domenica 30 marzo 2008

Perché non vado più a teatro




Perché non vado più a teatro (n.1)

di Giuliano





"L'unica cosa che ho mai ricavato dal teatro è un sedere dolorante." (Paul Mc Cartney, metà anni '60)

Ci sono andato per tanti anni, a teatro. Avevo 17 anni e un amico mi aveva portato al Piccolo Teatro, a Milano, a vedere i grandi spettacoli shakespeariani di Strehler: Re Lear, la Tempesta... Spettacoli rimasti memorabili anche per la loro sobrietà : la scena spoglia, pochi elementi essenziali, le luci... Un teatro quasi come al tempo di Leonardo, o di Monteverdi. Con macchinari ed effetti, ma ben calibrati e funzionali al racconto; per il resto, professionalità, recitazione e grande attenzione al testo.
E poi c'erano degli attori meravigliosi, gli ultimi eredi della grande tradizione: dovendo fare un nome per tutti, parlando del Piccolo, si impone quello di Tino Carraro.
I sedili del Piccolo erano stretti e scomodi, e chi passa i 180 cm di statura e doveva starci seduto per due ore di fila finiva con il capire anche troppo bene quello che intendeva il giovane Mc Cartney. Perché allora andare a teatro, se si deve star scomodi e soffrire? La risposta è in quei due nomi che ho fatto: Tino Carraro, e Giorgio Strehler. Più tanti altri, che vi risparmio perché a chi non c'era, come capita sempre in questi casi, sembrerebbe soltanto un elenco di nomi. Difficile da spiegare anche perché di Tino Carraro, per esempio, tra cinema e tv è rimasto ben poco; e chi vedesse il suo Don Abbondio, nei "Promessi Sposi" di Bolchi in tv, non potrebbe mai capire l'emozione che prova, davanti al suo nome, chi ha vissuto con lui la tragedia di Re Lear e l'incanto del mago Prospero, nella Tempesta.
Ma anche questo appartiene al passato. Chi mi sa dire come sono fatte oggi le poltroncine del Piccolo Teatro, ribattezzato nel nome di Paolo Grassi? Sono più comode? Io non lo so, ci manco da un decennio e non so se ci tornerò. Non sono neanche mai entrato nel teatro nuovo, quello grande che oggi porta il nome di Giorgio Strehler.
Dal Piccolo sono passati anche Moni Ovadia e Marco Paolini: due persone straordinarie e due grandi attori. Li riverisco e penso a loro con affetto, ma usano il microfono. E' ancora teatro con il microfono? Secondo me è un'altra cosa, niente a che vedere con le emozioni che provavano gli antichi greci con Eschilo, gli antichi bergamaschi davanti agli zanni di Dario Fo, e i parigini prima della Rivoluzione con Molière e Racine. Niente a che vedere con la battuta rapida che ci fa un amico, magari sul posto di lavoro; o con l'emozione di un bacio, o di un sorriso, dalla persona che amiamo. Anche questo è teatro, ogni giorno recitiamo una parte o cediamo ad essa, e siamo noi stessi Re e Regine, zanni e giullari, servi e padroni. Ma, col microfono davanti, siamo solo un attore amplificato più o meno bene.
(continua)

3 dicembre 2004




6 commenti:

Roby ha detto...

Caro Giuliano, come ti capisco! Ricordo, quasi trentacinque anni fa, Edoardo De Filippo e Turi Ferro alla Pergola di Firenze, rispettivamente nel Sindaco del Rione Sanità e in Così è se vi pare. Ricordo anche, poco dopo, Morte di un commesso viaggiatore -se non erro- con Buazzelli... E poi, l'anno scorso, ci sono tornata, in un palco del II ordine. Le poltroncine erano le stesse (piuttosto comode, checchè ne pensi l'uggioso ex-Beatle), il palcoscenico e il sipario identici... però l'edizione di Zoo di vetro con la Cardinale, traboccante di soluzioni scenografiche d'avanguardia, senza arredi ma solo con immagini proiettate qua e là, mi ha spiazzato. E poi, la celebre, irregolarissima voce di Claudia mi è sembrata tutto, fuorchè una voce teatrale...

Chapeau per il post, come (quasi) sempre, del resto!

Roby

Solimano ha detto...

