sabato 31 maggio 2008

Se l'anima si sporca…




Se l'anima si sporca…

di Remo Bassini




Mi sono fatta rifare naso e zigomi, i miei capelli, ora, sono biondi e corti. Solo i vicini di casa e i colleghi in casa editrice mi riconoscono: da anni, quando vado in giro, non succede mai che qualcuno mi identifichi, a meno che non sia io a volerlo, ma io, solitamente, non voglio.
Tu però mi stai osservando con troppa attenzione.
Sento i tuoi occhi incollati alla mia schiena. Pensa. Se tu venissi qua e mi dicessi che anche senza i capelli ricci e lunghi mi hai riconosciuta, e quindi debbo sparire dal tuo bagno lasciando l’ombrellone ad altri, io ti sorprenderei: sorridendoti.
E’ il terzo giorno, oggi. Ne mancano due alla partenza. Conoscevo la Puglia, ero stata a Bari e Trani, ma mai fin quaggiù, nel Salento.
Son qui per te, per rivederti.
E’ stato facile rintracciarti: ho chiesto a un aspirante scrittore, poliziotto. Mi ha detto della tua casa, a Tricase, di questo bagno sullo Ionio, decoroso, un po’ scalcinato.
Non ho chiesto altro al poliziotto scrittore. Ma avrei voluto: vive solo, ha figli, moglie, fa sempre l’impagliatore di sedie in inverno?
Mi hai riconosciuto, lo vedo. Se mi giro tu continui a fissarmi. Fai così solo con me. Sai che faccio? Oggi resto a pranzo.
Ricorderai, immagino, l’incipit del tuo libro: Quando ci si sporca l’anima una volta…
Non ricordo, poi, le parole che venivano. Ma il senso sì: basta una volta, e l’anima resta sporca, per sempre.
Eccomi qua, al tavolo. Su, da bravo, alza il culo e vieni, non mandare quel ragazzo, troppo giovane per essere tuo figlio.

Stai venendo, mi servirai tu.

Intanto ti servo io: ecco sul tavolo, per i tuoi occhi, due libri.
Uno nuovo, l’altro di quindici anni fa quando tu, ormai, pensavi di… diventare un libro. Fui io a scoprirti, fu mia la prima telefonata.
E’ bellissimo quello che scrive, ti dissi. Fui io a cacciarti.
Cinquantenne del cazzo, presuntuoso. Mi rispondesti con un ghigno.
Ti dissi, volli dirti mentre mi giravi le spalle che il tuo manoscritto non rientra più e mai rientrerà nei nostri piani editoriali. Te ne andasti senza dire una parola, una bestemmia. Vedo i tuoi sandali da frate. Sto guardando i libri, guardali anche tu, forza. Poi interrogami.
Cosa le posso preparare signorina?
Ehi, oggi ho io cinquant’anni e tu mi lusinghi così? Signorina?
Cosa mi consiglia?… Ehi, ma guarda i libri, guarda il nome della casa editrice, prendesti l’aereo per venire da noi, era il tuo primo aereo, scommetto che da allora non hai più volato.
Va bene: cozze, vecchia ricetta salentina. Ma torna, guarda sul tavolo, e leggi il nome della casa editrice...
Eccoti, sei stato veloce, erano già pronte. Te ne vai senza dire, senza guardare? Già, c’è gente, sei indaffarato.
Sono buone queste cozze, non c’è che dire. Avrei voglia di fare la scarpetta ma sono a dieta. Qui in Puglia è tutto più buono. Peccato dover ripartire. Fra tre giorni sono nelle Dolomiti, per la mia depressione è meglio, m’han detto.
Mi sta incantando questa terra, tornerò, magari non qui. Buone, proprie buone queste cozze, da scarpetta.

