lunedì 22 ottobre 2007

Lo sventurato rilesse


Il padre ha scoperto la lettera di Gertrude



Lo sventurato rilesse
(Livre mon ami 11)

di Solimano



Il professore di lettere del ginnasio era un latinista di prestigio. Non perché lo diceva lui di se stesso, ma perché esisteva una grammatica latina scritta da lui, ed adottata in diverse scuole, “Specimen latinitatis” e perché aveva vinto il premio Amsterdam di poesia latina, quello che aveva vinto anche il Pascoli. Molto veloce di mente, assolutamente colto, ma... c'era un ma.
Non lo disse mai, ma gli seccava fare l'insegnante di lettere al ginnasio, avrebbe preferito una cattedra universitaria, lo si capiva perché sparlava spesso dei cattedratici.
Conclusione, meglio un insegnante che sta bene in cattedra e che ti dice delle cose contento che tu le ascolti, che tu impari, piuttosto che uno che ti dà un senso di Uffa! Ti dirà cose che ti ricordi tutta la vita, ma saranno nozioni, non ricorderai il gesto, lo sguardo con cui te le diceva.
L'empatia è necessaria, se si vuole che l'insegnamento vada a segno. E' chiaro, certi insegnanti giocherelloni che le cose non le sanno sono peggio ancora, fanno più danni, ma il mio professore di lettere del ginnasio lo ricordo come una grande occasione mancata.
Meglio così, non avrei fatto ingegneria altrimenti, la vita ha delle strane compensazioni.
Un giorno ci disse che ogni anno rileggeva due libri: I Promessi Sposi e Pinocchio. Gli diedi retta, ma con Pinocchio ci rinunciai dopo il primo anno (lui diceva che Pinocchio va letto per la lingua che usa il Collodi), mentre I Promessi Sposi li rilessi per cinque volte in cinque anni successivi.
Siccome ero più ossequiente che rivoluzionario, mi facevo piacere quel libro, per essere chiaro, certe cose mi piacevano di per sé, e mi piacciono ancora oggi, certe cose le subivo, erano come un bene necessario.
Anni dopo, leggendo un libro sul Manzoni di Luigi Russo, me ne feci una ragione: Russo sosteneva che il Manzoni è uno scrittore bravissimo nello stile medio, ma che vuole esserlo nello stile alto, sublime, in cui diventa nobilmente retorico, al limite noioso. Convincente, anche se il Russo faceva parte dell'establishment marxista e quindi c'era in lui una prevenzione antimanzoniana più maligna che maliziosa. Sentivo però che il Russo non me la diceva tutta giusta, e me ne accorsi quando scopersi l'Auerbach, quello di Mimesis, che abolisce ogni graduatoria fra stile alto, stile medio, stile basso partendo, ed è curioso, dall'Odissea e dalla Bibbia, ma esplorando in particolare la Divina Commedia, non a caso Divina e Commedia.
E mi accorsi che Alessandro Manzoni è un grande scrittore picaresco che si mette una maschera di seriosità, ma la cui vera natura è più nel Podestà ed in Azzeccagarbugli che nel Cardinal Federigo e nell'Innominato. Non solo, mi accorsi che con ognuno di questi suoi personaggi fa si che noi ci immedesimiamo - forse perché lui è il primo a farlo - e quindi Agnese e Perpetua, Tonio e Gervaso, don Ferrante e donna Prassede, il conte zio e il padre provinciale, il conte Attilio ed il Griso, Ferrer e Ambrogio Fusella (spadaio), il conte duca di Olivares ed i polli di Renzo, il sarto letterato del si figuri e soprattutto Don Abbondio non sono dei segnolini su un foglio di carta, ma siamo noi, col nostro cicaleccio, la nostra stupidera, le paure e le pedanterie, la curiosità e la vigliaccheria, l'albagìa ingiustificata e pretenziosa. Però suoi veri personaggi drammatici ci sono: Ludovico, il fra' Cristoforo prima della cura, con la sua voglia di ascesa sociale, e Don Rodrigo, con la sua passione ostinata, sembra quasi che alla fine paghi per tutti, capro espiatorio di una commedia truccata da tragedia. E la peste? La c'è la peste, come la provvidenza, poi arriva un temporalone prolungato e se le porta via tutte, restiamo con questi personaggi e danziamo più il trescone che la gavotta, come i contadini alla fine della Sinfonia Pastorale di Beethoven, che era stata scritta pochi anni prima. E quindi evviva il manzonismo degli stenterelli, che vorrebbero tirare quattro paghe per il lesso. Resteranno certamente al di sotto dello stile sublime, ma chissà che qualche aneddoto picaresco non lo tirino fuori. Sempre meglio che annoiarsi cercando di farci piacere ciò che non ci piace.



I parenti festeggiano Gertrude che si fa suora


2 commenti:

Roby ha detto...

Solimano, questo sì che è curioso: anche la mia prof. del ginnasio ci diceva di rileggere Manzoni, non una volta all'anno, bensì quando saremmo stati "grandi", perchè ci avremmo trovato qualcosa di diverso... Io ci ho provato, ed in effetti -mentre al ginnasio mi annoiavo mortalmente- da "grande" mi sono divertita col Manzoni picaresco che dici tu.
Però Lucia no, quella proprio non la sopporto. E le pagine dove c'è lei le salto a pie' pari!

Adelante con juicio!

Roby

Solimano ha detto...

Il Manzoni era un talento nativo che si è represso (o è stato rapresso...). Ho letto a suo tempo "La famiglia Manzoni" di Natalia Ginsburg: quando si convertì, convertì anche la madre, Giulia Beccaria, donna liberissima, e fra lui, la madre e la seconda moglie si creò una specie di circolo chiuso di una religiosità pervasiva. Finì che non scrisse più quasi nulla, e non si tenne informato (o non si accorse) di quello che nella letteratura e nella poesia succedeva in Europa. Ma molte pagine dei Promessi Sposi sono magnifiche.

saludos
Solimano