima volta) è il Musée Jacquemart-André. Pure loro alta società, pure loro grandi collezionisti.
Anch'io tornerò presto, molto presto, a Parigi.
Nel frattempo, aspetto di leggere la seconda puntata del tuo racconto :-)

Roby ha detto...

Carissima Haba,
TI ODIO, TI ODIO, TI ODIO!!!!!
Com'è potuto accadere che -in tre viaggi a Parigi- io non abbia neppure sospettato l'esistenza del museo Nissim de Camondo?
Oh RABBIA!!! Sono qui che pesto i piedi in terra come una bambina viziata... VOGLIO TORNARCI SUUUUBITOOOOOO!!!!!!!!

Roby

PS: Salut, Gabrilu!!!

gabrilu ha detto...

Roby non c'è niente di strano nel fatto che non conoscessi l'esistenza del Musée Camondo. Con tutti gli splendidi mega-musei che ci sono a Parigi, è chiaro che la priorità di visita va ad altri. Poi però, tornando e ritornando, ci si può permettere il lusso di approfondire sempre di più e si scoprono così una miriade di veri gioielli (non solo musei, eh, io per esempio ho una passione sfrenata per parchi, giardini e giardinetti d'ogni tipo).
D'altra parte, è così anche a Roma, Firenze, insomma nelle grandi metropoli e in tutte le cosiddette "città d'arte".

Anonimo ha detto...

Parigi è sempre una nuova sorpresa ogni volta che ci vai. E' troppo che non vado, devo provvedere, ciao. Giulia

Habanera ha detto...

Gabrilu, la storia dei Camondo è affascinante e merita sicuramente la lettura del libro di Assouline che, se non sbaglio, esiste solo in francese. Ne accennava, pochi giorni fa, Giancarlo in un commento al post di Solimano del 20 maggio 2007.
Lo leggerò mai? Ah, saperlo!
Il Musée Jacquemart-André non lo conosco, se non di nome. Lo metto sicuramente in nota per la prossima volta, tra le tante cose che avrei voluto vedere, o approfondire, se solo avessi avuto più tempo...
Grazie.
H.

Habanera ha detto...

Ahi, ahi, ahi, Roby!
Vuoi dire che non hai letto TUTTO il Nonblog, parola per parola, dalla sua data di inizio fino ad oggi?
Male, malissimo!
Se lo avessi fatto avresti letto anche il post di Solimano che mi ha invogliato a fare questa felicissima visita.
Vabbe', ti perdono, ma solo perchè sei tu.
H.

Habanera ha detto...

Cara Giulia, è sempre troppo il tempo trascorso dall'ultima visita a Parigi, anche se sei appena tornata.
Oh, come ti capisco...
H.

Roby ha detto...

Uffa, però... nella rilettura ragionata ed analitica del Nonblog sono arrivata giusto al 19 MAGGIO 2007... accipicchiolina... bastava solo un altro giorno...

[:-<<<]

R.

PS: a quando la seconda parte? Domani all'alba, così la sbircio prima di andare al lavoro? Domani verso le 14,30, così me la leggo appena tornata? Domani verso le 23, per assicurarmi sonni dorati? NON OLTRE, PLEASE!!!!!

Solimano ha detto...

Habanera, in particolare trovo molto belle le immagini del Nissim de Camondo, che non sembra grande, ma in cui, andando adagio, ci si accorge che c'è veramente, tanto, anche come libri e come quadri. Chissà se hai trovato molta gente, quando ci andai io non c'era quasi nessuno, e neanche il Parc Monceau era affollato. Altre zone di Parigi piene di continue sorprese sono il Marais, la zona attorna a Saint-Sulpice, l'Ile de Saint-Louis. Come musei, oltre a Jacquemart-André, Cluny e il Marmottan. A Parigi sono anche andato due volte al Lido. La prima a meno di vent'anni, la seconda come accompagnatore dell'azienda a sette industriali emiliani, che il giorno dopo andavano allo stabilimento di Essonnes, ma la sera cenammo al Lido e dormimmo in un albergo di cui non ricordo il nome, ma di quelli tipo Place Vendome. Nello spettacolo del Lido c'era il bis-bis-bisnipote del cane barbone della prima volta, il cane che non si nuoveva mentre l'addestratore le cercava tutte pur di fargli fare gli esercizi. Le Bluebell erano solo le nipoti. Il volo lo facemmo col Tristan Falcon dell'azienda, e il volo Bologna-Parigi e ritorno fu la cosa migliore. Tempi di boom economico, vista con gli occhi di oggi sembra la belle epoque. Pochi anni dopo cambiò tutto, e il primo segno furono gli alberghi ed i ristoranti dove potevi andare in nota spese... a Roma fu una tragedia, prima andavo al Londra & Cargill dalle parti di Porta Pia, poi certi albergacci da duecento camere (sigh!).
Ma a Parigi, a saperci fare, si riesce a non spendere troppo lo stesso.

