sabato 2 maggio 2009

Ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me...




Ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me...

di Giulia



“Forse non ho fatto abbastanza… forse avrei dovuto farvi sapere tante cose che ho taciuto in tutta la mia vita. Sono stata troppo superba. Non volevo pesare su di voi, comunicarvi la mia tristezza, trasmettervi la mia angoscia. Ho lasciato fuori dalla porta di casa, ciò che vedevo e sentivo… Ma ho finito col soffrire troppo e sola.
Ora mi chiedo quando arriverà il mio turno, quando potrò dire: non ne posso più, sono stanca, ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me”.


Mentre ascoltavo le sue parole e vedevo scendere le sue lacrime, mi chiedevo se non era arrivato effettivamente il momento che si togliesse qualche peso dal cuore. Io non sapevo se ero pronta ad ascoltarla o se volevo conservare dentro di me quell’immagine mamma che io avevo registrato nella mia mente. Presente, forte, bella e sempre impeccabile.
Un po’ austera forse, poco affettiva, ma sempre pronta ad affrontare le difficoltà. Non ero abituata alle sue lacrime, al suo dolore. Come ascoltarla senza poterle prendere la mano? Tra noi nel tempo non aveva trovato molto spazio il linguaggio affettivo ed emotivo. La ragionevolezza doveva guidare i nostri dialoghi. “Noi – ripeteva sempre - non ci lasciamo andare a smancerie”. E quando parlava di sé, aveva l’abitudine di attribuire anche a noi figli i suoi stessi modi di essere.


No, mamma, in questo ti sbagliavi, io le ho desiderate quelle carezze di cui tu eri così parca. Quando, quelle poche volte che capitava, mi permettevi di sedere in braccio a te, io ascoltavo il tuo respiro, la tua voce che mi sembrava uscisse direttamente dal cuore, assumeva una tonalità calda e avvolgente. Quasi di nascosto mi alimentavo di quelle sensazioni che nutrivano il mio bisogno di affetto. Mi piaceva anche, quando a mezzanotte, facevi il giro delle stanze e ci sistemavi le coperte mentre dormivamo. Nel dormiveglia mi aggrappavo al tuo collo e ti davo un bacio. Tu lo ricambiavi e per me quello era un momento magico.


La vita di un bimbo è fatta di queste piccole cose, di questi piccoli gesti… Non le smancerie, quelle non piacciono neanche a me, ma un corpo che parli e non deleghi tutto alle parole quello che c’è da dire, né che si dia sempre tutto per scontato, perché per un bambino nulla è mai certo. Un bimbo viaggia in un mare in tempesta, quello della sua crescita e di quanto in quanto ha bisogno di un approdo sicuro e caldo dove riprendere le forze per ricominciare.
Forse, mamma, sei tu ora ad aver bisogno di parlare, di sentire vicinanza. Chiedi conferme e vuoi essere certa di aver seminato bene. Vuoi percepire la nostra presenza, vuoi sentire che ci siamo e per nulla al mondo ti lasceremo sola, così come hai fatto sempre tu con noi. Perché tu c’eri sempre e mai abbiamo avuto la sensazione che ci avresti per qualsiasi motivo lasciato.
La vita è davvero una ruota che gira: ieri eravamo noi a chiederti di scaldare il nostro cuore, oggi tu lo chiedi a noi.


Sì, mamma. E’ arrivato il tuo turno: puoi permetterti di mostrare la tua fragilità, la tua paura… Il problema è come fartelo capire, è che tu, abituata come sei a tenere “dentro”, lasci aperto uno spiraglio che permetta a noi figli di guardarti dentro e capirti meglio. A volte temo che la tua porta, in fondo, voglia rimanere chiusa anche a te stessa.
A volte temo che siamo anche noi ad aver paura di sapere cosa pensano una mamma e un papà anziani che non sono lontani da quel confine che è l’orizzonte della vita oltre al quale non è dato sapere cosa ci aspetta. Amiamo tutti confrontarci con l’inizio di ogni nascita, ma ci rifiutiamo di ricordarci che un inizio ha anche una fine. E’ così che la vecchiaia può diventare un momento di profonda solitudine.
E quel giorno mi sono sentita a disagio, volevo risponderle, consolarla, ma in realtà l’ho portata pian piano a parlare di quando era giovane e bella, di tempi lontani che del resto lei ama ricordare. E’ così che si è lasciata andare ai ricordi, ma un discorso era rimasto in sospeso ed io vigliaccamente sapevo che l’avrebbe ripreso in solitudine e che da sola avrebbe pianto.


