martedì 1 aprile 2008

Donne e scherzi



Donne e scherzi
(Un primo aprile di cinque scherzi veri)

di Solimano


Dedicato ad Habanera (20 ottobre 2009)


Bel moretto!
Nel cotonificio, lavoravano centinaia di donne. Di fianco alla portineria, c'era ancora la Sala Allattamento, ormai non più usata, ed adibita a sala d'attesa; quando mi ci facevano accomodare, cercavo di non guardare la grande scritta smaltata: mi trasmetteva una lieve crisi di identità.
Un giorno, dal Direttore Amministrativo, dissi una cosa che mi sembrò normale: “Non ho mai visitato un cotonificio. Sono curioso. Ci facciamo un giro?” Mi sembrò perplesso, tirò un sospiro, e rispose: “Perché no? Solo, mi raccomando, lei guardi fisso davanti a sé. Non si volti!” Pensai ad una singolare disposizione di sicurezza antinfortunistica. La fabbrica era un unico enorme locale; centinaia di macchine, ad ogni macchina era adibita una donna, altre portavano pezze da una macchina all'altra.
C'era un rumore non assordante. E quindi si potevano sentire le frasi che le donne rivolgevano a noi due. Parlavano a staffetta, un crepitìo di frasi, tutte distinguibili l'una dall'altra. La più raffinata fu : ”Vieni qua bel moretto, che ti faccio scoprire un nuovo mondo!” Le altre frasi fornivano molti dettagli sul nuovo mondo e sul potenziale scopritore.
Il Direttore Amministrativo, gentilissimo, mi disse: “Si è fatto una idea?” Sì che me l'ero fatta, l'idea.
Tornammo in ufficio camminando svelti. Senza voltarci.


Jus primae noctis.
Gli affari andavano bene e l'azienda assumeva frequentemente dei tecnici di manutenzione. Neo-diplomati con ottimi voti, che dal cliente andavano in giacca e cravatta. Così voleva l'azienda, malgrado la celebre telefonata del grande vinaio di Verona, che aveva protestato col Direttore di Filiale perché “ze arivà un mona in ghingheri”, mentre lui voleva un meccanico in tuta.
C'erano grandi Sale di Perforazione presso le aziende, i dati aziendali venivano trasferiti su schede perforate, appunto. Anche qui, tante donne.
Arrivava in sede il giovine neo-assunto; in quel momento, un tecnico di lungo corso telefonava alla Capo Sala Perforazione: “Ce n'è uno nuovo!” Dieci minuti dopo, arrivava la richiesta di intervento, ed il giovine veniva spedito, con giacca, cravatta e borsa degli attrezzi. Effettivamente, una fra le tante macchine perforatrici non funzionava, ed il tecnico si inginocchiava per ispezionare la parte inferiore della macchina. Guasto difficoltoso.
Ma c'era chi volava al soccorso: una operatrice fra le più giovani: “Lei stia lì”- gli diceva – “che intanto io provo tutte le funzioni della macchina, così si rende conto”. E per dieci minuti, il tecnico stava lì a rendersi conto, assolutamente contiguo sia alla macchina che alla operatrice, che si era seduta, mettendosi un po' in libertà dal grembiule di lavoro. Dopo dieci minuti gli facevano trovare il guasto, ed il tecnico si rialzava, piuttosto emozionato, con una aria un po' di vergogna, un po' di felicità, comunque sudato fino alla cravatta. Lo rispedivano dalla Mamma, così era chiamata la Grande Ditta.


La signora distinta.
Si stava d'incanto, nel residence sul lago di Garda. Non grande, venti appartamenti in tutto, pulito e con del verde attorno. C'era pure la piscina, non grande anche lei, ma più che sufficiente. Ce ne stavamo lì, negli intervalli del lavoro e nel tardo pomeriggio, in giorni in cui la luce c'era fino alle nove e mezzo di sera.
Fra noi e le nostre famiglie si aggirava il bagnino-giardiniere-tuttofare. Il fisico era da bagnino doc, quindi stomaco prominente e peli sulla schiena; la faccia, da pirata in vacanza. Ci spiegò che il problema delle piscine piccole era che non si trasformassero in piscione. Infatti, una piccola minoranza dei frequentatori delle piscine, di tutte le piscine, diceva lui, appena in acqua fa la pipì. Così, attraverso il costume. Ci guardammo fra di noi ed uno gli chiese: “Ha dei sospetti?” “Sul vostro gruppo no, li riconosco dalla faccia. Vedrete domani”.
Il giorno dopo, eravamo tutti lì, naturalmente. Chissà perché, nessuno aveva voglia di farsi una nuotata. Il pirata in vacanza occhieggiava senza darlo a vedere. Ad un certo punto, una signora molto curata, di quelle con sette cremine diverse a disposizione sul telo da spiaggia, con gli occhialetti sempre su e sempre giù, si alza, fa la doccia regolamentare e si tuffa in piscina.
Fu un attimo, il pirata tirò una pastiglietta in acqua, e dietro alla signora si formò una bella e sottile scia giallo-dorata. La chimica moderna fa miracoli. Risata generale. La signora si voltò, capì e sparì nel giro di dieci minuti, con le sue cremine e la rimanente attrezzeria. Furono dieci minuti lunghi per lei, chissà se ha imparato.


