domenica 12 agosto 2007

Trentadue buone ragioni


Faye Dunaway nel film Network di Sidney Lumet (1976)


Trentadue buone ragioni
(per guardare la televisione)

di Primo Casalini



1. Pinocchio e Cuore di Comencini. Pinocchio lo sanno tutti, ma anche Cuore, che ebbe in sé qualcosa di molto democratico (Garrone fa il macchinista del treno dove Enrico viaggia in prima classe), ma fecero finta di niente e Comencini, a cui la narrazione fluviale stile sceneggiato andava benissimo, non fu più utilizzato, ed oggi siamo alle elisadirivombrosa. Il minuscolo è di Giuliano, ma mi associo.

2. Il Mulino del Po di Bolchi. Ma in questo punto metto le tante cose buone di Bolchi, che ti dava sempre più di quello che ti aspettassi. Nel Mulino del Po Lazzarini, Vallone, Carraro, Moschin , Sanipoli, Ottavia Piccolo, Corrado Pani, Elsa Merlini, Piero Mazzarella, Ave Ninchi...

3. L'Idiota, quello con Albertazzi, Volontè, Proclemer, Guarnieri. E Santuccio, Volonghi, Tofano, Pierfederici, De Ceresa, Pina Cei, Franca Nuti...

4. Mastro Don Gesualdo di Vaccari. Vaccari è durato meno di dieci anni...

5. Roberto Benigni in Televacca e nelle critiche ai film che non aveva visto. Le vorrei avere tutte, queste critiche, e le terrei perennemente nella Home page di "Abbracci e pop corn".

6. Deaglio e Lerner (insieme). Da soli annoiano, finiscono per farti la lezioncina.

7. Carmelo Bene nei poeti russi. Majakovski ed Esenin, ma anche degli altri ce n'erano, se avesse recitato Chlebnikov che allora non conoscevo, ci sarebbe da mordersi le mani.

8. Blob, praticamente sempre. Con l'aggiunta dei film nottetempo di Fuori Orario.

9. Ferrini, Frassica e la Marchini. Forse hanno ballato una sola estate, ma i documentari su "come si costruiscono i cancelli" e "l'amore istruisce e diverte al tempo stesso" (verissimo!) sono come les neiges d'antan.

10. Mina. E basta. Da Tintarella di luna tintarella color latte in poi. Non sono molto selettivo, con Mina.

11. Manfredi, Panelli e Valori. Ho il sospetto, credo fondato, che il meglio fosse proprio Bice Valori.

12. Corrado e Sabina Guzzanti. Anche Marcorè. Corrado in Quelo, Scafroglia e Fascisti su Marte non è che faccia molto ridere, è che ci lascia a bocca aperta come i modenesi, che non bisogna raccontargli una barzelletta il sabato sera se no ridono la domenica alla messa di mezzogiorno. Ma è decisamente troppo, per la televisione.

13. Walter Chiari, qualche volta ho rischiato di slogarmi la mascella. E non solo per il Sarchiapone: le mille espressioni di Warner Bentivegna (che poi erano una sola) o Marlon Brando modello Un tram che si chiama desiderio, che faceva l'assorto ricordandosi però di mettere in mostra i bicipiti.

14. Chiambretti, quando faceva il postino. Dopo non più. Una volta con Cossiga andarono avanti mezz'ora sull'orlo della risata, ma riuscendo a non ridere. Cossiga è uno che ha sbagliato mestiere, per la parte dello zio indegno o per qualsiasi ruolo in Feydeau sarebbe adattissimo. Unisce un senso dell'umorismo incredibile (specie in un politico) ad una colossale permalosità.

15. Carlo Lucarelli. A parte che le prime volte viene voglia di fare gli scongiuri, dopo si capisce che gli piace scavare e lo fa bene.

16. Luca Zingaretti, fa il Commissario Montalbano con una facilità irritante. Secondo me arriva cinque minuti prima, gli spiegano la situazione e lui la veste di battute lì per lì. Comodo, troppo comodo.

17. Isabella Biagini e Gabriella Ferri. Due maledette sprecone, purtroppo! Per me, è colpa degli uomini sbagliati.

18. Domenico De Masi. L'unico che dice qualcosa di sensato sul futuro del lavoro e sul tempo libero come cuore della civiltà umana. Lo guardano ghignando, ma non hanno vere argomentazioni in contrario, salvo i cattolici, per cui il lavoro è una condanna biblica, che è comunque più sensato del lavoro come autorealizzazione. Essere attivi è autorealizzazione, non continuare ad andare a bottega sempre e comunque. Poi De Masi ha una gran bella aria, lo vedrei bene nel primo Guerre Stellari al posto di Alec Guiness.

19. La squadra di Sciuscià, Santoro escluso. Peccato, perché a sentirlo parlare in cento persone è uno intelligente, strutturato, organizzato come cose da dire. Ma l'audience gli dà alla testa.

20. Dario Fo, quando non fa il guru. C'è stata una commedia in cui entrava in scena con una scala di quelle che abbiamo tutti nel ripostiglio, saliva tre gradini, guardava in alto e diceva: "No, di qui si va in cielo". E scendeva, convinto.

