domenica 3 febbraio 2008

Se amando troppo



Dacia Maraini


Se amando troppo

se amando troppo
si finisce per non amare affatto
io dico che
l'amore è una amara finzione
quegli occhi a vela
che vanno e vanno su onde di latte
cosa si nasconde mio dio
dietro quelle palpebre azzurre
un pensiero di fuga
un progetto di sfida
una decisione di possesso?
la nave dalle vele nere
gira ora verso occidente
corre su onde di inchiostro
fra ricci di vento
e gabbiani affamati
so già che su quel ponte
lascerò una scarpa, un dente
e buona parte di me


Una poltroncina di vimini

una poltroncina di vimini
il mare arruffato davanti
eri lì quieto e assorto
gli occhi a mollo nel tempo
che si disfa, che va, che vola
e tu con le tue brusche dolcezze
ricordi i gelati alla menta?
ti aspettavo, dicevi
la mattina alle sette
seduto sulla poltroncina di vimini
nella quiete della soglia
nell'ombra della casa
nel silenzio del sonno
eri già in lite col futuro
e filavi quel filo di attesa
fra le dita di vecchio baobàb
mentre i cieli corrono
sopra il tuo collo di tartaruga
quel futuro da niente
quel futuro spensierato
con le sue arie da gran signore
e i suoi piedi di carta
ti ha portato via
come se niente fosse
con fare di amico fedele
tradendo la mia
la tua fiducia
e il tuo buonumore
le tue impazienze garibaldine
il tuo istinto di vincitore,
hai lasciato un bastone
lo vedo ogni volta che
entro ed esco da casa
il suo pomo di osso
il suo lucido corpo
di legno rossiccio
mi rammentano il tuo
zoppicare festoso
fra bagagli e cuscini
mentre le ciglia ridono
e il mento se ne va
e i piedi battono
sul tamburo delle meraviglie
nella luce azzurrina
di un agosto a Sabaudia
come farò senza i tuoi occhi?
come farò senza la tua voce?
su quella poltroncina di vimini
caro figlio che
mi sei stato padre
nelle tue distanze astrali
ricordi i discorsi in cucina
la mattina alle sette
mentre aspettavamo che l'acqua bollisse?
e quel ridere di noi
e quel fantasticare di montagne
di carta e vapore
con quelle mani e quei piedi
quel baobab e quel tamburo
aspetterò di sentirti suonare

(Da "Se amando troppo")


*****


Disse no al marito

Disse no al marito
si infilò le scarpe da ginnastica
e andò viaggiando per il mondo
una donna di settant'anni
dai grandi occhi viola


Se qualcosa

se qualcosa, se qualcosa passa
di questa indigenza amorosa
sono ombre di dubbi frangiati
e una lunghissima notte gelata
figurati che non c'era neppure la stufa
e mi scaldavo con la memoria
della sua tenerezza scabrosa


Al mandarino

le floride madri
e quegli occhi gelati
la mia vita per un bacio
ma che sia al mandarino

(Da "Dimenticato di dimenticare")


