domenica 9 marzo 2008

29 febbraio – Un’avventura

Georg Friedrich Kersting: Man reading by lamplight


29 febbraio – Un’avventura

di Emilio Gauna (Giuliano)



Il Poeta è chiuso nella sua stanza, comodamente seduto in poltrona, immerso nella lettura di un libro che trabocca di grecità. Un libro con tante figure, di quelli belli: l’indovinello della sfinge, la storia della fenice, “phoenix migratoria” (?). D’improvviso, dalla radio accesa, qualcuno pronuncia la parola “ossimoro”: ma è la pronuncia giusta? D’improvviso, il Poeta (il Sublime Poeta) non si ricorda più la pronuncia esatta di quella parola, oscilla fra le sdrucciole, pensa che è tardi, che queste cose non si ricordano mai quando serve, che è inutile controllare, che si sta facendo buio e che è ora di smettere di leggere.
E’ un 29 febbraio, ma non saprei dire quale: di certo, uno con la luna piena – forse il 29 febbraio dell’anno scorso.


21.
CAPRICCI


1. sbaglio d'accento tonico
Con un frequente ossìmoro
dico che la Fenice
che è già bruciata e muore
rinasce a nuova vita
sempre con gran dolore.
Colei che s'allontana
dalla mia (sua) vita e muore
colei che poi rinasce
e sempre è nel mio cuore
L'ossìmoro frequente
pensiero che si sdipana
Cloto che fila la lana
Atropo che il filo chiude
Làchesi che già lavora
Ecco il frequente ossìmoro
chi nasce c'è e chi muore.

Marco Bigio (Siena, notizie intorno al 1541) - Le tre Parche


2. ritorno all'ordine
La chiara oscurità d'un ossimòro
a poco a poco porta a me ristoro
tutti i tristi pensieri che ho rimosso
mi sto scrollando via man man di dosso.
Ma di dormire ormai il momento è giunto
ripongo il libro scrollo un po' le membra
pare sia tardi però a me non sembra
il lume che era acceso lascio spento.
A luce spenta ai miei pensieri intento
col chiaro della Luna sol mi oriento
c'è poca luce ma son già a buon punto
Passa una nube e l'astro là m'oscura
procedere si può però con cura
mi tocca stare qui, fare il funambolo

La spigolosa ottusità d'un tavolo
ferisce e lacera il menisco e scivolo
e nel contempo va a cadere il mobile
ma non lo specchio, ch'io mi alzo e vigilo.
Ed è una cosa che ha dell'incredibile
salvo è lo specchio e quasi pure il tavolo
il mio ginocchio duole ma non sanguina
ma ho fatto un gran baccano con quel tavolo.
E adesso sono qui in pigiama e strepito
che tutto questo no non è possibile
avevo sonno e sono qui che m'agito.
Rimetto al posto lor lo specchio e il tavolo
e nel mio letto poi pian piano scivolo
in questa oscura bianchezza del cavolo.


22.
BIS (sestine)

i.
Non so se dire nàrvalo o narvàlo
non so neppure dove vive lo snualo
non so se vive o non vive il nagualo
e se s'arrampica o se vive al suolo
ma quel che so è che non ve n'è d'ugualo
che il cuor m'opprime e che provoca il duolo.
ii.
Ho poi fatto una ricerca sul mio nàrvalo
ho il risultato ma non so se dirvelo;
snark is the shark as he lives in Carroll,
it was a phantom with a name of animal;
e quanto a Castaneda e al mito del nagual,
no non ve n'è, no non ve n'è d'ugual.

(dall’Opera Omnia di Emilio Gauna, 32 volumi, 12714 pagine, editore Orbis Tertius, Tlön-Uqbar, Carnevale del 1927)



Il riposo del Poeta

11 commenti:

Roby ha detto...

