domenica 22 luglio 2007

I miei venticinque lettori (3)



I miei venticinque lettori

di Solimano


Più ci penso, più il progetto M.T.F.R. My Twenty Five Readers "I miei venticinque lettori", assume una sua fisionomia concreta, altro che sogno di narcisista timido. Però con una differenza rispetto al Manzoni (eccolo!): io, i miei i venticinque lettori li voglio conoscere uno per uno - anche una per una, spero bene che non siano solo maschietti. Conoscerli in rete, ma conoscerli anche nella vita reale. E non mi contento, vorrei essere anch'io un lettore, quindi la priorità la darò a quelli che scrivono, proprio perché scrivono. Che soddisfazione, essere lettore dei propri lettori! L'obiezione potrebbe essere che non ce n'è alcun bisogno, perchè quello che scrivono è già in rete. La risposta alla obiezione è che in rete c'è la prima edizione, magari scompagnata dalle modalità di caricamento, e che certamente, se si prendono in mano brani già scritti, viene voglia di migliorarli, asciugarli, ingrassarli, punteggiarli, creare il raccordo fra un brano e l'altro. Il tutto, non in una ottica di do ut des, che comunque male non fa, ma per fare tante cose, sulle robe da leggere che mi verrebbero spedite, o che spedirei io. Supponiamo che si tratti di un bel documento word con dentro solo i testi: ci potrei aggiungere delle immagini, e quindi ci si troverebbe di fronte all'originale e alle edizioni illustrate da Giuliano o da Solimano, ad esempio. Con tutte le incredibili menate che uno può fare: sfondi, caratteri, corsivi, grassetti, sottolineature, chi più ne ha più ne metta. Così, senza grande sforzo, io potrei preparare per Giuliano l'edizione coi caratteri Garamond, mentre per qualcun altro andrebbe bene l'Arial. E i colori, ci pensate ai colori! Il tutto diverrebbe uno strano incrocio di produttività e di fantasia. Ho inoltre il sospetto che qualcuno, in rete, giochi sporco, tenga cioè nascoste nei suoi cassetti opere capitali che non pubblica o perchè è in attesa di trovare un editore, di quelli che le robe le stampano proprio, o perché se ne vergogna, cose intime che reggerebbero ad uno scambio di e-mail, non all'essere esposte in bella vista in rete. Magari si scopre - a me è successo - a notevole distanza di tempo che certi post avevano singolari collegamenti con post scritti una settimana, un mese, un anno dopo. Aggiungo che uno potrebbe volere fare una prefazione o una postfazione, in cui spiega chi o che cosa l'ha ispirato, e se si è dovuto legare alla sedia come l'Alfieri o è andato avanti a furia di caffé e sigarette come me. Agli scritti si potrebbe abbinare un florilegio critico - critico, non ruffiano - da parte degli altri, così potremo dirci la nostra fra colleghi e colleghe, siamo anche concorrenti, poche storie. Ognuno di noi si formerà un proprio linguaggio. Giungeremo al sanscrito, e risalendo per li rami, anche al uh! uh! primigenio, con qualche a! o e! di licenza poetica. Grandi spazi ci si aprono davanti, anche per un altro motivo. Ciascheduno ha quegli amici - e quelle amiche - tanto cari, tanto simpatici, ma che non hanno mai scritto una riga e che già faticano a spedire le cartoline da Fregene. Quando si vedranno nominati - peggio che nell'Isola dei Famosi - lettori o lettrici, non potranno reggere: con la biro fregata all'ufficio postale, sulla carta del sacchetto del pane, qualcosa gli escirà, a questi potenziali Premi Nobel, da cosa nascerà cosa. Ma perché solo agli amici. Non dobbiamo trascurare il fruttivendolo, il barbiere, la cassiera del super, il dentista - no, il dentista meglio di no - l'edicolante, che nel mio caso sono quattro: padre, madre, figlio, figlia, quando entri non sai a chi chiedere. A questo punto Alessandro Manzoni comincia ad agitarsi invido, meglio che metta ancora una immagine dei Promessi Sposi, così si dà una calmata. Au revoir
27 febbraio 2007

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