"Morte di un commesso viaggiatore" con Buazzelli l'ho visto anch'io, ero e sono rimasto un ammiratore di questo straordinario attore, malgrado alcuni suoi difetti e limiti. Buazzelli era trascinante, enorme. C'era anche nel primo spettacolo teatrale che ho visto, Scweick al Piccolo Teatro di Milano. Facevo la seconda liceo, partimmo in tre per Milano nel pomeriggio e riuscimmo a sederci nella galleria del Piccolo di Via Rovello sugli scalini. Probabilmente McCartney ha ragione, ma allora non me ne accorsi. Ma lo spettacolo più straordinario come recitazione tecnica di Strano Interludio di O' Neill, con la Fortunato e Fantoni e un magnifico cast. E Baseggio, Cavalieri, la Vazzoler in Goldoni al Regio di Parma semivuoto. Il duaio del teatro era che se sei fregato sei fregato a caro prezzo, ma se va bene, per almeno una settimana te lo ricordi continuamente. Mio padre, che rischiò di fare l'attore nei film dei telefoni bianchi, era riuscito a vedere il famoso (ed istrionico) Ermete Zacconi, ogni tanto cercava di raccontarcelo e noi: Uffa!
Non si può fare tutto, nella vita, bisognerà cominciare a credere alla reincarnazione...
Però è bello che qui parliamo anche di teatro.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Il microfono consente di esprimersi anche a bravi attori che non hanno un gran volume di voce, questo va detto: non sempre la tecnica (vocale) arriva dappertutto.
Però a me aveva dato fastidio avere Moni Ovadia davanti a pochi metri (un grande spettacolo: lui era salito su per la platea) e sentire la sua voce che veniva da sinistra, lontano...

Io penso che i grandi attori ci siano sempre, è il teatro che se la passa male. Perché dietro a Zacconi ce ne sono stati altri, ma dopo Carraro, Buazzelli, Lazzarini, Valli, Falk... Non per colpa degli attori, ce ne sono di bravissimi: è proprio il teatro che non interessa più, e che si è riempito di figli di papà. Un po' di onesta fame da scavalcamontagne aiuta, in questo mestiere.

E poi ha ragione Solimano: le fregature in teatro costano! Una volta che ne hai prese due o tre, poi la volta dopo ci pensi, e magari si va a funghi.

Habanera ha detto...

Forse perchè l'ho amato tanto mi fa male anche solo parlarne di Teatro. Preferisco tenermi i miei ricordi piuttosto che rischiare delusioni che ci sono state e ci sarebbero ancora. Non ne parlo ma mi piace leggerne e soprattutto leggerti, caro Giuliano.
Benvenuto tra i collaboratori stabili del Nonblog.

Besos ricambiati
H.

P.S. Questo tuo post è già su Wikio nella rubrica dedicata al teatro.

Anonimo ha detto...

Eccomi, Giuliano.
Beh, come non capirti!
Prova a pensare che provo io quando leggo magnificare, anche da giornalisti di settore, quindi teoricamente competenti, cantanti come Andrea Bocelli.
Brava persona, ne sono certo, ed anche gradevole canzonettaro, volendo, ma non certo un cantante di musica lirica, perché microfonato.
È come se un nuotatore volesse partecipare ai 100m stile libero con le pinne, no?
Secondo me, attori come quelli citati a te, Paolini compreso, sono bravi, molto bravi.
Ma appartengono alla schiera degli intrattenitori e non degli attori per come li intendo io.
Nell' entertainment tutto deve essere perfetto e filare liscio, non c'è spazio per un catarrino, una frase un po' morchiosa. Insomma è intrattenimento pre-confezionato e non teatro vero.
Augh, grande capo Amfortas ha detto la sua :-)

Giuliano ha detto...

Amfortas, forse non sai che questi brani sono ormai un po' anziani: vengono dal sito di Ulivo Selvatico, fondato tra gli altri dal Grande Capo Solimano, che ormai è in via di sparizione.
Se vuoi leggere altre cose mie, Emilio Gauna è il primo nome con cui mi hanno pubblicato qualcosa, su www.golemindispensabile.it
(ma qui si va ancora più indietro nel tempo, ormai sette anni fa: è lì che mi ha raccattato l'ing. Casalini).

A me Paolini piace moltissimo, è uno dei "figli" di Dario Fo, grande affabulatore. Marco Paolini è meno giullare, anche se ogni tanto ci si diverte anche lui; mi piace molto anche perché si pettina come me, eppure non ci siamo mai visti né conosciuti.
Moni Ovadia mi ha fatto conoscere tutto un mondo, a partire dal Gruppo Folk Internazionale degli anni '70...
PS: La sbrisolona era in onore di Monteverdi.