saludos y besos
Solimano

Habanera ha detto...

Dev'essere assai ragionata ed analitica 'sta rilettura del Nonblog, cara Roby, se a distanza di un anno (tra pochi giorni accendiamo la prima candelina) sei ancora ferma alla prima settimana. ;-)
Seconda parte? Quale seconda parte? Ho detto che ci sarebbe stata anche una seconda parte? Mon dieu, occorre che mi inventi subito qualcosa.

Besos
H.

Habanera ha detto...

Solimano, continuo a prendere nota. Oltre al Jacquemart-André anche il Cluny e il Marmottan.
Sì, ma quando tornerò a Parigi?
Se fossi meno imbrigliata dai tanti impegni -familiari e non- mi piacerebbe organizzare un viaggio con te, Roby, Gabrilu, Giulia ed altri che, come noi, sono perennemente innamorati di Parigi.

Besos
H.

Anonimo ha detto...

Sto annotando tutto, per il prossimo viaggio...
Perchè vedere i luoghi attraverso occhi amici rende tutto familiare e accogliente...
Grazie.
saluti e saluti.
zena

Habanera ha detto...

Saluti e saluti a te, Zena cara, e un abbraccio di affetto vero.
H.

gabrilu ha detto...

Avendo letto questo tuo post sono andata a mangiare a L'ESCLURE, cara habanera. Tutto vero, tutto buono. Tutto ottimo.

Ma la cosa più sublime dell'Esclure accade se si deve fare la pipì.
Perchè allora il teatrino è il seguente:

- si chiede dov'è la toilette
- vien risposto che si trova "fuori"
- va bene, ma fuori dove?
- fuori, nella strada, sono solo un trenta metri. La vede quella posta azzurra?
- si, la vedo. E allora?
- E allora deve avere la chiave
- Ah, bene. Ma io la chiave non ce l'ho.
- Beh, ci vuole la chiave.
- Si, lo immagino. Ma chi me la dà la chiave del portoncino azzurro?
- Ah, beh. Deve chiederla al banco. Vabbè gliela chiedo io, dice il Maitre, molto gentilmente.

... E si mette a urlare a squarciagola: "dai la chiave del WC alla signoraaaa"

Dopodiche, felicemente in possesso della chiave della porta chiusa, ci si può finalmente avviare trionfalmente per l' "allée du WC".

...Si, il bouf à la bourguignonne è molto buono e merita.

Però "l'affaire WC" è molto, molto meglio.

P.S. So che non si usa, su Blogger, andare a ripescare e commentare post che non siano in prima pagina.
Ma l'esperienza dei servizi igienici dell' Esclure non è di quelle che si dimenticano facilmente.

Habanera ha detto...

Gabrilu, sei fantastica!
Tu non mi vedi ma sto ancora ridendo mentre scrivo. A me l'esperienza chiave del WC al Lescure è sconosciuta ma la prossima volta che vado a Parigi giuro che ci torno apposta.
Mi è invece capitata una cosa divertente in un ristorante di Place des Vosges: anche lì mi hanno dato una chiavetta misteriosa ma la porta della toilette è stata tenuta aperta dalla signora che stava uscendo, quindi non l'ho usata. Dentro però non c'era nessun buco in cui poterla infilare, nè altri sistemi di chiusura. Dal momento che volevo solo lavarmi le mani non me ne sono preoccupata più di tanto. Puntualmente la porta è stata aperta dall'esterno e sulla soglia c'era un imbarazzatissimo cameriere che si è profuso in scuse.
Niente di grave ma mi domando ancora: come diavolo avrei dovuto usarla, quella chiavetta, se ne avessi avuto bisogno?
Misteri di Parigi...
H.