Uscendo da casa sua, mi sono portata dentro quella tristezza che non ho saputo consolare senza sapermi dare una spiegazione.
E’ Maria, la signora peruviana, che vive con mia madre che riesce a farlo: lei sa come prenderla, lei accoglie le sue lacrime, l’ascolta nei momenti più bui e la sa fare ridere e sorridere. Ha un modo così naturale di relazionarsi con lei che mi incanto a guardare. Lei che è una donna semplice, che non ha studiato, che arriva da un altro mondo e da un’altra realtà sa guardare con occhio attento e vigile una donna che solo pochi anni fa l’avrebbe guardata con distacco perché non apparteneva alla sua classe sociale. A volte litigano ed è Maria che piange, ma hanno saputo trovare ugualmente una loro armonia.
Maria mi è entrata nel cuore come una sorella: una sorella arrivata "dopo".
Maria ha lasciato sua mamma in Perù ed un giorno mi ha detto con quel suo linguaggio particolare che non è più spagnolo e non è ancora italiano: “Io parlo con tua madre come non ho mai parlato con la mia e mi ha insegnato tante cose. Forse adesso riuscirò a fare a mia mamma quelle domande che non ho mai avuto il coraggio di fare prima”.

Forse, invece, quelle domande che non hanno trovato risposta nel passato sono destinate a rimanere dentro di noi per sempre. Dobbiamo imparare solo a conviverci.



22 commenti:

Anonimo ha detto...

Maggio significa tante cose per me.
Troppe. Questo racconto ha fatto breccia nel mio cuore, in un luminoso mattino di sole.
Del resto,i primi giorni di maggio - nei miei ricordi - hanno sempre il sole.

sabrinamanca ha detto...

Niente indica che siamo divenuti adulti, non il bianco dei capelli né le rughe che seccano il viso. Vecchi si', ma a volte non adulti.
In questo racconto vedo una donna, una bambina che è cresciuta ed è capace di vedere e accettare sua madre per quello che è.
A volte, per l'educazione ricevuta soprattutto, i nostri genitori non sono capaci di dimostrarci i propri sentimenti anche se fanno di tutto per noi, altre volte i loro sentimenti si mischiano con rivendicazioni dei bambini che sono stati e che hanno avuto davvero poco amore.
Una figlia, adulta, sa accettare tutto questo e amare la propria madre come puo'.
Maria in questa storia è la più libera d'amare perché non ha avuto alcun condizionamento, nessun impedimento a manifestare il proprio affetto, avendo davanti a se una donna meno intransigente e più bisognosa, ma non bisogna credere che per questo non possa scappare a una figlia, il primo "ti voglio bene".

Un abbraccio fortissimo, Giulia

Medine ha detto...

Giulia, ero pronta per uscire tutta truccatina, e ho detto: aspetta che prima faccio un saluto ai ragazzi...

Adesso mi devo sistemare tutto il trucco e ricomporre bene per avere il giusto sorriso sull'androne di casa, che non vorrei che pensasse chi m'incontra, che non sto bene.

Una confidenza molto toccante quanto profondamente vera, Giulia.

La mamma.

