lunedì 7 gennaio 2008

Il Museo degli occhiali di Agordo




Il Museo degli occhiali di Agordo

di Giorgio Casera




Porto gli occhiali da quando avevo 15 anni, mi sono stati necessari per correggere la miopia, contratta per il vizio di accanito lettore, già da ragazzino. Nel tempo mi sono talmente abituato a portarli che sono diventati quasi una parte fisica di me (un po' come la fede matrimoniale) e così non ho mai pensato a correggere col laser, pratica ormai comune, i miei difetti di vista.
Ne ho sempre considerato la funzionalità piuttosto che l'estetica, anche quando sono diventati un accessorio di moda. Per farla breve, li considero ancora una protesi e non “un importante supporto per esternare la propria personalità”, come recitano i markettari.

Nonostante questo “disincanto”, quando, durante un soggiorno estivo ad Agordo, ho visto un manifesto riguardo un Museo degli Occhiali, non ho potuto resistere alla tentazione di visitarlo. Ed è stata una rivelazione: ho potuto ripercorrere la storia di questo strumento, l'evoluzione dei modelli, dei modi di indossarlo, delle tecnologie per produrre lenti e montature. Ho trascorso diverse serate al museo, provando sempre la stessa emozione da "scopritore": ho visto “trascorrere” 700 anni di civiltà in Europa, ma anche in Cina e in Persia, sia pure da una prospettiva particolare. Alla fine gli occhiali hanno acquistato un nuovo fascino ai miei occhi. Farò dunque un breve riassunto di quello che ho appreso.

***

Pare che l'inventore degli occhiali sia Ruggero Bacone, vissuto nel 1200, secondo cui “segmenti di sfere di vetro possono ingrandire i caratteri scritti fino a renderli leggibili anche a persone di vista debole”. I primi a mettere in pratica l'osservazione di Bacone sono probabilmente i maestri dell'arte vetraria del tempo, i veneziani e i toscani.

Nascono così le prime lenti correttive, ricavate dal Berillo, dal cristallo o dal vetro, all'inizio utilizzate singolarmente.
I primi occhiali sono ricavati dall'unione di due lenti, inserite in cerchi di rame, ferro o cuoio, unite da un perno (occhiali a compasso) e dotate di manici. Si dimostrano subito poco pratici per chi, come i monaci del tempo, dediti alla trascrizione dei testi antichi, doveva impegnare una mano a reggerli. Il perno viene allora sostituito da un arco tra le due lenti: così l'occhiale ad arco, appoggiato sul naso, ne rende più pratico l'utilizzo.

La prima testimonianza certa sul loro uso si ritrova in un affresco di Tomaso da Modena che ritrae il Cardinale
Ugo da Provenza intento alla lettura di libri sacri
con indosso, appunto, un paio di occhiali. L'affresco è del 1352 ed è conservato nel monastero attiguo alla chiesa di S. Nicolò a Treviso.

Nel 1462 Francesco Sforza, duca di Milano, ordina tramite il suo ambasciatore a Firenze tre dozzine di occhiali fiorentini, sia per la “vista lunga” che per la “vista corta”. L'oggetto, fino ad ora, è dunque privilegio dei monaci e di una ristretta cerchia di nobili e di dotti, ma, a partire dalla fine del XV secolo (scoperta dell'America etc) l'espansione delle attività commerciali fa si che la conoscenza degli occhiali si espanda in tutta l'Europa. Gli occhiali vengono prodotti in grande quantità e offerti da venditori ambulanti per le strade. Si diffonde la necessità di vedere meglio, e non solo nella vita quotidiana: vengono costruiti i primi cannocchiali e, più tardi, telescopi, microscopi e altri strumenti ottici che contribuiscono all'ampliamento delle conoscenze scientifiche.
Il problema di tenere le lenti fissate davanti agli occhi senza impacci per il movimento o per l'uso delle mani è sempre attuale. Una soluzione originale viene adottata sfruttando la parrucca che nobili e ricchi borghesi cominciano a portare dalla fine del '600: un'asta curva, che ad una estremità è fissata all'arco che congiunge le due lenti, accompagna la forma del capo sotto la parrucca o un copricapo (occhiali da parrucca).

All'inizio del '700 nasce invece il “Fassamano” (da face-a-main, occhiali da mano), occhiale che non viene appoggiato sul naso, ma tenuto in mano, spesso agganciato ad una catenella. Non è molto pratico ma viene usato come un vezzo che alla necessità unisce l'estetica. Viene infatti adottato dalla borghesia; per la quale vengono così realizzati dei veri e propri capolavori di oreficeria.

Un altro strumento ottico che caratterizza il secolo dei Lumi è il cannocchialino da teatro, che viene prodotto dai grandi artigiani orafi per gli stessi clienti.

Nello stesso periodo un ottico inglese (Scarlett) costruisce i primi occhiali con stanghette; non appoggiano ancora sulle orecchie ma premono sulle tempie (occhiali tempiali). Usa l'acciaio, materiale molto resistente, che permette di creare montature sottilissime. E' un passo fondamentale.

Nell'800 si afferma il modello “Stringinaso”
(pince-nez), ma nello stesso periodo compaiono le stanghette che si appoggiano alle orecchie e ne seguono le curve (occhiali con stanghette a riccio).
Siamo arrivati così all'”architettura” definitiva dell'oggetto. E' interessante notare come nell'ottocento vengano prodotti occhiali (vedi le foto con gli occhiali da sole) di linee decisamente moderne (non fanno venire in mente i Rayban?).
I diversi modelli convivono fino alla fine dell'800 quando, dopo una lunga “concorrenza”, si afferma definitivamente l'aspetto odierno, con due astine che si appoggiano alle orecchie, per un oggetto pratico e funzionale.

