E' molto meglio di quello che mi aspettavo, la Mostra del Guercino attualmente al Palazzo Reale di Milano.
Temevo infatti una presenza quasi esclusiva delle sue opere della maturità e della vecchiaia, ed invece ci sono diverse opere della giovinezza, persino quelle eseguite nei primissimi anni a Cento, il grosso paese del ferrarese in cui era nato.
Sono opere di un grandissimo pittore fino a trent'anni; dopo, sarà diverso. La mia visita è stata piena di sorprese, e ne racconto una. E' esposto un quadro di Guido Cagnacci, un pittore romagnolo contemporaneo del Guercino e rivalutato da diversi critici negli ultimi decenni. E' noto al di là degli appassionati d'arte perché è l'autore di nudi femminili molto sensuali, per merito dei quali fu ospitato nei suoi ultimi anni alla corte di Vienna dal giovane imperatore Leopoldo.
In genere, la scusa per le rappresentazioni Cagnacci la trovava nella storia mitizzata, ad esempio Cleopatra che si fa mordere dall'aspide.
Il quadro esposto a Milano è di questo tipo, ma solo in parte. E' una Allegoria della Vita e della Morte, in cui una bellissima donna nuda è rappresentata assieme a simboli della transitorietà. Quadri allegorici su un tema del genere se ne facevano tanti, ed il più noto è quello del Bronzino che è nella National Gallery di Londra, e che per secoli è stato considerato quasi più pornografico che erotico, mentre si è scoperto che si basa su un programma iconografico molto complesso: non è Venere e Cupido che si baciano, ma è una Allegoria del Tempo e dell'Amore.
Nel quadro del Cagnacci che ho visto ieri, tanti sono i simboli della transitorietà: la clessidra, in cui tutta la sabbia è ormai scesa nella parte inferiore; il teschio, e vabbe' questo lo sappiamo tutti; le candele accese che sono quasi terminate, ed allora le candele facevano parte del concreto vivere quotidiano. Ma ci sono anche due simboli molto particolari: c'è il serpente che divora sé stesso, simbolo che risale addirittura all'antico Egitto, e c'è un fiore sbocciato, con i petali allargati quindi presto caduchi; anche questo era abbastanza usuale, ma vicino al fiore c'è un tarassaco che è divenuto un soffione: una sfera lieve di semi piccoli che basta un soffio a disperdere nell'aria. Questo fiore è talmente comune da avere una serie di soprannomi, oltre a soffione, ad esempio c'è piscialetto, che denigra il suo bellissimo colore giallo dorato.
Chi ha dettato i simboli al Cagnacci lo sapeva benissimo che il soffione non può essere simbolo di morte, ma di transitorietà: noi col soffio lo distruggiamo; così facendo lo aiutiamo a disperdere da tutte le parti i suoi semi. Difatti, basta vedere quanti ce ne sono di soffioni nei prati in primavera e d'estate.
Infine, dietro il tarassaco c'è un altro significato, perché le erbe allora le conoscevano molto più di noi: il tarassaco è un'erba amara.
Altre tre sorprese, nel giorno della visita alla mostra.
Sto parlando con l'amico che mi accompagna, ed ecco una signora, alta e con l'aria molto vispa, che mi chiede notizie sulla Aurora del Guercino che è a Roma. Stavo appunto dicendo che l'Aurora, se si dovesse scegliere fra tutte le sue opere, è la più straordinaria, ma è ovviamente intrasportabile, essendo un affresco (è al Casino Ludovisi, per chi fosse interessato). Un grande critico ha usato un aggettivo desueto: “tonante”, e tale è, basta guardare i cavalli pezzati, che potrebbero essere l'emblema della cavallinità di un teologo scolastico. Poi la signora ci ha tenuto a farmi sapere che c'è un quadro di famiglia che è un sospetto Guercino. Non ho avuto cuore di dirle che, se assomiglia ai Guercino degli ultimi anni, di sospetti in giro ce ne sono tanti…
Poi, dialoghiamo con un signore anziano, distinto e sveglio, che accenna al manierismo dei sentimenti, e posso essere d'accordo, anche se il manierismo è più nell'occhio dei critici che del pittore, basta notare la suddivisione per temi che hanno fatto i curatori della mostra. Ma alla fine se ne esce in una osservazione inattesa: “Troppe mani e troppi piedi!” Mi è venuto in mente il “Troppe note!” dell'imperatore a Mozart, che rispose: “Solo quelle che servono, Maestà.”
L'osservazione a suo modo è giusta: le mani dei personaggi del Guercino sono in bella mostra, grandi, e per giunta spesso segnate dal tempo. Pure i piedi.
Per me è il suo bello, come dicono specie a Bologna.
Più che nei volti, è nelle mani e nei piedi che l'artista è libero, e si sottrae meglio all'accademismo. E' meno condizionato, insomma. Succede non solo al Guercino.