Costretta a dividermi sin da ragazzina tra un padre svanito nel nulla e una mamma spaventata, arrabbiata e sola, è normale che tutti i conflitti e le frizioni scaturite negli anni dell'adolescenza li ho riersati su mia madre. Mio padre non c'era. Quando dopo molti anni ho ripreso a frequentare mio padre, anche perchè solo, ho sentito il dovere e la necessità di rivolgere più attenzione e tempo a lui. Però, ora, io sento di aver bisogno di mia madre. Di capire di lei e della sua vita. Ad un punto mi sono voltata e ho visto che lei è sempre lì coi suoi silenzi e le sue cose dette a metà o taciute del tutto. Con le sue intemperanze che nascondono il disagio di chi sa che non può più porre rimedio, non può più tornare indietro. Con le sue assenze e i suoi sensi di colpa.
E ogni parola, se si cerca di guardare dentro, è molto dolorosa.
Per il suo compleanno l'ho portata fuori a pranzo e abbiamo passato una giornata bellissima. E lei ha pianto. Per sè, con me.
E io che le tenevo la mano, in quel bel ristorante moderno, mi sentivo un'idiota, perchè pensavo che mi confido col mondo intero e non conosco i dolori di mia madre.
E poi non voglio forzarla, perchè so che fanno male certe cose, tanto male e bisogna essere forti e preparati per sopportarle.

E' più facile confidarsi con le Marie del mondo (sante Marie)figlie di altre madri però che si sono nutrite da un seno diverso dal nostro.
Io la porterò fuori a pranzo ancora. Anzi la volevo con me a Torino ma ha paura a camminare troppo e non se la sente.
Voglio ascoltare le sue difese, voglio guardare le sue barriere senza rancore. Non le desidero abbattere, le voglio solo condividere e tenerle la mano per ridere un po'.
Quando siamo serene ci raccontiamo le barzellette.

Grazie Giulia, mi hai fatto un bellissimo regalo oggi.

Haba le immagini sono commoventi quanto lo scritto. Di una bellezza malinconica e luminosa al tempo stesso, come è il ricordo della propria madre e della nostra infanzia.

Vi abbbraccio tutte.
Vado a ricompormi.

Anonimo ha detto...

L'anonimo era ginni, scusate.
Più che altro lo dico per sgnapis, forse l'unica a conoscermi, per abbracciarla e condividere questo bellissimo, incandescente racconto.

giulia ha detto...

Hai ragione, cara Sabrina, di vedere una bambina che è cresciuta. Io non so se capita anche a voi, ma di fronte a mia mamma sento spesso parlare la bambina che è in me. La bambina rivendica, chiede quello che le è mancato, l'adulto la fa ragionare e le fa vedere "l'altro" che è nella mamma, con la sua storia, i suoi problemi, le sue inibizioni e paure.
E si ama la propria madre come si può: questa è la consapevolezza. Si accettano i limiti della mamma, ma anche i nostri e inizia un rapporto diverso, più maturo.
Alla "figlia" è scappato più di una volta "ti voglio bene", perchè la figlia crede molto all'affettività.

Mi dispiace cara Silvia di tutto il lavoro che ti ho dato! :)
Come è vero! Leggo anche in mia mamma questa consapevolezza di non poter" più porre rimedio".
Ed è difficile per lei guardarsi dentro o per lo meno parlare di sè a voce alta. E' troppo doloroso.
Ma è difficile ricevere le confidenze della propria madre. Io ci provo, ma non sempre riesco e non posso chiedere neanche a me stessa troppo.
Grazie per la tua testimonianza... Fa bene sentire che si condividono delle emozioni e delle sensazioni. Ci sentiamo meno sole.

Grazie Ginni anche a te.

Le immagini Habanera sono davvero bellissime, hanno colto gli stati d'animo, le ombre e le luci di rapporti che, per definzioni, sono difficili, ma intensi.

Grazie a tutti e baci

Giulia

Solimano ha detto...

Appartengo ad una generazione e ad un ceto sociale in cui le carezze dei genitori erano molto poche, e la confidenza ancor meno. Questo, di per sé, non è una bella cosa: i figli piccoli vanno toccati spesso, hanno bisogno di sentire la corporeità dei genitori, e non solo nel primo anno di vita.
In compenso c'è stata una determinazione ininterrotta a che mia sorella ed io avessimo una vita con più opportunità di loro, e così è stato. Fra loro i miei genitori parlavano in dialetto, con noi sempre in italiano.
Il che significa una cosa fondamentale e generosa: che diventassimo in un certo senso figli di noi stessi ancor più che figli loro. La confidenza che non c'era mai stata si è stabilita negli ultimi anni quando la debolezza è avanzata e mia madre (mio padre non c'era più da dieci anni) non ha potuto mantenere più l'autorevolezza, la forza di tenersi le cose dentro.
Ha detto a me di dire al medico che smettesse con la camera iperbarica, le ho obbedito senza discussioni, il medico ha fatto sì con la testa, e quando sono tornato da lei ho fatto sì con la testa a lei ed ha sorriso guardandomi negli occhi: non ne poteva più.
Una cosa rara: con mia moglie non ha mai avuto niente da dire, l'ha amata come se fosse un'altra figlia.

grazie Giulia e HabaneraSolimano

Medine ha detto...