Il liquore del prete.
Esistevano le mamme maternaliste ma democratiche. Una di queste invitò a casa una decina di giovani ambosessi amici della figlia ed associati alla stessa organizzazione cattolica. Naturalmente invitò anche l'assistente, così chiamavano i giovani preti che avevano la responsabilità dei gruppi. Don Guido aveva l'aria malinconica di chi se ne è fatto una ragione, di assistere senza partecipare. Era uomo di spirito.
Tutto si svolse nel migliore dei modi. I giovani ambosessi sedevano in punta di poltrona e parlavano in punta di forchetta. La madre, sempre presente, interveniva appena il discorso rischiava di cadere, cioè molto spesso. I biscottini già erano stati sgomberati, si attendeva il liquore: la madre si assentò un po', la si sentiva trafficare con i bicchieri.
Tornò reggendo un bel vassoio; i liquori erano già stati versati: liquore bianco stile grappa per i maschi, giallo-dorato stile aranciata per le ragazze. Don Guido avvicinò la mano ad un grappino, la madre lo bloccò con un urletto: “No, per lei c'è il rosolio!”. E gli toccò berselo, 'sto liquorino rosa. All'uscita, noi maschi (più il prete) andammo tutti in un bar del centro; il barista chiese: “Cosa prende, Don Guido?” “Quello che prendono loro!”. Pagò lui.

P.S. Ci sono anche gli scherzi involontari, e quello che ho appena raccontato ne è un esempio. Freud (il nonno di Woody Allen) ne parla in un suo libro, quello sui tic e sui lapsus involontari. Succedeva a molti di chiamare la moglie col nome della sua migliore amica, che in quel momento diventava la peggiore. La soluzione era di usare una terminologia affettuosa ma generica, tipo Cicci, Passerotto o Tesoro. Se la moglie rispondeva: “Cicci chi?” “Tu, Tesoro”, era la risposta. La terminologia di oggi è cambiata, ma il metodo permane, come il rischio del lapsus.


Alain Delon.
In un grande giornale la distribuzione è importante. Il noto giornalista lo sapeva bene, perché aveva una amica che passava le giornate a telefonare a tutti i centri di distribuzione. Un giorno l'amica chiese al giornalista: “Dimmi un po' tu che vai in giro: Antonio, quello di Bari, come è di persona? Al telefono ha la voce marròn”. E' un gergo in uso in qualche plaga padana: voce marròn significa una voce con un tono di virilità tranquilla. “Sì che lo conosco Antonio, rispose il giornalista, hai presente Alain Delon? Un po' segnato, però”. E partì per Padova, conscio di avere ben seminato.
Nei mesi successivi, i problemi di distribuzione nelle Puglie furono affrontati con alta professionalità: “Salutami Antonio!”, si sentiva dire il giornalista partendo per il Sud.
A fine anno, riunione di tutti i capi distribuzione a Milano. Il giornalista incrociò l'amica per le scale. Camminava avvolta nel profumo e pettinata alla Romy Schneider; al primo piano stava per iniziare la riunione.
Ma com'era di persona Antonio? Il giornalista lo conosceva da anni. Simpatico, alto un metro e sessantatrè, ottanta chili ben distribuiti e barba di tre giorni prima, salvo la domenica, in cui accompagnava le figlie a messa.
La riunione durò due ore. Il giornalista discese le scale al momento giusto, ma le scale erano affollate. Non riuscì a vederla. Sentì solo uno “Stronzo!” sussurrato al suo orecchio dalla voce di Romy Schneider.


