lunedì 3 marzo 2008

Il Crespi, le donne, i gatti...

Solimano


Giuseppe Maria Crespi: Autoritratto cm 95 x 81 circa 1720
Bologna, Pinacoteca Nazionale


Nella pittura francese del Settecento, sappiamo che Chardin è ben diverso da Watteau, Boucher da Fragonard e da Liotard (che fra l'altro era svizzero...) ; in Inghilterra, Hogarth da Reynolds e da Gainsborough. Se poi ci ricordiamo che la pittura del Settecento è stata grande anche in Italia, distinguiamo Sebastiano Ricci dal Piazzetta e da Giambattista Tiepolo. Eppure sentiamo che hanno anche molte cose in comune, specie nei ritratti.
Trovo che il bolognese Giuseppe Maria Crespi detto Lo Spagnolo (1665-1747) rappresenti una eccezione. Non dico che sia meglio o peggio, fra l'altro le classifiche le trovo inutili ed aride, dico che persegue per tutta la carriera una strada solo sua. Ho già inserito per due volte sue immagini qui nel Nonblog ed ho deciso di scrivere alcuni post proprio su di lui, anzi, su alcune sue opere, credo infatti che sia meglio arrivare all'artista attraverso le opere che viceversa.
Aggiungo che a Bologna, negli anni del Crespi, operava un altro artista singolare e oggi meno noto del Crespi: Donato Creti. Se trovo delle buone immagini -cosa non facile- scriverò anche su di lui. Senza però voler fare nulla di sistematico sia per il Crespi che per il Creti, mi accorgerò solo alla fine di dove volevo arrivare.

Ragazza con gatto e topolino cm 44,4 x 34,9 1705 circa
Cambridge, Fitzwilliam Museum


La ragazza, maliziosa ed un po' sadica, si è organizzata bene. Ha legato una cordicella alla coda del topolino morto (ma qualche critico sostiene che è ancora vivo e fa solo finta), ed ha chiamato il gattone nero, a cui si vede che è affezionata, non ha occhi che per lui. Se lo tiene stretto con la mano tozza di una che fa i lavori e adesso comincia il divertimento, il gattone gli artigli li ha già cacciati fuori.
Dicevano che il Crespi amasse associare immagini di donne e di gatti per trasmettere sentimenti di pericolosità, ma non lo credo: i gatti non sono per niente pericolosi.

Donna con rosa e gatto cm 66 x 56 1705 circa
Bologna, Pinacoteca Nazionale


Andrea Emiliani fece un colpo di cui dobbiamo essergli grati: acquistò questo quadro nel 1967 sul mercato antiquario, così a Bologna lo possiamo vedere tutti. L'abbinamento della rosa col gatto, quindi spine ed artigli, con bellezza sopra come se piovesse, è di quelli talmente evidenti che non ci si pensa: le insidie dell'amore. Questa ragazza non è una che fa i mestieri, ma comunque le mani sono robuste, però il turbante, anche se fatto di pasta sfoglia come quello della ragazza di prima, è più lavorato, inoltre la ragazza ha due narcisi vicino all'orecchio. Non si capisce se ci sta avvertendo o lusingando. Tiene con cautela, attenta a non pungersi, il rametto di rose, col gatto non ha problemi, sembra tranquillo, anche perché non ci sono topi in vista. Lo sguardo della ragazza è nascosto, però buca il buio, forse ce l'ha solo col pittore che le ha detto -pensando a noi- di tenere la spalla scoperta, bianca come la fronte, mentre le guance sono arrossate come era solito il Crespi. Mira Pajes Merriman ha scritto che la ragazza sta "suggerendo in tal modo i pericoli dell'amore mentre seduce lo spettatore con la sua bellezza felina". Credo proprio che abbia ragione.

