venerdì 9 maggio 2008

Parigi-Nonblog (2)

Habanera

Le Jardin des Tuileries e Le Musée de l’Orangerie


Parigi-Nonblog (2)
(Cronaca semiseria di una toccata e fuga a Parigi)


Tutti conosciamo le Ninfee di Claude Monet, ce ne sono molte versioni e le si trovano nei musei più importanti del mondo. Ma qui, all'Orangerie, è un'esperienza totalmente diversa. Perchè queste Ninfee, situate su lunghe pareti ad andamento ovale, ti avvolgomo completamente, è come se facessero parte di te, o meglio, come se tu facessi parte di loro.

Ecco come nasce l'idea

"La tentation m'est venue d'employer à la décoration d'un salon ce thème des nymphéas : transporté le long des murs, enveloppant toutes les parois de son unité, il aurait procuré l'illusion d'un tout sans fin, d'une onde sans horizon et sans rivage ; les nerfs surmenés par le travail se seraient détendus là, selon l'exemple reposant de ces eaux stagnantes, et, à qui l'eût habité, cette pièce aurait offerte l'asile d'une méditation paisible au centre d'un aquarium fleuri." Claude Monet



Su proposta di Georges Clemenceau, Monet decise di installare nelle sale dell’Orangerie la grande collezione murale delle Ninfee, alla quale lavorava fin dal 1914 e la cui presentazione era prevista per il 1918.
Ma l'apertura del museo avvenne solo nel maggio del 1927, a un anno di distanza dalla morte di Monet. Dopo qualche tempo i gusti dei parigini cambiarono, gli impressionisti non erano considerati più di moda e le immense tele, frutto di tanta fatica e passione, furono quasi del tutto dimenticate.

"Non dormo più per colpa loro" - scrive nel 1925 Monet- "di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica [...] dipingere è così difficile e torturante. L'autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce n'è abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato.
E i miei giorni sono contati".




Dal settembre 2006, dopo i lunghi lavori di ristrutturazione dell'Orangerie (durati sette anni!) le Ninfee sono di nuovo esposte al pubblico nelle due sale ovali che occupano tutto il piano terra del museo.
Uno spettacolo imperdibile che in breve tempo ha riportato l'antica serra, nata per riparare gli agrumi dai rigori invernali, ad essere di nuovo uno dei musei più visitati di Parigi.
L'Orangerie ospita anche un'importante collezione di arte impressionista, la Walter-Guillaume, sicuramente interessantissima, ma confesso che non le abbiamo dato neppure un'occhiata di sfuggita.
Per quel giorno, di musei e di capolavori vari, ne avevamo già avuto abbastanza...

Place de la Madeleine, Fauchon

L'indomani, in un'altra splendida giornata di sole, è stato incantevole andarsene in giro per la città. Un salto da Fauchon per l'immancabile scorta di leccornie da portare a casa, una breve sosta in albergo per mollare pacchetti e pacchettini e poi Place des Vosges, i tanti negozietti curiosi del Marais ed il museo Carnavalet ci avrebbero impegnato felicemente fino a sera.

Un negozio nel quartiere del Marais

Arte moderna al Marais

Il quartiere del Marais era originalmente una palude che, per volere di Enrico IV, nel 1605 fu bonificata e trasformata in zona residenziale per le famiglie aristocratiche di Parigi.
Due anni dopo il re fece edificare l'attuale Place des Vosges, in origine chiamata Place Royale. Il nome venne cambiato dopo la rivoluzione Francese, quando la regione dei Vosgi divenne la prima regione a pagare le tasse al nuovo governo Francese che a sua volta, in segno di stima, le intitolò la piazza più bella di Parigi. Questa meravigliosa piazza, perfettamente quadrata, è delimitata da trentasei palazzi con il piano inferiore a portici sotto i quali è sempre piacevolissimo passeggiare, ammirando le vetrine delle tante gallerie d'arte, o sostare ai tavolini di un caffe o di un ristorante.

Place des Vosges (L'antica Place Royale)

Sotto i portici di Place des Vosges

Ci sarebbero molte altre cose interessanti da vedere in questa piazza, ad esempio si potrebbe visitare la Maison Musée di Victor Hugo dove lo scrittore francese visse e morì.
Ma anche questa volta, come già per la collezione Walter-Guillaume all'Orangerie, neppure un occhiatina distratta da parte nostra. C'era un'altra meta che ci attirava irresistibilmente: Il vicino Museo Carnavalet.

L'ingresso al Museo Carnavalet

E' impossibile descrivere tutti gli oggetti contenuti nelle sale di questo palazzo che risale al 1548 e nel quale abitò, dal 1677, Madame de Sèvignè.
E' una specie di macchina del tempo che permette di scoprire praticamente tutta la storia di Parigi, dalla preistoria al primo Novecento. Sala dopo sala, si ripercorre la storia delle arti decorative e del costume in Francia. Ci sono oggetti curiosi, altri di gran pregio, altri ancora con una lunga storia alle spalle. Credo sia uno dei musei più ricchi di Parigi ma forse meno conosciuto di quanto meriterebbe.
In questo museo, tra le tante altre curiosità, è stata ricomposta la stanza dove Marcel Proust ha scritto gran parte della sua "Recherche". Proust scriveva coricato nel letto in questa stanzetta con le finestre e le tende chiuse, anche per proteggersi dalle crisi d'asma provocate dal polline degli alberi della strada.

