Agosto 1992
Anch'io sono stato in Olanda, e mi sono fermato anche ad Amsterdam. Ma non si può parlare tranquillamente di quel che si è visto ad Amsterdam: nomini Amsterdam , e trovi facilmente chi ti parla di costumi liberi, di spinelli al bar, di donne in vetrina, o peggio ancora, e ti ammicca : “Ah, sei stato ad Amsterdam? “. Tipico di chi non sa guardare, né viaggiare: ma mica sempre si può star lì a puntualizzare, a spiegare: si abbozza un sorriso, e via. Hai voglia di raccontargli i canali, il mare del Nord a ferragosto col vento gelido e freddo - il miglior tè della mia vita, a Camperduin - le mucche interminabili, con qualche isolato allevatore che invece tiene cavalli, e che forse i vicini considerano un originale, i mulini a vento, l'acqua verde dei canali...
Però io, l'ultimo giorno di vacanza, finalmente solo, lasciai i bagagli sulla chiatta e m'incamminai: avevo tutta la mattina davanti, il treno sarebbe partito solo verso le diciannove. Ero libero.
Uscii dalla stazione ( Centraal Station ), ritrovandomi nella Prins Hendrikkade. Avevo già in programma di perdermi, come faccio di solito, con cartina o senza: per di più, difficile districarsi fra i nomi delle strade: l'olandese è un tedesco ancora più ostico, e non avevo più la mia cara guida così decisa, e la sua amica dai capelli neri. Mi guardai in giro, attraversai la piazza e m'incamminai, anch'io deciso - era ora! - verso il Damrak. Da lì, svoltando a sinistra, Warmoesstraat; poi, ancora a sinistra, Oudezijds Voorburgwal, a costeggiare il canale. L'avevo allungata un po', ma ormai il più era fatto. Anche per un imbranato come me, bastava seguire il canale - sempre che la cartina non mentisse e io fossi nella direzione giusta. Sulle cartine sembra sempre tutto a due passi, e invece si deve sempre camminare, e camminando tanto insorgono i dubbi: sarò sulla strada giusta, in questo paese accogliente ma straniero? In più, benché fosse agosto - o forse proprio per quello - piovigginava, e il tempo era autunnale. Finalmente raggiunsi quello che doveva essere de Walletjes, i muretti ,il famoso quartiere a luci rosse. Avrei dunque avuto qualcosa da raccontare agli amici! Ma forse non era l'ora giusta, o forse erano i miei pensieri che non stavano passando di lì in quel momento, ma il quartiere si presentava un po', come dire, deserto e poco attraente. Passai proprio davanti alle donne in vetrina e ai bar per fumatori d'oppio, luoghi notevoli d'interesse: però non mi ci fermai, un po' perché grazie non fumo, ma soprattutto perché avevo una meta.
Ed era lì, grandiosa ma un po' defilata, con la riservatezza e la bellezza tipicamente olandese, in pietra e mattoni: la Chiesa Vecchia, proprio a due passi da una delle tante serie di vetrine. Meno male perché ero un po' stanco. Da che parte si entra? La ragazza nell'ingresso è gentile ma formale, non sembra olandese, ha un'aria familiare. Pago il biglietto, mi presenta la guida alla cattedrale. Visto il mio inglese poco allenato, mi segnala che esiste anche in italiano - vuoi vedere che è davvero delle mie parti? Prendo anche quella in italiano, oltre all'inglese, che avevo scelto non tanto per darmi un contegno quanto perché dopo tutti questi giorni a litigare con l'inglese, lo faccio per abitudine, tutti parlano un po' di inglese, in Olanda. Entro.
Sembra vuota, rispetto alle nostre cattedrali, giusto nel mezzo un antico coro ligneo, l'organista che prova i brani per la funzione di domenica... E' proprio il famoso organo di Jan Westerman, 1724 dice il libro, di quercia con otto mantici e 54 canne dorate, “ attorniato da figure bibliche in legno marmorizzato”.