APPELLO ai NAVIGANTI: nella mia fornitissima biblioteca casalinga manca purtroppo -con mio gran disdoro- il 32° volume del "corpus gaunianum". Rivolgo un'accorata richiesta a tutta la rete: chi sa dove reperirlo mi contatti! Il 118° scaffale in alto a sinistra della mia libreria attende ansiosamente di essere riempito!!!
Grazie!!!

Robybliofila

Solimano ha detto...

Generalmente non amo l'enigmistica letteraria sia in poesia che in prosa. E' questa la ragione per cui, dell'Autore Queneau apprezzo di più Zazie che I fiori blu e gli Esercizi di stile. In Zazie, difatti, sia Zazie che Gabriel, sia Mado Ptit-pied che Truscaillon, sia Charles (col suo tassì) che il pappagallo Laverdure sono persone vere, non semplici ben artificiati ghirigori.
Nel misterioso Emilio Gauna, che da informazioni assunte alla Scruto & Vedo sembra essere un vil meccanico di Buenos Aires, ci sono i ghirigori, ma il ginocchio (col relativo menisco), non è un ghirigoro del Gauna, ma proprio il suo ginocchio, per breve tempo sofferente, e quindi mi piace. Anche perché, parrà strano, ma trovo assonanze fra il meccanico boarnese ed un mio amico quasi comasco. Si vede che il mondo è piccolo...
Perché non amo l'enigmistica letteraria? Perché non la so fare, ci sono negato, tutto qui!

grazie Habanera e Gauna e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Le scrivanie, con i loro cassetti, sono fonti di dolori spaventosi per le ginocchia, soprattutto se si è alti un metro e novanta. Una volta pensavo anch'io che i calciatori che si buttano a terra facessero scena, invece quando si prende un colpo sulla caviglia, sul malleolo, o sulle ginocchia, ossetti e cartilagini varie, fa un male boia. Dura un secondo, ma è da svenire.
Perciò quando vedo che il calciatore rinviene dopo un colpettino di spugna, non dico più "rinviene miracolosamente", ma capisco e solidarizzo.
Giuliano
PS: che bello quel gatto!! Bello anche tutto il resto, Habanera ha sempre un ottimo gusto.
PPS: ma kiseo sto Gauna kel mepar de cognosserlo.

Habanera ha detto...

Sono tenuta a tutelare la privacy dei miei Autori quindi è inutile che ci girate attorno. Nulla svelerò sull'identità del Poeta che mi onora della sua fiducia e della sua amicizia.

Bacini affettuosi a tutti dalla Contessa Maffei,
alias H.

Giuliano ha detto...

"Tlön, Uqbar, Orbis Tertius" è un racconto di Borges, in "Finzioni".
(vi appare anche Adolfo Bioy Casares, il vero Gauna è suo).

mazapegul ha detto...

Caro sig. Gauna,
i Suoi bestiari sono tra le cose migliori che hospitano i blog che mi capita di frequentare.
Rispetti,
Màz

Giuliano ha detto...

Dear Professor, bestiario, bestie, vediamo... Mi sa che qui la bestia sono io (ho fatto tutto l'inventario, tenuto conto che lo snualo e il nagual non esistono...)

Cara Roby, son volumoni pesanti e grossi. Chissà che scaffaloni che hai, penso di noce massiccio!

Roby ha detto...

Assolutamente sì, egregio Giuliano: noce massiccio ed ebano con intarsi d'avorio, senza contare le vetrinette in cristallo di Boemia soffiato a mano. Nessun problema per il peso dei volumi: ho già la collezione quasi completa dei trattati filosofici Solimaniani, nonchè l'intera collana degli aforismi della Contessa Maffei (opere ambedue assai voluminose, come tu ben sai). Certo, ancora mi mancano le dissertazioni matematico-sociali del prof.dott. Mazapegul, ma spero di colmare presto tale ingiustificabile lacuna.

