martedì 31 luglio 2007

EFFI BRIEST - THEODOR FONTANE





EFFI BRIEST - THEODOR FONTANE

di Gabriella Alù



Ho l'impressione che lo scrittore prussiano Theodor Fontane non sia noto in Italia come meriterebbe. Eppure, è considerato da tempo uno dei classici della letteratura tedesca dell'Ottocento e Thomas Mann lo stimava uno dei suoi punti di riferimento letterari. Al punto tale che nel 1919, in occasione del centenario della nascita di Fontane, pubblicò un articolo sul Berliner Blatter in cui tra l'altro scriveva:

"una biblioteca della letteratura romanzesca basata sulla scelta più rigorosa -- e dovesse anche restringersi a una dozzina di volumi, a dieci, a sei -- non potrebbe essere priva di Effi Briest. Non si usa forse dire che nessuna costruzione prodotta dalla mano dell'uomo può essere perfetta? E invece, [...] la cosa perfetta esiste: sognando, l'uomo che è artista ogni tanto la produce [...] se tutto torna, ecco che la cosa si forma, il cristallo risulta puro"

Theodor Fontane, celebre e temuto anche, ai suoi tempi, come critico teatrale, fu scrittore molto prolifico e parecchi suoi romanzi hanno per protagonista (anche nel titolo) una figura di donna (Grete Minde, Cécile). Ma, come giustamente rileva Bevilacqua nell'introduzione ribadendo le parole di Mann, "Theodor Fontane è e rimane l'autore di Effi Briest".

Il libro, pubblicato nel 1895 ed ambientato nella ricca borghesia prussiana e berlinese, racconta sostanzialmente la storia di un episodio di adulterio e delle sue tragiche conseguenze. Un dettagliato riassunto della trama lo si può leggere qui

Effi Briest è uno dei miei romanzi preferiti (assieme ad altri di Fontane, come ad esempio il bellissimo ed ahime oggi pressocche irreperibile in italiano Il barone di Stechlin). Mi piace per la perfezione della struttura, per l'approfondimento psicologico dei personaggi, per lo stile sommesso e raffinato di scrittura, per la critica severa di Fontane nei confronti di un codice morale che mette un ossessivo e crudele "senso dell'onore" al centro dei rapporti familiari. Innstetten, il marito tradito di Effi, è una brava persona, colto, gentile, educato. Effi gli vuole bene, gli è affezionata e, dopo la brevissima relazione adulterina (che lei stessa ha troncato e di cui non smetterà mai di aver rimorso) è contenta di vivere con lui. Ma la caratteristica principale di Innstetten è quella --- come ad un certo punto, verso la fine del romanzo, dice la stessa Effi --- di essere "... un uomo buono incapace di amare" e di mettere al primo posto, nella scala dei suoi valori, l'orgoglio maschile e il senso dell'onore.

Ed è questo che, molto più che il brevissimo episodio dell'avventura di Effi con il brillante e cinico maggiore Carpas, dà veramente il via alla tragedia. Il colloquio tra Innstetten e Wüllersdorf, in cui il marito tradito spiega le ragioni che lo spingono a sfidare in duello il maggiore Carpas nonostante siano passati tanti anni e nonostante egli sappia perfettamente che da allora lui ed Effi non si sono mai più visti nè scritti è una pagina da antologia.

Effi Briest viene troppo, troppo spesso paragonata ad Emma Bovary e troppo spesso vedo il romanzo di Fontane presentato come "la storia di una Bovary tedesca". Ma in realtà le analogie tra i due personaggi e i due libri sono solo di facciata, molto superficiali. Una lettura attenta del romanzo di Flaubert (1856) e quello di Fontane (1895) mette in luce molte più differenze che analogie.

Sarebbe troppo lungo esaminarle ed elencarle qui. Mi interessa però sottolineare un aspetto che io considero molto importante, a proposito di analogie-differenze: l'atteggiamento, la considerazione che ciascun autore aveva per la propria eroina.

Theodor Fontane nutriva molto affetto per Effi (e per tutte le donne che si fossero trovate nella sua condizione) e parlando di lei diceva sempre "... la mia povera Effi". Leggendo il libro, si avverte in ogni riga che Fontane sta dalla parte di Effi, che è solidale con lei, che le vuole bene. Il romanzo fu scritto di getto, come dimostra lo stesso Fontane in questa lettera all'amico Hans Hertz: "Già.... la povera Effi! Forse mi è riuscito così bene perchè ho scritto tutto in uno stato di sogno [...] è venuto come da sé, senza vera ponderazione e vera critica"

Per Flaubert, Madame Bovary fu soprattutto un esercizio di stile. Un esperimento letterario.

Ci sono innumerevoli passi nel suo epistolario (specialmente nelle lettere a Louise Colet) dai quali emerge chiaramente come lui non avesse la benchè minima simpatia per Emma, come tutto sommato la disprezzasse; è ormai arcinoto quanto fu lunga e travagliata la stesura del romanzo: "Bovary mi stanca, dipende dal soggetto e dalle correzioni", "Bovary [...] sarà stata una prova inaudita", "Come m'embête la mia Bovary!", "Dannato libro! Mi fa male, lo sento!". "Quanto artificio nel materiale...". Ed ancora, sempre a Louise Colet: "Ciò che è buono della Bovary è che sarà stato una dura ginnastica".

Una dura ginnastica. Questo fu per Flaubert la povera Emma Bovary... D'altra parte, sembra (dico sembra perchè la cosa non è stata mai provata) che sul letto di morte Flaubert abbia esclamato: "Io morirò e quella puttana della Bovary mi sopravviverà!"

Theodor FONTANE, Effi Briest, trad. Erich Linder, a cura di G. Bevilacqua p.282 Garzanti, I Grandi Libri, ISBN: 881136213X

Da NonSoloProust

Una scena dal film Effi Briest di Rainer Werner Fassbinder del 1977


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cara Haba, vedo adesso questo post, ed ancora una volta ti ringrazio per l'attenzione. Grazie anche da parte di Effi :-)

Habanera ha detto...

Carissima Gabriella, mentre postavo un commento sul tuo blog ho visto, con la coda dell' occhio, che mi era appena arrivato l'avviso di questo tuo commento. Una singolare coincidenza di cui approfitto per continuare il discorso. Stavo appunto dicendo, lì da te, che per qualche misteriosa ragione i libri di cui parli vengono spesso trasportati anche qui. Comincio a sospettare che i tuoi gusti coincidano notevolmente con quelli della gazza ladra. ;)

Ciao, e a presto.
h.