mercoledì 30 aprile 2008

Gioia, agguato perenne




Gioia, agguato perenne
(Le confessioni di un poeta finto - 5)

di Solimano


Riporterò solo due poesie del mio periodo “Piccolo grande amore”, ecco la prima:

Bruciante falò in nebbiose pianure
Vulnerabilità che fa soffrire
Fiori-carezza di gerani rosa
In cuore la voglia di primavera.

Andatura esitante:
Tua bellissima nota
Scelta di un percorso
Libero da bagagli.

Piuma, che guidi il vento dove vuoi,
Tu sei comparsa solo per ferire,
Evento che non può modificare
La parte divina che è in te.

Resterò in questo luogo
Quietato senza sforzo;
Bene è che tu risponda
Il nodo si scioglie.

E’ l’intuizione che aiuta a capire
Quei tuoi occhi insondabili e limpidi,
Creaturali attimo per attimo.
La mia tristezza se ne va, sublima.

Io mi sento un frammento
Scorciatoia inventata
Nel mondo dei confronti:
gioia, agguato perenne.

E’ un bell’inverno, adesso.

Addio, piccolo centro dell’universo.

Mai, dico mai, che la voglia di primavera sia nel fegato o nei lobi auricolari: nel cuore deve essere, e mi ci sono attenuto, anche se la primavera la potrebbe essere maladetta, come dicea Loretta Goggi. Epperò la voglia permane, sendo che l’inverno è stagione difficile. Credo che il mio lodare desso inverno ascondesse in sé una qualche menzogna gratulatoria verso la destinataria di codesta poesia, che oltre alla parte divina ne possedea una umana assai sensibile all’amorosità dei complimenti.
C’è nella poesia uno zompicchiare qua e là, come se stessi camminando su un lago gelato la cui crosta si rivelò fortunatamente spessa, e non rischiai un freddo bagno che potea riuscirmi fatale. Mi sento di smentire, dopo accurate ricerche, che la destinataria fosse il pur piccolo centro dell’universo, era però assai gradevole a vederla e a parlarci. Le movenze erano aggraziate, gli occhi limpidi e per niente insondabili, che è solo una licenza poetica che mi presi per aggiugnere mistero, parola apprezzata in tutti i piccoli grandi amori, come ognun sa. Le ferite di cui parlo furono solo piccole scalfitture da arrossar la pelle, non da farne scaturire la menoma goccia di sangue.
Questa non è la consueta festicciuola di endecasillabi e settenari, partecipano anche alcuni altri versi, non so se per mia imperizia o perché il climax (così si denomina) lo richiedesse. Esistono qua e là alcune coglionerie residuate al mio primo indimenticato periodo, sono però fronteggiate da numerose furberiole quale sentita quale astuta, mai però perfida. Vogliamo dirlo? Delicatezza, ecco quel che cercavo e che talora trovai.
Detta poesia anderebbe asciugata e raccorciata onde mantenerne la delicatezza aggiugnendo una maggior focosità, fatta sperare dal primo verso, ma non mantenuta nel prosieguo. Non era, la mia, una situazione da non dormirci la notte, ma da dormirci facendo sogni liberi da bagagli e con nodi che si sciolgono, ecco!

P.S. Le immagini sono tratte da John Everett Millais: Apple Blossoms (Spring) 1856-59 Lady Lever Art Gallery, Merseyside

14 commenti:

Roby ha detto...

Caro "poeta finto", non so se la destinataria della poesia sarebbe del tutto felice di sapere che non era in realtà per te il centro -seppur piccolo- dell'universo: a noi femmine piace, lo sai, sentirci dire che siamo uniche, insostituibili e indispensabili alla vita dei maschietti quasi come l'aria. E' comunque innegabile la grazia dei versi, e qualunque donna li abbia ispirati dovrebbe esserne lusingata.

Roby

PS: ahi me lassa, nessuno si è mai preso la briga di comporne per amor mio!

Solimano ha detto...

Roby, queste mie "Confessioni di un poeta finto" so benissimo che possono essere fraintese in due modi diversi.
O come esibizionismo apparentemente ironico di poesie, come dire, zoppicanti, o come una specie di autoflagellazione di tipo masochistico, che non se ne capisce il perché.
Invece è tutto molto più semplice: rivedo alcune cose scritte anche molto tempo fa, prendo le distanze da tutta una serie di difetti di cui sono convinto (non fingo di essere finto) però sono affezionato a quel ragazzotto o ragazzaccio che scriveva perché dentro, in un modo o nell'altro, c'è molto mio vissuto, e je ne regrette rien. E dentro ci sono anche persone che sono lieto di aver conosciuto, anche se a volte ho sofferto (capita...), persone che che non vedo da molto tempo né rivedrò.
Il tema interessante, su cui mi stuzzichi, è questo: ma il poeta d'amore, ha una marcia in più o una marcia in meno? La mia risposta è che accurate ricerche, svolte dalle società più reputate, dicono che il poeta ( o quello che va a capo spesso e perciò si crede poeta), parte certamente con la marcia in meno, e quindi prende delle mostruose facciate, ma se impara dagli errori può avere una marcia in più. Perché? Perché l'amore è il contrario della noia, ed una bella canzonetta (non dico poesia)consuma meno della spider e può ottenere risultati migliori.
Il motivo è che le donne amano moltissimo i complimenti, ed hanno un sesto, settimo, ottavo senso per capire se un complimento è sincero e non sfigato.
Soprattutto capiscono un'altra cosa: se il complimento è veramente personalizzato su di loro.
Le donne hanno nativamente una loro marcia in più: sanno se sono amate oppure mo, mentre noi maschietti ci rimuginiamo sopra troppo. Siamo degli incalliti sfogliatori di margherite.

