domenica 31 agosto 2008

France gourmande


Ted Seth Jacobs - Breads of Paris, 1982
(collezione privata)


France gourmande

di Roby



Non sono una gran buongustaia, nè un'appassionata gastronoma, e il piatto più complicato che riesco a cucinare decentemente è la torta pasqualina (ovviamente con la pasta sfoglia surgelata del supermercato). Insomma, sono una che sicuramente mangia per vivere, ma che non vive certo per mangiare! Sarà forse per questo che le prelibatezze della cucina francese, negli ultimi tre anni di vacanze oltralpe, non mi hanno mai veramente conquistato: al massimo, semmai, incuriosito e/o ingolosito.


Assegnerei senz'altro le tre (o quattro?) stelle della mia personale guida Michelin a tutto ciò che è boulangerie, patisserie e viennoiserie, cioè a tutto quel tripudio di croissants, baguettes, pains au chocolat e via dicendo che vi accoglie entrando nella boutique (come altro chiamarla?) di un fornaio transalpino. Il profumo delle brioches au beurre è inconfondibile, oltre che pressochè impossibile da annusare al di qua del Frejus.


Le quiches (per la ricetta rimando ai commenti del mio post su Abbracciepopcorn del 12 gennaio 2008), di vario formato e diverso ripieno, hanno onorevolmente soddisfatto in più occasioni in terra gallica il mio appetito, tanto vorace nei loro confronti da impedirmi di fotografarne una ancora intera.


Lo stesso si può dire delle moules (vongole) frites (con patatine fritte) , delle quali restano qui immortalati i soli gusci vuoti, al termine di una scorpacciata al Restaurant Atlantico, sulla Côte d'Argent subito a nord di Biarritz.


Insolito e tutto sommato gustoso il sapore della crêpe bretonne assaggiata a Bayeux, a metà strada tra la cattedrale e il museo del celebre arazzo: sottile sfoglia di grano saraceno, uova, prosciutto e formaggio, il tutto innaffiato da una coppa di cidre di mele (che lascio volentieri, senza rimpianto alcuno, ai nostri cugini francofoni, preferendo semmai pasteggiare a Château Monbazillac del 2004).


Deliziosi, benchè di origine britannica, gli scones (dolcetti accompagnati da burro e marmellata) serviti nella caféterie delle Galeries Lafayette a Bordeaux, provvidenziali nel ristorare le fatiche di turisti alla frenetica ricerca di monumenti, scorci caratteristici, shopping, parcheggi, cartoline illustrate...

E, a proposito di café, inutile dilungarsi sulle particolarità dell'aromatica bevanda così come viene servita nei locali francesi, perchè sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Del resto, loro sanno fare bouillabaisse e ratatouille, noi invece l'espresso, quello vero: anche se, in un centro commerciale Leclerc vicino a Cahors, il gentile barista -indovinandomi italiana dall'accento- si premurò di presentarmi una tazzina piena soltanto per tre quarti (!!!) dell'improbabile mistura, precisando con orgoglio che per i suoi connazionali la faceva piena fino all'orlo (doppio !!!).

Nessuna meraviglia, dunque, che a Parigi sorgano come funghi (champignons) i famigerati Starbucks Coffee di anglosassone origine, resi famosi da più di un telefilm americano, dove si possono vedere graziose fanciulle aggirarsi per la Quinta Strada o Rodeo Drive sorseggiando beveroni alla caffeina da bicchieroni da passeggio, con coperchio dotato di pratico quanto orrido beccuccio.


Ma tant'è. Fortunatamente, come accennavo all'inizio, non appartengo alla categoria degli italiani che, all'estero, cercano affannosamente spaghetti e cappuccino, ed anzi -visitando un paese straniero- tento piuttosto di sperimentare le specialità locali. Tuttavia, di passaggio a Bergerac poco prima dello scorso Ferragosto, ho voluto provare il brivido di ordinare al ristorante un piatto simil-italico, optando (con supremo sprezzo del pericolo) per Farfalles tomatella fromage et jambon de Bayonne. Dopo breve attesa, la cortese cameriera -conterranea di Cyrano sebbene di lui assai più attraente- mi piazzava sotto il naso una scodella apparentemente colma di passato di pomodoro, cosparso di un derivato del latte non meglio identificato. Ad un successivo e più attento esame autoptico, sotto la cupola rossastra risultavano celati circa 70 gr di farfalle -tanto stracotte da non poter più sollevare le ali- mollemente avvolte da almeno due fette intere di prosciutto nè crudo nè cotto, ed assolutamente prive di qualsiasi aggiunta salina.