Henri Edmond Cross: Le Isole d'Oro, 1891-1892
Parigi, museo d'Orsay

Sei di nuovo qua?, non mi ero accorta di te. Mi stai sorridendo.
Lo sapevo: mi hai riconosciuta. E’ per via del neo sulla mano sinistra? Stai guardando i libri, inespressivo, intanto mi spieghi che le cozze (sono stata io a chiederti la ricetta) sono preparate con tantissimo sedano (c’ero arrivata, grazie), un accenno di cipolla e tanto, tanto vino bianco, di queste parti. Vino bianco e sedano sono il segreto, mi spieghi.
Non ti guardo, io guardo loro, i libri. Dai, chiedi, che aspetti? Non puoi. Il tuo giovane aiutante ci ha raggiunti, dice: Sono arrivati.
Sono arrivati con una Bmw, sono in tre. Due con pantaloni corti e maglietta, il terzo, giovane, grasso e sudato, ha il completo, stropicciato, di lino bianco. Che avete da discutere? Siete lontani.
A me un tavolo lo devi trovare, testa di cazzo: il piccolo e grasso ha la voce forte. Con la testa, lentamente, dici di no. Non vuoi farli accomodare, del resto hai ragione, è tutto pieno. Quindici anni fa dicesti di no a me: ciondolando allo stesso modo la tua testaccia dura.
Ti avevo scoperto io, io, ma cristo quelli ti stanno spintonando, e tu continui a dire di no, con quel tuo cranio grosso, non penso ci siano taglie adatte a te.
Sei bello sai? Se ne stanno andando e il tuo volto è affilato dalla rabbia. Non li dimostri i tuoi sessantacinque anni, sei bello come un dio greco.
Il ragazzo ti sta consolando. La gente che ai tavoli sta aspettando caffè e conto, tace.
C’è tensione, nonostante il sole e il rumore del mare.
Ci pensa il ragazzo a portare amari e caffè, tu vai alla cassa. Inforchi gli occhiali, hai gli occhi bassi. T’han visto tutti, un attimo fa, che sei barcollato per una spinta.
Erano belli i tuoi racconti contadini. Ricordo il prete guaritore, ricordo… quando ci si sporca l’anima una volta… basta una.

La moglie del sindaco cercò di sporcare l’anima del prete, forse per ripagarlo, lui aveva salvato suo figlio con un rito magico. Non ci riuscì, e si vendicò, infangando il prete…
Ma fu la sua anima a sporcarsi.
E avevi fatto solo la quinta elementare. L’idea fu di Carlo, il mio primo marito, ma io la trovai geniale: avevamo preparato una quarta di copertina che avrebbe funzionato. Questo libro, di un uomo privo di cultura ma ricco di ricordi e di istinti primordiali…. ti fece rabbuiare.

Parlo l’inglese e sto studiando il latino, ci dicesti. E sapevi cos’era un ossimoro, un anacoluto. Eri arrabbiato, e pensare che ti eri presentato raggiante, con dolci pugliesi per tutti noi, fatti in casa. E questa è merda, dicesti, indicando la cartella che conteneva le bozze della copertina, il manoscritto, il contratto da firmare.
Rivedo ancora lo sguardo di Carlo, tutto per me: Convincilo, questo caprone non saprà resisterti.
Restammo soli. Ti spiegai. Tacevi. Mi facevi compassione, sai? Ma quando ti accarezzai la mano, dicendoti: Pensa a quando accarezzerai un libro tuo, scattasti in piedi, sembravi morso da una tarantola.
Ricordo che pensai: ma non vede quanto sono desiderabile?
No, no… la psicologa dice che non devo prendermi in giro…
Pensai: come fa questo a non avere voglia di scoparmi?
A nessuno, mai, avevo sfiorato la mano, a nessuno, mai, l’ho sfiorata, dopo di te. Tutti ai miei piedi, sempre, quelli alle prime armi.
Tu, invece, eri lì, sprezzante. Così ti cacciai.
Agli altri dissi che non avevi accettato nessuna mediazione, che eri un presuntuoso. Mi ero vendicata di un Cinquantenne del cazzo; tu, tu non avevi detto sì come mi dicono tutti, non mi sorridevi, te l’avrei staccato quel testone che faceva no, no, no…

Sono davanti a te, alla cassa, hai altro per la testa oggi.
Vado via, parto, ti dico. Arrivederci signorina, dici.
Il tuo giovane dipendente ti sta guardando con ammirazione.

Da Altri appunti, Remo Bassini




9 commenti:

Solimano ha detto...

