mercoledì 26 marzo 2008

L'odore dei libri


Cristofano Allori : Maddalena leggente


L'odore dei libri

di Stefania Mola
(BibliotecadeBabel)




Sanno fare anche questo, i libri. Richiamare alla memoria profumi svaporati e annidati chissà dove tra le pieghe della mente o del cuore, grazie al loro odore. Dire che l’odore dei libri sia un ricordo racconta di intersezioni perdute e poi riemerse, certo, ma all’opposto – anche – che i libri freschi di stampa non lo possiedono più, quasi che la carta, l’inchiostro, la colla abbiano smesso di appartenere alla loro storia e che – se ci sarà una storia – questa sarà tutta da scrivere nel rapporto esclusivo e “fisico” con il lettore.

Sarà per questo che i libri antichi, quelli vecchi e mortificati dalla nostra dimenticanza, quelli amati per una breve stagione e poi mai più riaperti benché riposti con cura in una biblioteca, al pari di quelli continuamente ripassati dal contatto irreversibile con la pelle e dalla traccia delebile della matita, sono intrisi in modo speciale dello spazio e del tempo che hanno attraversato.


Grazie a loro, questo spazio e questo tempo sopravvissuti ad una sorta di selezione naturale diventano la parte migliore di quella vita che ci è sfuggita dalle mani senza aver avuto la possibilità di trattenerne che qualche filo spezzato. Uno spazio e un tempo miracolosamente in bilico sull’orlo di un oblio temuto e scongiurato, pronti a farsi circostanza quasi inverosimile nella quale i libri assumono abitudini, sensi e sentimenti umani, animandosi – all’occorrenza – per rimproverarci della nostra pochezza e compensare la nostra distrazione.

Prefigurando persino scenari inimmaginabili, futuri senza libri nei quali il nome non ha più la cosa cui accompagnarsi. In cui il libro è oggetto irreperibile immaginato come un accumulo di fogli disseminati di segni incomprensibili, e il suo contenuto memoria visionaria tramandata oralmente di padre in figlio. Fino all’isola di Byblos, ultima spiaggia cui si giunge mossi unicamente dal desiderio e dalla quale non si riparte più.


Accade anche questo nelle diciotto fiabe di Mauro Giancaspro, in cui i libri raccontano di essere loro ad adottare gli umani (e non viceversa), di gioire, patire e coltivare la pazienza, di gradire l’attenzione del lettore come una carezza.
Libri che hanno l’odore dolciastro di certi confetti goduti in segretezza durante lunghe notti insonni passate ad assecondare la segreta passione dello scrivere altrimenti soffocata dalle ragioni familiari. Libri dai cui versi poetici possono materializzarsi i protagonisti di una storia triste e romantica, o libri stanchi che improvvisamente si sdraiano sugli scaffali guadagnando lo spazio di un posto lasciato vuoto.

Mentre sulle note dello Schiaccianoci gli oggetti di una cartoleria antiquaria si animano al pari dei giocattoli popolando la scena di calamai, compassi, matite ciarliere e pennini saltellanti pronti a pendere dalle lame di un vecchio tagliacarte d’ottone in vena di ricordi struggenti e senza più libri intonsi tra le cui pagine chiuse inebriarsi della fragranza di carte e inchiostri volando a bassa quota tra le righe della scrittura.


Soprattutto, libri carichi di ricordi d’infanzia, sognati, immaginati, non finiti, non abbastanza ascoltati. Perché ogni tanto non ricordiamo il finale delle fiabe di quei libri che sembrano senza odori, ed altre volte – al contrario – un odore o una fotografia bastano a riportarci indietro in quella casa in cui c’era sempre qualcuno che ci accompagnava verso il sonno con una storia, popolando i nostri sogni di meraviglie. Non di fantasmi, ché quelli nascono solo dalla carta che brucia, né basta ad esorcizzarli il conservare amorevolmente le ceneri di un’amicizia combusta: un barattolo per I promessi sposi, un altro per La Divina commedia o L’Orlando furioso, tutti dormono nel cimitero del libro di una storia intitolata Celsius 232, temperatura non meno fascinosa e devastante di quella in cui si muovono gli uomini-libro di Bradbury, lì dove l’odore dei libri è – davvero – solo un ricordo.