Grazie a voi tutte, ciao ginni cara:)
Sono contenta che tu sia qui.
Davvero.

Questo è un post che salverò e ogni tanto lo andrò a rileggere.
Fa bene.
Buona Domenica

Medine ha detto...

Non avevo letto il tuo commento Solimano.

...

A volte ci sono cenni che valgono più di mille abbracci.
E poi, se sei diventato così, la tua mamma doveva essere speciale:)

zena ha detto...

Cara Giulia, ho letto col cuore sospeso, perchè tutto mi interessa del filo che unisce (qualche volta stringe, qualche volta separa) madre e figlia.
Un giorno ti racconterò del rapporto con mia madre. Forse qualcosa può trasparire dai racconti, ma tanto è ancora da chiedere, da dire e da chiarire.
Ho passato un'infanzia a rammendare la sua malinconia e credo che questo sia uno dei regali belli che la vita mi ha dato: ancora adesso ho paura di romperle i sogni...
Un abbraccio
zena

Habanera ha detto...

A volte esito ad aggiungere altre parole quando tutto è già stato detto con tanta profondità di sentimenti e di pensieri.
Giulia, come spesso le capita, ha aperto la strada e voi l'avete seguita con la sua stessa immediatezza e spontaneità.
Una bella pagina di condivisione su cui dovrebbe riflettere chi afferma -tout court- di non amare i blog. Tutto sta a vedere che uso se ne fa.
Noi abbiamo scelto di usarli per conversare, confrontarci, condividere. Se ne potrebbe forse fare un uso migliore?

ginni, certo che ti conosco e mi ricordo di te; non è la prima volta che commenti qui e all'inizio ti ho chiesto di uscire dall'anonimato dandomi almeno un nome e specificando se sei maschio o femmina. Lo hai fatto ed io so chi sei. Sempre lieta di ritrovarti, carissima, e di condividere questo spazio con te.

Sabrina, io forse ci sono arrivata troppo tardi, o non ci sono mai arrivata, a capire ed accettare tutto; certe amarezze me le porto ancora dentro.
Tu, che potresti essere mia figlia, non commettere i mei stessi errori: sii generosa e tollerante anche quando avresti tutte le ragioni per ribellarti e incazzarti. Lo farai per tua madre ma starai molto meglio anche tu se riuscirai a dire quel "Ti voglio bene" prima che sia troppo tardi.
Amare la propria madre come si può... vedo che sei già arrivata fin dove si può arrivare. Non serve chiedere di più a se stessi, ma neppure di meno.

Sgnapis, dopo esserti rifatta il trucco avrai sicuramente affrontato una nuova giornata con quella grinta, quella dolcezza, quella gioia di vivere che sono le tue caratteristiche. Non hai avuto un'infanzia facile, hai sofferto per l'abbandono di tuo padre e per la reazione (a volte per te incomprensibile) di tua madre; ma da tutto questo è venuta fuori la donna splendida che sei e questa donna, oggi, può fermarsi accanto a sua madre per capire tutte quelle cose non dette che fanno male al cuore. Al tuo come al suo.

Solimano, io credo che tu abbia avuto dei genitori straordinari, pur nella loro incapacità di carezzarti da piccolo come sarebbe stato tuo diritto.
E' certamente una questione di generazione ma non di classe sociale. Tranne casi rarissimi più si sale in alto, nella scala sociale, più aumenta la distanza reale tra genitori e figli, spesso affidati quasi esclusivamente alla cura delle nannies o delle governanti di turno.
Meglio la ruvida tenerezza di chi ha saputo renderti figlio di te stesso facendo di te l'uomo che sei; forse un tantino prepotente (bisogna pur difendersi) ma pulito dentro.

