domenica 21 ottobre 2007

Sorellina

Roby


Siamo in tre, ma avremmo potuto essere in quattro. Potuto? Forse dovrei dire “dovuto”. Mi sarebbe piaciuto avere una sorella in più: avrebbe fatto da cuscinetto fra me e A. - così spigolosa, chiusa, autoritaria, esigente- e mi sarebbe stata d’aiuto nel gestire il rapporto quasi madre-figlia che ho con B., la piccola di famiglia.

La storia della sorellina nata-non-nata risale al freddo inverno del 1963. Ricordo un gran trambusto in casa, mia zia che arriva all’improvviso per badare a me e ad A. mentre mamma e papà se ne vanno di fretta, sulla Seicento grigia... e la mamma ha un’aria sofferente che non le conosco.
La zia resta con noi un paio di giorni, poi –finalmente- rivedo mia madre e subito metto il broncio: perché è stata via così tanto, e dov’è il regalo in carne ed ossa che ci aveva promesso?
Lei si china verso di me, mi accarezza e comincia a raccontarmi una storia delicata ed insieme allucinante, una pietosa bugia che deve essersi ripetuta chissà quante volte, nel letto del reparto maternità dov’è rimasta in osservazione dopo aver partorito –in quella notte di febbraio- una creaturina senza vita.
“Sai, all’ospedale c’era una signora che non aveva bambini, e allora io le ho dato la sorellina che era nata, perché tanto io ho già voi. Voi siete due, e quella signora, invece, non aveva neanche un bambino…”
La mia prima reazione fu uno scoppio di rabbia: “Ma la sorellina era MIA!!!” ripetevo, piangendo “ Era MIA! Perché l’hai data via? Perché non me l’hai portata qui?”
Per fortuna non rammento l’espressione di mia madre in quel momento. O forse, chissà, la conservo chiusa a chiave in qualche file segreto della corteccia cerebrale, ma la mente si rifiuta di trovare la password per aprirlo. Posso solo immaginare che cosa le attanagliasse il cuore, e quale sforzo le costasse mostrarsi calma e naturale, davanti a due figlie ancora piccole, alle quali per lei era troppo difficile dire la verità.

Tre anni dopo veniva al mondo B. e papà dichiarò orgogliosamente, il giorno del battesimo: “Questa l’abbiamo fatta due volte!” proclamando così urbi et orbi la sua felicità, e lasciando intendere che il brutto periodo precedente era ormai superato.

Ma nello sguardo della mamma restava una tristezza di fondo, un senso di colpa immotivato -eppure invincibile- che non l’avrebbe più abbandonata. Della sorella data via mi parlava, ogni tanto, continuando a ripetere che non si capacitava di come potesse essere morta, perché la mattina dello stesso giorno l’aveva sentita tirar calci nella pancia, e perché i nove mesi si erano regolarmente compiuti. “A me non l’hanno fatta vedere” mormorava, con un’ombra di rimpianto nella voce “ma al babbo sì...."
I suoi occhi fissavano un punto lontano, visibile soltanto a lei.
“Dice che era bellissima, sai?” mi confidava, quasi con orgoglio “ Era perfetta… non le mancava nulla...”

Adesso quella bambina, in una dimensione diversa ma non meno reale, può finalmente ricevere le coccole -attese per più di quarant’anni- di una mamma e di un papà che sono stati anche i suoi: e che io (me ne rendo conto, una volta di più, proprio ora che se ne sono andati) sarei stata felice di dividere con lei.




Nessun commento: