giovedì 2 agosto 2007

Christine de Pizan


Christine de Pizan in conversazione con una donna vestita di armatura, prob. Minerva (part.), sec. XV. Brussels, Bibliothèque Royale


Christine de Pizan
M. Giuseppina Muzzarelli, Un’italiana alla corte di Francia

Mariateresa Fumagalli


Dal titolo potrebbe essere un romanzo tipo "Angelica alla corte e nel letto del re", ma si tratta fortunatamente di tutt’altra cosa. A Parigi nella seconda metà del Trecento la situazione è terribile e confusa: infuria la guerra dei Cent'anni contro l’Inghilterra, le lotte fra i duchi di Borgogna e di Orléans dilaniano il regno al suo interno mentre la Corona non sembra in grado di padroneggiare la situazione.La pace appare a molti uno stato forse mai esistito e oramai irraggiungibile.

È in quegli anni che arriva dall’Italia a Parigi il noto medico e astrologo Tommaso nato a Pizzano - piccolo paese a venti chilometri dalla "grassa Bologna" dove aveva studiato - con la sua famiglia. La figlia più piccola è Cristina di appena quattro anni. Verrà chiamata per tutta la vita "Christine de Pizan" alla francese e in lingua francese scriverà le sue opere diventando ben presto una delle donne intellettuali più notevoli vissute nell’Europa premoderna, la prima donna capace di mantenere se stessa e i figli con il suo lavoro di editrice e scrittrice. Nella biografia che l’autrice del libro, Giuseppina Muzzarelli, ci narra con scrittura elegante e acuta capacità di analisi, ritroviamo tutte le ragioni della grandezza della ragazza italiana.

All’origine non c’è dubbio sta l’educazione impartitale dal padre divenuto medico del re di Francia: l’istruzione delle donne era un fatto rarissimo all’epoca – e raro, lo sappiamo, rimarrà ancora per secoli – e tanto più singolare se pensiamo che nella famiglia de Pizzano non mancavano figli maschi. La fiducia e la stima che il padre nutrì per le doti di Cristina e l’istruzione in letteratura, scienza e filosofia ricevuta fin dall’infanzia, le diedero l’energia intellettuale e gli strumenti di lavoro quando arrivarono i tempi grami, e lei, a soli venticinque anni, rimase vedova con tre figli e pochi mezzi. Cristina era consapevole che la ruota della Fortuna - un tema e un’ immagine tipicamente medievali – l’aveva trascinata al punto più basso: «la sua fatale corsa mi ha completamente abbattuto e con grandissimo dolore sono spesso sola e pensosa».

Al suo tempo era comune il proverbio latino che dice "Dio fece le donne per piangere, parlare e filare" ma Cristina intende smentirlo clamorosamente. E così avviene. Cristina si inventa una professione: esordisce come poetessa e critica letteraria occupandosi delle querelles allora di moda, come il dibattito sul Roman de la rose, e ben presto si impegna con audacia e successo nei temi a lei più congeniali come la protesta contro la misoginia diffusa fra gli ecclesiastici ma anche i laici, le dottrine sulla inferiorità naturale della donna e nell’analisi della situazione politica e sociale del regno francese e delle difficoltà della pace. Tutto ciò sarebbe già singolare e stimabile, ma va notato che il lavoro di Cristina non si svolge nel tempo libero, nell'otium edificante di una dama colta, ma all’interno di una vera professione: è una scrittrice incaricata e pagata dal sovrano e dai grandi del regno per la stesura di molte opere commissionate ad hoc e di edizioni di opere altrui trascritte ovviamente a mano (siamo agli inizi del Quattrocento, dunque prima della invenzione della stampa) nel suo laboratorio di editore avant lettre.

È sorprendente: pur in questa situazione di difficoltà Cristina non si piega alle idee in voga ma espone con chiara indipendenza di giudizio le sue idee in polemica con personaggi autorevoli, come Jean de Meung, autore del Roman de la Rose, e potenti, come Jean de Montreuil, segretario del re e Pierre de Col, notaio della Corona. Tutta Parigi parla di di lei: la regina prende partito per Cristina insieme al cancelliere dell’università di Parigi, Jean Gerson, che arriva ad appoggiare la nostra scrittrice nella polemica. I dibattiti in quei tempi, dobbiamo osservarlo, erano più "aperti" di quanto avverrà più tardi: le forze in gioco erano molteplici e contrastanti, gli interessi delle istituzioni, delle corporazioni, come l’università, e dei nobili spesso non convergevano e il potere del re era ben lontano dall’essere assoluto come diverrà in seguito. È in questo crogiolo e conflitto di poteri e interessi che si forma la società europea (la Francia è un laboratorio e un ottimo punto di osservazione) e prendono corpo, all’inizio in modo appena percepibile, le idee e l’aspirazione alla libertà e alla eguaglianza che poi emergeranno violentemente.

Da Golem - L'indispensabile

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Storia molto interessante

Habanera ha detto...

Ciao, Giulia.
Storia davvero interessante ma non abbastanza conosciuta.
Ringrazio Stefania (del blog Squilibri) che con il suo link ha fatto in modo che questo post tornasse di nuovo in vista.
H.