Il BON APPETIT" della gentile demoiselle, pronunciato con radioso sorriso, era così candidamente fiero della specialité appena servita che la scrivente non ha avuto cuore di palesare il suo disagio (per altro calcolato): ma nel suo flebile "Merci beaucoup / Grazie" si poteva -ritengo- avvertire una sottile nota di patriottico sdegno, misto a sottaciuta nostalgia per i Quattrosaltinpadella del supermercato più vicino a casa!

NB: Photos by Fede®©

9 commenti:

Giuliano ha detto...

I francesi sono molto fieri della loro cucina... Una volta però ne ho trovato uno che si diceva competente e parlava anche un ottimo italiano, però era convinto che la cucina italiana fosse pizza e spaghetti, e non aveva mai sentito nominare Parma! Mi ha detto, convinto, che le cucine migliori del mondo sono la francese, la cinese, la marocchina - nell'ordine.
Ed era anche una persona molto fine e che conosceva il mondo...

(A me piacciono poco le salsine e le spezie, perciò sono piuttosto negato sia per la cucina francese che per quella calabrese) (mi sono trovato bene in Olanda, dove mischiano la cucina del Nord Europa con quella dell'Oriente).

Solimano ha detto...

Il paese in cui ho mangiato peggio è la Russia sovietica, senza discussione: cibo cattivo cotto male, e come indispensabile aggiunta, personale di servizio graniticamente scortese. Si davano da fare solo per i tavoli della nomenclatura. Per fortuna c'erano i beriozka, posti per stranieri dove non si pagava in rubli.
In Italia, basta sapere che esiste uno stato per ora non riconosciuto dall'ONU, compreso fra Modena, Mantova, Cremona, Piacenza e gli Appennini (quindi contenente Parma e Reggio). Meglio evitare i capoluoghi, perché c'è il rischio delle trappole per turisti, ed avere informatori prezzolati nelle campagne, e allora sì! Preventivo digiuno di tre giorni, perché è bello mangiare affamati, niente menù, una buona compagnia, e si può stare a tavola per ore 3, succede anche che si uniscono i tavoli perché la compagnia si amplia, finché anche i proprietari del ristorante si siedono a mangiare (e a bere) con noi.
Per il resto, ho sempre mangiato meglio in Spagna piuttosto che in Francia, e sono riuscito a mangiar bene persino in Grecia e in Jugoslavia, occhio però. In Inghilterra sarebbe tragico, per fortuna ci sono le carvery, che non saranno fantasiose, ma un ottimo filetto ce l'hanno.
Ma la prima regola è adattarsi al cibo locale. La seconda, per starci dentro con i soldi, andare sul sicuro cenando bene la sera e trattarsi a tramezzini fra un museo e l'altro.
Ah, la France! Peccato certi francesi...

grazie Roby e saludos
Solimano
P.S. Però sono fortunato. Fra gli amici abbiamo due signore che hanno vera passione per la cucina. Ogni tanto ci mettono a tavola in otto, bisogna vedere come sono contente, nel trattarci bene.

Habanera ha detto...

C'est merveilleux!
Qualunque sia la nostra personale opinione sulla cucina francese le foto di Fede sono da tuffo immediato nello schermo.
Le baguettes, le moules, la quiche, gli inglesissimi scone mi hanno fatto quasi svenire. L'unica cosa che mi attira poco è la crêpe bretonne, con quel rosso d'uovo che occhieggia minaccioso.
Perchè, Fede, perchè non mi hai fotografato anche un piatto di frites?
Bravissime sia la mamma che la pargola.

Merci et bisous
H.

Solimano ha detto...

Mi sono dimenticato la cosa più importante. Condivido pienamente ciò che dice Roby riguardo baguette e patisserie in genere. Lì c'è la differenza. E aggiungo il culto del bistrot, che non c'è solo a Parigi, con un solo appunto: i tavolini sempre troppo piccoli. D'altra parte i francesi sono fatti così: non esistono i letti a due piazze, ma i letti a una piazza e mezzo, il che può essere anche... ehm... motivante, ma uno ha anche il diritto di dormire, ogni tanto, senza trovarsi una gomitata nel fianco, che fra l'altro non è molto motivante.
E risparmio ogni considerazione su un attrezzo igienico che i francesi continuano pervicacemente ad ignorare, alcuni credono che si tratti di una fioriera, finirà che compreranno il bidet per metterlo in giardino.
Però ribadisco: Ah, la France!

saludos y besos
Solimano

Anonimo ha detto...

Gastronomicamente parlando, anche per me la Francia è deliziosa baguette gustata in tutte le sue variazioni, imbevibile caffé sorseggiato coraggiosamente a tavolini stretti sulle ciglia di altrettanto ristrette 'vedute' da bar, e poi'terrines', assai profumate.
Ma la fortuna mi ha salvato da quell'annegato di pomodoro che chiude il tuo racconto saporoso.