*****


Villa Valguarnera

Tu credevi che la violenza fosse forza
saltellavi a piedi nudi sul pavimento di mattonelle
gialle, tu credevi che, ma è fragile, labile il tuo,
inventavi giochi verbali per nascondere la paura
la tua anima di feltro, mussolina, seta cruda
nell'assolato cortile della coscienza ci siamo guardati
noi due, il caffè amaro indigesto del bar di via
Ruggero Settimo sul palato, tu verrai da Napoli domattina
i bianchi corpi disfatti dei libri sotto il braccio
seduto su uno scalino, le mani in tasca, non ti accorgevi
che era finita la benzina, l'inesperienza covava, ero
già pronta alla scissione, ti porterò via di qui, a Roma
ti chinavi a guardare le melanzane tagliate come fiori
e cucinate come uccelli, abbiamo abitato sul mare
a Santa Flavia e a Bagheria, culla materna, erna
don't be silly, mangia, ti mostravo le gambe tonde
muscolose, la nonna entrava molle fulgente, il cane
bianco in braccio e gli smeraldi al collo, ti prometto
che andremo tu ed io a Roma, le vene sclerotiche della
memoria indurite ostruite, lunghe mucche di sangue
ho imparato su una macchina da scrivere, te lo giuro
le spampinate rose, i gelsomini di villa Valguarnera
mi pare che forse un giorno andremo a Roma, dove la vita
è forma ed è calore, avevi la faccia avara allora e pudica
e docile, ti divertivi con giochi venefici sofistici
adulterati, la nonna spiritualista tu la odiavi, per
la sua dieta al latte, il cagnolino bianco sul lenzuolo
gli smeraldi nelle pieghe della carne, tu spiavi la presenza
ossuta, rossastra della villa fra i carrubi di cuoio e
i limoni d'argento, c'erano dei disegni metafisici in un
cassetto, are you coming tomorrow, orrow?
il trionfante contorto albero genealogico da cui tu sparuto
cavallo mongolo eri escluso, l'avvocato Carnevale, candidato liberale, la nonna in millecento, l'ermellino digestivo sulle
spalle, la grottesca disperazione aristocratica di chi
non saprà mai di sé né dell'unguento che tinge
di nero la punta delle dita, l'avvocato è entrato
ha salutato, con la mano e col petto, cara duchessa
dice, si allunga, smuore, il prezzo è stato stabilito
tu verrai da Napoli domattina, Bagheria è sfiatata
non sai, con i mobili dentro e l'argenteria? chiede
gli smeraldi incappucciati, la villa ora è venduta, pezzo
a pezzo, i marmi, le sedie arricciolate, i quadri antichi
e noi vittime una volta dopo avere tanto, l'avvocato
Carnevale procurava voti alla DC, tu lo sapevi e
fingevi, la Sicilia ti era estranea e i suoi intrighi
ce ne andremo a Roma, dove la vita è libertà di vita
l'orgoglio furibondo e la vile passività spagnola
forestieri per te, li ignoravi, la nonna ha ottenuto
un vitalizio, tu guardavi il mare d'onice pulito
la schiena rivolta contro i morti giardini dissacrati
domattina tu verrai da Napoli e partiremo insieme

Non

Credevi di essere te e non badavi
che il tuo essere te era già fatto
un tondo destino sprigionatosi
dai riti e dalle giostre dei tuoi avi
credevi di inventare la tua storia
ma le ampie piazze e i vicoli affollati
del tuo chiuso carattere di uomo
le goffe costruzioni razionali
che coprono edifici medioevali
le macchine, i giardini, le terrazze
i vasti uffici, le calde vetrine,
prefabbricato mondo del tuo ceto,
tu credevi di agire ed eri agito
credevi di parlare e la tua bocca
di marmo cipollino ripeteva
nozioni e fatti e idee ricevute
le ciglia nere e il naso arricciolato
non ti appartengono perché, di te
non sai di non essere mai stato che
una falsa imitazione di te stesso.

(Da "Crudeltà all'aria aperta")


Poesie tratte dal sito di Dacia Maraini


Bagheria, Villa Valguarnera


7 commenti:

Giuliano ha detto...

Che bella la Maraini! Mi è sempre piaciuta molto, è uno dei volti che più mi sono rimasti in mente.
(e un pensiero anche al papà, che è il grande Fosco Maraini)

Anonimo ha detto...

E' bella fuori, ma anche dentro, almeno così mi appare, Giulia

Solimano ha detto...

