giovedì 5 giugno 2008

Intellettuale



Intellettuale

di Massimo Marnetto




Ieri ho subìto un'imboscata condominiale mentre rientravo, su un certo problema di antenne. Quando ho chiesto all'inquilina perennemente abbronzata se sapeva qual era la sua antenna, mi ha risposto scandalizzata "non è ho idea… io sono un'intellettuale".

Così, oggi mi sono scelto come tema anti-fatica per la corsa, la definizione di intellettuale. Ne ho passate in rassegna parecchie, finché sulla via del ritorno – madido di sudore – ho scelto quella buona.

L'intellettuale è colui che prova un piacere nel capire, superiore alla fatica della ricerca. Quindi non c'entra direttamente la cultura, il titolo di studio… quanto un certo tipo di curiosità, che supera (ma non esclude) la soluzione di un bisogno pratico, spingendosi alle volte fino all'inutilità teorica.
(forse alle volte chiedo troppo al mio fisico... e la mente ne risente...)




12 commenti:

Solimano ha detto...

Caro Massimo, in questo prolisso brano stabilisci un giusto raccordo fra lo jogging e la cultura. Siccome per anni ho fatto jogging, so che la metafora ci sta tutta, perché mentre corri la voglia di fermarti ce l'hai in ogni momento, come c'è quando scavi per inparare (ci sono anche quelli che scavano per seppellirsi da soli!).
Ma la gratificazione è fondamentale, in un caso come nell'altro e se si arriva dove si voleva arrivare, basta esserci arrivati, senza tediare amici, parenti e retaioli sulle proprie conquiste o di libri o di corsa.
Ma se, amando quello che si è fatto, si riesce a creare il cosiddetto transfer of enthusiasm ai vicini e lontani, tutti a correre e tutti a leggere!

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Solimano, non so se correndo Massimo è arrivato dove voleva arrivare. Rileggendo, ho i miei dubbi... (Massimo cogita ergo est?)

Roby ha detto...

Lo so che il centro del post di Massimo è la definizione di INTELLETTUALE, ma a me quello che più ha colpito è stata la faccenda del "tema antifatica per la corsa": cioè, per sentire meno la fatica durante la corsa (mattutina, presumo) si sceglie un argomento su cui rimuginare e lo si affronta mentalmente, mentre nelle gambe si accumula l'acido lattico... Affascinante. Specie per una pigrona come me, che già si sente abbastanza "brava" perchè scende dall'autobus due fermate prima della propria nel tragitto casa-lavoro!

Bacioni a pioggia

Roby

Habanera ha detto...

Correre?
Ma dai, non scherziamo!
Mi capita a volte di correre (diciamo affrettare il passo, che è meglio) per prendere al volo un tram o un metrò che stanno già chiudendo le porte.
Non è una bella esperienza. Comincio a vedere pallini di tutti i colori (in prevalenza rossi, ma anche bianchi, gialli, blu).
La testa mi gira per almeno dieci minuti, il cuore sembra che stia lì lì per scoppiare ed io sono assolutamente sicura, ogni volta, che quelli siano gli ultimi minuti della mia vita.
Poi, miracolosamente, tutto torna normale e non ci penso più, almeno fino alla prossima volta.
La definizione di intellettuale? Bah... in certe circostanze è già tanto se riesco a ricordare il mio nome.
H.

Massimo Marnetto ha detto...

Chi usa l'intelletto, non se ne accorge; è come chi è generoso: lo fa e basta.
"Ma quando ti abbiamo aiutato?" chiedono laicamente nel Vangelo i giusti, perché se l'hanno fatto, non volevano fare una "buona azione", ma solo una cosa normale, quella che pensiamo tutti facciano nelle stesse condizioni.
Allora, butto qui una cattiveria: chi si autodefinisce "intellettuale" spesso è un complessato, che vorrebbe essere giudicato più di quanto non sia; e magari, quel poco che sa, lo usa contro gli altri: non invece per realizzare quel transfert di cui parla Solimano.
Io sento la responsabilità di quanto ho avuto la fortuna di imparare.
E fin da quando andavo a far fare i compiti ai ragazzini delle borgate, mi sono trovato ad adottare un uso sociale di quello che riesco a capire.
Prendo e do. Con circolarità e regolarità.
Come correre.

Giuliano ha detto...

E' vero, come quando si sente uno che si definisce "poeta" o "poetessa", "scultrice e pittrice", o "sono uno scrittore"... Di solito, una caratteristica distintiva dei veri grandi (anche nelle professioni) è di stare sottotraccia, che è anche biona educazione.
Ma qui siamo nel pieno campo del ridicolo, "intellettuale" abbinato all'antenna della tv fa solo ridere.

Comunque io volevo dire che spesso sbagliando strada si scoprono cose nuove, e lasciando correre i pensieri spesso vanno a finire in posti dove non ci saremmo mai aspettati di arrivare.

Roby ha detto...