Esistono biblioteche altrettanto deliziose che esalano un odor di cantina, di muffa, di funghi, di muschio, di felci. Libri che odorano d’autunno, altri d’estate. Che profumano di gariga o di sottobosco. Deliziosi ma inquietanti profumi: troppo umidi o troppo secchi. [...] C’è, soprattutto, quel discreto odor di polvere. I libri l’amano e la calamitano. Essa li avvolge e li velluta. Inutile darle la caccia.

Mauro Giancaspro
L’odore dei libri Fiabe e racconti per bibliofili
Grimaldi & C. Editori, Napoli 2007

(lunedì, 17 dicembre 2007)


Su Squilibri

10 commenti:

Solimano ha detto...

Ma guarda un po'... L'odore dei libri! Fra le 54 Novellette degli Odori ne ho scritte due dedicate a questo tema, e ne metto qui una, la numero 23. Per fortuna è corta.

23. I Bei Momenti
Quando ideai la serie dei Bei Momenti tutto mi pareva semplice: un posto incantevole e poco noto -ce ne sono tanti in Italia- su cui scrivere un testo piuttosto breve con tre o quattro immagini al massimo. Il nome originale era piuttosto curioso: Il Fungo Simbionte e sotto sotto ci sono rimasto affezionato. Ritenni opportuno mutarlo in I Bei Momenti per renderlo più comprensibile, ma anche perché c’entrava Mozart. Pensavo, sia per i testi che per le immagini, di utilizzare Google con chiavi di ricerca piuttosto sfiziose sennò sarei stato sommerso da troppe informazioni. Una cartella Word, una serie di copia/incolla e il lavoro per metterci del mio, nell’incontro col Bel Momento. Ma successero due cose. La prima fu che non è poi vero che in rete c’è tutto, alcune informazioni essenziali a volte non si trovano e anche per le immagini il gioco poteva farsi difficile. La seconda fu che volli approfondire, non un tocco e via, quindi mi occorrevano testi migliori e immagini più numerose e più belle. Dovetti quindi ricorrere alla mia biblioteca ed imparare ad usare lo scanner. I miei testi erano di vario genere: i Tesori d’Arte Cristiana, i Classici dell’Arte Rizzoli, ma anche gli Art Dossier delle edizioni Giunti, le vecchie edizioni dei Maestri del Colore e di L’Arte Racconta e altri testi miei o trovati alla Biblioteca Civica di Monza, per problemi specifici. Fu un bel giorno quello in cui mi avvidi che avevo in casa un’arma notevole, a saperla usare bene: l’Enciclopedia Universale dell’Arte, realizzata diversi decenni fa sotto gli auspici della Fondazione Cini. E’ una enciclopedia monografica, per questo dico che bisogna saperla usare, perché devi andarti a leggere diverse voci in volumi diversi, ma ti aiuta molto un volume indice assai ben fatto. Così nella bella stagione mi mettevo nella terrazza contornato da opuscoli, libri e libroni, tutti aperti perché dovevo costruirmi il raccordo fra le informazioni man mano che le trovavo. C’era anche qualche volume della Enciclopedia ed era ingombrante. Ma dominava sugli altri per un motivo singolare: il suo odore leggero, ma persistente e gradevole. Ci giocava la rilegatura, con la tela ed il cartone, di quello buono però, e anche le vernici che usarono, ma ci giocava anche la prima metà del volume, quella del testo - nell’altra ci sono le immagini - con la sua carta buona e spessa, da toccare e da sentire. Più che in pagine, l’Enciclopedia è suddivisa in colonne, due per pagina, anche la bellezza dei caratteri ha la sua parte, come tutta una serie di disegni in bianco e nero - di architettura, ma non solo - inseriti nel testo. Ho passato pomeriggi di incanto sfogliando questi volumi non tanto per sfogliare, ma cercando in modo motivato delle informazioni che per me erano preziose. Sentivo l’odore della cultura in azione e mi andava benissimo: tanto impegno niente pedanteria. Ho smesso da tempo di scrivere Bei Momenti, mai dire mai, forse riprenderò.

grazie Stefania ed a presto
Solimano
P.S. Saludos...