Donna che accorda un liuto cm 121 x 152,5 1708-09
Boston, Museum of Fine Arts


E' meglio partire dall'orecchio, per capire cosa sta succedendo. La giovane donna non sta suonando, ma accordando il liuto, basta vedere come e dove agisce la mano sinistra. E l'orecchio della donna ha giustamente il rilievo che merita, perché è in piena azione, al meglio delle sue possibilità.
Sulla destra c'è la custodia del liuto, spostandoci un po' a sinistra si vedono fogli di musica stropicciati e ci si accorge che la donna ed il tavolo che regge fogli e custodia sono paralleli fra di loro e posti di tre quarti rispetto a noi.
Però il Crespi gioca con noi come il gatto col topo, e lo fa in due maniere.
La prima è con la torsione del collo della donna: naturalezza vorrebbe che, essendo la figura di tre quarti, la testa corrispondesse al corpo. E invece no, la testa è di tre quarti, ma dall'altra parte, così il profilo del viso non è pieno, ma a metà fra il pieno ed il perduto: lo sguardo non lo vediamo, ma l'incavo delle orbite sì.
La seconda maniera è più facile, ma non del tutto. La donna è al tempo stesso molto vestita ma anche quasi nuda. La sovrabbondanza dei drappeggi, specie sul braccio destro è clamorosamente smentita alzando lo sguardo: è come se qualcuno le avesse fatto scendere il vestito sia sul petto che sulla spalla, che così attirano gli sguardi appena scendiamo dall'orecchio.
Non finisce qui, altre piccole accortezze: i capelli sono nerissimi, mentre la guancia rubiconda confina col pallore tutt'altro che smorto del collo pienamente esibito, come la spalla ed il petto. Chi è, la donna rappresentata? Eh sì! Vorremmo proprio conoscerla...
Ci sono due ipotesi.
La prima è che sia una giovane della famiglia di Zanobio Troni, difatti nel Ritratto della famiglia Troni (qui sotto), la giovane a destra - quella che si tocca la fronte- richiama i lineamenti della nostra accordatrice di liuto. D'altra parte il Crespi e l'argentiere Troni erano amicissimi, sembrerebbe però che il Crespi estendesse il suo affetto anche ad una figlia dell'amico in modo lievemente indebito.
La seconda ipotesi parte dal fatto che il Crespi amava la musica. Cioè, per dirla tutta, amava il mondo che gravitava attorno alla musica, in particolare le cantanti. Si sa che qualche anno dopo, nel 1716, a Bologna cominciò ad esibirsi la sedicenne cantante Vittoria Tesi, che divenne rapidamente famosa e che il Crespi certamente conosceva. A Pommersfelden c'è un quadro di cui ho solo l'immagine in bianco e nero, in cui il Crespi rappresenta L'Allegoria della Pittura, della Scultura e della Musica. La figura di gran lunga più rapinosa è proprio quella della Musica, una giovane donna che suona il violino. Il suo coinvolgimento partecipe richiama quello della nostra accordatrice di liuto. I pittori di Bologna aspiravano ad una loro Accademia per pareggiare i conti con i letterati tradizionalmente privilegiati, secondo il motto ut pictura poesis, ma anche i musicisti volevano ottenere spazio e considerazione. Il Crespi, per non sbagliare, aveva buoni amici fra i letterati, i pittori ed i musicisti: i due dipinti Scaffali con libri di musica (giustamente famosi), sono ancor oggi custoditi nel Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, ed i quarantadue titoli dei libri sono stati riconosciuti. I due dipinti costituivano le ante di un armadio, aprendo il quale si trovavano proprio i quarantadue libri effigiati nei dipinti.

La famiglia di Zanobio Troni 112 x 90 1715 circa
Bologna, Pinacoteca Nazionale


Zanobio Troni, l'amico del Crespi, è sulla sinistra, ma il centro del quadro, sia come topografia che come sentimenti, è sua moglie, circondata dall'affetto del marito e dei figli, forse in occasione di una festa evidentemente sentita. Niente di ufficiale, di commemorativo, di cerimonioso. E' un quadro che da solo giustificherebbe la locuzione "Natura ed espressione" inventata da Francesco Arcangeli per definire il permanere di alcuni caratteri nella pittura di Bologna attraverso i secoli. E' singolare anche vedere come è fatto: si vede proprio la tela sotto i colori, che in alcuni punti non è neppure dipinta. Il Crespi fece così non perché abbandonò il quadro, ma perché, appunto, ci aveva messo natura ed espressione: l'amico Zanobio avrebbe perfettamente capito.