Penso che fare il lettore e selezionatore per una casa editrice deve essere un gran brutto mestiere (ammesso che sia un mestiere che esista ancora).
Se fossi un editore (altro brutto mestiere), sguinzaglierei quattro ragazzotti o ragazzotte a cercare talenti veri in rete: li troverebbero, e sicuramente si divertirebbero di più. Ma infine, questa ansia di pubblicazione su carta, vogliamo accorgerci o no che sta diventando anacronistica?
Si scriva bene in rete, può darsi che un editore cartaceo se ne accorga (se è furbo, oltre che cartaceo) epubblichi.
Però il poter correggere in qualsiasi momento quello che si scrive è un vantaggio impagabile che c'è solo in rete.
Riguardo alle anime sporche o pulite, dopo aver doverosamente premesso che non credo all'esistenza dell'anima, penso che non ci sia nessuno che non ha qualcosa da vergognarsi nel suo passato, e gli errori sono due: o non accorgersene o continuare a rimuginarci su: se avessi fatto così invece di cosà. Il problema vero ed insuperabile non è la sporcizia, ma un altro: l'aridità.
Difatti, proprio perché è diffusissima se ne parla poco. Le persone aride (è una specie di lobototomia a livello sentimento) esistono e c'è poco da fare.
L'aridità è ad esempio il contrario della curiosità. Uno arido non è curioso, uno curioso non è arido.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

la purezza esiste, Solimano.
magari è poco cosa, non si si prostituisce e si va a testa alta, oppure è una cosa grande (mi riferisco all'editoria).
nel 1989 gli amici di Luisito Bianchi fanno stampare (credo) 3mila copie de La messa dell'uono disarmato.
Nessun editore ha mai voluto quel libro. A Luisito importa poco: sono i suoi amici che, invano, avevano bussato alle porte delle case editrici.
Succede che la caporedattrice della Sironi, Paola Borgonovo, legga una copia del libro e ne proponga una stampa al suo direttore editoriale, Giulio Mozzi. Che dice sì (nonostante il libro non sia il massimo, da un punto di vista commerciale: per esempio sono 800 pagine e i libri troppo voluminosi non piacciono né ai librai né ai lettori).
Sta di fatto che dopo un anno La Messa aveva venduto altre 6mila copie.
E sta vendendo ancora (azzardo che quota 10mila sia stata toccata).
I proventi delle vendite vanno a una missione: ché a Luisito, classe 1927, un poì di acciacchi e tanta serenità, 600 euro al mese, nella sua casa di Vescovado, oppure a Viboldone dove dice messa, gli bastano.
Non so bene quando, ma so che è successo anche questo: che da don Luisito si è presentato il Grande editore. Pronto a un'ulteriore ristampa.
C'era un ma: ma La Messa è troppo lunga, per cui va tagliata. Via, almeno 200 pagine.
Luisito ha sorriso, il Grande editore è tornato a casa.
Non è l'unico, Luisito.
So di gente che piuttosto che, tiene il anoscritto nel cassetto.
ciao solimano, e grazie ancora habanera.
remo
PS Io almano un po' puto penso di esserlo. Uno, mi frega niente di pubblicare con un grande editore. Due, mentre accetto consigli su copertine e titoli sul "mio testo" non trasnigo: deve essere farina del mio sacco. Se correzioni ci devono essere saranno, insomma, le mie.

Habanera ha detto...

Scrivere non è il mio mestiere e nulla so di case editrici, nè dei sistemi adottati per promuovere gli scrittori esordienti.
Ho letto invece qualcosa sul meccanismo che regola l'assegnazione dei premi letterari e mi è bastato per non fidarmi più della fascetta: vincitore (o finalista) del premio... X, Y, Z.
C'è da prendere, spesso, delle solenni fregature.
Mi piacerebbe che fosse un mondo diverso, più pulito, in cui si tenesse conto sempre e soltanto del merito, ma tutto mi fa pensare che non sia così.
Mi fido invece molto del passaparola, dei consigli di lettura che alcune persone che stimo danno nei loro blog.
Il racconto di Remo è teso, incalzante, ma, come è tipico del suo stile, non sono tanto le azioni ad incalzare quanto i pensieri, i ricordi, i sentimenti. E c'è una profonda conoscenza dell'animo femminile che non finisce mai di stupirmi per la sua affettuosa lucidità.
H.

Anonimo ha detto...

si legge tutto d'un fiato.
Piaciuto assai!
Ginni

Roby ha detto...

Provo sempre un certo qual stupore davanti a chi -uomo- riesce a scrivere in prima persona femminile (e lo stesso nel caso inverso). Questa capacità rimane per me un mistero. Ma COME si fa?

Scrittori, editori, premi... una giungla di carta stampata... io finirei divorata prima del tramontar del sole!!!

Roby

Anonimo ha detto...

Stupisce sempre la capacità di Remo sia di creare tensione, bisogno di sapere, sia di costruire ritratti di donna dalla parte delle radici: ne pettina i pensieri, ma lasciandone intatti i garbugli e i nodi.
Bravo, eh...
(un saluto, alla pagina intera)

zena

Solimano ha detto...