Stefania ha detto...

Grazie a voi tutti... Ma basterà la gratitudine (non per la "vetrina", che è cosa che mi interessa zero) a fronte dello scambio, sempre così vantaggioso? :D

Copioincollo la novelletta 23 e vado a sniffare in pace e solitudine. :)

Habanera ha detto...

Stefania, il merito di un bel post è unicamente di chi lo ha scritto e dovrei essere io a ringraziare te per la tua gentile collaborazione al Nonblog. Facciamo circolare le cose belle che ci sono in rete e ognuno lo faccia a modo suo: chi con il blogroll, chi riportando direttamente i post, chi (come Remo Bassini) segnalandole sul suo blog. Non si tratta di un do ut des ma solo del piacere di condividere con altri le cose che abbiamo letto e che abbiamo trovato particolarmente meritevoli di attenzione.
Quindi niente ringraziamenti e avanti tutta. :-)
H.

Anonimo ha detto...

Mi permetto di contribuire citando un vecchio racconto scritto insieme ad un'altra appassionata di odori dei libri.
Arimane

mazapegul ha detto...

Crescendo, ahimè, ho perduto gran parte della percezione degli odori (come tutti i fumatori accaniti!), ma ricordo bene (e me lo ricorda questo bellissimo post) l'odore dei libri vecchi in casa di uno zio che di tutto -anche di libri antichi- faceva collezione; o l'odore dei libri semimarciti trovati nel garage di una casa dove passavamo le vacanze (quasi tutti gialli o sentimentali, ma quell'estate d'adolescente non avevo nulla da leggere di mio, cosi' mi lessi quelli).
Bellissima idea, quella degli odori dei libri.

Habanera ha detto...

Ed ecco qui per i più pigri, che non vanno a controllare i link, il bel racconto di Cronomoto e Arimane.
Grazie, Ari.
H.

Imperfetto
di Cronomoto e Arimane
(nel blog di Cronomoto, illustrato; ottobre 2006)


Dalla porta si entra subito nella Stanza Grande. La Stanza Grande ha un'apertura sulla terrazza. Se attraverso la terrazza mi trovo davanti alla Stanza Proibita. Sono abbastanza piccolo da passare dalla serranda semiabbassata, la lasciano sempre così.

Ci vengo, per questa strada, seguendo la fuga quasi ossessiva dei mattoni bicolore, geometrici, che sembra richiamare simmetrie di scaffali, a sentire il profumo dei Mille Libri. Sa leggermente di polvere e di fumo - d'inchiostro no -, ed è il profumo dei miliardi di parole che ci sono dentro.
Li vedo, soprattutto il Vecchio, il Padrone della Stanza Proibita, che ridono e piangono guardando le pagine. Dicono "leggere", loro. Io invece, che non so ancora farlo, le annuso, le parole. E rido, e piango anch'io.
Della prima volta che sono entrato nella Stanza Proibita, ricordo ogni particolare. Tutto così diverso dalle nostre abitazioni… Il pavimento era in legno d’ulivo, consumato dal tempo e dai passi, le librerie altissime e imponenti come monoliti davanti a me.
Vedevo la polvere volteggiare in aria, illuminata dai raggi orizzontali dell’alba. Entravano da una stretta finestra dai vetri colorati e la luce era morbida. Avevo a disposizione poco tempo, distolsi controvoglia lo sguardo dai vetri colorati e aprii il libro più vicino: non capivo, ovviamente, ma lo annusai, d’istinto.
Nella mia mente scattò qualcosa, un meccanismo, come se un ponte fosse lanciato tra le parole per me incomprensibili e chi le aveva scritte.
Vedevo esattamente i lineamenti dell’autore – o così mi sembrava – e le emozioni, le debolezze e i successi, ogni dettaglio della sua vita.
Afferrai un altro libro, cercai nuovamente di leggere qualche parola, ma non percepii altro che la mia agitazione; poi la delusione.
Stavo per lasciare la stanza, ma volli sentire il profumo anche di questo libro: aspirai lentamente, ad occhi chiusi, e di nuovo ci fu quello strano scatto dentro di me. Scappai fuori nella terrazza, e tornai nella Stanza Grande.
Finsi di aggirarmi smarrito fra mobili e quadri, come spesso facevo, con il mio corpo umano immaturo e imperfetto, che tanta pena e cura suscitava nelle persone che vivevano in quella casa e mi credevano uno di loro, solo meno fortunato.