Lascio un saluto, fresco fresco di montagna, al profumo di salsa dell'orso: tranquilli, trattasi di radicchio selvatico, trentino :)
zena

mazapegul ha detto...

La Francia, mi pare, ha conservato nel consumo comune, non di nicchia, una gran quantita' d'ingredienti, aggiungendovi pure quelli provenianti da altre nazioni. E' cosi' che si spiega la moltitudine dei formaggi e dei vini. Caen va orgogliosa per la trippa, e ovunque si trovano, distinti dalle boucherie, le canarderie, specializzate in anatre. In Italia siamo appena secondi, direi (o terzi, perche' primi in assoluto sono i cinesi, che mangiano tutto, e di ogni ingrediente hanno la variante fresca, quella secca, quella affumicata e persino quella marcia).

Il caffe' francese non e' male, a patto che lo si identifichi per cio' che e': una bevanda diversa dal caffe'. Quello americano, invece, e' una verea schifezza (anche se ne ho sempre bevuto a litri).

Bellissimo post!

Maz

Roby ha detto...

Le TERRINES!! Cara Zena, ho dimenticato "les terrines de pathé" gustate nel Perigord, vicino a Bordeaux! Meno male che le hai citate tu! Grazie, e... a rileggerti presto!

Caro Giuliano, non essendo mai stata in Olanda sono moooolto curiosa di andarci, anche per provare la cucina mista di cui parli.

Caro Solimano, concordo: AHHH, LA FRRRANCE!!! Però... senza bidet...PARBLEU!!!!

Maz, davvero il caffè americano DOC è così imbevibile? ma che ci mettono dentro? In un telefilm della Signora in Giallo (di cui presto vorrei scrivere qualcosina) ho sentito parlare di caffè aromatizzato alla vaniglia: quindi niente zucchero?

Habanera, purtroppo le porzioni di FRITES finivano prima ancora di posarsi sulla tavola, quindi... impossibile fotografarle!!!!

R.

Anonimo ha detto...

Questo post è un attentato. Alla salute, alla gola e alla linea. A me comunque.
Anche se non ho viaggiato come un piccione, per quel poco che ho visitato, l'Italia, (che conosco abbastanza bene) rimane un luogo cucinario in cui prelibatezza e tradizione si fondono in un unico trionfo di sapori, in modo ritengo insuperabile. I nostri primi piatti non hanno confronto al mondo. Poi concordo con voi, si mangia molto bene in molti luoghi, basta affidarsi alla tradizione e sapienza locali. Però in scandinavia ho dovuto ricredermi quando sono stata costretta a mangiare l'aringa affumicata, con una cosa che avrebbe dovuto essere pane ma che in realtà sembrava una suola da scarpe. Non c'era altro. Mi sono ubriacata di birra (mi basta un bicchiere e l'aringa è salatissima) e poi in bungalow mi sono fatta un piatto di spaghi aglio e olio.
La baguette è assai buona ma poichè l'ho vista infilata ovunque anche sotto l'ascella, senza nessuna protezione, ho sempre evitato di mangiarla. Troppo saporita per i miei gusti:) Invece in un paesino della Normandia ho incontrato per la prima volta l'éclair. Oggetto delizioso, fatto di pasta à choux, come il bignè, dalle dimensioni di un involtino e zeppo di crema pasticcera, al cioccolato, allo zabaione, alla crema di caffè, crema alle mandorle, di pistacchi e via dicendo. Facevo colazione così tutte le mattine. Una tragedia. La mia amica invece sostava ad ogni creperie, praticamente eravamo sempre fermi. Così siamo tornati tutti con 4/5 chili in più. Fa male la Francia a certi soggetti, sarebbe bene che le guide mettessero in guardia.

mazapegul ha detto...

Roby, gli americani vanno orgogliosi dei loro caffè aromatizzati: vaniglia, nocciole (hazelnuts) e via andando. Ci mettono anche lo zucchero, o la panna, o il latte (più e meno grasso)... A me fanno tutti schifo e, quando posso, prendo quello che chiamano "French press" (caffè francese).

Barzelletta intraducibile, raccontatami da amica americana.
"What's common between American coffee and making love in a canoe?"
"I don't know."
"They're both fucking close to water."

Ah, la Francia, quanto mi manca! Le foto della figlia mi han fatto venire lo spleen.

Solimano. Quando farò dei post sui miei viaggi di lavoro, descriverò la colazione in un albergo di Mosca in piena era Putin (un anno fa, per esser precisi).

Màz