Terza sorpresa. Una piccola suora col volto pallido e lo sguardo intelligente, che a bassa voce spiegava la mostra quadro per quadro a venti ragazze belle, ben vestite ed attentissime. Macché ragazze, donne di diciotto anni! Evidentemente, nel cuore della Grande Milano c'è spazio per certe scuole private. Ma queste mi stanno bene: non si tratta certo di diplomifici… per quanto… chissà… esiste ancora il diploma di maestra giardiniera?
Sarà il caso di dire qualcosa anche del Guercino, dopo aver raccontato delle allegorie del Cagnacci e della tipologia dei visitatori della mostra.
Nel 1591 a Cento accadono due cose: nasce Giovan Francesco Barbieri, poi detto il Guercino perché strabico a causa di un incidente infantile, e Ludovico Carracci dipinge una Sacra famiglia con San Francesco per la chiesa dei Cappuccini di Cento. Questo quadro il Guercino lo chiamava “la mia cinna”, cioè la tetta da cui si prende il latte; un paragone che dice tanto sulla sua personalità, non solo sui suoi gusti artistici.
Naturalmente Ludovico Carracci, grande pittore a Bologna, ignorava che ci fosse un bambino a Cento che prendeva il latte da lui, ma ventisei anni dopo, cioè nel 1617 scriveva ad un amico: "Qua vi è un giovane di patria di Cento, che dipinge con somma felicità d'invenzione. È gran disegnatore, e felicissimo coloritore: è mostro di natura, e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori".
Aveva visto le prime opere del Guercino e ne era rimasto sbalordito, le sue parole tradiscono una grande emozione.
Quattro anni dopo, a Roma, il Guercino affrescherà l'Aurora al Casino Ludovisi, poi si contenterà del successo locale e risiederà a Cento con uno stuolo di allievi. Nel 1629 lo andrà a trovare Velasquez, e ne resterà ammirato: i pittori capivano subito di trovarsi di fronte ad un mostro di natura. Intanto il Guercino continuava a rifiutare gli inviti a Roma, a Parigi e Londra, inviti di papi e di re, apparentemente appagato dalla sua Cento.
Ma nel 1642, quando muore a Bologna Guido Reni, vi si trasferisce con tutta la bottega, e ne prende il posto. Diventa il numero uno di Bologna. Anche questo ci dice molto di lui. Purtroppo, cerca di adottare lo stile, il modo di dipingere del Reni, perché questo gli chiedevano i committenti. Si adegua volentieri, ma sapeva come stavano le cose: la sua pittura giovanile la chiamava “la mia prima maniera gagliarda”.
Muore nel 1666 a Bologna e viene sepolto nella chiesa di San Salvatore, che è poco dietro Palazzo d'Accursio.
Alla mostra, c'erano diverse opere della gioventù del Guercino: due di queste, non grandi come dimensioni, sono molto vicine alla nostra sensibilità: un paesaggio notturno con il cielo rannuvolato ed una carrozza in viaggio, ed il tema delle Bagnanti (consueto da Tiziano a Renoir, anzi a Picasso). Ebbene, la rappresentazione del Guercino è persino meno accademica di quelle di Courbet, che questo tema ha dipinto così spesso. Sono veramente due donne del suo paese che si bagnano nel fiume, scendendo in acqua dalla lavanderia dove vanno a lavare i panni. E il Guercino ventenne, quello che chiamava cinna un quadro, se le guarda curioso.
Il suo paese è così bello!
1-3 novembre 2003 (rivisto per l'occasione)
4 commenti:
Cara Habanera, è un mio brano un po' lungo, ma ci sono molto affezionato. Due delle immagini sono riuscito a trovarle come le volevo, difatti diventano grandi cliccabili, la terza, Le bagnanti, è quasi indisponibile in rete, il quadro è in una collezione privata.
L'amico con cui visitai la mostra è Giuliano.
saludos
Solimano
L'amico con cui visitai la mostra è l'ingegner C., di Monza (provincia di Parma).
Chi xe mai sto Solimano?
Giuliano
Ma che bella sorpresa aprire il blog e trovare questa meraviglia di post.
I lettori (ormai piuttosto numerosi) di Nonblog apprezzeranno come si conviene. Mi sembra di capire, caro Solimano, che i problemi tecnici siano stati risolti e che tu riesca di nuovo a gestire anche le Html ed a pubblicare direttamente i tuoi scritti. Bene così, in questi ultimi giorni si era sentita molto la tua assenza.
Giuliano, mi sta venendo un dubbio: che 'sto Solimano ed il tuo amico C.(ingegnere di Monza), siano la stessa persona?
Indagherò e ti farò sapere...
Ciao, carissimo.
habanera
P.S. Complimenti a tutti e due per come state portando avanti splendidamente Abbracci e pop corn. Ogni giorno diventa più bello e interessante. Chapeau!
Ma qule ingegnere, io sono geometra, specializzato in tavernette arredate con sedie savonarola, e per fortuna in Brianza c'è un buon mercato. Questo Giuliano è un anonimo omonimo, che profitta della rete per vantare conoscenze ingegneresche. E poi Monza non è in provincia di Parma, ma di Bologna. Studia la geografia, anonimo!
saludos
Solimano
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