Reverenti ossequi

Roby

PS: Se per caso non si fosse capito, il post mi è garbato un monte!!!!

Solimano ha detto...

Il punto non è che si scrive molto, cosa assodata, ma è che bisognerà pure guardarci, una volta o l'altra, a tutta la roba che si è scritta. Farsi l'editing addosso, che è peggio di farsi la pipì. Perché ci si affeziona, tutto qui. E si trovano le scuse: "Sì, lo so che quella è una cacchiata, ma il momento in cui la scrivevo etc etc oppure ero in una fase di passaggio e dovevo, sì dovevo, scrivere cacchiate di quel genere etc etc oppure le ho scritte per una persona e al di là delle parole conta, in queste cose, l'intenzione etc etc.
Che poi Roby fa la spiritosa con l'armadio in noce massiccio e l'avorio e dirindirindero, ma sono sicuro che di bischerate ne ha scritte millanta. Perché sono sicuro? Perché i toscani sono tanti, e bischerate ne fanno tutti. Roby, implacabile testimone del suo tempo, le registra tutte una per una, escluse le sue e quelle dei familiari stretti (speriamo anche degli amici non toscani...).
Leggete "Scrivere zen" di Nathalie Golberg, non è un manuale di scrittura, ma è uno splendido libro che si legge come fosse un giallo, sull'atteggiamento che deve avere quello che scrive. Lei andava nelle fiere americane e vendeva poesie scritte su ordinazione in cinque minuti. Parla delle parole come se fossero robe da mangiare, difatti aveva pure la passione per la cucina.

saludos y besos
Solimano

Roby ha detto...

Poesie su ordinazione in 5 minuti? Perdirindindina, Sol, questo sì che sarebbe un lavoro che mi piacerebbe fare!!! Una mia amica ha -incorniciati in camera- i versi che le scrisse in quattro e quattr'otto un poeta di strada, qualche estate fa, a non so più quale fiera paesana. Che invidia! In poche righe è delineato il suo carattere, il suo modo di essere...
Quanto alle bischerate... TRANQUILLI, PARENTI ed AMICI: i vostri segreti, con me, sono al sicuro! Solimano, non rivelerò i particolari più scabrosi della tua relazione con quella famosa diva hollywoodiana che non nomino (dirò solo che comincia per K e finisce per IMNOVAK); Habanera, tacerò sulla tua notte di passione in cima alla Tour Eiffel; Giuliano... beh, Giuliano, quel che mi hanno riferito di te è talmente scottante che non oso neppure accennarvi per non finire arrosto!!!

Bonne nuit: dormite sereni!

Robynfìda

Giuliano ha detto...

Cara Roby, nel tuo volume mancante ci sono amtre avventure di Emilio Gauna. Per esempio questa:

MICHELANGELO MANCATO
Per questo instabile manufatto,
che io ho creato, mo' son dolori:
e non ho ansie né batticuori
mi duole solo questa mia mano
che io ho pestato con grande trasporto
e voglio adesso all'istante distruggerlo.
Per lo dolore son quasi morto
ed ora gemo per lo sconforto
che quel martello via l'ho gettato
ed il mio oggetto sta qui, traballante:
ecco è davvero questo un istante
di grande e ossuta malinconia.

Interpellato, l'autore dichiarò (in una rara intervista del settembre 1905, registrata su cilindri Edison)che i versi traballanti sono da intendersi come forma espressiva, infatti il Michelangelo mancato che si tira il martello sulla mano non ha tempo da perdere a contare le sillabe, ma se ne esce con gran forza con le prime cose che gli passano per la testa (che non erano queste, ovvio: ma certe cose mica si scrivono).
Il bisnonno dell'ing. Casalini contestava duramente questa esegesi, sostenendo con veemenza che trattavasi di puro lassismo dell'autore; ma detta intervento, a suo tempo debitamente registrato, è andato perduto nel grande disastro del carrello da the del '68, chez Bristow.