Nell'ultimo secolo della storia il design e i nuovi materiali impiegati fanno evolvere l'oggetto ancora lungo una linea di sobria funzionalità; negli ultimi decenni, però, come è noto, gli stilisti lo hanno acquisito come parte dell'abbigliamento personale; nel mondo della moda l'occhiale subisce lo stesso destino di un qualsiasi capo di abbigliamento: ogni stilista tende a differenziarsi dagli altri ed ogni stagione è foriera di nuovi modelli. Eccone alcuni esemplari



Nota sul Museo e dolens finale.



Il Museo nasce da una base costituita dalla raccolta di un ottico genovese di origini austriache, Fritz Rathschüler, di circa 1200 pezzi. La raccolta viene acquistata dalla Luxottica, multinazionale dell'occhiale con sede ad Agordo, che la integra successivamente. Il Museo viene inaugurato nel 1991, con l'esposizione di fassamani, lorgnette, stringinaso, cannocchiali e binocoli da teatro, occhiali da parrucca, tempiali, microscopi, strumenti ottici come cannocchiali astronomici e terrestri etc. Negli ultimi anni il museo viene ampliato per comprendere macchinari (d'epoca) per la fabbricazione degli occhiali e una biblioteca sulla storia dell'ottica. Tutto molto bello.
Però…
Il museo è privato e generalmente chiuso al pubblico. La Luxottica lo utilizza come veicolo di marketing verso clienti e fornitori. Ho potuto visitarlo solo perché in agosto, in occasione di manifestazioni per l'intrattenimento dei turisti, la Luxottica ne ha disposto l'apertura, una sera alla settimana, a seguito della sollecitazione dell'Associazione Commercianti di Agordo.
E' un vero peccato, per il suo contenuto meriterebbe di essere aperto in permanenza. Auguro agli interessati di capitare ad Agordo in qualche straordinaria circostanza che ne provochi l'apertura.
(1 ottobre 2005)

Pubblicato anche su Arengario: I bei momenti

7 commenti:

Roby ha detto...

Con gli occhiali ho un tipico rapporto di amore-odio: nel senso che ODIO quelli da vista (ma da qualche anno sono costretta a usarli per leggere) e AMO quelli da sole (adoro nascondermici dietro, anche quando il sole non c'è!).

Gradevolissimo post: complimenti all'autore e... all'editrice!

Roby

Solimano ha detto...

I musei d'arte industriale, che è una categoria un po' vasta, possono essere molto belli, e Giorgio (Ottavio in Abbracci e pop corn), oltre a quello sugli occhiali, ne ha inserito anche un altro nei Bei Momenti, che mi auguro di vedere presto comparire nel Nonblog. Come mi auguro di vedere qui anche il Bel Momento di Nicola sull'Orto Botanico di Bologna.
Personalmente sono diffidente sui cosiddetti Musei della Civiltà Contadina, visto uno li hai visti tutti, ma di altro tipo ne ho visto uno famoso a Parigi, il Musée de Cluny, ed una poco noto ma interessantissimo a Bologna, il Davia Bargellini, che tempo fa era un po' a soqquadro. In fondo rientra in questa strana categoria con di tutto un po' anche il Bagatti-Valsecchi di Milano (che non ho mai visto, vergogna mia) e anche il Poldi Pezzoli: oltre ai capolavori pittorici ci sono due bellissime collezioni di astrolabi e di orologi antichi. Ci sono anche delle grandi cassettiere con tessuti antichi, perfino ricami di arte copta. Ma in questo ultimo genere il meglio l'ho visto ad Atene, al museo Benaki.
Peccato che la Luxottica si sia fermata a metà strada: ha fatto un bel lavoro solo che non lo fa vedere, i mecenati americani non farebbero mai così.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Ottavio, purtroppo (conoscendo i miei compatrioti) temo che il Museo resti chiuso perché i visitatori sono troppo pochi per garantire la manutenzione. Anche i Musei milanesi (quelli con Leonardo dentro) sono spesso vuoti...
Questo qui si direbbe magnifico, basta guardare le foto!
Danke schoen!

Anonimo ha detto...

Questa carrellata sulla storia degli occhiali è molto interessante. Anch'io li porto anche se non sempre. E mi è piaciuto anche il modo con cui hai affrontato il modo di vedere il museo... Ciao, Giulia

Anonimo ha detto...

Per gli interessati all'argomento e per una visita al museo rivelerò un piccolo segreto: se arrivate ad Agordo un mercoledì di agosto è molto probabile che troviate il museo aperto (fino alle 23!). In alternativa, in altri periodi, potete spacciarvi per un grosso commerciante di prodotti ottici...

Habanera ha detto...

Caro Giorgio, benvenuto su Nonblog e grazie per le ulteriori informazioni, ne faremo sicuramente tesoro.

Un saluto affettuoso
H.

passeggiandoingiardino ha detto...

Ciao, ho comperato questa sera i Fassamano e non ne ricordavo più il nome, cerca, cerca finalmente ho trovato il tuo post molto dettagliato dove li citava.
Grazie
ciao Betti