Dopo tanti anni – ho imparato a misurare il tempo secondo gli usi di qui, ormai – intrappolato in questa casa, ho dismesso la speranza di imparare a leggere. Ma non è stata una rinuncia grave. Non mi serve. Ho capito che, al di là delle parole, che mi rimangono estranee, la loro composizione, il loro intreccio, la loro stessa esistenza, mi trasmettono pensieri e vibrazioni che vengono da lontano, che solo io riesco a percepire. L’anima di umani scomparsi da tempo o di altri ancora attivi nel mondo mi arriva comunque, e riesce a farmi ricordare – pur essendone solo pallido simulacro – l’empatia che vivevo con i miei simili nel mondo che avevo perduto, l’empatia che era il nutrimento mio e di tutti.

Così ho sconfitto la solitudine, la cosa che più temevo, la cosa che forse mi avrebbe strappato la vita quando naufragai e fui costretto a ritagliarmi un posto in queste stanze. Ma il tentativo di trapiantarmi in questo mondo, rinascendo come un essere simile a quelli che lo abitano, è riuscito solo in parte.

Ecco, adesso arrivano – Il Vecchio, la Donna, il Grande - mi abbracciano, mi fanno sentire il calore doloroso che riservano a un piccolo che non sa crescere ed essere come loro. E mi dicono ancora di non entrare in quella Stanza, pensano che io soffra troppo, perché non ho ancora imparato a leggere.

Roby ha detto...

L'odore delle vecchie pagine ingiallite... il profumo leggero di cuoio antico, di buona muffa, di ricordi lontani... Cara Stefania, io fra le "cartacce" (sia pure di archivio comunale) ho il privilegio di lavorarci, oltre che scriverne: ed essendo l'AROMA dei libri la mia eau de toilette preferita, non ho potuto che adorare il tuo post!

Un abbraccio (e ancora grazie per aver citato la mia Wunderkammer!!)

Roby

Solimano ha detto...

Bisognerebbe fare come Scriabin, che per certe sue musiche voleva che nelle sale da concerto si diffondessero dei profumi specificati nella partitura (la trovo una idea grandiosa, a patto di aggiungere anche le puzze, col conseguente fuggi fuggi degli spettatori).
E introdurre la figura dell'annusatore professionale di libri, col conseguente Albo come per i Notai ed i Giornalisti.
Ma queste Grandi Sfide appartengono al Futuro Radioso che ci attende. Più modestamente, vedrò di procurarmi diverse immagini di librerie nei film. Ad occhio ce ne sono tante, anche se probabilmente i libri sono farlocchi, in quanto dotati solo di copertine rilegate. Poi ci sono anche i libri farlocchi proprio nel contenuto, sed de minimis non curat praetor.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Solimano,
io partirei da qui.
E' forse il solo film "interpretato" da una libreria.
(Ma in rete trovo solo questo fotogramma; la scena è intensissima, ma la libreria si intravede soltanto.

Solimano ha detto...

Arimane, su questo film ho scritto un post in Abbracci e pop corn, che trovi facilmente usando il Google interno al blog (in alto a sinistra). Il post l'ho scritto senza fatica, perché è un film che apprezzo molto (e apprezzo anche il libro). Rimane il problema delle immagini, ma prima o poi si risolverà.

grazie e saludos
Solimano