Zena, qualcosa traspare dai tuoi racconti ma sicuramente hai ancora tanto da raccontare sulla Rosa tuamamma. Volutamente non vado a controllare il nome e tutti sanno che la mia memoria ormai fa acqua da tutte le parti. La Dina è tuanonna e la Rosa è tuamamma? Sbaglio? Se sbaglio pago pegno e me lo merito.

Giulia, che dirti? Grazie!
E lo dico con tutto il cuore, tutto l'affetto, tutta l'amicizia che sento per te.
Delle emozioni che ha suscitato in me questo tuo brano ti ho già scritto in privato. Posso solo aggiungere che le immagini che ho scelto (tutte di Mary Cassatt) sono la mia personalissima lettura di queste tue parole.
Mi auguro, ancora una volta, di non aver tradito il tuo pensiero.

Un abbraccio carissimo a tutti
H.

Medine ha detto...

Sei una gran bella persona Haba, lasciatelo dire da me che mi sono rifatta il trucco e rischio di dovermelo rifare ancora, anche se non devo uscire per fortuna:)
Verrà un giorno che ti potrò abbracciare di persona.
E sarà un lieto giorno.
Grazie.

A tutti.

p.s. Hai ragione Haba, non esiste a parer mio un modo migliore di questo, di vivere un blog collettivo.
E poi sei una grafica straordinaria:)

zena ha detto...

La Rosa miamamma e la Dina mianonna, sì, cara Haba.
E poi una fila infinita di prozie (son cinque sorelle, son tutte belle: la Noemi, la Nella, la Alda, la Zena, sorelle della Dina appunto...).
Per non parlare delle zie giovani, dell'età di miamamma, si capisce...)...
E delle cugine-sorelle...
E delle figlie delle cugine-sorelle: c'è tutto un mondo femminile (ma non separato né separatista)nell'album di casa.
E il senso di appartenenza ad un alveare senza ape regina:)
Un abbraccio.
z.

Medine ha detto...

Mi hai fatto pensare tesoro, alla letteratura sudamericana che a me piace tanto, dove il vorticoso e coeso mondo femminile è davvero l'universo creatore di ogni cosa e pensiero.
Una bellissima e calda immagine:)
Un bacio

Roby ha detto...

Cara Giulia, non è certo colpa tua se questo post mi ha fatto un male, ma un male... un male del diavolo, proprio tra il cuore e lo stomaco... un dolore che -complice forse la minestra di ceci e il pasticcio di melanzane a cena- non vuol saperne di andarsene.

Avrei voluto dire tante cose alla mia mamma, e altrettante avrei voluto che me ne dicesse lei. Ma non il tempo non c'è stato. O non è bastato.

Nell'ultimo periodo ho cercato di rimediare: le parlavo continuamente, chiacchieravo delle cose più disparate, non stavo mai zitta, accanto alla sua poltrona, alla sua sedia a rotelle, al suo letto d'ospedale. Parlavo parlavo parlavo, mentre lei sorrideva, dormicchiava, sospirava. Si addormentava.

E finalmente -per la prima volta in vita sua- riposava davvero.

R.

Roby ha detto...

Dimenticavo: GRAZIE, GIULIA, di avermi fatto così male così bene!

Roby

Anonimo ha detto...

Carissime tutte, carissimo Solimano, che dire? Sono commossa, davvero ora non riesco a rispondervi.
Vi avevo detto su Stanze all'aria che avevo bisogno di parlare. Ricordate le sedie al sole? L'ho fatto e credo lo rifarò.
Ho tante cose nel cuore da condivdere e sono convinta che bisogna parlare, raccontare qualcosa di sè anche se vi assicuro non mi è mai stato facile.
Ma ho trovato in voi quell'ascolto e quella condivisione che non è per nulla comune trovare.
Davvero non mi aspettavo delle risposte così belle, così intense, così vere.
Ora non riesco a dirvi di più solo desidero abbracciarvi e dirvi un sentito: grazie

Cara Habanera, non solo non hai tradito il mio pensiero, ma l'hai come sempre condiviso e valorizzato. Hai dato vita ad un posto speciale

Giulia

Elena ha detto...