21. Enzo Jannacci. Sono quarant'anni che gli voglio bene, anche se ne ha scritte troppe.

22. Romano Prodi. Sempre goffo, mai volgare. Il suo avversario, è esattamente il contrario.

23. Nancy Brilli, ai primi tempi. Poi la consueta e stolida cosmesi l'ha guastata, mannaggia!

24. Riondino e Vacca. Fazio meno, ha del pretino furbetto, Ferrara ha ragione.

25. Teocoli: Cossutta, Prisco, Confalonieri, Cuccia!!! Però quando cade, cade di brutto.

26. Iacchetti, malgrado Striscia. E' al tempo stesso lunare e formicolone, come un Pierrot che allunga le mani con la ragazza delle sigarette.

27. Giuliano Ferrara. Bravissimo, ahimè. E' l'unico talk show che vale la pena di vedere. Ferrara è la curiosità intellettuale fatta persona, salvo quando si innamora di qualche idea balzana e per quindici giorni salta fuori il suo imprinting di leninista, e non intende ragioni, peggio dell'architetto Melandri. Basta aspettare, poi gli passa.

28. Paolo Cevoli. Fatti, non pugnette! A leggerlo però non rende, ma come Assessore di Roncofritto lo voterei alle primarie del Partito Democratico.

29. Federico Zeri. Sgarbi se lo sogna ancora tutte le notti: lo odia, lo ama, lo invidia, soprattutto.

30. Gassman, ma solo nel Mattatore. Una volta, non ricordo se dopo aver recitato un canto di Dante o dopo un collegamento col Moulin Rouge con le ballerine a gambe nude (sob!), si fece riprendere in pigiama, coperto in un lettuccio e con la berretta in testa: ciò in chiusura di trasmissione. Un'altra volta asserì che gli attori maschi - tutti, lui compreso - in camerino fanno la pipì nel lavandino, e difese questa scelta di libertà. Ma la televisione è uno scatolotto, lui era troppo grande e grosso. E bello, cosa che trovavo antipaticissima.

31. Philippe Daverio. Conosce bene molte piccole cose che aprono la porta alle grandi. Se la tira, ma a me piacciono, quelli che se la tirano avendone motivo: gente sincera. Invita anche persone gradevoli, specie le donne che non rompono col secondo sesso ma dicono la loro tranquille.

32. Gigliola Cinquetti e Sabina Ciuffini, per motivi diversi ma congruenti. Sì, Cinquetti e Ciuffini! Embè?


P.S. Non è una classifica, le ragioni le ho scritte man mano che mi sono venute in mente.
Ma mi faccio la domanda vera: è tutta nostalgia, la mia, o lo è solo in parte? Come mi piacerebbe che la mia fosse tutta nostalgia e che la televisione di oggi in realtà fosse più o meno come quella di ieri o dell'altro ieri! Ma non credo.

3 commenti:

ignipott ha detto...

...intelligente e acuto...

ignipott.blogspot.com

Giuliano ha detto...

Caro Suleyman, leggo e rispetto la tua lista (beh, non rispetto tutto; trovo pessimo il mio omonimo Ferrara, e Carmelo Bene mi ha rovinato una serata in cui avrei voluto ascoltare la musica di Schumann) – però il punto che mi interessa è un altro, è quando tu accenni alla nostalgia, a scelte legate alla propria data di nascita che fanno preferire questo a quello.
E’ un bel discorso, ma ci vorrebbero seicento pagine e supporti filmati e audio. Provo a sintetizzare: sì, è vero, molto spesso il parlar bene dei tempi passati e dire che oggi non va bene niente è solo un rimpiangere i tempi in cui si aveva vent’anni, o magari sedici.
Però bisogna distinguere: se io dico che “preferisco ascoltare Mozart”, beh: Mozart è nato duecento anni prima di me (duecentodue, per la precisione). Di cosa dovrei essere nostalgico, a meno di non credere nella reincarnazione? Eppure ho sentito dire, anche da gente da cui non me lo sarei mai aspettato, “ieri c’era Mozart oggi c’è DeAndré”, e simili. La differenza tra Mozart e DeAndré dovrebbe essere evidente...
Si preferisce il discorso del “mi piace / non mi piace”, e quello che piace a me è grande, quello che non mi piace fa schifo. (chiedo scusa per i termini, ma è così che va). E’ una posizione che io rispetto moltissimo, figuriamoci – basta che non la si usi come metro per riscrivere la storia dell’arte e della musica!
Anch’io ho delle canzoni e dei film che sono legati a certi momenti della mia vita, invece i film di Akira Kurosawa li ho sempre visti da solo, sono tutti miei momenti mentali. Eppure, credetemi, Kurosawa è infinitamente meglio di quel film di successo mondiale che visto al cinema mentre uscivo per la prima volta con quella ragazza a cui tenevo tanto. Ci sono molto affezionato, e per quei momenti provo nostalgia; ma per paragonare l’incredibile Hulk a Rashomon di Kurosawa bisogna proprio non capire un tubo di cinema, e dire che Mozart è come DeAndré è una confessione aperta della propria incompetenza in fatto di musica.
(Per le restanti 599 pagine, e per i supporti audio e video, penso che provvederò nel primo pomeriggio).
saludos
Giuliano

mazapegul ha detto...

Nel presente.
A me piacciono Ferrara e Daverio, poi c'è la Gabanelli. Piacevoli, ma spesso fermi alla superficie, i prodotti della ditta Angela&Angela. Grande Blob. Piacevole la miniserie "Piloti".
Tutto ciò non m'ha impedito di spedire la TV in cantina, in attesa che passi il tecnico a piombare il cavo (due anni che aspetto).
Certo, poi leggo sul giornale che alle 14.15 c'e' Passpartout e mi viene la nostalgia. Ma dalla cantina fino in casa ci sono due rampe in salita.