saludos y besos
Solimano
P.S. Però sono stufo di continuare a ricevere poesie a te dedicate da uno che non osa non osa ancor, gli darò la tua mail...

Roby ha detto...

Solimano, attendo con viva ansia i versi a me destinati dal cortese ma timido ammiratore!

A la prochaine!

Roby

[PS da non mostrare al pubblico: SOL, guarda che sotto il fittizio nome di FIORENZO, mittente delle poesie, si cela la SOPRASCRITTA!!!! Del resto, scusa, avresti dovuto capirlo subito dall'indirizzo e-mail alias.roby@acciuga.it....]

Solimano ha detto...

Gentilissima Roby,
Fiorenzo io l'avea sgamato alla terza missiva. C'era infatti nel suo dire un non osare epperò irridere che non mi giungea del tutto novo. Il recapito postale ne è stato solo la giusta conferma o, come dicono gli astrusi matematici, la prova del nove.
Mi riferivo a Baldassarre, e fo l'indiscreto. Dico subito il guaio che farà arricciare il tuo ben conformato nasino. Baldassarre è di Livorno, e so quanto gli altri toscani (gente sfiziosissima!) deprechino l'assenza di finezza delle popolazioni livornesi. Ma l'elzeviro uscito sul Vernacoliere (Gazzetta reputata nell'universo mondo, da Cecina fino a Piombino) si chiudea con le parole alate: "Noi livornesi, in fatto di edu'azione si va in ... a tutti" (veramente, prima dei tre puntini ci stava una c da elidere, ma scrivere "si va in '.... a tutti" mi parea una seccaggine.
La massima qualità di Baldassarre è che fa il portuale, quindi è dovizioso assaissimo. Portuale non meschino, bensì acculturato, vedessi i suoi futuri anteriori ed i trimetri giambici! Per te ha scritto sinora ventiquattro sonetti caudati in tono stilnovistico, però l'operosità manuale traspare in certi incisi di una vigorosità forse imbarazzante, ma che potrìa persin piacerti.
E' disposto -me l'ha confermato più volte- a risciacquare tutti -proprio tutti- i tuoi panni in Arno. Gli ho detto che sei dotata del moderno trovato che appellano lavatrice, ma lui mi ha risposto che preferisce una personale riscuacquatura, il perché nol so.
Per confermare la sua dovizia di beni mi ha spedito cinque immagini della tavernetta in cui compaiono quattro seggiole savonarola -così comode, come ognun sa- ed un divano in pelle cinghialesca (occhio al divano, non si sa mai coi livornesi).
Sul titolo, non sono d'accordo con Baldassarre, che insiste con "Madonna di Firenze". A me sembra usitatissimo, ma Baldassarre dice che è come il suo gancio da portuale: funziona.
Dei madrigali che ti dedica il lucchese Bonturo ti racconterò in futuro, un toscano alla volta.

garbati ossequi
Suleyman, bey di Trebisonda

Roby ha detto...

O Bey, O Bey (come ripetevano i venditori ambulanti alla fiera)... di Baldassarre ero totalmente all'oscuro, mentre un collega di Viareggio mi aveva informato di un tal Bonturo che tappezzava tutta la Versilia di poster a me dedicati, in cui vengo rappresentata con le sembianze di leggiadra ranocchietta verde (animale e colore da me prediletti). Vaghezza mi punge di conoscer al più presto il tenore (o baritono che dir si voglia) di sonetti e madrigali: affidane il testo ad alati messaggeri, a corrieri fidati, a paggi solerti... Insomma, Solima', te decidi a damme il n° de cellulà di 'sti due???

R.

Habanera ha detto...

Cosa mi avete fatto ricordare...
Anni, (secoli ?), fa ho avuto un corteggiatore rimeggiante che per quanto ce la mettesse tutta non è riuscito a fare breccia nel mio cuore. Ricordo a malapena l'inizio di uno dei sonetti d'amore che mi ha dedicato nel tempo con inutile ed appassionata insistenza. Faceva più o meno così:

E' tanto lo mio amor per te
che sento gioia nel core,
e mille fiori sul volto aprirsi
che son carezze e baci.

