lunedì 4 agosto 2008

Pioggia




Pioggia

di Fabio R.



Cominciò tutto una sera di marzo.
Tornò a casa, appoggiò la borsa a terra e disse: “Piove”.
Lei lo guardò perplessa e gli disse: ”Ma non ho visto neppure una goccia cadere”.
Allora lui precisò: ”Mi piove dentro”.

Lei accostò l’orecchio al suo petto e sentì il rumore di una pioggia leggera,
la coda di un temporale estivo che picchiettava dentro di lui.
“Come è successo” lei gli chiese.
“Ho visto un cane abbandonato, che guaiva ad un angolo di strada.
Mi guardava con due occhi profondi, mi volevo accostare a lui ma avevo vergogna di quello che la gente avrebbe pensato.
Mi è venuto da piangere, ma le lacrime non sono arrivate, ed è cominciata questa pioggia dentro di me”.

Lei lo guardò negli occhi, incerta,
incredula di questa pioggia dentro il suo compagno.
Una pioggia che ora rallentava sino a diventare sottile,
ora diventava impetuosa come un uragano.

Rallentava, sì, ma poi riprendeva.
Insistente, come quando vide suo padre morire in un letto di ospedale,
incalzante, come quando vide alla televisione immagini di bambini massacrati,
incessante, come quando lesse dell’alluvione che spazzò via intere di famiglie.


Siccome era una persona sensibile, ogni volta provava un dolore e dentro di lui pioveva sempre di più.

Oh sì, si fece visitare, esaminare, radiografare, tastare, ed
infine i medici conclusero: ”Si sta allagando”.
Non proposero cure, non ve n’erano, le ritenevano inefficaci.
Troppe cose nella vita di ogni giorno scatenavano quella pioggia; impossibile fermarla, l’acqua permeava il suo corpo e lui era sempre più fradicio e pesante.

Quando il livello salì, fu costretto a mettersi a letto.
Ormai non riusciva più ad alzarsi da quanto ero gonfio.
Lei accanto lo vegliò, tenendogli la mano.
Cercava di escludergli il mondo, affinché non avesse traumi,
ma lui soffriva lo stesso.

E la pioggia infine lo inondò.
Lei lo guardò affogare, gli chiuse gli occhi
e restò con la testa sul suo petto,
su quel mare finalmente calmo, e finalmente pianse.

Udì lo scroscio di un temporale,
andò alla finestra ma vide il sole.

Solo allora si accorse di non avere lacrime, fuori.



5 commenti:

mazapegul ha detto...

Bella, questa l'immagine del "piangere dentro" (sempre di meno si "piange fuori").

Roby ha detto...

In questo periodo arroventato, arido, assetato... qualche volta sembra anche a me di sentir piovere dentro. Ma senza Fabio e il suo inarrivabile post non avrei mai saputo esprimerlo...

R.

Giuliano ha detto...

Carissimi, io non so cantare però posso mettere giù le parole da cantare:
"Don't know why,
there's no sun up in the sky -
Stormy Weather..."

Solimano ha detto...

Vero e ben scritto (anche troppo... ma non è una critica).
I rischi sono due: essere senza pelle o essere murati in sé. La nostra generazione si è potuta permettere le lacrime, prima, almeno in Emilia, piangevano poco.
Il guaio era nel rapporto familiare: fortissimo, ma senza carezze. E quando non si è più bambini resta, questa fame inappagata. Ma non dico altro, anche se ne avrei da dire.

grazie Fabio e saludos
Solimano
P.S. Le immagini sono bellissime, specie l'ultima. Chi le ha messe? Fabio o Habanera?

Habanera ha detto...

Wow! Le immagini sono bellissime, detto da Solimano, è un complimento che inorgoglisce.
Le ho scelte io ma sono certa che Fabio avrebbe saputo fare anche di meglio.
Penso che chi sa scrivere così abbia in mente molto chiaramente anche le immagini che meglio corrispondono al senso delle sue parole.
Spero di non essermene discostata troppo.

Ciao, Fabio.
Grazie
H.