L'organista, seduto in mezzo a tanta meraviglia, giustamente comincia a suonare, poi s'interrompe e ricomincia ancora. Sta provando, ma è bello lo stesso. Parrebbe Bach, ma forse era Buxtehude. C'è poca gente, quasi nessun turista a parte me, che non mi sento turista - non oggi. Entro nel coro - sembra di attraversare una piazza per arrivarci - è grande, e messo così in mezzo viene in mente una grossa gabbia. Lo so che è irriverente, ma mica si è sempre responsabili dei propri pensieri... A cosa somiglia questa chiesa? Forse a Sant'Ambrogio, che è una chiesa ancora più vecchia. Mi siedo, e per un po' ascolto l'organo; poi anche l'organista se ne va - è passato mezzogiorno da un bel po' - tra poco dovrò cominciare a pensare al ritorno, devo anche passare a ritirare i miei bagagli sulla chiatta. Che tristezza, il ritorno da un viaggio: e questo non è stato un viaggio come gli altri, qualcosa mi rimarrà da questo giro per i canali d'Olanda. Purtroppo - lo so già, non vale la pena d'illudersi troppo - dovrò limitarmi a dei bei ricordi, anche se prima o poi tornerò a prendere freddo e vento sul Mare del Nord, e tornerò a perdermi ad Alkmaar, e tornerò alla Oude Kerk.
Perché lì, alla Oude Kerk, tra gli accordi dell'organo e la gente distratta, tra il vasto pavimento e i soffitti dorati, lui c'era.
Ripartimmo per Milano la sera, ma ad Amsterdam ho lasciato una parte di me stesso.
3 commenti:
1992, sono quindici anni. Non mi sembra nemmeno vero.
Giuliano
Ricordo anch'io le facce perplesse degli amici quando, nel 1998, ho deciso di andare ad Amsterdam. Perchè proprio Amstderdam?- mi chiedevano. Perchè non ci sono mai stata, perchè voglio visitare il Van Gogh Museum, perchè è una città bella e romantica con un suo fascino tutto particolare - rispondevo.
Ah, sì, beh... - ma si capiva che non erano convinti.
Ci sono stata in aprile e ricordo che pioveva tutti i giorni ma non tutto il giorno. Acquazzoni improvvisi e violenti, vento, freddo, e poi di nuovo il sole e quella luce così particolare, così perfetta per fotografare e dipingere.
Grazie per questo bel post, Giuliano, leggerti è sempre un grandissimo piacere.
habanera
A me questo brano di Giuliano è sempre piaciuto molto per alcuni motivi, che metto qui non in ordine di priorità.
La città di Amsterdam. Chi non c'è stato, o chi c'è stato con uno stato d'animo riduttivo, quindi non aperto ad accorgersi delle cose, non si è accorto che quella di Amsterdaam è una esperienza unica.
Per i musei, fra il Rijkmuseum e quello di Van Gogh, ma ce ne sono anche altri. All'esperienza della pittura olandese e fiamminga non siamo abituati, conosciamo solo alcuni grossi nomi, invece era una cultura vasta, che coinvolgeva tanti artisti: Bouts, Gerard David, De Hooch, Metsu, Dou, Hobbema, i due Ruisdael, Steen ecc ecc ecc prima non li conoscevo.
L'architettura generalizzata, con le finestre piccole e lunghe, nate così per motivi fiscali (si pagava di più se la finestra era larga).
Le chiese cattoliche segrete, che sorsero al tempo delle lotte religiose, e alcuni cattolici mascheravano l'esterno da appartamento, ma dentro era una chiesa.
La gastronomia, quella delle Indie Olandesi che erano colonie dell'Olanda, in genere serviti bene con cibo buono.
Le biciclette. Allora pochi da noi andavano ancora in bicicletta, lì ci andavano tutti. Scoprii poi che succedeva lo stesso anche in Danimarca.
La vitalità turistica di turismo giovane e furbo, e magari colto, magari spinellante, però giovani vivacissimi, come racconta Frijtiof Capra, ed ha ragione.
Persino il quartiere a luci rosse, molto meno sbracato di tante altre robe in Italia e in Europa: ognuna se ne stava nella sua botteguccia in attesa, quando entrava uno, chiudeva la porta e tirava le tende.
L'aqua dappertutto, canali ben tenuti e non sordidi. Co in più un bel vento, in genere freddo.
Ma in Oude Kerk Giuliano racconta di sé, a modo suo, dicendo molto e tacendo molto, raccontandosi nei suoi movimenti e nei suoi pensieri. Scrivere di sé è molto difficile, perché bisogna trovare il confine fra detto e non detto, e Giuliano c'è riuscito benissimo.
Poi c'è la sorpresa finale, che lì in chiesa c'era "lui", del tutto inattesa e del tutto credibile, perché è stata nascostamente preparata da tutto quello che ha scritto prima.
Caro Giuliano, che c'entra che siano passati quindici anni? Certe cose della vita sono per sempre, vivono in noi molto di più dei diamanti che sono solo carbonio.
saludos, Habanera
Solimano
Posta un commento