La pulce cm 54,5 x 42 (part) 1730 circa
Pisa, Museo Nazionale e Civico di San Matteo


Di pulci, il Crespi ne fece diverse, anche perché certamente allora non mancavano. Ho scelto un particolare di quella che sta a Pisa, perché finisco per parlare ancora di musica, partendo dalle pulci. Ogni quadro aveva un significato metaforico: per le pulci facevano un discorso di pulizia (o purificazione...) interiore, ma gli artisti non ci badavano molto: era un tema ghiotto perché curioso e perché consentiva di mostrare una bella donna appena sveglia, quindi mezzo discinta, che si esplora per rintracciare il fastidioso animaletto. Esplorandosi, è costretta a mostrarsi anche a noi, così piccoli quadri e stampe di questo tipo andavano a ruba.
Ma anche qui il Crespi fa qualcosa di diverso, pur ispirandosi ad olandesi cone Teniers e Steen. Ho inserito solo il centro del quadro, ma osservando i particolari ci si accorge di alcune singolarità. Prima di tutto, non è poi tanto vera l'impressione iniziale di una situazione di povertà: c'è anche roba costosa, là dentro, compreso un piccolo cane maltese che i veri poveri erano ben lontani dal desiderare o dal potersi permettere. Poi, in un angolo c'è una spinetta, ed attaccati alla parete della stanza ci sono dei programmi di musiche. Significa che la donna impegnata nella ricerca della pulce è una cantante.

A Bologna, proprio in quegli anni, giungevano impresari inglesi per scritturare ad ottime condizioni le cantanti emergenti, e Crespi ha sicuramente eseguito una serie, La vita di una cantante d'opera, che purtroppo a noi non è pervenuta.
Vittoria Tesi, di cui ho già scritto, era figlia di un lacché, e la carriera, se andava bene, poteva essere molto rapida, sempre tenendo presente che allora il confine fra cantare in teatro e prostituirsi non era molto chiaro. Difatti nel quadro della pulce ci sono anche due facce di uomini che spiano all'interno, come se fosse un episodio di Susanna fra i vecchioni, con una Susanna non castissima però canterina. Hogarth in Inghilterra faceva operazioni del genere (la carriera di un libertino, il matrimonio alla moda etc), mentre Giuseppe Maria Crespi il tempo maggiore doveva dedicarlo a commissioni chiesastiche. In questo la differenza rispetto all'Inghilterra era abissale.
Potersi dedicare ogni tanto a questi quadri di piccole dimensioni era per lui come trarre un respiro liberatorio. Probabilmente guadagnava di meno ma si divertiva assai di più: molti, ancora oggi, conoscono il Crespi solo attraveso il quadro della pulce. Ma trovò un altro curioso sbocco al suo talento, fra un po' lo racconterò.

P.S. Qualche tempo fa, come dicevo, ho messo due immagini di opere importanti del Crespi, che trovate qui e qui e che vi consiglio di guardare per capirlo meglio.

4 commenti:

Roby ha detto...

Caro Solimano, avevo già pronta la foto degli scaffali con i libri per un proseguimento del mio post sui trompe-l'oeil, ma... non ricordavo che fosse del Crespi! Ignoranza abissale: per fortuna sei arrivato provvidamente a colmarla1 Curiosare -guidati da te- fra donne, gatti e pulci è un divertimento unico, che mi auguro ci regalerai di nuovo tra non molto. E cliccare sulle foto per ingrandirle, poi, è uno spasso ancora maggiore.

Besos from

Roby

[:->>>]

Giuliano ha detto...

Probabilmente la più bella è la Musica, quella in bianco e nero... Forse togliere il colore aiuta a cogliere meglio alcuni dettagli, almeno in questo caso.
(però, se trovi una foto a colori poi me la mandi)

Solimano ha detto...

Roby, il Crespi, fra le tante qualità, ne aveva una rarissima: era curioso e sapeva cambiare. Soprattutto era curioso non solo dal punto di vista tecnico e pittorico, ma curioso come soggetti. Già la libreria (che è un grande quadro, non famoso quanto dovrebbe)ne è un segno chiarissimo, ma una Primavera come quella del Crespi (che io ho chiamato "la ragazzona") non si era mai vista né ci sarebbe stata dopo. Ma non finisce qui, ce ne sono altre di cose curiose, di altro genere. Guardando con attenzione il Crespi si capisce la storia del Setttecento più che a leggere manuali di centinaia di pagine.
Giuliano, la rappresentazione artistica della musica (nella pittura, ma anche nella scultura) è molto frequente e prima o poi ne faremo una serie, magari commentandola insieme. Quello che mi ha colpito di più nella immagine in bianco e nero è la verità rappresentativa: quella suona veramente il violino, non fa finta, altro che storie.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

... e poi che occhi! Ecco cosa mi aveva colpito, togliendo il colore si esaltano gli occhi della ragazza.