La mia mamma, quando le dicevo che mi sentivo tanto stupida per aver combinato qualche pasticcio, rispondeva che chi è stupido non sa di esserlo, e quindi non si autodefinisce tale. Varrà lo stesso per gli intellettuali di cui sopra?

La perfida Donatella, mia compagna di banco al ginnasio, era solita ripetere sospirando: "Sono così sensibile!"... e intanto si divertiva a mettermi in difficoltà davanti a tutta la classe sottolineando ogni mio più piccolo difetto.

Sbagliare strada? Una vera fortuna, a volte!

Saluti "alla fiorentina"

Roby

Massimo Marnetto ha detto...

Perdersi è un'arte. Un mix di curiosità, coraggio e fiducia in se stessi.
Bella intuizione, Giuliano.

Roby, la tua citazione sulla stupidità mi preoccupa: non credo di essere stupido... vuoi vedere che proprio per questo lo sono? :)

Solimano ha detto...

Però il discorso di Massimo è un po' pericoloso. Perché una cosa è l'intuizione, una cosa al limite la creatività, un'altra cosa è la prima idea che ti viene in mente.
L'intuizione e la creatività non sono appese al codino di loro stesse, possono e debbono svilupparsi in disponibilità preconscia a vedere, a sentire, ad apprendere.
Che non vuol dire diventare pedanti, ma -tirandola un po' col laico buddisno che ammiro- divenire dei risvegliati, per cui la realtà diviene come cosparsa di rugiada, perciò stesso più fresca ed attrattiva. Credo che conosciate certi capolavori delle arti zen, che sono tante: il motivo, lo schema è sempre quello, ma sembra continuamente mutare, come nell'ikebana, negli haiku, nei giardini di pietra, nella calligrafia etc. Anche il proliferare degli asana yoga (le posture): ci trovo un nesso col dato reale più semplice e diretto, mentre il nostro è pù mediato e libresco. Persino nella meditazione sul respiro, inteso come indispensabile esperienza primaria.

saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

A me la parola intellettuale non piace molto e non e' di sicuro di quelle qualifiche che uno si da da se' (e' un po' come dire "sono una bella gnocca"). Intellettuali sono, credo, quelli che hanno trovato una via originale di coniugare teoria e prassi. Intellettuale era Pasolini, intellettuale e' Cacciari. Non era intellettuale in questo senso Montale (ma grandissimo poeta e uomo di cultura, quello si'). Ripugna dirlo, ma era piu' intellettuale D'Annunzio (oddio, in D'A. la prassi era distorta in direzione egocentrica).
Maz
PS E' bello ritrovarvi tutti!

Massimo Marnetto ha detto...

"L'eleganza del riccio", il libro che ha spopolato in Francia, gioca proprio sul tema di chi "usa l'intelletto" non solo per risolvere problemi, ma anche per porseli.
E alla fine, a conquistare tutta la nostra considerazione - e simpatia - è la protagonista, la portiera del lussuoso stabile parigino, che nasconde inutilmente la sua cultura per non turbare il microcosmo condominiale.
Che non prevede questo ibrido tra condizione sociale e interessi personali così alti.
Ecco, sono proprio questi "ibridi" le persone più interessanti nascoste nei nostri quartieri: il corniciaio antropologo, che sa spiegarti usi, tradizioni, superstizioni popolari; il barman con gli occhi a spillo dietro lenti spesse, appassionato di filosofia; il portiere a cui ho lasciato per conto di mia moglie una grammatica greca per un ragazzo, che inizia a studiarla, fino ad appassionarsi al punto che mia moglie (prof di greco e latino) gliene regala una e poi un'antologia...

Solimano ha detto...

Maz, confido che l'intellettuale come lo si è inteso per decenni sia una figura destinata a sparire, lasciando il posto ad artisti e uomini di cultura che si preoccupino anche di allargare il giro dei fruitori.
Le dernier cri è stato dopo l'intervento di Nanni Moretti a Piazza Navona. Scattò nei DS ( o erano ancora PDS?) il riflesso condizionato: "Facciamo una bella riunione degli intellettuali di riferimento". Riunione che si tenne, ed a cui giustamente Moretti rifiutò di andare. Sempre i soliti, di tecnico-scientifici pochi, salvo qualche baronello.
Cacciari è un uomo colto che fa anche politica, ed ha un grave difetto: dice quasi sempre quello che avrei dovuto pensare ma che non ho pensato. E' una cosa per me seccante.
Pasolini lo trovo molto datato: si fa veramente fatica a roprendere in mano i suoi libri o i suoi articoli o a guardare i suoi film.
Massimo, la faccenda degli "ibridi" era ben presente a John Ford. C'è sempre un personaggio che sta sul crinale: non è nell'esercito e non è un indiano. In genere riesce a farsi ascoltare sia dai soldati che dagli indiani senza lasciarci la pelle. Gli tocca anche sistemare i guai che combinano i veri e propri addetti ai lavori che si sentono dei padreterni, però pensano col paraocchi. Forse qualcuno in politica l'abbiamo visto in azione...

saludos
Solimano