Me le sono lette tutte, abbastanza adagio. Trovo vigore, ironia, anche unorismo. Il bacio al mandarino deve essere buono, forse anche il bacio alla sambuca lo è.
C'è la giusta conflittualità col maschio, ma non sprezzante né piagnucolante e rabbiosa, come capita troppo spesso.
Amare troppo. Stavo per dire che è sbagliato, si dovrebbe dire "amare male". Ma ha ragione Dacia Maraini, "amare troppo" inteso in un certo senso, non va bene; il senso è che il primo amore è quello verso se stessi, e quando diventa il secondo non va bene a nessuno. Poi può voler dire non vedere i difetti, scambiarli per virtù, ignorarli: è un troppo irrealistico che non ama la persona ma la costruzione mentale che si fa di quella persona.
Dacia Maraini deve essere una impegnativa, ma non di quelle che stanno sempre su sì... ma... sempre a trovare il pelo nell'uovo. Poi, non ha niente della aggressiva livorosa e al tempo stesso sfigata, deve essere una che accetta di essere felice, quando lo è, e non si fa credere di esserlo, quando non lo é.
Potrebbe tenere dei corsi, ce ne sarebbe proprio bisogno. Ma non l'ascolterebbero...

saludos
Solimano

Habanera ha detto...

Solimano, quando ho letto il tuo post sugli incipit sicilani mi è venuta subito in mente la Maraini perchè l' avrei vista volentieri nella tua lista. Si potrebbe obiettare che siciliana non è, essendo nata a Fiesole da padre per metà inglese e per metà fiorentino; ma non dimentichiamo che è figlia anche di Topazia Alliata di Salaparuta e che a Villa Valguarnera ha vissuto per molti anni, siciliana tra siciliani. Bagheria e La lunga vita di Marianna Ucrìa ne fanno a tutti gli effetti, almeno secondo me, una scrittrice (anche) siciliana.
Del resto, a pensarci bene, anche De Roberto non è nato in Sicilia ma a Napoli, da padre napoletano e madre catanese, eppure...

besos
H.

gabrilu ha detto...

Come scrittrice Dacia Maraini non mi entusiasma affatto, Marianna Ucria ad esempio non l'ho retto e l'ho mollato a metà. Trovo la sua scrittura piuttosto scipita. D.M. mi piace molto invece come donna e come persona.

Ho conosciuto anche sua madre, Topazia Alliata, bellissima donna, intelligente e di gran classe.
E Villa Valguarnera poi... quanti ricordi.
Vabbè, va.

A proposito di scrittrici siciliane, qualcuno di voi ha mai sentito parlare di Lidia De Stefani? Scommetto di no. Apparteneva alla stessa generazione ed allo stesso ambiente di Topazia Alliata, faceva la spola tra Palermo e Roma, scrisse più di un romanzo tra cui uno secondo me splendido intitolato La vigna di uve nere in cui raccontava la storia di un incesto tra fratello e sorella in una famiglia di contadini dell'entroterra siciliano. E questo alla fine degli anni '50, era già di per se una cosa dirompente. Una signora dell'aristocrazia scrivere robe di questo tipo! Il romanzo era molto bello. Oggi però la De Stefani non è ristampata e non se la ricorda più nessuno, temo. Peccato.

Habanera ha detto...

Cara Gabriella, hai vinto la scommessa, almeno per quanto mi riguarda.
In effetti, anche se il nome non mi è del tutto nuovo, nulla so, né tantomeno ho letto, di Lidia De Stefani.
Sulla Maraini sono abbastanza d'accordo con te, anche a me piace più come persona che come scrittrice ma di alcuni suoi scritti (in particolare Bagheria) ho un ricordo piacevole ed anche le sue poesie nel complesso non mi dispiacciono.

Un abbraccio
H.

Angèle Paoli ha detto...

Je vous trouve bien sévères toutes deux. Dacia Maraini n'a jamais prétendu être l'écrivain du siècle. Pourtant, je continue à penser (comme je l'ai écrit) que Marianna Ucrìa est non seulement son roman le plus inspiré, mais un grand roman. Et nous sommes nombreuses en France à le penser.

Amicizia da Corsica,
Anghjula