P.S. Le immagini che ho inserito derivano da quadri di Judith Leyster e di Jan Miense Molenaer, che dipinsero in Olanda nel Seicento. Judith e Jan erano coetanei, nati entrambi attorno al 1610. Furono influenzati dal grande Frans Hals, di cui furono probabilmente allievi. Si sposarono nel 1636, e dopo il matrimonio Judith dipinse poco, presa dalla casa e dalla bottega. I quadri sono stati eseguiti tutti attorno al 1630, quando Judith e Jan avevano vent'anni, tranne il giovane flautista e l'autoritratto (entrambi di Judith) che sono del 1635. Mi piace pensare che abbia eseguito l'autoritratto in uno stato d'animo di assoluta felicità, perché il matrimonio era prossimo. Le prime tre immagini sono di Judith, le altre tre di Jan e si spiegano da sole: musica, canto, giovani, risate, vino. Di Judith, che appartiene ai pittori che amo, oltre che ammirare, metto una immagine in più, quella qui sotto.
Ho scoperto che la Garzantina Arte non ha una voce per Judith Leyster. Molto strano, visto che è giustamente piuttosto nota. Ancor più strano che nella voce dedicata ad Jan Miense Molenaer non si parli del suo matrimonio con Judith Leyster. D'altra parte, succede di peggio. Nella gradevole ed utile Storia dell'Arte, che uscì in corposi volumi abbinata al quotidiano la Repubblica, praticamente non si parla di Fragonard. Probabilmente è successo che, siccome al Settecento sono dedicati due volumi, quelli del primo volume abbiano pensato che ne scrivessero quelli del secondo, e viceversa. Fatto sta che Fragonard, uno dei più grandi pittori non solo del Settecento, per questa Storia dell'Arte non è praticamente esistito. Fretta e faciloneria sono le cause che portano a queste imperdonabili trascuratezze.

7 commenti:

mazapegul ha detto...

eheh! Quasi quasi, domani sto a casa!

Roby ha detto...

Cari maschietti, certo che -quando ci si mette di buzzo buono- noi donne le siamo proprio icchè si pole essere...

...però anche voi, birichini, vi divertite a giocare con le nostre (poche) debolezze, con i nostri (minimi) difetti, con le nostre (piccolissime) manie...

FLOTTIGLIE DI PESCI D'APRILE a TUTTI!!!

Roby

Giuliano ha detto...

Non ho parole. Ho aspettato, ma le parole non vengono: leggo, guardo, rubo le immagini... Ormai è un'abitudine.

mazapegul ha detto...

Una volta si facevano degli scherzi atroci, che ora sono finiti sotto la rubrica del "politically incorrect", del "bullismo" o del reato vero e proprio. Se ne facevano anche di faticosi.
Al paese di mio padre alcuni giovinastri presero la bicicletta di un contadino e ne infilarono il telaio nell'alto palo di un pagliaio. Tanta fu la fatica del contadino nel recuperare la bici, quanto quella dei giovinastri nell'inanellarla in quella maniera.

Anonimo ha detto...

Solimano, che dire? che sei davvero bravo... Giulia

Solimano ha detto...

L'idea mia fu quella di una serie titolata "Civiltà degli scherzi".
Civiltà sì, anche se spesso erano pesanti, il Maz ha ragione.
Non le attuali menatine tipo "Scherzi a Parte", e neppure quelli bellissimi di Nanni Loy (che già erano su un altro livello rispetto alla usuale TV).
Gli scherzi intesi come salutare ritualizzazione dell'aggressività in situazioni altrimenti difficili da sostenere. Ma non la faccio lunga, smetto qui, e ognuno capisca quel che c'è da capire -se c'è.
Una risposta a Roby. Non sono per niente un femminista, etnia falsa e scodinzolante. Mi schiero, come no, sul versante delle pari opportunità, che grida vendetta. Ma donne e uomini, in tante cose, li vedo uguagli in modo diverso. Alla donna al di fuori della mischia, non competitiva, che non cerca la dominanza e la lotta, non credo assolutamente. Dei cinque scherzi, i primi due trattano l'effetto-gruppo che esiste negli uomini e nelle donne (potevo fare l'esempio delle mondine nel film Riso amaro) e tratto inoltre il tema sessuale, che le donne sentono, vivono -e fra loro ne parlavano e ne parlano- tali e quali gli uomini, forse anche con meno falsi pudori (noi maschietti siamo a volte più eterei, cosa che ci frega). Chissà, queste cose le ho scritte e le scrivo per dare espressione al mio versante Gurdulù troppo a lungo trascurato con mio danno.
Credo sia chiaro che a me le donne piacciono e incuriosiscono molto, ma non per decisione intellettuale, ma così, molto naturalmente, nel pro e nel contro. Piacciono da tanti punti di vista, non escluso quello a cui avete pensato voi maliziosi. Solo che la smettano certune dal proclamarsi fuori dalla mischia, superiori alle bassezze umane (che poi sono altezze). Io non ci credo né ci cresi mai.

saludos y besos (i besos solo alle signore)
Solimano

Roby ha detto...

Solimanuccio caro, su quel "uomini e donne uguagli in modo diverso" non posso che dirmi TOTALMENTE D'ACCORDO: su questo, del resto, non dovresti nutrire dubbi, avendo avuto fra l'altro L'ALTO PRIVILEGGGIO di conoscermi "di persona personalmente" (come direbbe il Catarella di Montalbano). Chi più di me fautrice del dialogo e della collaborazione fra ETNìE, RAZZE, SPECIE DIVERSE?????

[:-P]

Ricambio i besos con slancio

Roby