mercoledì 15 agosto 2007

Suoni


Poussin: Eco e Narciso 1628-30 Parigi, Museo del Louvre


Suoni

di Roby


Ci pensavo andando al lavoro, stamattina: intorno a me, la solita folla di rumori, musiche, voci umane, versi di animali… Durante un viaggio di media lunghezza in autobus, seguito da un percorso a piedi di circa 10 minuti, di suoni “ce n’è da dare e da serbare”, come si dice noi a Firenze. Allora (per passare il tempo mentre il bus procedeva lentamente, nel traffico mattutino) ho cominciato a fare una classifica personale interna dei suoni che mi piacciono di più: e quel che è venuto fuori –giuro- ha stupito anche me! Dunque, facendo colazione ascolto sempre con piacere il canto del MERLO, quello che abita sull’abete davanti alla finestra della mia cucina e che spesso riesco anche a vedere, appollaiato su un ramo a pochi centimetri dal davanzale. Non mi dispiace il suono della CHIAVE che gira, quando chiudo la porta di corsa, essendo cronicamente in ritardo: anzi, mi dà sicurezza l’idea che la serratura blindata custodirà i miei “tesori” fino al mio ritorno! Trovo celestiale il sibilo, in genere piuttosto sgradevole, delle PORTIERE dell’autobus che si aprono: succede quando (finalmente!) vomita fuori il solito esercito di liceali vocianti, due fermate prima della mia, così che posso godermi un pezzetto di viaggio tutto per me, tra due ali di palazzi fiorentini che sembrano aprirsi al mio passaggio, come per omaggiarmi. Al bar è un solletico per i miei timpani il tintinnio fra il CUCCHIAINO, il piattino e la tazzina di caffè, che contribuisce a risvegliare definitivamente le mie sonnolente cellule grigie. E poco più tardi, all’angolo della strada, il tono di VOCE del ragazzo che distribuisce il quotidiano gratis, col suo saluto adulatorio (“Signora bella, buongiorno!”) è quel che ci vuole per tirare un po’ su un “rudere” come me. Ma la “musica” più bella, quella che risuona più gradita alle mie orecchie, quella che mi fa sognare di più, sollevando il mio spirito e portandomi a volare lontano con la fantasia… quella musica, dico, è il suono caratteristico delle piccole RUOTE delle centinaia di trolley multicolori che i turisti in visita a Firenze si trascinano dietro ad ogni ora del giorno sui cubetti di porfido, sulla pietra serena, sull’asfalto, sul legno delle passerelle provvisorie nelle numerose strade oggetto di lavori in corso. Quel suono mi parla di viaggi, di evasione, di posti nuovi da vedere, di bagagli da fare e disfare allegramente, di treni, di taxi, di aerei, di navi, di metropolitane. Di movimento. Di curiosità soddisfatte e di altre –sempre nuove- da accontentare. In un’unica -forse un tantino retorica- parola: di vita. E credo sia proprio per questo che, in questo periodo della mia esistenza, lo trovo così insostituibilmente adorabile!
(18 maggio 2007)


Baschenis: Strumenti musicali c.1650 Bergamo, Accademia Carrara


1 commento:

Solimano ha detto...

Le due immagini che ho scelto per il brano di Roby hanno un evidente nesso col suono.
La prima è un capolavoro di Poussin
giovane e rappresenta il mito di Eco e Narciso, su cui riporto le parole belle e condivisibili di Umberto Curi, che ho trovato in rete:

"La prima versione completa e dettagliata del mito di Narciso è quella che compare nel terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Eco era una ninfa che riusciva ad incantare con la parola. Zeus se ne avvaleva per distrarre Giunone e poterla così tradire con le altre ninfe. Ma Giunone, scoperto l'inganno, punisce Eco togliendole la possibilità di parlare autonomamente: ella può adesso solo riferire le parole che gli altri pronunciano.
Poi accade che Eco, addolorata per essere stata respinta da Narciso, piange fino a rinsecchirsi e a ridursi a un sasso in prossimità di uno specchio d'acqua. Narciso si trova a passare vicino a questo specchio d'acqua e vede la propria immagine riflessa. Se ne innamora perdutamente. A questo punto egli urla il proprio dolore e la propria infelicità per l'impossibilità di realizzare l'amore nei confronti della propria immagine riflessa.
Non vi è dubbio che il mito tende a sottolineare il carattere fondamentalmente intransitivo dell'amore. L'impossibilità di far sì che l'amore passi da un soggetto all'altro: il fatto che esso resti in qualche modo imprigionato, consegnato, racchiuso all'interno del singolo personaggio. E' il dramma della impossibilità di comunicare, di corrispondere; o, meglio, è l'istituzione di una molteplicità di forme di specularità che non implicano comunicazione: la simmetria, la specularità, la corrispondenza non sono, di per se stesse, un fattore, un elemento di comunicazione.
E' opportuno mettere in evidenza un secondo aspetto, che è stato sottolineato anche da altri studiosi: sotto il profilo del loro significato filosofico queste due figure rappresentano al tempo stesso due estremi apparentemente fra loro incompatibili, ma anche internamente scissi. Narciso è la figura della pura, totale identità, la quale tuttavia giunge, sia pure paradossalmente, all'estremo di identificarsi con la pura e totale alterità di una immagine riflessa totalmente irraggiungibile. Al contrario o, se vogliamo, come corrispondenza di carattere simmetrico, Eco è la pura alterità, che consiste in questa totale eteronomia dell'espressione di Eco, in questo non potersi esprimere autonomamente ma solo come riflesso dell'espressione altrui. Ma questa pura e totale alterità costituisce, sia pure in maniera paradossale, l'identità di Eco.
L'aspetto filosoficamente più rilevante di questo incontro, è che l'incontro tra la pura e totale identità, sia pure internamente scissa, e la pura e totale alterità, rende impossibile la comunicazione".

La seconda immagine è la rappresentazione di strumenti musicali: di quadri di genere di questo tipo Evaristo Baschenis ne fece diversi, tutti ad alto livello. Questo della Carrara di Bergamo ha, con alcuni altri, una particolarità singolare: la presenza della polvere sugli strumenti. Per me, è un suo modo di parlare dell'inesorabile fluire del tempo, tema quant'altri mai barocco, come dice giustamente Giuliano.

saludos, Habanera, e buon ferragosto
Solimano