Il letto di Marcel Proust

Una delle tante curiosità nel museo Carnavalet

Ma dopo un'ottima cena, ed un sonno ristoratore, siamo già arrivati a domenica... è tempo di partire.
Sono stati tre giorni intensi, bellissimi, solo che di Parigi non ci si stanca mai e le cose che ancora non conosci sono più di quelle che, anche questa volta, sei riuscito a vedere.
Non resta che tornarci, tornarci, e poi ritornarci ancora...

6 commenti:

gabrilu ha detto...

Il Musée Carnavalet è uno dei miei luoghi fissi di pellegrinaggio, ci vado sempre, lo conosco a memoria.
Però la ricostruzione della stanza di Proust è orrenda: quei mobili decontestualizzati e ammassati in pochi metri (la stanza originale era molto grande) mi hanno gelato il sangue ed è l'unico luogo del Museo che evito con cura.Una volta m'è bastata. Stessa cosa per la stanza di Anna de Noailles. Il resto, tutto splendido, a cominciare dal palazzo, che già da solo merita una visita.
E poi, Madame de Sèvignè era proprio un bel tipo, mi sta molto simpatica e mi piace immaginarmela lì dentro, che giorno per giorno racconta alla figlia tutto quello che avviene alla corte di Versailles.Il suo epistolario è goduriosissimo.
(Tre giorni molto intensi, eh? ^__^ )

Habanera ha detto...

In effetti la stanza di Proust fa pensare al retrobottega di un rigattiere, non è uno spettacolo entusiasmante.
Diciamo che non le dedicherò la mia prossima visita a Parigi. ;-)
Ma in tre giorni, praticamente perfetti, posso anche sorvolare sulla fugace visione di quel piccolo obbrobrio.

Ciao, Gabrilu
H.

mazapegul ha detto...

Cara Haba,
le poche volte che sono stato a Parigi ero troppo ignorante (più di adesso!), o troppo irrequieto, per godermi, come te, Gabrilù, Solimano e Roby (mes amies parisiennes), tutto quello che la città offre allo sguardo consapevolmente e sapientemente coinvolto. Di cose ne ho viste, per carità, ma leggendoti mi pare di non aver guardato nulla. Del Marais, da un certo punto della storia in poi quartiere ebraico, ricordo solo un falafel servito da un negoziante barbuto e inkippahto.
Le ninfee di Monet, invece, le ricordo bene. Quelle conservate al museo d'arte di St. Louis, però, che non occupano intere stanze, ma una parete sì. Ci andavo regolarmente in primavera e in estate (non si paga il biglietto) e passavo lì una mezz'oretta. Per quanto fossi alla fine integrato, così mi pareva, nel posto, passare un pò del pomeriggio domenicale in mezzo all'arte europea, alle ninfee in particolare, mi faceva sentire nella madrepatria (il Midwest era, per me, più simile a una padrepatria).
Un abbraccio,
Màz

Solimano ha detto...

Habanera, le grandi ninfee de l'Orangerie vanno viste, ma il posto di Monet per me rimane il Marmottan, anche come modo espositivo, cosa che non privilegio ma che è utile come mezzo, non come fine.
Poi -cosa che molti non fanno- alcune chiese: Saint-Eustache e Saint-Sulpice e naturalmente la Saint-Chapelle, jouayau de l'art gothique, come dicono ad ogni pagina in Zazie dans le metro. Però la Saint Chapelle è molto trafficata da turisti, ci sono stato anche per un concerto di musica antica: li facevano fuori orario di visite, costavano cari ma i soldi erano bene spesi. E Notre Dame, dentro per le vetrate, ma anche sopra e soprattutto dietro.
Anche il nuovo quartiere della Défance, che Rohmer ha utilizzato per un suo film, L'ami de mon amie.
Rohmer ha utilizzato anche Montmartre, le Parc Monceau, l'Ile de Saint-Louis, la Senna, perfino le stazioni. E tutto il quartiere di Les Halles, anche come gastronomia.
Vabbè, ho voglia di tornarci e forse si vede.

muchas gracias, saludos y besos
Solimano

Habanera ha detto...

Màz, lo sguardo consapevolmente e sapientemente coinvolto si deve in parte alla mia deliziosa compagna di viaggio (mia figlia) e in parte anche all'influenza esercitata su di me proprio da Gabrilu, Roby e Solimano che delle meraviglie di Parigi sono esperti conoscitori. Io, in verità, sarei più per andarmene in giro senza meta e senza programmi, felicemente inconsapevole dei tesori che si offrono al mio sguardo, paga soltanto di riuscire a cogliere l'atmosfera del luogo che sto vivendo in quel momento.
Ma che resti tra noi, è meglio che non si sappia troppo in giro...
H.

Roby ha detto...

Carissima, guarda che, secondo me, passeggiare senza una meta precisa -a Parigi come a Londra, a Roma come al Cairo- è uno fra i modi migliori per conoscere davvero una città... altro che itinerario n°1, 2 e 3 della guida del Touring, o percorsi curiosi suggeriti da Lonely Planet, o angoli nascosti rivelati da Gente Viaggi: vuoi mettere, perdersi nel centro di Montmartre, o girare l'angolo nella City e trovarsi all'improvviso davanti a Carnaby Street?

[:->>>]

R.