Remo, io della purezza diffido, perché le arti grandi: affresco, teatro, romanzo, cinema sono tutte impure, compresi gli affreschi di Assisi che Francesco non voleva, ma i suoi seguaci gli disubbidirono felicemente, a vantaggio nostro.
La purezza, ad esempio, è stata sempre collegata alla iconosclastìa, gran brutta cosa perché disumana.
Credo che il difficile sia vedersi, in tutto, compreso il narcisismo (c'è anche il narcisismo di chi si nasconde, un narsisismo che si autoappaga).
Faccio un altro esempio, riguardo il vedersi: l'invidia. E' un sentimento che esiste universalmente nell'uomo -e nella donna. E' naturale, quindi inevitabile, come ha ben chiarito Lorenz. Ma tutti o quasi negano di essere invidiosi: o mentono o non vedono la propria invidia, che quindi è una menzogna inconscia. Il giorno che uno se la vede, ha facoltà (culturale) di sublimare l'invidia in un altro sentimento: l'ammirazione. Lo farà non per natura ma con naturalezza. Così potrà crescere.
Riguardo al libro di 800 pagine, siccome per Luisito Bianchi non è un problema di quattro soldi in più o di quattro soldi in meno, gli amici dovrebbero convincerlo a pubblicarlo in rete, perché questa è la strada che fatalmente si imporrà. E succederà una cosa curiosa: che proprio perché è pubblicato in rete diverrà attrattivo per gli elettori cartacei.
E' un meccanismo analogo a quello che succedeva e succede nei paesi più civili del nostro: che prima esce l'edizione economica, poi esce l'edizione rilegata etc etc.
La tecnologia oggi consente opportunità di cui la nostra testa fatica ad essere consapevole per cui a suo modo ha ragione chi ha detto: "Perché ti allacci le scarpe prima di volare?"
Un grazie a Zena che credo proprio abbia capito quello che stiamo combinando qui.

saludos
Solimano

remo bassini ha detto...

caro solimano,
luisito non sa cosa sia internet.
usa la penna stilografica.
e mi costringe, quando ci scriviamo, a tornare a usare carta e penna.
so che se uno va a viboldone, a parlar dei suoi libri, so che lui, se ne ha, li regala.
del resto i proventi li gira a una missione.

la prima volta che conobbi luisito successe questo. eravamo in una pizzeria, lì, diciamo, abbiamo rotto il ghiaccio.poi uscendo mi ha indicato le sue scarpe.
sono del 1968, me le ha ragalate padre Escarré (espulso dalla spagna franchista).
Sembravano nuove. Lui le lucida, con cura, ogni giorno. Poi prega, dice messa, fa due passi, parla con le suore, con i suoi amici.
Credo non abbia tempo per internet.
Del resto, io lo uso, ma un anno fa, circa, ho ricevuto una lettera di una ragazza di 25 anni.
Che mi ha scritto: ti leggo nel blog ma preferisco scriverti così, perché per me la carta ha un profumo particolare.
Io- discorso lungo - spero che la rete non prevalga mai sulla carta.
Qualcuno potrà dire che gli ebook sono una risposta al caro libri.
Io rispondo dicendo che il pc è anche una imposizione.
C'è gente - stipendi da 1000 euro e meno - che non può ancora permetterselo.

Solimano, sulla purezza.
Io sono impuro, son pieno di scorie. Sarà per questo che sono attratto da quelle persone che, ragionando oppure vivendo, mi ricordano i bambini di due anni o giù di lì, che si sorprendono al mondo.
Nessuno è puro. Ma è un'aspirazione lecita, io credo, la purezza.
A me incontrare Luisito per esempio serve. Mi fa bene. Mi sento un po' puro per qualche minuto. Magari mi prendo in giro, chissà.
(Poi è anche vero che sono attratto dai grandissimi peccatori...).
Si impara anche da loro.
Habanera, hai presente Antonio, nel mio libro La donna che parlava con i morti?
C'è qualcosa di vero, forse tanto, nel libro di un Antonio vero, in carne e ossa).

Per Zena, se passa di qui.
Luisito si è ricordato del barattolo di marmellata che gli donai, in vece tua, nel giorno del suo ottantesimo compleanno.

Habanera ha detto...

Remo, certo che mi ricordo di Antonio, anche se il libro l'ho finito da parecchio tempo. Tutti i personaggi sono così scolpiti che è difficile dimenticarsene.

Un caro saluto a te ed anche a Ginni, Zena, Roby e Solimano.
H.