E m'è dolce morir nel mar
degli occhi tuoi, all' infinito.

E ripenso al giorno che ti vidi,
pallida in volto, ed all' immenso
affetto che mi sfiora il core.
E al giorno che ti amai, ed
alle stelle, e al mondo nati per te.


Etc, etc, etc...

Il perchè io fossi pallida in volto il giorno in cui il poeta mi vide la prima volta non fu mai acclarato. Propendo a pensare oggi che il mio infallibile fiuto femminile avesse già individuato in lui il classico corteggiatore-ostinato di cui sarebbe stato difficile liberarsi se non ferendo a morte il suo amor proprio. C'è da dire, a sua e mia discolpa, che eravamo ancora implumi: lui diciotto anni ed io sedici.
H.

Roby ha detto...

Habanera, a parte l'invidia per esser stata oggetto (non importa in quale età della tua vita) di cotale corteggiamento, bisogna dire che il tuo implume spasimante aveva ben digerito la poetica del Dolce Stilnovo, ed anche i versi dell'Infinito leopardiano!!! Tutte cose che i diciottenni di oggi (ahimè, lo so bene io, madre di figlia snaturata!!!!) rifiutano come insulso vecchiume, o semplicemente ignorano allegramente...

R.

Giuliano ha detto...

Mah, le dediche sono come le scatole dei cioccolatini e dei biscotti: tu le regali a una persona e poi va sempre finire che le mangia qualcun altro.
Comunuqe che la Gioia sia in agguato è un pensiero tutt'altro che banale, ci si potrebbe scrivere un libro intero.

Solimano ha detto...

Giuliano ha fatto due osservazioni entrambe importanti.
La prima -un po' amara ma verissima- io la leggo così: il corteggiatore ostinato di cui parlava Habanera, pur non essendo riamato e al limite essendo percepito come fastidioso, mette un po' in subbuglio l'amata, che a quel punto si guarda in giro e magari si innamora lei, ma di un altro. E' una situazione che corrisponde alle valenze insature della chimica. L'innamorato regala il cioccolatino, che l'amata però non degusta ma fa degustare ad un altro. Una situazione su cui sono stati fatti diversi film, quindi molto vera. Non è meritocratico, ma le cose vanno in quel modo.
Riguardo la gioia come agguato perenne, anch'io la vedo come Giuliano, e non perché ho scritto quel verso -che è un dettaglio.
L'agguato c'è per tutti, solo che succedono due cose.
La prima è che molti non si accorgono che la gioia in agguato gli è zompata addosso, è vabbè, si sveglino.
La seconda è peggio della prima ed è diffusissima. Sono quelli che si accorgono della zompata della gioia ma la rimuovono, la negano, la cancellano. La gioia, disgustata, non li va più a trovare. Non sto assolutamente scherzando, purtroppo.
La gioia non è una convinzione ma una esperienza. Poi, sui motivi e sulle idee su cosa c'è dietro oppure no a questa esperienza, Giuliano ed io possiamo andare avanti a discutere per mesi e mesi senza metterci d'accordo. Ma che questa sia una Esperienza e che ci sia questa componente di Agguato (che vuol dire non cercata né aspettata)credo proprio che ci capiamo perfettamente.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Detta in soldoni, l'ing. Sol. sta parlando dei famosi "radicali liberi", e anche del buco nell'ozono.
In chimica, i radicali liberi esistono ma solo per un breve istante; prima di essere liberi sono legati a qualcosa, e dopo che qualcosa o qualcuno li ha resi liberi si legano subito a qualcos'altro.
Si può anche mettere in versi, e qualche sciagurato l'ha perfino fatto, vedendoselo pubblicare! (quel horreur!!)

Giuliano ha detto...

Post Scriptum: lo sciagurato era il sedicente Emilio Gauna (non quello vero che faceva il meccanico a Buenos Aires, l'altro, quello falso).

Habanera ha detto...

Giuliano, tu che sei buon amico del falso Emilio Gauna potresti dirgli che piacerebbe molto anche a noi leggere quei versi?
Te ne sarei veramente grata.

Solimano, se non sono indiscreta, a quale delle soavi fanciulle di questo bel quadro di Millais somiglia la fortunata destinataria dela tua poesia?
Sono curiosa, sì, sono curiosa.
H.

Solimano ha detto...

Habanera, somiglia a quella mora seduta sul prato nell'immagine in fondo e a quella accosciata (sempre mora) nell'immagine a fianco. Ma il quadro l'ho messo per i fiori di melo...

saludos y besos
Solimano

Habanera ha detto...

Sol, io avevo pensato invece alla figura centrale, quella in piedi che tende il braccio. La curiosità mi è venuta soprattutto per un verso che trovo di rara forza e bellezza:
"Piuma, che guidi il vento dove vuoi [...]"

Belli i fiori di melo.
H.