Ciò che lega un figlio a una madre è quanto di più complesso possa esistere nell'universo, e per una figlia non è affatto più semplice, anzi. Da figli anche cresciuti, non ci si libera quasi mai completamente dei propri egoismi infantili, delle pretese, degli incolmabili bisogni che nemmeno un ideale di genitore perfetto potrebbe mai soddisfare. E il genitore è sempre "colpevole" di qualche mancanza vera o presunta, ma sempre pesante, a volte insopportabile in vecchiaia. Crescere è superare tutto questo almeno un pò, ridurre le distanze, che ci si possa prendere la mano anche senza capirsi e conoscersi del tutto. Sfumandoli un pò tutti quei chiaroscuri.

ginni ha detto...

Cara Habanera,
strabiliante e carezzevole la tua memoria per le persone. Una (ri)accoglienza a tutto tondo. Molte grazie e...be', onoratissima.

giulia ha detto...

Cara Elena, è molto vero quello che dici. I genitori sono sempre in qualche modo colpevoli, perchè è impossibile dare tutto quello che un bambino può desiderare e chiedere. Ad un certo punto della vita bisogna davvero imparare a crescere e a vedere i propri genitori come esseri umani, nei loro limiti. Dobbiamo essere noi, nella loro vecchiaia ad avvicinarci a loro, ad accettarli così come sono se naturalmente ce la facciamo.
E' stato per me un lavoro lungo, penso che lo sia per molti. Ma oggi ho capito tante cose e so che lei non poteva dare più di quanto ha dato: ed è stato comunque molto e molto più dell'indispensabile.
Allora glielo dico continuamente e vedo che in questo lei trova un po' di pace e di serenità e devo dire anche io.
A volte, come dice Silvia, non c'è bisogno di tante parole, ma di gesti. Nel rapporto a volte valgono più quelli.
Le parole servono a noi per verbalizzare quello che sentiamo, metterlo a fuoco e comprenderlo.
E comprendere non vuol dire spiegare, vuol dire semplicemente accettare che le cose siano andate come saono andate e apprezzare ciò che è stato dato. Non si può sempre guardare cosa ci è mancato, è importante affrontare le ombre dentro di noi, ma è altrettanto importante guardare le zone di luce. Ma è anche necessario che mentre accettiamo i limiti degli altri, accettiamo anche i nostri.

Un abbraccio

Barbara Cerquetti ha detto...

Cara Giulia,
quello che mi colpisce è che io ho vissuto e vivo una situazione inversa a quella che tu descrivi, con una mamma che mi ha sempre riversato addosso tutte le sue idee, le sue aspettative, le sue ambizioni, il suo modo di vedere e sentire la vita, e soprattutto le sue paure. Eppure, il disagio che avverto in me è lo stesso. Sarà allora il ruolo di figlia ad essere problematico di per se? Chissà...

Anonimo ha detto...

Cara Barbara,
il rapporto mamma-figlia è, credo, per sua natura complesso perchè è sempre difficile mantenere quell'equilibrio tra quello che vorremmo che fosse nostro figlio e quello che lui o lei desidera essere. A maggior ragione è difficile il rapporto con una figlia. Io ho parlato di un momento in cui mia mamma si è sentita debole per l'età, ma quando era giovane aveva molto chiaro cosa voleva e anche con me ha cercato di passarmi "il suo modo di vedere e sentire la vita". Io quasi sicuramente non ero la figlia che lei avrebbe voluto e quindi ho dovuto io trovare la mia strada e ci sono stati momenti di conflitto. Questo può essere difficile, ma, se è giusto rispettare loro, apprezzare quello che ci hanno dato, è altretanto vero che dobbiamo rispettare noi stessi e andare per la nostra strada. Su questo ci sarebbe da conversare a lungo. Un primo passo l'abbiamo fatto.
Ciao Barbara, un bacio

Elena ha detto...

Beh se i figli pretendono, i genitori sanno non essere da meno. come madre mi sforzo, continuamente, di far sentire le mie figlie giuste a prescindere dalle mie pretese... chissà se ci riesco del tutto
ma quanto è difficile